La nota strega madame Campaspe, che dichiarava di essere trascesa dall’umanità e di non avere quindi nessun bisogno di morire, colei che portava sempre con sé un ratto d’acqua addomesticato, era pressoché introvabile. Alcuni dicevano che si fosse ritirata nel Piedmont, dove possedeva una proprietà murata sotto nome falso presso il distretto di Iron Lake, mentre altri dicevano che fosse stata affogata da un amante spaventato, poiché i suoi abiti erano stati trovati nei pressi del fiume e portati alla chiesa, dove erano stati bruciati. Nessuno si aspettava il suo ritorno. Le mazze cantavano. Gli operai stavano smantellando le mura delle case e stendendo fili di fiori di cera sulle strade di Rose Hall. La piccola comunità fluviale era ormai mezza smantellata; le case del centro erano state ridotte a tetti e pavimenti affinché potessero servire come sale da ballo. Sembravano tanti scheletrì messi in fila, circondate da mucchi di macerie.
Il burocrate e Chu erano in piedi davanti a ciò che una volta era stata la casa di madame Campaspe. L’alto tetto, ironicamente foggiato come un cappello da strega un po’ squadrato, era tutto ciò che rimaneva ancora intatto, a parte le quattro colonne portanti degli angoli. L’interno era stato riempito di legname di scarto e altro materiale infiammabile. — Che casino — disse il burocrate con aria disgustata, osservando un mucchio di armadi e divani squartati, di coperte macchiate, di ammassi di carta e tappeti marroni e sudici, residui e relitti di una vita abbandonata in tutta fretta. Da sotto il mucchio, faceva capolino la testa di uno squalo-angelo imbalsamato. La casa puzzava di kerosene bianco.
— Sarà un bel falò, comunque — disse Chu. Fece un passo indietro mentre una donna guantata buttava altre macerie sul mucchio. — Ehi, signora! Sì, tu. Sei di queste parti?
La donna si scostò dagli occhi i suoi corti capelli neri con il polso, senza preoccuparsi di togliere il guanto. — Sono nata qui. — Aveva occhi verdi, freddi, scettici. — Cosa volete sapere?
— La donna che viveva qui, la strega. La conoscevate?
— Certo che la conosco. Madame Campaspe era la donna più ricca di Rose Hall. Una vecchietta tenace. Si dicono parecchie cose su di lei, ma io abito dall’altra parte del paese, così non ho mai avuto modo di conoscerla di persona.
Chu si produsse in un sorriso freddo. — Certo che no. In un paese grande come questo, come avresti mai potuto incontrarla?
— In realtà — intervenne il burocrate — ci interessa più che altro un suo studente. Un uomo di nome Gregorian. Lo conoscevate?
— Mi dispiace, io…
— È l’uomo che fa le pubblicità in televisione — disse Chu. L’espressione della donna rimase imperterrita. — Alla televisione. Televisione! Hai mai sentito parlare di televisione?
— Scusatemi — intervenne rapidamente il burocrate. — Non ho potuto fare a meno di notare quel vostro ciondolo. È un oggetto degli spettri?
Bloccata nel suo iniziale impeto di rabbia, la donna abbassò lo sguardo verso la pietra che pendeva fra i suoi seni. Era perfettamente lucida, delle dimensioni di un pollice umano, dritta da una parte e curva dall’altra, arrotondata in cima e affusolata in fondo, fino a formare una punta smussata. Era troppo grande per essere un peso da pesca e troppo liscia e asimmetrica per essere una punta di lancia. — È un coltello di conchiglia — disse. Poi, improvvisamente, prese la sua carriola e si allontanò.
Il burocrate prese a seguirla. — Avete notato quanto sono evasivi i locali quando si inizia a far loro delle domande?
— Sì — disse Chu con aria pensierosa. — Sembrerebbe proprio che abbiano qualcosa da nascondere, non è vero? Esiste un piccolo commercio locale di manufatti di spettri. Punte di freccia in pietra, frammenti di ceramica e così via. Tutte cose che apparterrebbero al governo. In effetti, è molto facile che una strega sia coinvolta in quel genere di commercio; le streghe sono sempre indaffarate a frugare in posti strani, a curiosare nei cimiteri e a scavare buche qua e là.
— È un commercio redditizio?
— Be’, di sicuro non c’è nessuno che li produce.
Chu rivolse un sorriso al burocrate, che si rese conto con un certo senso di colpa che anche lui doveva avere quella stessa identica espressione, un sorriso sporco, ingannevole, come quello di un predatore che ha sentito odore di sangue. — Mi domando che cosa stiano nascondendo.
— Sarà interessante scoprirlo.
