2. Culti stregoneschi di Whitemarsh

Gregorian baciò la vecchia e la buttò giù dal dirupo. La donna precipitò verso l’acqua fredda e grigia a testa in giù, contorcendosi nel volo. Colpì la superficie formando un piccolo spruzzo bianco, piombando nelle profondità. Non riapparve. A una certa distanza, l’acqua venne rotta da una sagoma scura e liscia, come una lontra marina, che apparve per un attimo per poi riimmergersi.

— Si tratta di un trucco — spiegò il vero tenente Chu. Il volto di Gregorian apparve sullo schermo; un volto dai lineamenti duri, maturo, sicuro di sé. Le sue labbra si mossero senza profferire alcun suono. “Siate tutto ciò che volete essere”. Il burocrate aveva tolto l’audio dopo la quinta ripetizione, ma ormai conosceva il testo a memoria. “Abbandonate le vostre debolezze. Osate vivere in eterno”. Lo spot pubblicitario terminò, quindi riiniziò automaticamente.

— Un trucco? In che senso?

— Un uccello non può trasformarsi in un pesce nel giro di un istante. Si tratta di un adattamento che richiede un certo tempo. — Il tenente Chu si tirò su una manica e infilò una mano nella boccia del pesce. Il pescepassero fece uno scatto, mulinando le sue pinne scintillanti. La sabbia si sollevò, oscurando l’acqua. — Il pesce-passero è uno scavatore. Quando il mio impersonatore ha infilato l’uccello nell’acqua, il pesce si trovava sepolto sotto la sabbia. Un movimento rapido, come questo — fece una dimostrazione pratica — e l’uccello viene strangolato. Poi lo si infila nella sabbia, e chiaramente il pesce si risveglia e prende a nuotare.

Appoggiò il piccolo cadavere sul tavolo. — Un trucco piuttosto semplice, una volta che lo si conosce.

Gregorian baciò la vecchia e la buttò giù dal dirupo. La donna precipitò verso l’acqua fredda e grigia a testa in giù, contorcendosi nel volo. Colpì la superficie formando un piccolo spruzzo bianco, piombando nelle profondità. Non riapparve. A una certa distanza, l’acqua venne rotta da una sagoma scura e liscia, come una lontra marina, che apparve per un attimo per poi rimmergersi.

Il burocrate spense il televisore.

L’ufficiale di raccordo del governo planetario appoggiò la schiena alla vetrata rimanendo in posizione rigida; le pieghe della sua uniforme erano crespe, imperiali, e stava fumando uno snello cigarillo di colore nero. Anche Emilie Chu era piuttosto snella, una donna minuta dal fisico agile, con occhi dall’espressione cinica e le labbra perennemente contratte in un sorrisetto di scherno. — Bergier non ne sa nulla. A quanto pare, il mio impersonatore si è dileguato. — Si accarezzò i baffetti quasi invisibili con aria solennemente divertita.

— Non possiamo essere sicuri che non si trovi ancora qui dentro — le ricordò il burocrate. Ora le vetrate erano tornate trasparenti, e in quell’aria fresca e luminosa l’incontro con il falso Chu sembrava una cosa improbabile, come il racconto di un viaggiatore. — Andiamo a far visita al comandante.

L’osservatorio di poppa era pieno di studentesse della Laserfield Academy in uniforme in gita di classe, che si scambiarono piccole gomitate e risatine mentre il burocrate seguiva Chu su per una piccola scaletta che conduceva a una botola che dava accesso all’interno della sacca di gas. La botola si chiuse, e il burocrate si ritrovò in piedi all’interno del telaio triangolare della chiglia. Era piuttosto buio fra una cella di gas e l’altra, e la sottile fila di lampadine sul soffitto serviva più a dare un’idea delle dimensioni dello spazio che non a illuminare effettivamente l’ambiente. Una donna dell’equipaggio si parò dinnanzi a loro sulla passatoia. — I passeggeri non hanno il permesso di accedere a… — Vedendo l’uniforme di Chu, si bloccò, irrigidendosi.

— Vorremmo parlare con il comandante pilota Bergier, per cortesia — disse il burocrate.

— Volete vedere il comandante? — La donna lo fissò come fosse una sfinge materializzatasi dal nulla che le stava ponendo un quesito particolarmente ostico.

— Se non è un problema… — intervenne Chu con tono pacatamente minaccioso.

La donna si girò immediatamente sui tacchi. Li condusse attraverso l’esofago dell’aereonave fino alla prua, dove si trovarono davanti a una scalinata talmente ripida che bisognava arrampicarvisi con mani e piedi, come fosse una scala a pioli, che conduceva alla cabina di pilotaggio. Sulla porta di legno scuro vi era un’incisione appena accennata che rappresentava una rosa accompagnata da una forma fallica. La donna dell’equipaggio bussò rapidamente per tre volte, quindi si aggrappò a un montante e, agile come una scimmia, scomparve fra le ombre. Si udì il rombo sommesso di una voce profonda. — Avanti.

Aprirono la porta ed entrarono.

