CAPITOLO TREDICESIMO

Dopo quattro ore di marcia alla debole luce delle stelle, videro apparire più avanti un piccolo cavallo bianco e nero. Il Postino Kly era appena un’ombra sulla sella, ma Cordelia riconobbe subito la sua figura magra e trasandata.

— Milady! Sergente! — esclamò il vecchio. — Siete vivi, grazie al cielo!

— Così pare — disse Bothari con voce piatta. — Cosa le è successo, maggiore?

— Sono finito fra due squadre di Vordariani, mentre consegnavo la posta in una fattoria. Stanno frugando le colline casa per casa, e iniettano a tutti quelli che incontrano una dose di penta-rapido. Devono averne usato a barili, di quella roba.

— La aspettavamo ieri pomeriggio — disse Cordelia, cercando di non avere un tono accusatore.

Il cappello di feltro di Kly si mosse su e giù. — Sì, questo era il programma, se non fosse stato per le squadre di Vordarian. Non potevo rischiare che mi interrogassero. Dovevo aggirarli. Ho mandato il marito di mia nipote ad avvertirvi, ma lui è arrivato a casa mia dopo mezzogiorno e i soldati erano già lì. Mi sono detto che tutto era perduto. Poi, invece, quando abbiamo visto che al tramonto non se ne andavano, ho ripreso coraggio. Non sarebbero rimasti là, se vi avessero trovati. Così ho pensato di venire da queste parti a dare un’occhiata. Ma non speravo di trovarvi.

Kly fece girare il cavallo e li affiancò. — Qui, sergente, metti il bambino in groppa.

— Posso portarlo in braccio. Credo che sia meglio se fa salire la mia Lady, maggiore. È sfinita.

Fin troppo vero. Cordelia era così stanca che perfino un cavallo le sembrava un dono del cielo. Fra lui e Bothari, Kly riuscì a tirarla sulla groppa calda dell’animale, dietro di sé. Cordelia si aggrappò alla ruvida blusa del postino e ripresero la marcia verso valle.

— Come avete fatto a scappare? — volle sapere Kly.

Cordelia lasciò che a rispondere fosse Bothari, in brevi frasi che il passo rapido con cui doveva star dietro al cavallo rese ancora più succinte. Quando raccontò degli uomini che avevano sentito parlare dal foro d’aerazione, Kly latrò una risata. Subito però il vecchio tacque, guardandosi attorno. — Bene. Staranno laggiù per settimane, se credono di trovarvi nelle caverne. Ottimo lavoro, sergente.

— È stata un’idea di Lady Vorkosigan.

— Ah. — Kly si volse a mezzo, alitando fiato odoroso di foglia-gomma sulla faccia di Cordelia. — Davvero?

— Aral e Piotr sembravano del parere che le diversioni servano a qualcosa — spiegò lei. — Ho pensato che Vordarian non dispone di un illimitato numero di uomini.

— Lei pensa come un soldato, milady — approvò Kly.

Cordelia corrugò le sopracciglia, poco propensa ad apprezzare quel complimento. L’ultima cosa che voleva era pensare come un soldato di Barrayar, giocando al loro gioco con le loro regole. Il militarismo che impregnava la loro esistenza, il loro mondo e i loro rapporti con gli altri era allucinante, e ancora peggio se visto dall’interno com’era costretta a viverlo lei. M’ero illusa che sarei riuscita a camminare sull’acqua?

Kly li portò avanti per altre due ore, deviando continuamente su altri sentieri e stradicciole fangose. Poco prima dell’alba, quand’era ancora buio pesto, giunsero a una lunga baracca, o a una casa di contadini. Era una costruzione simile alla casupola di Kly, ma alquanto più grande, fatta di stanze aggiunte l’una all’altra in periodi successivi e con materiali diversi. Da una finestra usciva la luce gialla e vacillante di una candela fatta in casa.