Tornarono verso l’albergo. Ai margini del villaggio, dei ragazzini avevano catturato un nautilo fra le erbacce e stavano cavalcando il suo guscio in due o tre alla volta, gridando allegramente. La creatura si trascinava avanti lentamente e fluidamente con le sue lunghe braccia, e il burocrate compatì fra sé il povero animale. Era difficile immaginare come sarebbe diventato nel giro di meno di un anno, una creatura dalla velocità straordinaria e di magnifica grazia che sguazza fra le acque dell’oceano.
Al centro del paese, passarono in mezzo a una congerie di autocarri lasciati dai concessionari e dagli intrattenitori di passaggio e acquistati dai commercianti locali come gesto di addio. Un uomo panciuto stava smantellandone uno per farne un teatrino di marionette. Altri stavano innalzando una grossa ruota. Il tutto risultava incredibilmente squallido, di cattivo gusto e decisamente triste.
Il burocrate fece strada attraverso l’atrio dell’albergo fino al bar. Si trattava di un luogo fresco e buio, gremito di insegne al neon che pubblicizzavano marche di liquori non disponibili e di zanne di behemoth ingiallite dal tempo. Vi era un puzzo permanente di birra da quattro soldi. Stringhe di fiori di carta ormai completamente grigi adornavano le pareti in compagnia di alcune olografie di lottatori che, intrappolati nella loro materia oleosa e multicolorata, ripetevano all’infinito gli stessi colpi famosi.
Un barista grasso e unto stava appoggiato al bancone guardando la tivù. I loro riflessi, pallidi e allampanati, apparvero su un vecchio specchio corroso, sorgendo da una fila irregolare e sconnessa di bottiglie. Il burocrate appoggiò la sua valigetta sul bancone, mentre Chu fece un cenno del capo e si recò alla toilette.
Il burocrate si schiarì la gola. Il barista ebbe un sussulto, si girò e scoppiò a ridere. — Ehilà! Lo sapete che non vi avevo mica visto? — La sua testa era completamente calva e tempestata di segni marroni delle dimensioni di un’impronta di pollice. Appoggiando le mani sul bancone, si protese in avanti con un sorriso. — Allora, che cazzo posso fare per… — Si interruppe. — Quell’affare è in vendita?
Il burocrate abbassò lo sguardo verso la sua valigetta, quindi tornò a rivolgerlo verso il barista. Si trattava dell’uomo più ripugnante dal punto di vista fisico che il burocrate avesse mai visto. Dalle sue ciglia spuntavano delle strane appendici carnose che si agitavano ogni volta che apriva bocca. Il suo sorriso esageratamente truffaldino era una vera e propria caricatura dell’astuzia.
— Perché me lo chiedete?
— Be’… — I denti dell’uomo erano rotti e ingialliti, le sue gengive erano violacee, e il suo alito aveva il puzzo dolciastro della corruzione. — Diciamo che conosco un uomo che potrebbe essere interessato a un articolo del genere. — Strizzò un occhio. — Meglio non fare nomi.
— Potrei passare dei guai seri se tornassi su senza questa.
— Non se vi cadesse nel fiume. — Il vecchio troll sfiorò il braccio del burocrate con aria complice; come per tirarlo dentro in un universo fantastico di cospirazione, perfidia e guadagni sporchi. — Che cazzo. Un incidente può sempre succedere. E se un fornitissimo bastardo è abbastanza furbo, può anche fare in modo che succeda davanti a dei testimoni.
Improvvisamente, l’uomo impallidì e inspirò aria fra i denti. Il riflesso del tenente Chu apparve nello specchio. Il barista si voltò rapidamente dall’altra parte.
— Che si fa ora? — domandò Chu. Rivolse un’occhiata incuriosita al ciccione, che ora stava guardando il televisore.
— Devo ancora vedere un paio di cose su a nord. — Il burocrate bussò sul bancone. — Scusatemi! Avete per caso uno sportello, qui?
— Nel retro — borbottò il ciccione. Non alzò lo sguardo.
“Oggi sono stati scoperti altri corpi nel Plymouth Hundreds, nella provincia dell’Estuario, disse l’annunciatrice del telegiornale. Quelli che vediamo nelle immagini sono solo alcuni fra le dozzine di corpi che sono stati rimossi stamane dalle loro fosse. Secondo i rapporti delle autorità preposte, pare che i cadaveri siano stati mutilati per rallentarne l’identificazione”.
— Sono felice di non lavorare per la omicidi — commentò Chu. — In questo periodo ci sono un sacco di regolamenti di vecchi conti.