La cabina di pilotaggio era piccola. Il parabrezza anteriore era schermato, e l’unica illuminazione era fornita dai tre schermi di navigazione accesi posti davanti al sedile di pilotaggio. L’intero luogo era impregnato di un odore di sudore e di abiti stantii. Il comandante Bergier era chinato sugli schermi, simile a una vecchia aquila. Il pallido becco del suo volto divenne improvvisamente nobile quando alzò lo sguardo, lo sguardo di un poeta barbuto tutto pelle e ossa che impende sul luminoso terreno del suo mondo. Voltandosi, i suoi occhi si fissarono su qualche tragedia distante, assai più importante per lui di qualsiasi pericolo attuale. Due occhiaie scure si incurvarono sotto i suoi occhi. — Sì? — disse.

Il tenente Chu si produsse in un affettato saluto militare, mentre il burocrate, ricordandosi giusto in tempo che tutti i comandanti di aereonave avevano incarichi paralleli per quanto riguardava la sicurezza interna, offrì le proprie credenziali. Bergier vi diede una rapida occhiata, quindi gliele riconsegnò. — Quelli come voi non sono ben visti da tutti su questo pianeta, signore — disse il comandante. — Voi ci costringete alla povertà, vivete sul nostro lavoro, sfruttate le nostre risorse e non ci ripagate con nulla se non con accondiscendenza.

Il burocrate sbatté le palpebre, stupito. Prima ancora che riuscisse a organizzare una risposta, il comandante proseguì: — Ciò nonostante, io sono un ufficiale, e farò il mio dovere. — Si infilò in bocca una pastiglia e la succhiò rumorosamente. La cabina di pilotaggio venne invasa da un odore dolciastro e nauseante. — Date pure i vostri ordini.

— Non ho alcun ordine da dare — iniziò il burocrate. — Voglio solo…

— Ecco, così parla la voce del potere. Voi ci negate la tecnologia che potrebbe trasformare Miranda in un paradiso. Controllate i processi di produzione in un modo che vi permette di svalutare la nostra economia come e quando vi pare. Noi esistiamo solo per vostro capriccio, e nella forma che più vi aggrada. Poi arrivate voi, entrate qua dentro con in mano la vostra frusta, imponendo degli ordini perentori che senz’altro preferite chiamare richieste, facendo finta che sia tutto per il nostro bene. Vi prego, signore, almeno non siate ipocrita.

— La tecnologia non ha esattamente reso la Terra un “paradiso terrestre”. O forse da queste parti non vi insegnano la storia classica?

— Un tipico sfoggio di arroganza. Voi ci negate la nostra eredità materiale, e ora siete anche arrivato fino al punto di chiedermi di ringraziarvi per questo. Ebbene, signore, io non vi ringrazierò. Ho il mio orgoglio, io. E inoltre… — Si fermò. Nell’improvviso silenzio, si poté notare che la sua testa ogni tanto aveva uno scatto, come se il comandante stesse cercando di non cadere improvvisamente addormentato. La sua bocca si aprì e si richiuse, si riaprì e si chiuse di nuovo. I suoi occhi si spostarono lentamente da un lato, alla ricerca del pensiero perduto. — E… ah. E… ah…

— L’illusionista — insistette il burocrate. — L’impersonatore del tenente Chu. Lo avete trovato o no?

Bergier si impettì di nuovo. — No, signore, non lo abbiamo trovato. Non lo abbiamo trovato perché è impossibile trovarlo. Ha abbandonato la nave.

— È impossibile. Siamo scesi a terra una sola volta, e non è sbarcato nessuno. Ero davanti al portello, ho visto.

— Questo volo è diretto verso il mare. È piuttosto vuoto. Forse su un volo diretto verso la terraferma… sì, un uomo molto agile e determinato sarebbe riuscito a sfuggirmi. Ma vi assicuro che ho controllato ogni passeggero e ordinato agli uomini dell’equipaggio di aprire tutti gli scomparti di carico e tutti gli alloggi dell’equipaggiamento del Leviathan. Sono arrivato addirittura a mandare un ingegnere con un airpack fin su alle ventole del gas. Il vostro uomo non si trova a bordo del mio velivolo.

— Mi pare quantomeno logico che avesse preparato la fuga anticipatamente. Magari aveva un aliante pieghevole nascosto da qualche parte a prua — suggerì Chu. — Non si tratta di una cosa tanto difficile, per un uomo abbastanza atletico. Può benissimo darsi che sia scappato da una finestra.

Più probabilmente, pensò il burocrate, e quel pensiero lo colpì con la forza dell’ineluttabile, era semplicemente riuscito a corrompere il capitano, facendo sì che mentisse per lui. Lui per lo meno avrebbe agito a quel modo, trovandosi nei panni di Gregorian. — Ciò che mi lascia perplesso — disse per mascherare il suo sospetto — è che Gregorian si sia dato tanto da fare per scoprire ciò che sapevamo su di lui. Non vale la pena di correre un rischio simile per quelle poche informazioni.

Bergier fece una smorfia in direzione dei suoi schermi, senza dire nulla. Toccò un comando, e un motore cambiò timbro, emettendo un suono più profondo. Molto lentamente, la nave iniziò a virare.

— Probabilmente voleva solo tormentarvi — disse Chu. — Semplicemente questo.

— Vi pare una cosa probabile? — domandò il burocrate con tono dubbioso.