Una donna di mezz’età dai capelli grigi uniti in una treccia uscì sulla porta, con indosso una giacca sulla camicia da notte, e accennò loro di entrare. Un uomo, anch’egli coi capelli grigi ma più giovane di Kly, prese il suo cavallo e lo portò verso una tettoia sul retro. Il postino fece per seguirlo.

— Siamo al sicuro, qui? — domandò Cordelia, intirizzita. Qui dove, fra l’altro?

Kly scrollò le spalle. — I vordariani hanno già visitato questa casa, due giorni fa. Il marito di mia nipote, qui, dice che nei dintorni non dovrebbero essercene.

La vecchia sbuffò, probabilmente pensando alla perquisizione. — Prima che finiscano con le caverne, tutte le altre fattorie e il lago, ci vorrà un po’ perché tornino da queste parti. Ho sentito dire che stanno ancora calando palombari e macchine sul fondo del lago. Questo posto è sicuro come può esserlo qualunque altro. — Kly annuì e andò a occuparsi del suo cavallo.

In altre parole, poco sicuro come qualunque altro. Bothari si stava già sfilando gli stivali. Doveva avere qualche vescica. In quanto a lei, si sentiva i piedi così gonfi che non avrebbe potuto infilarsi nessuna scarpa meno scalcagnata di quelle babbucce flaccide. E le scarpe di corda di Gregor erano semidistrutte. Non s’era mai trovata così al limite della resistenza fisica, rigida di freddo e dolorante in tutte le ossa, anche se in passato aveva fatto escursioni più lunghe. Era come se la gravidanza interrotta avesse risucchiato energia da lei per trasferirla a un altro. Si lasciò mettere a tavola, mangiò pane e formaggio e poi fu portata a letto in una stanza laterale, su uno stretto giaciglio accanto a Gregor. Quella notte voleva credere d’essere al sicuro come un bambino credeva a Padre Gelo alla Festa d’Inverno, ciecamente, perché aveva scoperto che le incertezze e i dubbi minavano troppo le sue forze.


Il giorno dopo un ragazzino sui dieci anni miseramente vestito uscì dalla boscaglia tirandosi dietro con una corda l’altro cavallo di Kly, il sauro piccolo e grasso. Il postino fece restare fuori vista i tre ospiti mentre pagava il servizio con qualche moneta. Sonia, la non più giovane nipote di Kly, aggiunse alla ricompensa un paio di pagnotte dolci e poi mandò subito via il ragazzo. Gregor, che lo sbirciava dalla finestra, aveva l’aria di invidiare l’aria indipendente e avventurosa con cui si allontanava saltellando sull’erba.

— Non ho osato andare a prenderlo di persona — spiegò Kly a Cordelia. — Vordarian ha tre plotoni di uomini lassù a casa mia, oggi. — Quel pensiero gli strappò una risatina. — Ma il ragazzo non aveva niente da dire a quei bastardi, salvo che il postino non stava bene e aveva bisogno del suo cavallo.

— Non lo avranno interrogato col penta-rapido, per caso?

— Oh, sì.

— Hanno osato questo!

Kly ebbe un sorriso storto nel vedere la sua espressione indignata. — Se Vordarian non riesce a catturare Gregor, il suo colpo di stato rischia di finire male. E lui lo sa. Non c’è niente che non oserebbe fare, a questo punto. — Fece una pausa. — Possiamo esser lieti che la tortura sia stata sostituita da un’iniezione in un braccio, milady, mi creda.

Il marito della nipote di Kly sellò il sauro, quindi agganciò alla sella le quattro grosse borse. Il postino si mise il cappello e salì in arcioni.

— Se non rispettassi il mio orario, al generale non sarebbe facile mettersi in contatto con me — spiegò. — Devo andare. Sono già in ritardo. Ma tornerò. Voi e il bambino restate in casa e cercate di non lasciarvi vedere da nessuno, milady. — Fece girare il cavallo verso la stradicciola e poco dopo sparì fra gli scheletriti alberi rosso-bruni indigeni di Barrayar, oltre una svolta.