Quando furono nella stanza sul retro, il burocrate riferì a Chu della sua conversazione con il barista. La ragazza emise un fischio modulato. — Certo che voi ci inciampate proprio, in certe cose! Be’, almeno adesso so da dove iniziare. Lasciatemi un po’ di tempo per indagare, vedrò quel che riesco a scoprire.
— Avete bisogno di aiuto?
— No, mi sareste solo d’impaccio. Badate ai vostri affari, e se scoprirò qualcosa ve lo farò sapere. — Se ne andò.
L’apparecchio di surrogazione era antico e obsoleto quanto un polipo in armatura, talmente malconcio che non valeva nemmeno la pena di portarlo via. Il burocrate si sdraiò su un vecchio divano di vinile pieno di crepe. I sensori tentacolari si mossero delicatamente verso la sua fronte. I colori nuotarono dietro alle palpebre chiuse, risolvendosi in quadrati, triangoli e rettangoli. Il burocrate ne toccò uno con il pensiero.
Un satellite raccolse il segnale e lo trasmise al Piedmont. Un corpo surrogato prese improvvisamente vita e si incamminò per le vie di Port Richmond.
La Casa della Ritenzione era un picco di granito neolitico, facente parte di quella serie di edifici del governo conosciuti dalla popolazione locale come le Montagne della Follia. Le sue sale di pietra erano infestate di piccole lucertole color turchese che schizzarono via all’arrivo del surrogato per poi riapparire alle sue spalle. Le pareti erano umide al tocco. Il burocrate non era mai stato in un luogo con così poco verde, eccetto naturalmente il Palazzo dell’Arcano. Si diresse verso il punto più interno e più umido, dove le sibille operavano i sintetizzatori di dati sotto licenza speciale del reparto Technology Transfer.
La camminata era lunga e tetra, e il burocrate sentiva il peso dell’edificio sopra di sé a ogni singolo passo. Il corridoio aveva per lui dimensioni allegoriche, come se fosse intrappolato all’interno di un labirinto, un labirinto nel quale era entrato in maniera piuttosto innocente alla ricerca di Gregorian, ma nel quale ora si trovava troppo avanti per tirarsi indietro e allo stesso tempo non abbastanza avanti da poter essere certo di giungere alla verità, qualunque fosse, che stava al suo centro.
Giunto alla sala delle sibille, scelse una porta a caso e vi entrò. Al centro di una scrivania da lavoro sedeva una donna esile dai lineamenti aguzzi. Dozzine di cavi neri larghi come un mignolo spuntavano dall’oscurità, terminando tutti in una presa nel cranio della donna. Alzando lo sguardo per vedere chi fosse entrato, li fece oscillare. Si trattava di una disposizione piuttosto antiquata, tipico esempio della tecnologia primitiva utilizzata dal suo dipartimento nel periodo in cui l’uso planetario di tecnologie di alto livello era cosa pressoché inevitabile. — Salve — disse il burocrate. — Sono…
— So chi siete. Cosa volete?
Da qualche parte, si udiva un lento gocciolìo d’acqua.
— Sto cercando una donna di nome Theodora Campaspe.
— Quella con il topo? — La sibilla lo fissò senza batter ciglio. — Abbiamo molte informazioni sulla famosa madame Campaspe, ma non ci è assolutamente noto se sia viva o morta, e tantomeno ci è nota la sua ubicazione.
— Si dice in giro che sia annegata.
La sibilla increspò le labbra, quindi socchiuse gli occhi con aria riflessiva. — Può darsi. Non si hanno sue notizie da un mese circa. Abbiamo prove concrete del fatto che i suoi vestiti siano stati bruciati sull’altare della chiesa di Saint Jones presso Rose Hall. Ma tutto ciò è a dir poco irrilevante. Può benissimo darsi che la persona in questione non desideri essere trovata. E naturalmente la metà dei nostri dati sono corrotti; può benissimo darsi che la persona in questione si stia semplicemente facendo gli affari suoi senza alcuna intenzione di nascondersi da chicchessia.
— Io non credo che sia così.
— No.
— E comunque, quali sarebbero i suoi affari? Che cosa fa esattamente una strega?