— I maghi sono capaci di fare qualsiasi cosa. Non è facile seguire i loro ragionamenti. Ehi! Magari si trattava proprio di Gregorian in persona! Indossava persino i guanti…

— Fotografie di Gregorian e del nostro impersonatore — disse il burocrate. — Primo piano e profilo di entrambi. — Estrasse le copie dalla sua valigetta, le scrollò un attimo per asciugare l’umidità, quindi le sistemò una accanto all’altra sul pannello di comando. — No, guardate qui. È assurdo persino contemplare la sola ipotesi. E poi che cosa c’entra il fatto che indossasse i guanti?

Chu osservò attentamente le due foto, paragonando la figura alta e massiccia di Gregorian con quella esile del suo impersonatore. — No — assentì infine. — Basta guardare le facce. — Gregorian emetteva una specie di oscura energia animale, persino in fotografia. Più che a un uomo assomigliava a un minotauro; la sua mascella era talmente robusta e le sue sopracciglia talmente folte che il suo aspetto complessivo trascendeva da qualsiasi considerazione di bruttezza, comunicando invece qualcosa di assai più profondo. Era quel genere di volto che poteva apparire brutto in stato di riposo, ma che si accendeva improvvisamente di bellezza al minimo accenno di sorriso, o anche semplicemente per una strizzatina d’occhio. Un volto simile non avrebbe mai potuto nascondersi dietro alla rosea rotòndità di quello del falso Chu.

— Il nostro intruso indossava i guanti perché era un mago. — Il tenente Chu agitò le dita. — I maghi si fanno tatuare le mani, aggiungendo un nuovo segno per ogni parte della dottrina che apprendono, iniziando dal dito medio e salendo verso il polso. Un grande stregone può averne fino ai gomiti. Serpenti, lune e cose simili. Se aveste visto le sue mani, non lo avreste mai scambato per un ufficiale del Piedmont.

Bergier si schiarì la gola, aspettando che si fossero voltati entrambi prima di parlare. — Con la tecnologia che voi ci negate, questa nave potrebbe operare con un solo uomo ai comandi. Un uomo solo potrebbe occuparsi di tutte le operazioni, dal carico dei bagagli fino alle pubbliche relazioni, senza bisogno di nessun componente di equipaggio.

— E quella stessa tecnologia renderebbe inutile il vostro stesso lavoro — osservò il burocrate. — Pensate forse che il vostro governo pagherebbe tutti i soldi che occorrono per una nave di lusso come questa se potessero avere a disposizione una flotta di rapide e economiche navette anti-atmosferiche?

— La tirannia ha sempre la sua logica.

— Abbiamo localizzato la madre di Gregorian — intervenne il tenente Chu prima che il burocrate potesse rispondere.

— Davvero?

— Sì. — Chu si produsse in un sorriso vanitoso che fece capire al burocrate che doveva trattarsi di una sua iniziativa personale. — Vive in un paesino sul fiume sotto Lightfoot. L’eliostato non arriva fin laggiù, ma se riusciamo a trovare qualcuno che ci affitta una barca, ci possiamo arrivare a piedi. Penso che sia il luogo migliore per iniziare la nostra indagine. Dopodiché possiamo fare dei controlli presso le emittenti televisive, per vedere se riusciamo a rintracciare la provenienza del denaro. Tutte le emittenti trasmettono dal Piedmont, ma se voghamo rintracciare da dove vengono i soldi delle pubblicità, c’è uno sportello alla stazione degli eliostati. Nessun problema.

— Faremo visita alla madre domani mattina stessa — disse il burocrate. — Ma ho già avuto a che fare con banche planetarie, e ho dei forti dubbi riguardo al fatto che riusciremo a rintracciare la provenienza di quel denaro.

Bergier gli rivolse un’occhiata sprezzante. — Il denaro può sempre essere rintracciato. Si trascina dietro una scia puzzolente ovunque vada.

Il burocrate sorrise con espressione poco convinta. — Molto aforistico.

— Non osate prendermi in giro! Quando ero giovane, nel Tidewater, ho avuto cinque mogli. — Bergier si infilò in bocca un’altra pasticca, succhiandola rumorosamente. — Le avevo sistemate nel migliore dei modi, tutte lungo la mia rotta, ma abbastanza distanti l’una dall’altra da far sì che nessuna sospettasse l’esistenza dell’altra. — Il burocrate vide che il comandante non aveva notato il modo in cui Chu aveva sollevato gli occhi a questa sua affermazione. — Ma poi scoprii che la mia Ysolt mi tradiva. Diventai quasi pazzo perla gelosia. In quel periodo avevano appena dichiarato illegali i culti stregoneschi. Tornai da lei quel giorno, dopo un’assenza di diverse settimane. Oh, se era calda. Le era appena iniziato il ciclo, e l’intera casa odorava di lei. — Le sue narici si dilatarono. — Non avete idea di che cosa fosse in certi momenti. Come entrai dalla porta, mi afferrò, mi sbatté a terra e iniziò a strapparmi di dosso l’uniforme, completamente nuda come era. Era come essere violentati da un uragano. Non riuscivo a pensare ad altro se non al fatto che si potessero scandalizzare i vicini.

“Doveva essere una scena ben ridicola, vedermi lottare sotto quella gatta indemoniata. La faccia tutta rossa, mezzo svestito, cercavo di chiudere la porta con una mano.