Cordelia trovò il consiglio di Kly fin troppo facile da seguire. Nei quattro giorni successivi trascorse la maggior parte del tempo a letto. Le ore scivolavano via rapide in un ottuso silenzio che le intorpidiva i sensi, un torpore privo di pensieri uguale a quello in cui s’era lasciata avvolgere dopo le complicazioni chirurgiche del trasferimento di placenta. La conversazione non la distraeva molto. I montanari erano laconici quanto Bothari. Meno cose uno sapeva, meno poteva dire. I vecchi occhi di Sonia la scrutavano spesso con curiosità, ma la donna non domandava altro che «Ha fame?» o «Vuole che le prepari un po’ di thè?» Cordelia non sapeva neanche il suo cognome.

Il bagno. Dopo il primo, non osò domandarne altri. La vecchia coppia lavorò metà del pomeriggio per portare in casa secchi d’acqua e scaldarne abbastanza per lei e Gregor. I loro semplici pasti erano frutto di lavoro manuale fatto in casa e nei campi. Niente «Per riscaldare, strappare la linguetta» da quelle parti. La tecnologia, il migliore amico della casalinga, lì non c’era. A meno che non apparisse sotto forma di un distruttore neuronico nelle mani di un soldato dagli occhi duri per cui quei contadini erano poco più che animali.

Cordelia contava i giorni trascorsi dal colpo di stato, dal pomeriggio in cui s’era spalancata la porta dell’inferno. Cosa stava accadendo nel mondo esterno? Qual era stata la reazione delle forze spaziali, delle ambasciate, del pianeta conquistato di Komarr? I partigiani di Komarr avevano approfittato del caos per ribellarsi all’occupazione, o Vordarian aveva colto di sorpresa anche loro? Aral, dove sei, che cosa stai facendo?

Sonia, anche se non le faceva domande, ogni tanto rientrava da brevi giri nelle fattorie vicine portando le notizie locali. Le truppe di Vordarian acquartierate nella dimora del Conte Piotr stavano per cessare le ricerche sul fondo del lago. Hassadar era circondata da posti di blocco, ma un rivolo di fuggiaschi continuava a uscirne; i figli di un vicino, malconci e affamati, erano tornati dalla città per stare coi genitori. A Vorkosigan Surleau quasi tutte le famiglie degli armieri di Piotr erano sfollate in tempo sulle colline, salvo la moglie e l’anziana madre dell’Armiere Vogti, che erano state portate via da un furgone, nessuno sapeva dove.

— E poi, e questo è molto strano — aggiunse Sonia, — hanno preso anche Karla Hysopi, in paese. Non capisco perché. È solo la vedova di un sergente del Servizio. Cosa pensano di ottenere da una povera donna come lei?

Cordelia s’era irrigidita. — Hanno preso anche la bambina?

— Una bambina? Donnia non mi ha detto niente di una bambina. La signora Hysopi ha una nipote?

Bothari era seduto davanti alla finestra e stava affilando il suo coltello sulla pietramola di Sonia. La sua mano s’era fermata a metà del gesto. Si voltò a mezzo, incontrando lo sguardo allarmato di Cordelia. A parte un fremito nei muscoli della mandibola la sua faccia non rivelò nulla, ma l’improvviso aumento di tensione nel corpo dell’uomo le diede un vuoto allo stomaco. Bothari abbassò di nuovo lo sguardo sulla pietramola, e la lama del suo coltello si mosse lentamente avanti e indietro, sibilando come acqua sui carboni ardenti.

— Forse… Kly saprà qualcosa di più, quando tornerà — mormorò sottovoce Cordelia.

— Forse — disse dubbiosamente Sonia.


La sera del settimo giorno, in orario rispetto al suo programma di consegne, Kly fece il suo ingresso nell’aia in groppa al piccolo sauro. Pochi minuti dopo l’Armiere Esterhazy arrivò a cavallo dalla stessa direzione. Indossava indumenti sgualciti da contadino, e l’animale che montava era uno di quelli ispidi e tozzi allevati sulle colline, non un purosangue del Conte Piotr. I due accudirono i cavalli e poi entrarono a mangiare la cena che Sonia preparava d’abitudine per Kly una sera alla settimana da diciott’anni.