— Lei non l’avrebbe mai usata quella parola — disse la sibilla. — Possiede dei connotati politici non certo felici. Lei ha sempre parlato di se stessa come di una spiritualista. — I suoi occhi divennero sognanti mentre raccoglieva frammenti di informazioni dai luoghi più disparati. — Naturalmente, la maggior parte della gente non fa nemmeno questo genere di distinzione. La gente andava di notte a bussare alla sua porta portando denaro e richieste. Le chiedevano afrodisiaci, contraccettivi, crismi corporali, polveri malefiche da spruzzare in faccia ai loro nemici, pozioni per accrescere il seno e per cambiare i genitali dal maschile al femminile, candele per evocare ricchezza, portafortuna per riconquistare amori perduti e per alleviare i dolori delle emorroidi. Abbiamo testimonianze giurate che asseriscono che fosse in grado di cambiare pelle come un fantasma e trasformarsi in pesce o uccello, succhiare il sangue dei suoi nemici, spaventare i bambini con maschere, condurre mariti infedeli fra le colline fino a punti da dove impiegavano giorni interi a tornare, far scampanellare le cime degli alberi, creare sogni che rubano la mente e seducono l’anima, emergere dal fiume senza lasciarsi dietro nessun tipo di impronta, uccidere animali respirando loro in faccia, rivelare l’ubicazione di Ararat, far uso di una ghiandola contenuta all’interno del cervello le cui secrezioni danno assuefazione dopo un solo assaggio, camminare a mezzogiorno senza proiettare ombra, prevedere la morte e gli esiti delle battaglie, sputare spine ed evitare di essere perseguita. Se volete informazioni più specifiche, potrei passare l’intera giornata a elencarvele.
— E che mi dite invece del mago Aldebaran Gregorian? Che informazioni avete su di lui?
La sibilla abbassò il capo per concentrarsi sulla ricerca. — Abbiamo il testo delle sue pubblicità, i dati forniti dal vostro dipartimento alla Casa di Pietra, un rapporto recente della sicurezza interna firmato dal tenente di collegamento Chu, e inoltre la solita aneddotica: ha rapporti con demoni, è blasfemo, ospita orgie, si arrampica su montagne, si accoppia con capre, mangia pietre, gioca a scacchi, seduce vergini di entrambi i sessi, cammina sull’acqua, teme la pioggia, tortura gli innocenti, sfida le autorità extraplanetarie, si lava con il latte, consulta i mistici di Cordelia, fa uso di droghe su se stesso e su altri, viaggia in incognito, scrive libri in lingue sconosciute e così via. Nessuna di queste informazioni può considerarsi effettivamente affidabile.
— E naturalmente non avete idea di dove possa trovarlo.
— No.
Il burocrate emise un sospiro. — Va be’, un’ultima cosa. Voglio conoscere la provenienza di un manufatto che ho visto di recente.
— Avete una fotografia?
— No, ma lo posso visualizzare con una certa chiarezza.
— Dovrò inserirvi nel sistema. Aprite una linea di accoppiamento, per favore.
Il burocrate evocò le immagini necessarie, e davanti a lui apparve un volto grande il doppio del suo, una maschera dorata che galleggiava a mezz’aria fra lui e la sibilla.
Era il volto di un dio.
Tranquillo nella sua eleganza, inumanamente calmo, era il tutelare del sistema. — Benvenuto. Il mio nome è Trinculo. Permettimi di aiutarti. — La sua espressione era grave e serena come il riflesso della luna su un tranquillo specchio d’acqua.
Il burocrate percepì la presenza ronzante ed encefalica delle venti sibille, che facevano parte del sistema, nel retro del suo cervello. La presenza di Trinculo invece era una cosa dilagante, inevitabile, un’aura carismatica che poteva quasi toccare. Pur sapendo che si trattava di un oggetto della tecnologia primitiva, la sua attenzione era artificialmente focalizzata su Trinculo in maniera talmente rigida che la parte posteriore del suo cervello registrò una certa soggezione, tanto che il burocrate si sentì molto umile davanti a quell’essere luminoso. — Che cosa mi sapete dire a proposito di questo oggetto?
Visualizzò il coltello di conchiglia. Una sibilla raccolse l’immagine e la appese a mezz’aria sopra la scrivania. Un’altra aprì una finestra su un catalogo di museo. Scrutò attraverso una serie di luminose gallerie che sembravano essere state scavate nel ghiaccio, e infine sollevò il gemello del coltello da uno scaffale di vetro. Il burocrate si ritrovò a domandarsi che aspetto potesse avere il museo vero e proprio; aveva conosciuto collezioni aventi cataloghi perfetti, ma edifici vuoti e saccheggiati.
— Si tratta di un manufatto degli spettri — disse una sibilla.
— Un coltello di conchiglia, usato per distaccare il muscolo delle vongole preistoriche. — Accanto al coltello, aprì a mezz’aria un’altra finestra su una scena di vita primitiva in cui uno spettro dalla testa di pesce sedeva sul margine di un fiume dimostrando l’uso dell’oggetto in questione.
— Un oggetto piuttosto inutile, di questi tempi. Gli umani non riescono a digerire le vongole preistoriche.