“Nulla di male. Ero ancora un giovanotto, a quei tempi. Ma le cose che non mi fece! Evidentemente, aveva imparato da qualche parte delle abilità che non le avevo insegnato io, le venivano delle idee che non erano mie. Alcune erano addirittura cose che non avevo mai provato in tutta la mia vita. Eravamo sposati da anni, e improvvisamente lei aveva acquisito dei nuovi gusti. Dove li aveva imparati, maledizione? Dove?”

— Magari aveva semplicemente letto un libro — disse Chu con tono asciutto.

— Balle! Aveva un amante! Era più che evidente. Ysolt non era certo una donna particolarmente sagace, era come un bambino che ti mostra un suo nuovo giocattolo. Perché non proviamo a vedere che cosa succede se… Così mi diceva! Facciamo finta che tu sia la donna e io l’uomo… Questa volta io non mi muoverò proprio, e tu… Impiegò diverse ore a dimostrare tutto quel che aveva imparato… ciò che le “era venuto in mente”, così mi disse. Di conseguenza, io ebbi tutto il tempo per riflettere sul da farsi.

“Quando la lasciai, era già buio. Lei stava dormendo, i suoi lunghi capelli neri appiccicati ai suoi piccoli seni sudati. Che sorriso angelico aveva! Così, uscii per scoprire chi mi aveva cornificato, e mi portai dietro una bella pistola. Non sarebbe stato difficile trovarlo, pensai. Un uomo che possedeva le abilità riportatemi da Ysolt doveva per forza essere conosciuto, nei giusti ambienti.

“Scesi giù al fiume, dove ci sono le pozze per le tinture e gli orci, e feci un paio di domande in giro. Mi riferirono subito che un uomo aventi simili abilità era stato da quelle parti di recente”. Un altoparlante nascosto borbottò qualcosa con tono rispettoso, e Bergier toccò il pannello dei comandi. — Regolate l’aerostato di sinistra a mano, se necessario. Sì. No. Avete i vostri ordini. — Rimase in silenzio per un lungo, disperato momento, tanto che il burocrate pensò che avesse perso il filo del suo discorso. Poco dopo, però, il comandante proseguì.

— Solo che non riuscivo a trovarlo, quell’uomo. Tutti ne avevano sentito parlare, la voce girava come fosse la più recente battuta sconcia e molte donne lasciavano intuire che avevano dormito con lui, ma la persona in sé era introvabile. A quei tempi c’era un sacco di gente strana in giro, dopo la soppressione dei culti del Whitemarsh, e un artista del sesso non rappresentava nulla di speciale. Venni a sapere che era un tipo di statura media, ben vestito, dallo spirito ironico. Parlava poco, viveva grazie alla generosità delle donne, aveva occhi scuri e non sbatteva quasi mai le palpebre. Ma le terre attorno al fiume erano piene di gente con qualcosa da nascondere. Una persona cauta poteva anche rimanere nascosta in eterno, e questa in particolare era la più elusiva del mondo. Si muoveva di notte, senza essere visto e senza essere notato, non faceva promesse, non aveva amici, non aveva abitudini fisse. Insomma, era impossibile trovarlo, come prendere a pugni l’aria.

“Così, dopo qualche giorno di ricerca infruttuosa, decisi di cambiare tattica. Decisi che sarebbe stata la mia Ysolt a trovarlo per me. Divenni improvvisamente impotente. E sapete come feci? Con la mano. La vecchia madre mano e le sue cinque figlie. Quando Ysolt mi si avvicinava, non c’era più nulla da fare; il vecchio soldato non si metteva sull’attenti nemmeno a pagarlo. E questo la fece quasi impazzire. Naturalmente, io fingevo imbarazzo, umiliazione e disperazione. Dopo un po’, iniziai a rifiutarmi persino di provarci.

“Così, come previsto, lei fu spinta a tornare dal suo amante, da quell’uomo dall’abilità tanto straordinaria. Tornò da me con degli esercizi di respirazione e delle tecniche di rilassamento che avrebbero dovuto rimettermi in sesto, ma naturalmente non servirono a nulla. Per tutto quel periodo, mi comportai in maniera fredda e distante nei suoi confronti. A quel punto, lei naturalmente pensava che le stessi dando la colpa della mia incapacità. Quando infine venni richiamato in servizio, era ormai disposta a fare qualsiasi cosa pur di curarmi.

“Quando tornai la volta successiva, aveva “scoperto” un uomo che poteva assistermi nel mio problema. Lei sapeva che non approvavo i culti stregoneschi, ma disse che quell’uomo mi poteva preparare una pozione. Sarebbe costata parecchio, e questo non le andava molto bene, poiché era convinta del fatto che un uomo non avrebbe dovuto pagare per una cosa del genere. Tuttavia, la felicità del marito è talmente importante per una moglie… Insomma, alla fine riuscì a convincermi.

“Quella sera stessa, riempii d’argento una scatola piccola ma pesante e mi recai, come mi era stato indicato, presso un piccolo garage vicino ai moli. Accanto alla porta laterale vi era una luce azzurra. Aprii la porta ed entrai.