Dopo cena spostarono le sedie davanti al caminetto di pietra. Bothari rinfocolò le braci, Gregor sedette ai piedi di Cordelia, e Kly e Esterhazy li misero al corrente di ciò che sapevano.

— Dato che Vordarian ha dovuto allargare molto l’area delle ricerche — disse Esterhazy, — il Conte e Lord Vorkosigan hanno deciso che le montagne sono ancora il posto più sicuro per Gregor. E il migliore per noi, poiché le squadre di Vordarian sono costrette a suddividersi in gruppi sempre più esigui e su un territorio più vasto.

— In questa zona stanno ancora esplorando le caverne — aggiunse Kly. — Ci sono circa duecento uomini impegnati nell’operazione. Ma appena avranno recuperato tutti quelli che si sono persi sottoterra, penso che se ne andranno. Ho sentito dire che ormai sono convinti di aver seguito una pista sbagliata, milady. Domani, Altezza reale — continuò il postino, rivolgendosi direttamente a Gregor, — l’Armiere Esterhazy vi condurrà in un altro posto, ma non molto diverso da questo. Voi userete un altro nome, e fingerete d’essere il figlio di un montanaro. L’Armiere Esterhazy farà finta d’essere vostro padre. Pensate di potercela fare, Altezza?

La mano di Gregor si strinse sulla gonna di Cordelia. — E Lady Vorkosigan farà finta di essere la mia mamma?

— Ci è stato chiesto di portare Lady Vorkosigan all’Astroporto della Base Tanery, da Lord Vorkosigan. — Vedendo lo sguardo allarmato di Gregor, Kly disse in fretta: — C’è un bel pony dove voi andrete, Altezza. E le capre. La donna che abita là potrà insegnarvi a mungere le capre.

Gregor parve incerto e pieno di dubbi, ma non protestò. Il mattino dopo, tuttavia, quando fu sistemato in sella dietro a Esterhazy sul cavallino peloso, era sull’orlo delle lacrime.

— Abbia cura di lui, Armiere — si raccomandò Cordelia, senza mascherare l’ansia.

Esterhazy annuì, accigliato. — È il mio Imperatore, milady. Gli ho giurato fedeltà.

— È un bambino, Armiere. L’Imperatore è… una figura irreale che voi uomini avete nella mente. Difenda l’Imperatore in nome di Piotr, sì, ma abbia cura del piccolo Gregor per me, eh?

L’uomo la guardò negli occhi. La sua voce si ammorbidi. — Anch’io ho un figlio. Un bambino di quattro anni, milady.

Allora poteva capire. Cordelia deglutì saliva, un po’ sollevata. — Ha saputo… qualcosa dalla capitale? Notizie della sua famiglia?

— Non ancora — disse Esterhazy con voce neutra.

— Io terrò gli orecchi aperti. Farò tutto quello che potrò.

— Grazie. — L’uomo annuì, non come un soldato verso la moglie del suo comandante, ma da genitore a genitore. Non era necessario dir altro.

Bothari era rientrato in casa a impacchettare i loro pochi averi, e si trovava fuori portata di udito. Cordelia s’avvicinò a Kly, che stava sellando il suo cavallino bianco per partire con Esterhazy e Gregor. — Maggiore, Sonia ha sentito dire che le truppe di Vordarian hanno preso la signora Hysopi. Bothari le aveva dato sua figlia da tenere a balia. Lei sa se hanno preso anche Elena, la bambina?

Kly abbassò la voce. — A quanto ne so io era proprio la bambina che volevano. Karla Hysopi si è ribellata furiosamente, così alla fine hanno preso anche lei, sebbene non fosse sulla loro lista.

— Sa dove le hanno portate?

Lui scosse il capo. — Suppongo a Vorbarr Sultana. È probabile che gli agenti di suo marito ormai lo sappiano con più precisione.