— Questo utensile in particolare ha circa 350 anni e veniva usato da un clan fluviale facente parte dell’Alleanza del Crostaceo. Si tratta di un esempio particolarmente ben conservato di oggetti della sua classe e, al contrario della maggior parte dei reperti, non fu raccolto dai coloni originali di Miranda, bensì fa parte dei reperti venuti alla luce presso gli scavi di Cobbs Creek.
— Ulteriore documentazione in proposito è disponibile presso gli scavi di Cobbs Creek.
— L’oggetto in questione è attualmente in mostra presso il Museo di Antropologia Pre-umana di Dryhaven.
— È sufficiente, o desiderate saperne di più?
Trinculo si produsse in un sorriso benevolo. Il tutelare non aveva pronunciato una parola dal momento del suo benvenuto.
— Ho visto quell’oggetto meno di mezz’ora fa nel Tidewater — disse il burocrate.
— Impossibile!
— Deve trattarsi di una riproduzione.
— Il museo possiede un servizio di sicurezza extraplanetario.
— Trinculo — disse il burocrate — dimmi una cosa.
La maschera dorata rispose con tono amichevole e competente. — Sono qui per assistervi.
— Voi avete il testo delle pubblicità di Gregorian, no?
— Certo che lo abbiamo! — intervenne una sibilla.
— Perché non è stato ancora arrestato?
— Arrestato!
— Non vi è motivo di arrestarlo.
— E perché mai?
— Gregorian dichiara di poter trasformare la gente in modo che possano vivere anche in mare. Si tratta di un falso, e lui sta guadagnando dei soldi per questo. È una truffa. E mi sembra alquanto probabile che, nel corso di questa truffa, anneghi anche le sue vittime. E questo è omicidio.
Seguì un breve silenzio. Poi la sibilla che condivideva la stanza con il suo surrogato, con la testa ancora abbassata mentre scorreva fra i suoi dati, disse: — Bisogna innanzitutto determinare che non sia effettivamente in grado di adempire alle sue dichiarazioni.
— Non siate ridicoli. Gli esseri umani non possono vivere nell’oceano.
— Può darsi che possano venire adattati.
— No.
— E perché no?
— Tanto per citare il fattore più semplice, c’è l’ipotermia. Se avete mai nuotato in vita vostra, saprete come ci si raffredda rapidamente. Il nostro corpo può permettersi di perdere calore a quella media solo per un periodo di tempo decisamente breve. Nel giro di qualche ora, si bruciano tutte le proprie risorse e si va in ipotermia. Si entra in stato di choc e si muore.
— Gli spettri vivevano nell’acqua senza problemi.
— Gli esseri umani non sono spettri. Siamo mammiferi, e abbiamo bisogno di mantenere una temperatura sanguinea piuttosto elevata.
— Esistono anche dei mammiferi che vivono nell’acqua. Foche, lontre marine e simili.
— Perché si sono evolute in quel modo. Sono protette da uno strato di grasso. Noi non siamo isolati allo stesso modo.
— Può darsi che questo faccia parte del cambiamento operato da Gregorian, uno strato di grasso isolante.
— Mi rifiuto di credere in una discussione così puerile all’interno di un sistema d’informazione! — Il burocrate si rivolse direttamente al tutelare. — Trinculo, spiegate alla vostra gente se è possibile o meno un mutamento tanto estremo della struttura fisica umana.
Trinculo si girò da una parte e poi dall’altra, assumendo un’espressione confusa. — Io… No… — balbettò. — Io… non posso rispondere a questa domanda.
— Si tratta di una semplice correlazione basata su dati scientifici disponibili!
— Non… Non posseggo la… — Gli occhi di Trinculo erano sofferenti. Il suo sguardo si spostava da destra a sinistra in maniera frenetica.
Improvvisamente, il tutelare e le presenze ronzanti delle sue assistenti scomparvero. L’ufficio rimase vuoto, eccetto per la sibilla, che aveva staccato il collegamento.
Il burocrate fece una smorfia. — Il vostro tutelare sembra essere deprecabilmente inadeguato alle vostre esigenze.
La sibilla alzò lo sguardo di scatto, facendo oscillare i cavi. — E di chi è la colpa? È stato proprio il vostro dipartimento a mandare dentro i violatori e i guerrieri quando hanno deciso che la Rivoluzione Silenziosa era andata troppo avanti. Prima che le vostre creature vi scavassero i loro buchi, avevamo integrato il sistema in maniera perfetta.