“Nell’istante in cui chiusi la porta alle mie spalle, qualcuno accese tutte le luci del posto. Strinsi gli occhi. Poi la mia vista si abituò, e iniziai a intravedere una serie di automobili e un sacco di attrezzi da officina. Dentro, mi stavano aspettando in sei, fra cui dug donne. Erano seduti nelle cabine dei camion o sui tetti delle macchine, e mi fissavano con sguardi arcigni, fissi come quelli di una civetta”.

L’altoparlante gracchiò di nuovo; Bergier rispose con uno scatto della testa. — Perché mi scocciate con questa roba? Non voglio essere disturbato per questioni di routine! — Tornò alla sua storia — Una delle donne mi domandò di mostrarle il denaro. Io aprii la mia scatola, ne estrassi una sacca di pelle di talpa con dentro 85 dollari fleur de vie e gliela gettai ai piedi. La donna slegò il sacchettino, vide il bagliore dell’argento fior di conio e inspirò. Questo viene da Whitemarsh, mi disse.

“Io non dissi nulla.

“I seguaci del culto si guardarono fra loro. Io infilai una mano sotto il cappotto e strinsi il mio revolver. Abbiamo bisogno del denaro, disse un uomo. I cani del governo ci sono alle calcagna, sento il loro fiato.

“La donna prese una manciata d’argento, che scintillò come un mucchio di specchietti. Disse che poco prima del saccheggio di Whitemarsh era scomparso un coniatore. Avevano preso le sue monete e le avevano distribuite a chi le voleva. Lei era stata presente al fatto, ma non aveva accettato il denaro, decidendo che non ne aveva bisogno. Scrollò le spalle. Come cambiano in fretta le cose, disse.

“Mi resi subito conto che pensavano che avessi derubato un loro fratello fuggitivo. Immagino che non ne sappiate molto sulla soppressione di Whitemarsh, vero?”

— Nulla — confermò il burocrate.

— Sono solo dicerie — intervenne Chu. — Non è certo quel genere di storia che insegnano a scuola.

— Dovrebbero insegnarla, invece — ribatté il comandante. — Per far capire ai bambini che cos’è realmente il nostro governo. Il fatto avvenne ai tempi in cui il Tidewater era ancora giovane, quando le comuni e le comunità utopiche spuntavano dappertutto come funghi. Per la maggior parte si trattava di cosucce innocue, piccoli gruppi che apparivano e sparivano nel giro di un mese. Ma i culti di Whitemarsh erano qualcosa di diverso; si allargavano con la stessa velocità di un incendio col vento. Uomini e donne giravano nudi alla luce del sole. Non mangiavano carne. Partecipavano a orge rituali. Si rifiutavano di fare il servizio militare, e le fabbriche iniziarono a chiudere per mancanza di manodopera. I campi non venivano coltivati. I bambini non venivano mandati a scuola. I cittadini privati si coniavano le monete da soli. Non avevano leaders. Non pagavano tasse. Nessun governo avrebbe potuto tollerare una cosa del genere.

“Siamo piombati su di loro con ferro e fuoco. In una sola giornata abbiamo distrutto i culti, costretto alla fuga tutti i sopravvissuti e mostrato loro un tale orrore da scoraggiarli definitivamente a insorgere una seconda volta. Capirete, quindi, che in quel gar mi trovavo in una situazione di grandissimo pericolo. Ma non tradii la mia paura. Chiesi loro se volevano i soldi o no.

“Uno di loro prese in mano la sacca e la soppesò. Poi, come speravo, si infilò una manciata di monete in tasca. ’Li divideremo in maniera equa, disse. Finché vive lo spirito, Whitemarsh non è morta’. Mi lanciò un sudicio pacchettino di erbe, e con tono sdegnoso mi disse che avrebbero fatto resuscitare persino un morto, figurarsi me.

“Infilai il pacchetto nella mia scatola di piombo e me ne andai. Tornato a casa, picchiai Ysolt fino a farla sanguinare e la buttai in strada. Aspettai una settimana, quindi feci rapporto alla sicurezza interna, dicendo loro che vi era un gruppo di seguaci del Whitemarsh sopravvissuti nascosti nella zona. Poco dopo trovarono le monete, e con le monete i fuggitivi. Tuttora non so esattamente quale fra loro aveva macchiato la mia Ysolt, ma dato che si erano divisi i soldi equamente, sono sicuro che venne punito anche lui. Oh, sì, venne punito come si meritava.”

Seguì qualche secondo di silenzio, che venne infine interrotto dal burocrate. — Temo di non seguire il vostro ragionamento.

— Venni mandato a Whitemarsh poco prima della sua caduta. Mi occupai io del coniatore, e usai un apparecchio fornitomi dai miei superiori per irradiare le sue monete. Almeno la metà di coloro che riuscirono a fuggire portavano con sé quelle monete adulterate. Non riuscirono mai a capire come facessimo a trovarli con tanta facilità. In seguito, si scoprì che molti degli uomini che erano entrati in contatto con quelle monete soffrivano di avvelenamento da radiazioni, e proprio nel punto in cui meno lo avrebbero desiderato. Una vista orribile. Ho ancora le fotografie. — Si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e inarcò le sopracciglia. — Diedi la loro pozione al cane di Ysolt, che morì. Tanto per darvi un’idea della sagacia degli stregoni.

— L’irradiatore è uno strumento illegale — disse il burocrate. — Nemmeno il governo planetario avrebbe diritto di usarlo. Può fare un sacco di danni.