— Lo ha detto al sergente?

— Il suo compagno Armiere gli ha detto ciò che sa, ieri sera.

— Ah.

Gregor si girò a guardarla più volte mentre i cavalli si allontanavano sulla carrareccia, finché i rami degli alberi non li nascosero alla vista.


Per tre giorni la nipote di Kly fece loro da guida sulle montagne, Bothari a piedi e Cordelia su un cavallino ossuto sulla cui groppa era stesa una spessa pelle di pecora. Il pomeriggio del terzo giorno giunsero a una casupola di pietra davanti a cui c’era ad attenderli un giovanotto magro. Costui li condusse a una baracca dove, con gran meraviglia di Cordelia, era posteggiata una grossa e scalcinata vettura antigravità. Lei fu fatta salire sul sedile posteriore, accanto a sei grosse giare di sciroppo d’acero. Bothari scambiò una silenziosa stretta di mano con la nipote di Kly, che montò a cavallo e sparì nuovamente nella boscaglia.

Sotto lo sguardo un po’ sospettoso di Bothari, il giovanotto magro fece manovra e decollò, con uno scossone. Sfiorando appena le cime degli alberi, abbassandosi nei canaloni che segnavano i versanti rocciosi dei Monti Dendarii, la vettura oltrepassò infine una cresta coperta di neve e scese sull’altro lato dello spartiacque, fuori dal Distretto Vorkosigan. Era già buio quando giunsero a una cittadina di provincia la cui economia si basava sul mercato dei prodotti agricoli. Il giovanotto fece scendere la vettura antigravità in una strada secondaria poco illuminata. Cordelia e Bothari lo aiutarono a portare i suoi prodotti in un piccolo emporio, dove lui barattò lo sciroppo con caffè, farina, sapone e batterie cariche.

Tornati in strada, scoprirono che un grosso camion a ruote era venuto a fermarsi dietro la vettura. Il giovanotto scambiò appena un cenno del capo con il conducente, che saltò giù e andò ad aprire lo sportello posteriore del camion per Cordelia e Bothari. L’interno era pieno per metà di sacchi in rete di plastica, contenenti patate e cavoli. Non erano granché come cuscini, anche se Bothari fece del suo meglio per sistemare Cordelia a sedere fra essi mentre il camion sobbalzava sul selciato irregolare delle strade. Quando smisero di voltare a destra e a sinistra capirono che stavano andando fuori città. Bothari allora sedette sul pianale e alla luce debole della lampada interna riprese ad affilare la lama del coltello su una striscia di cuoio che gli era stata data da Sonia, apparentemente deciso a renderlo tagliente come un rasoio a mano libera. Dopo quattro ore di quel monotono fruscio, Cordelia era pronta per cominciare a parlare coi cavoli.

Il camion rallentò infine in una zona pianeggiante dove non si udivano rumori. Lo sportello posteriore fu aperto e Bothari e Cordelia scesero, scoprendo che la loro poco confortante ipotesi era giusta: si trovavano in aperta campagna, nell’oscurità più completa, e l’unica cosa in vista era la strada sterrata che attraversava una vasta estensione di campi spogli, in un distretto sconosciuto.

— Verranno a prendervi loro, alla pietra miliare del chilometro 96 — li informò il conducente indicando una macchia chiara nel buio poco più in là, che risultò essere semplicemente una roccia dipinta di bianco.

— Quando? — chiese Cordelia, disperata. E inoltre, loro chi?

— Non lo so. — L’uomo risalì nella cabina e il camion ripartì con un rombo, facendo schizzare via la polvere e i sassi come se fosse inseguito.

Cordelia sedette sulla pietra miliare e si chiese passivamente quali delle due parti in lizza sarebbe stata la prima a sbucare dalla notte, e con quale test lei avrebbe potuto stabilirne l’identità. Il tempo trascorse, e alle due ipotesi si aggiunse quella, forse ancor più deprimente, che a portarli via da quella desolazione non venisse nessuno.