— Questo è avvenuto molto tempo fa — disse il burocrate. Naturalmente sapeva di quell’incidente, un tentativo chisciottesco di portare l’intero pianeta a un livello tecnologico talmente basso da permettere loro di tagliare fuori qualsiasi tipo di commercio con l’esterno. Tuttavia, si sorprese a sentirne parlare dalla sibilla con tono tanto emotivamente coinvolto. — Quando il Tidewater era ancora sott’acqua, prima ancora del secondo insediamento. Molto prima che nascessimo noi. Non mi pare il caso di tirare fuori vecchi rancori a questo modo.
— Facile per voi dire una cosa simile. Voi non siete costretto a vivere con le conseguenze di quel fatto. Voi non dovete operare un sistema di informazioni arteriosclerotico. La vostra gente ha condannato Trinculo, considerandolo un traditore e cancellando tutte le sue funzioni più elevate. Qui invece viene ancora ricordato come un patriota. I bambini accendono ceri in suo onore nelle chiese.
— Era il vostro leader? — In quel caso, non era affatto sorprendente che fossero state cancellate tutte le sue funzioni elevate. Dopo quel che era successo sulla Terra, non vi era in tutto l’universo una creatura più temibile di un’entità artificiale indipendente.
La sibilla scosse i suoi cavi con rabbia, facendo schizzare gocce di condensato. — Sì, era il nostro capo! Era la mente della ribellione, se così volete chiamarla. Non volevamo altro che essere liberi dalla vostra interferenza, dalla vostra economia, dalla vostra tecnologia. Quando Trinculo ci mostrò come fare per liberarci dal vostro controllo, non ci siamo certo fermati a chiedergli se proveniva da un grembo o da una fabbrica. Saremmo scesi a patti con il diavolo in persona pur di togliere il collo dal vostro cappio, ma Trinculo non aveva proprio nulla di demoniaco. Era un alleato, un amico.
— Ma non potete distaccarvi dall’universo esterno, a prescindere da quanto… — Il burocrate si bloccò. La pelle della donna era esangue, le sue labbra sottili, i suoi occhi algidi. Il suo volto si era chiuso e pietrificato. Cercare di ragionare con lei era un’impresa disperata. — Be’, grazie per l’aiuto.
La sibilla lo seguì con uno sguardo carico d’ira mentre usciva dalla stanza.
Il burocrate uscì, si guardò attorno e si rese conto che era perso.
Mentre era lì fermo, indeciso sul da farsi, si aprì una porta in fondo al corridoio. Ne uscì un uomo luminoso come un angelo. Era come se avesse inghiottito il sole e non riuscisse a contenere il bagliore all’interno della sua carne. Il burocrate ridusse le sue percezioni esterne e vide all’interno del bagliore le costole d’acciaio e il volto a teleschermo di un suo simile, un surrogato come lui. Era un volto che conosceva.
— Philippe? — disse.
— In realtà sono solo un agente. — Philippe si era ripreso dallo stupore iniziale e ora sorrideva in maniera cameratesca. — Purtroppo sono sottoposto a una tale pressione, al lavoro, che non sono riuscito a venire qui di persona. — Prese il braccio del burocrate e lo condusse lungo il corridoio. — Se è stato il tuo primo incontro con le vedove di Trinculo, penso tu abbia bisogno di bere qualcosa. Non hai fretta, vero?
— Tu passi parecchio tempo su Miranda, non è vero?
— Più di alcuni, meno di altri. — Philippe aveva denti perfetti e, sebbene fosse abbastanza vecchio da potere essere il padre del burocrate, aveva un volto roseo e completamente privo di rughe. Era l’incarnazione vivente dell’eterno scolaretto. — Ha importanza?
— Immagino di no. Come va con la mia scrivania?
— Oh, sono certo che Philippe abbia tutto sotto controllo. È molto bravo in quel genere di cosa, lo sai no?
— Così mi dicono — rispose il burocrate con tono cupo.
Uscirono su un balcone che si affacciava su una via cittadina. Philippe chiamò un ponte mobile, che li trasportò sopra il fiume di metallo bollente fino all’ala più prossima dell’edificio. — E dove si trova Philippe in questo periodo?
— Al lavoro al Palazzo dell’Arcano, immagino. Da questa parte. — Giunsero davanti a una nicchia per i rinfreschi deserta e vi si inserirono. Philippe chiamò un menu e agganciò un gomito metaUico sul bancone. — Il succo di mele ha un bell’aspetto.
Ciò che aveva voluto chiedere il burocrate era dove fosse Philippe fisicamente. Mandare un agente in spazio reale era talmente più costoso della surrogazione (i ministeri responsabili per la conservazione della realtà virtuale facevano in modo che fosse sempre così) che solitamente gli agenti venivano impiegati solo quando la destinazione era talmente distante che il cambio di fuso orario rendeva poco pratica la surrogazione. Era comunque evidente che l’agente non avesse intenzione di rispondere a quella domanda.