— Fate il vostro dovere, o guardiano del popolo! Indagate pure, la pista ha appena 60 anni. — Bergier rivolse un’occhiata aspra ai suoi schermi. — Abbasso lo sguardo per guardare la terra, e vedo la mia vita stesa come una mappa davanti ai miei occhi. Adesso ci stiamo avvicinando al punto del tradimento di Ysolt, che a volte viene chiamato Cornificamento, e più avanti c’è la Caduta di Penelope, poi Morte da Febbre, e poi Abbandono. Alla fine del tragitto c’è Capo Disillusione, e quello vale per tutte le mie mogli. Mi sono ritirato dalla terra, ma non riesco ancora a staccarmene completamente. Continuo a aspettare, ad aspettare. Che cosa? Forse aspetto che venga l’alba.

Bergier tolse gli schermi alle vetrate. Il burocrate strinse gli occhi davanti alla luce che invase improvvisamente l’abitacolo, annegandoli tutti in un’onda di gloria, trasformando il comandante in un vecchio pallido dalle guance cadenti. Sotto di loro, poterono vedere i tetti e le torri, gli obelischi e la cupola dorata di Lightfoot che torreggiava dinnanzi a loro, tempestata di antenne.

— Io sono il verme nel cranio — disse Bergier con tono convinto — che si dimena nell’oscurità. — L’irrazionalità di quel commento, assieme al fatto che fosse stato profferito così, all’improvviso, lasciò un po’ sconvolto il burocrate, che si rese conto con un brivido che quegli occhi sbarrati non stavano fissando l’orrore del passato, bensì quello del futuro. Vi era una premonizione di senilità in quel modo di parlare lento e scandito, come se il vecchio comandante stesse guardando davanti a sé, vedendo solo un lungo scivolo che lo portava a una miseria sdentata e a una morte che non era distinguibile dalla vita, non più di quanto non lo fosse la sottile linea che divideva il cielo dall’oceano.

Mentre uscivano dalla cabina di pilotaggio, vennero richiamati ancora una volta dal comandante. — Tenente Chu, mi aspetto che mi teniate informato. Seguirò da vicino i vostri progressi.

— Sissignore. — Chu chiuse la porta e scese dalle scale. Emise una piccola risatina. — Avete notato le caramelle? — Il burocrate emise un grugnito di assenso. — Panacee delle streghe delle paludi che dovrebbero servire contro l’impotenza. Vengono fatte con radici, sterco di toro e altre robe schifose. Non c’è peggiore idiota di un vecchio idiota. Non esce mai da quella sua cabina, sapete? È famoso per questo, ci dorme persino dentro.

Il burocrate non la stava ascoltando. — Deve essere per forza qui intorno, da qualche parte — disse. Scrutò nell’oscurità trattenendo il fiato, ma non udì nulla. — È nascosto.

— Chi?

— Il vostro impersonatore, il giovane spericolato. — Si rivolse alla sua valigetta. — Ricostruisci la sua traccia genetica e fammi un localizzatore. Con quello lo troverò di sicuro.

— Tecnologia bandita — disse la 24 ore. — Non sono autorizzato a utilizzare tecnologia bandita sulla superficie planetaria.

— Maledizione!

L’aria all’interno della sacca era immobile, ma ugualmente carica di tensione. Pulsava per le vibrazioni dei motori, viva come un serpente arrotolato. Il burocrate sentiva lo sguardo del falso Chu che li scrutava dall’oscurità. Rideva alle loro spalle.

Chu gli appoggiò una mano sul braccio. — Non lo fate. — Aveva uno sguardo terribilmente serio. — Se vi lasciate coinvolgere a livello emotivo dall’opposizione, vi fregate con le vostre stesse mani. Vi consiglio di tranquillizzarvi e di mantenere un certo distacco.

— Non ho bisogno…

— …di consigli da uno come me. Lo so. — Chu si produsse in un sorriso presuntuoso, tirando fuori quel suo spavaldo cinismo. — Le forze planetarie sono tutte corrotte e inefficienti, siamo famosi per questo. Ciò nonostante, vi assicuro che vale la pena di ascoltarmi. Questo è il mio territorio, e io conosco la gente con cui avremo a che fare.


— Attento, amico!

Il burocrate fece un passo indietro. Quattro uomini stavano lottando con una grossa trave, che venne estratta dal fango e issata su un camion. Una donna piuttosto ben piantata dai capelli rossi azionava la gru dal camion stesso. Gli edifici che li circondavano erano i più derelitti che il burocrate avesse mai visto, tutti screpolati, con le finestre rotte e gli infissi sfondati. Il lato settentrionale di ogni edificio era ricoperto di incrostazioni di molluschi.

Il terreno era cedevole sotto ai piedi. Il burocrate osservò le proprie scarpe sprofondate nel fango con aria sconsolata. — Cosa sta succedendo qui? — domandò.