Ma verso mezzanotte una vettura antigravità lunga e nera si abbassò dal cielo cosparso di stelle, lentamente e con un ronzio appena udibile. Il carrello d’atterraggio fece scricchiolare la ghiaia a pochi metri da loro. Bothari, rannicchiato con lei dietro la pietra miliare, impugnò il suo inutile pugnale. Ma quando lo sportello di destra si aprì, l’uomo che si alzò dal sedile del passeggero e uscì goffamente era il tenente Koudelka. — Milady? — chiamò, scrutando incerto le due figure accovacciate nell’ombra. — Sergente? — Un sospiro di sollievo quasi doloroso scaturì dalla gola di Cordelia quando riconobbe, al posto di pilotaggio, la testa bionda di Droushnakovi. La mia casa non è un posto, ma alcune persone…

Con Bothari che la teneva per un gomito, mentre Koudelka li incitava ansiosamente, Cordelia si lasciò cadere nel morbido abbraccio del sedile posteriore. Droushnakovi si girò a guardare in che condizioni fosse, gratificò Bothari di una smorfia scontenta e chiese: — Come si sente, milady? Sta bene?

— Meglio di quel che potevo aspettarmi, davvero. Ora vai, vai.

Lo sportello si chiuse e la vettura decollò con una vibrazione potente. L’impianto di riscaldamento riempì la cabina di aria tiepida e profumata. Le luci colorate sul pannello dei comandi illuminavano i volti di Koudelka e di Drou. Un bozzolo di sicurezza tecnologica. Cordelia si sporse a controllare i monitor degli scanner da sopra una spalla della ragazza e poi guardò fuori dai finestrini: sì, due forme scure e allungate li affiancavano, caccia atmosferici di scorta. Anche Bothari li vide e annuì soddisfatto. Una parte della tensione abbandonò il suo corpo.

— È bello vedervi di nuovo… — Qualcosa nel linguaggio corporale dei due giovani, un velato riserbo, trattenne Cordelia dal dire «di nuovo insieme». — Suppongo che tu abbia dato il fatto suo a quel furfante che ti aveva accusato di sabotaggio.

— Appena il Lord Reggente ha avuto il tempo di fargli una dose di penta-rapido, milady — annuì Droushnakovi. — L’uomo non ha avuto il coraggio di suicidarsi prima d’essere interrogato.

— Era lui il sabotatore?

— Sì — rispose Koudelka. — Aveva ricevuto un segnale radio in codice. Vordarian lo aveva corrotto già quattro mesi fa.

— Questo solleva molti dubbi sul nostro sistema di sicurezza. Ha agito da solo?

— Sembra di sì. È stato lui a fornire le informazioni sul nostro percorso, il giorno dell’attentato con la granata sonica. — Koudelka ebbe un involontario moto di disagio, al ricordo.

— Dunque c’era Vordarian, dietro.

— È confermato. Ma l’uomo è rimasto estraneo all’attentato con la soltossina. L’abbiamo rivoltato come un guanto. Era un agente di scarsa importanza, soltanto uno strumento.

Era. Cordelia scacciò quel pensiero. — Illyan si è messo in contatto?

— Non ancora. L’ammiraglio Vorkosigan spera che sia nascosto da qualche parte, se non ha perso la vita durante i primi scontri. Con le armi a plasma, non è facile identificare le vittime.

— Mmh. Be’, vi farà piacere sapere che Gregor sta bene e…

Koudelka alzò una mano per interromperla. — Mi scusi, milady, ma gli ordini dell’ammiraglio… lei e il sergente non dovete dire una parola a nessuno su Gregor, salvo che a lui e al Conte Piotr.

— Giusto. Dannazione al penta-rapido. Come sta Aral?

— Sta bene, milady. Mi ha chiesto di metterla al corrente della situazione strategica…

Al diavolo la situazione strategica! Cosa ne è di mio figlio? Ma, ahimè, le due cose erano inestricabilmente collegate.

— … e di rispondere a tutte le sue domande.