Nell’albergo, qualcuno toccò la spalla del burocrate. — Arrivo fra un attimo — disse senza aprire gli occhi. Un bicchiere si materializzò nella sua mano, freddo e scivoloso per l’umidità come un vero bicchiere.
— Dimmi — disse l’agente dopo un po’ — Korda ha per caso qualcosa contro di te?
— Korda! E perché mai Korda dovrebbe avere qualcosa contro di me?
— È proprio quel che mi stavo domandando. Devi sapere che ultimamente ha detto delle cose strane. A proposito di eliminare la tua posizione e riassegnare tutte le tue responsabilità a Philippe.
— Ma è ridicolo. Ho un tale carico di lavoro che non riuscirebbero mai a…
Philippe sollevò le mani. — Non è certo opera mia. Io non voglio il tuo lavoro, ho già fin troppe responsabilità così come sono.
— Okay — disse il burocrate con tono poco convinto. — Va bene. Dimmi esattamente ciò che ti ha detto Korda.
— Non lo so. Non guardarmi a quel modo! Non lo so veramente, perché Philippe mi ha solo accennato la cosa. Lo sai che è un tipo molto circospetto; se gli riesce possibile, si tiene per sé ciò che sa. Però… ascolta, mi unirò a lui fra un paio di ore, vuoi che gli dia un messaggio da parte tua? Potrebbe anche collegarsi quaggiù per parlarti.
— Non sarà necessario. — Il burocrate tenne a freno la sua rabbia, nascondendola all’agente. — Dovrei aver risolto questo caso nel giro di un paio di giorni, e poi avrò modo di parlargli di persona.
— Sei già così vicino?
— Oh, sì. La madre di Gregorian mi ha fornito un sacco di informazioni, compresa una vecchia agendina di Gregorian piena di indirizzi e nomi. — In realtà l’agenda era sovraffollata di diagrammi e di istruzioni per cerimonie (serpenti, coppe e coltelli) che il burocrate trovava tanto oscure quanto tediose. A parte i lumi che poteva accendere sul carattere del giovane Gregorian e sulla sua megalomania giovanile, l’unica informazione utile fornitagli da quel libretto era stata quella riguardante madame Campaspe. Ciò nonostante, il burocrate voleva dare a Philippe qualcosa su cui riflettere.
— Bene, bene — disse l’agente con tono distratto. Abbassò lo sguardo, fissando la propria mano e facendo girare il liquido che solo lui vedeva nel suo bicchiere immaginario. — Perché il succo trasmesso via cavo non ha mai lo stesso sapore di quello che ti bevi in persona?
— È perché ti viene trasmesso solo il sapore, e il tuo corpo non sente gli zuccheri e tutto il resto — spiegò il burocrate. Philippe assunse un’espressione perplessa. — È come quando ti prendi una birra trasmessa via cavo; è tutto sapore e niente alcol. Solo che la componente fisica del succo di mele non è pronunciata e avvertibile come quella della birra, quindi il tuo corpo avverte, sì, la differenza, ma tu non ti accorgi esattamente di che cosa manchi.
— Tu sai un po’ di tutto, eh? — disse Philippe con tono amabile.
Quando il burocrate riaprì gli occhi, Chu lo stava aspettando.
— L’ho trovato — disse. Ancora quel sorrisetto ferino; un lampo di denti cospiratorio che scompariva in una frazione di secondo. — Venite sul retro.
Sul retro dell’albergo vi era una lunga baracca per gli attrezzi con una sola porticina, piuttosto stretta. Chu aveva forzato la serratura. — Mi serve luce — disse il burocrate. Prese una torcia dalla sua valigetta ed entrò.
In mezzo a una gran confusione di attrezzi, legname e legna di scarto vi erano una dozzina di casse imballate, intatte. — Erano già pronti a chiudere baracca — disse Chu. Spostando da un lato un cavalletto in legno, infilò una mano in una cassa che aveva già aperto e ne tirò fuori un coltello di conchiglia identico a quello che avevano visto poco prima al collo della ragazza.
— Quindi fanno contrabbando di manufatti, proprio come avevamo immaginato.
Chu estrasse un secondo coltello dalla cassa, poi un terzo e un quarto.
Erano tutti identici in ogni particolare.
— E c’è anche altra roba. Vasellame, utensili, pesi per la pesca, e tutti fatti in serie. — Scomparve fra le ombre. — E guardate cos’altro ho trovato.
Era una valigetta, esattamente identica a quella che teneva in mano il burocrate. Ne osservò i contrassegni e poté constatare che era stata emessa dal suo stesso dipartimento.