Un vecchio negoziante, pressoché perso fra le pieghe dei suoi abiti, come se si fosse ristretto o questi ultimi si fossero allargati, sedeva sul suo terrazzo osservando la scepa. Dal suo orecchio sinistro pendeva un teschio d’argento, che lo identificava come veterano della Terza Unificazione. — Strappano via i marciapiedi — disse con tono cupo. — È vera quercia di mare, ed è rimasta lì sotto a stagionare per quasi un secolo. Quelle travi le ha messe giù mio nonno, ai tempi in cui il Tidewater era ancora giovane. A quei tempi non valevano nulla, ma nel giro di un anno potrò chiedere il prezzo che voglio, per quella legna.

— Come posso fare per affittare una barca?

— Mmm, ve lo dirò nel modo più semplice; non vedo proprio come possiate fare. Ci sono ben poche barche in giro da quando sono stati tirati via tutti i pontili. — Notando l’espressione del burocrate, il negoziante si produsse in un sorriso aspro. — Anche i pontili erano di quercia marina. Li abbiamo tirati giù il mese scorso, quando se n’è andata la ferrovia.

Provando una leggera sensazione di disagio, il burocrate rivolse lo sguardo verso il Leviathan che scompariva lentamente nel cielo dell’est. Uno sciame di moscerini, potevano essere zanzare-vampiro o mosche cirripedi, si avvicinò minacciando un attacco per poi scomparire subito nel nulla. Le mosche, l’aereonave, la ferrovia, i pontili e i marciapiedi, tutta Lightfoot sembrò scomparire attorno a lui, come fosse stata travolta dal riflusso di una marea che trascinava via ogni cosa. Il burocrate si sentì improvvisamente girare la testa, come fosse stato succhiato in un luogo senza aria dove il suo orecchio interno vorticava in maniera selvaggia e non vi era più terreno sotto i suoi piedi.

Con un forte grido, la trave venne fatta cadere sul pianale del camion. La donna che manovrava la gru continuò a chiacchierare e a scherzare con gli uomini infangati. — E non avete ancora visto il mio vestito per la festa. Quando lo vedrete morirete. Mi arriva giusto fino a qui.

— Vuoi far vedere il di sopra delle tette, eh Bea? — disse uno degli uomini.

La donna scosse il capo con aria sdegnosa. — Fino a metà capezzolo, cari. Vedrete delle parti di me che non avete mai neanche sospettato.

— Oh, io le sospettavo eccome. Solo che non mi sono mai sentito di farci niente di particolare.

— Be’, venite al giubileo nella Rose Hall domani sera, e allora vi mangerete le mani.

— Ah, era questo che volevi che ci mangiassimo? — L’uomo fece un sorriso ironico, poi saltò indietro mentre la trave scivolava di qualche centimetro nel suo imbrago. — Ehi, attenta con quella trave! Un commento del genere non merita un piede spappolato.

— Non ti preoccupare. Se ti devo spappolare qualcosa, non saranno certo i piedi.

— Scusatemi — intervenne ad alta voce il burocrate. — Esiste per caso qualche possibilità che possa noleggiare il vostro camion? Siete voi la proprietaria?

La donna dai capelli rossi abbassò lo sguardo. — Sì, sono io — disse. — Ma non credo che vogliate noleggiarlo. Lo sto facendo andare con una batteria con il doppio della potenza necessaria, quindi devo passarla attraverso un riduttore, capite? Va solo il trasformatore. Lo posso usare al massimo per mezz’ora, poi inizia a surriscaldarsi e si fonde la guarnizione. Lo sto usando il meno possibile. Anatole ha un trasformatore, ma crede di poterci tirar fuori un occhio della testa, e così sto tenendo duro. Quando si avvicinerà il giubileo, glielo prenderò al prezzo che dico io.

— Aniobe, te l’ho già detto — disse il negoziante. — Potrei strapparlo a quello scemo per la metà di quel…

La donna scrollò la testa. — Oh, chiudi il becco, Pouffe. Non mi rovinare tutto il divertimento!

Il burocrate si schiarì la gola. — Non voglio andare molto lontano. Solo un po’ più a valle lungo il fiume e ritorno. — Tentò di colpire una mosca cirripede, che fece ugualmente in tempo a pungerlo sul braccio.

— No, anche i cuscinetti delle ruote si stanno bloccando. L’unico posto in cui si può trovare del lubrificante al giorno d’oggi è da Gireaux, e il vecchio Gireaux ha le mani un po’ troppo lunghe ultimamente. Cerca sempre di strappare almeno un bacino, o qualcosa del genere. Se volessi farmi dare una tanica di grasso da lui così, senza preavviso, come minimo dovrei mettermi in ginocchio e fargli un lavoretto di mano!

Gli uomini scoppiarono a ridere come una muta di cani. Puoffe, invece, scosse il capo ed emise un sospiro. — Tutto questo mi mancherà — disse con tono greve. In quel momento, il burocrate notò per la prima volta gli spinotti-interfaccia sui suoi polsi, grigi per la corrosione. Ai suoi tempi, doveva aver scontato una condanna su Caliban. Quell’uomo doveva avere una storia interessante alle sue spalle. — Tutti gli amici ti dicono che si manterranno in contatto anche quando si saranno trasferiti al Piedmont, ma io so che non sarà così. Chi credono di prendere in giro?

— Oh, falla finita — sbottò Aniobe. — Un uomo ricco come te avrà sempre amici, ovunque vada. Non è che hai bisogno di avere una personalità, o roba del genere.

Quando fu caricata l’ultima trave, Aniobe spense il motore del camion e ripiegò la gru. Gli operai rimasero in attesa di essere congedati. Uno in particolare, un giovanotto dall’aria spavalda con una cresta di capelli neri, vagò verso il porticato e si chinò con aria casuale su un vassoio di piume colorate; feticci, forse, o magari esche per la pesca. Chu lo osservò attentamente.

Stava nuovamente raddrizzandosi quando Chu gli afferrò il braccio.

— Ti ho visto! — Chu fece girare l’uomo e lo sbatté contro lo stipite della porta. Con il volto esangue per lo choc, l’uomo la fissò esterrefatto. — Cos’hai nascosto in quella camicia?

— I… io nulla! — balbettò l’uomo. — C… cosa… — Aniobe assunse una posizione rigida, appoggiandosi le mani ai fianchi. Gli altri operai, il burocrate e il negoziante rimasero perfettamente immobili e silenziosi, osservando l’evolversi della situazione.

— Toglila! — sbottò Chu. — Adesso!

Sconvolto e impaurito, l’uomo ubbidì. Si tolse la camicia e gliela porse, per dimostrare che non vi aveva nascosto dentro nulla.

Chu la ignorò. Fece scorrere lentamente il suo sguardo su e giù per il corpo dell’uomo. Aveva un torso sodo e muscoloso, con un lungo taglio madreperlaceo che attraversava l’addome e un ammasso scuro di peli ricci sul petto. Chu sorrise.

— Carino — disse.

Gli operai, il loro capo e il negoziante scoppiarono tutti in una fragorosa risata. La vittima di Chu divenne completamente paonazza in volto e abbassò il capo con un impeto di rabbia, limitandosi a stringere i pugni.


— Avete notato il modo in cui prendeva in giro gli uomini quella rossa? — commentò Chu mentre si allontanavano. — Che puttanella provocatrice. — In fondo alla strada che stavano percorrendo vi era un edificio dall’aspetto desolante, con il colmo del tetto incurvato verso il basso e la metà delle finestre rappezzate alla meglio con vecchi cartelli pubblicitari tagliati a misura. Il legno della struttura era scuro e marciscente, rattoppato con frammenti di parole e immagini che aprivano piccole porte su un mondo assai più luminoso; tre lettere, ZAR, una coda di pesce, un pezzo di corpo umano, che poteva essere un seno o un ginocchio, altre tre lettere, KLE, e un naso puntato dritto verso l’alto, come se il suo proprietario volesse catturare nelle narici qualche goccia di pioggia. Sopra la porta d’ingresso vi era un cartello con una scritta sbiadita, TERMINAL HOTEL. Attorno, vi erano i resti di una cancellata. — Anche mio marito è fatto così.

— Perché vi siete comportata a quel modo con quell’operaio? — domandò il burocrate.

Chu non fece finta di non capire. — Oh, ho dei progetti per quel giovanotto. Ora si farà qualche birra, cercando di dimenticare l’accaduto, ma naturalmente i suoi amici e colleghi non glielo permetteranno. Quando mi sarò sistemata in camera, mi sarò rinfrescata e avrò tutti i miei bagagli con me, lui sarà già mezzo ubriaco. Allora, andrò a cercarlo. Lui mi vedrà, e si sentirà un po’ accaldato, un po’ incerto e un po’ imbarazzato. Mi guarderà, e nemmeno lui saprà che sensazione sta provando. A quel punto, gli darò la possibilità di esprimere i suoi veri sentimenti.

— Il vostro metodo mi colpisce e mi lascia un po’… come dire, incerto, per quanto riguarda l’efficacia.

— Fidatevi di me — disse Chu. — Non è la prima volta che lo faccio.

— Aha — disse il burocrate con tono poco interessato. — Allora perché non andate avanti voi e prenotate le camere, mentre io vado a vedere se riesco a trovare la madre di Gregorian?

— Credevo aveste intenzione di interrogarla domani mattina.

— Ho detto così? — Il burocrate girò attorno a un mucchio di vecchi pneumatici marciscenti. Si trattava di un’informazione che aveva dato a Bergier di proposito, per sviarlo almeno in questo. Non si fidava affatto di Bergier. Non poteva assolutamente scartare a priori la possibilità che il vecchio comandante mandasse qualcuno nel corso della notte dalla madre di Gregorian per avvertirla di non dargli nessun genere di informazione.

Ma questo era solo un piccolo frammento di un puzzle ben più complicato, nel quale la parte più difficile da risolvere, almeno per il momento, era come e dove il falso Chu avesse ottenuto le informazioni necessarie per la sua piccola impresa. Non solo aveva saputo che nome usare, ma era anche riuscito a lasciare il velivolo un attimo prima che facesse la sua comparsa il vero tenente Chu. Inoltre, cosa ancor più rilevante, era anche stato a conoscenza del fatto che il burocrate non sapesse che il suo ufficiale di collegamento fosse una donna.

Evidentemente vi era qualcuno fra coloro che lavoravano con lui, o all’interno del governo planetario o addirittura facente parte della Technolgy Transfer stessa, che in realtà lavorava per Gregorian. E anche se non doveva trattarsi necessariamente di Bergier, il comandante dell’aereonave rimaneva comunque un ottimo sospetto.

— Ho cambiato idea — disse infine.

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