— Avete capito come funzionava, no? Si sono impossessati di una serie di manufatti di spettro genuini e se ne sono fatte fare diverse copie dalla valigetta. Poi devono aver riportato gli originali al loro posto. O magari hanno riportato le copie, non credo che farebbe una gran differenza.
— Solo per un archeologo. Magari nemmeno.
— Avete scoperto la provenienza del coltello?
— L’originale si trova a Cobbs Creek — disse il burocrate. — È esposto a Dryhaven.
— Cobbs Creek è a poca distanza da qui, lungo il fiume. Non lontano da Clay Bank.
— Più che dove hanno ottenuto gli originali, mi interesserebbe sapere dove si sono procurati la valigetta. L’avete interrogata?
— Inutile sprecare fiato. — Chu aprì la valigetta sotto la luce affinché il burocrate potesse vederne l’interno, che era annerito e pieno di macchie. — È morta.
— Idioti. — Il burocrate tirò fuori due cavi interfaccia dalla sua valigetta e la collegò a quella appena trovata. — Devono averla sovraccaricata. È un apparecchio piuttosto delicato; se gli si ordina di fare una serie di copie di qualcosa e non ci si preoccupa di rifornirlo con tutti gli elementi di cui ha bisogno, si fonde da solo cercando di ubbidire agli ordini impartitigli. Mi serve un rapporto completo sulla memoria di questo aggeggio.
La valigetta del burocrate rimase in silenzio per un secondo, quindi parlò. — Non c’è più nulla, a parte il numero di identificazione. È riuscita a disassemblare tutti i programmi di isolamento prima di morire, così la memoria protetta si è cancellata.
— Merda.
— Datemi una mano con questa cassa — disse Chu.
Fra sbuffi e grugniti, riuscirono a trasportare la cassa all’esterno, lasciandola poi cadere a terra con uno schianto. Il burocrate tornò dentro a prendere la sua valigia, ne estrasse un fazzoletto e si asciugò la fronte. — Non pensate che tutto questo fracasso richiamerà i falsali?
— Ci conto.
— Hah?
Chu estrasse un piccolo sigaro e se lo accese. — Pensate forse che i nazionali arresteranno qualcuno per questa storia? Con le maree del giubileo ormai prossime? Un piccolo giro di contrabbando che probabilmente non è nemmeno mirato a fregare i mirandiani? Di fatto, penso che questi oggetti venissero venduti ai turisti di fuori-mondo. E da queste parti una roba del genere non è nemmeno considerata un crimine. La valigetta avrebbe potuto creare un attimino più di scalpore, solo che è morta. In ogni caso, gira una voce sempre più insistente secondo la quale la Casa di Pietra sta per annunciare un’amnistia generale per tutti i reati commessi all’interno del Tidewater, e pare che la cosa verrà annunciata pochi giorni prima dell’arrivo delle maree. È per facilitare il compito delle autorità addette all’evacuazione. Insomma, credo che la polizia nazionale non sarà molto entusiasta di questa nostra scoperta. Alla fin fine, credo che ci restino solo due alternative possibili. La prima è di gettare tutta questa roba nel fiume, così non potranno guadagnarci più nulla.
— E la seconda?
— È di fare talmente tanto fracasso nel tirarla fuori che chiunque vi sia coinvolto sappia che li abbiamo scoperti. In fondo loro non sanno ancora dell’amnistia. Secondo me, il barista è già a qualche chilometro di distanza e sta ancora correndo come Un pazzo. Aspettatemi qui, vado a requisire una carriola.
Quando tornarono dal fiume, il bar era vuoto e il barista scomparso. Se ne era andato senza nemmeno spegnere il televisore. Chu si recò dietro il bancone, trovò una bottiglia di remscela e ne versò due bicchierini. — Al crimine!
— Mi spiace sempre quando se la cavano così a buon mercato.
— L’applicazione delle leggi è un mestiere sporco, figliolo — disse Chu con tono di scherno. — E quaggiù da queste parti c’è molto più sudiciume di quanto non ne abbiate voi lassù nel vostro mondo delle meraviglie fra le nubi. Fregatevene, e godetevi il vostro drink come un adulto.
Sullo schermo, un uomo stava discutendo con il vecchio Ahab, parlando del suo fratello gemello, disperso in mare anni prima. “Assassino!” gridò Ahab. “Era tuo fratello gemello, e ne eri responsabile!”
“Da quando in qua sono il tutore di mio fratello?”
Senza essere vista da nessuno dei due, una sirena li osservò da una finestra. Il suo volto esprimeva meraviglia e dolore.