Molto bene. — Voglio sapere di Pio… di Miles, il mio bambino.

— Non abbiamo sentito nulla di allarmante, milady.

— Questo cosa significa?

— Significa che non sappiamo niente — disse Droushnakovi, chiaro e tondo.

Koudelka le diede uno sguardo di rimprovero, che lei scartò con una spallucciata.

— Niente nuove, buone nuove — cercò di metterci una pezza Koudelka. — Tuttavia c’è il fatto che la capitale è in mano a Vordarian…

— E perciò anche l’Ospedale Militare — disse Cordelia.

— Ma ha subito reso noti i nomi degli ostaggi imparentati coi nostri uomini. Nella lista, suo figlio non c’è. L’ammiraglio pensa che Vordarian non ritenga utilizzabile quello che c’è in un simulatore uterino. O che non sappia cos’ha in mano.

— Non ancora — puntualizzò Cordelia.

— Non ancora — concesse Koudelka, riluttante.

— Va bene. Prosegui.

— La situazione generale non è grave come temevamo all’inizio. Vordarian controlla Vorbarr Sultana, il suo distretto, le sue basi militari, e ha mandato truppe nel Distretto Vorkosigan. Ma soltanto cinque Conti sono con lui dall’inizio della congiura. Altri trenta erano alla capitale al momento del colpo di stato, e non si può dire chi sia o non sia veramente alleato con lui finché hanno una pistola puntata alla testa. La maggior parte dei restanti ventitré distretti hanno confermato il giuramento di fedeltà al mio Lord Reggente. Anche se due o tre Conti esitano, o perché hanno dei familiari alla capitale o perché sanno che il loro distretto sarebbe un campo di battaglia.

— E le forze spaziali?

— Sì, ci stavo arrivando, milady. Oltre metà dei loro rifornimenti basilari può esser spedito in orbita solo dalle strutture di decollo nel distretto di Vordarian. Per il momento i comandanti di nave sono più propensi ad aspettare un risultato che a muoversi per crearne uno. Tuttavia hanno rifiutato di appoggiare apertamente Vordarian. C’è una situazione di equilibrio che può rovesciarsi da una parte o dall’altra appena accadrà qualcosa di più decisivo. L’ammiraglio Vorkosigan afferma d’essere molto fiducioso. — Dal tono di Koudelka, Cordelia dubitò che lui condividesse quella fiducia. — Del resto, deve esserlo. Per il morale. Dice che Vordarian ha perso la guerra nel momento in cui Negri è riuscito a portargli via Gregor di sotto il naso, e che il resto è solo una serie di manovre per rimediare a quello scacco. Ma Vordarian ha la Principessa Kareen.

— Manovra, questa, che Aral farà del suo meglio per bloccare, spero. Come sta Kareen? Gli uomini di Vordarian l’hanno ferita?

— Per quanto ne sappiamo, no. Sembra che sia ancora nella Residenza Imperiale, agli arresti domiciliari. Anche alcuni degli ostaggi più importanti sono detenuti là.

— Capisco. — Nella penombra della cabina Cordelia gettò uno sguardo a Bothari, la cui espressione non era mutata. Si aspettava che chiedesse di Elena, ma lui non disse nulla. Droushnakovi, sentendo nominare Kareen, s’era girata a guardare avanti, nella notte.

Avevano fatto pace, Kou e Drou? Sembravano freddi, consapevoli del loro dovere e molto formali. Che avessero messo una pietra sull’accaduto oppure no, Cordelia non sentiva nessun calore fra i due. Dei sentimenti segreti che lei aveva visto nascere nella ragazza bionda non c’era più traccia; non nello sguardo con cui controllava i comandi e che solo di rado si spostava un attimo sull’uomo seduto al suo fianco. Drou pensava a pilotare la rapida vettura antigravità e nient’altro.

In distanza apparvero le luci di una città di medie dimensioni, e più oltre il reticolo geometrico delle piste e degli edifici di un astroporto militare. Con un sussulto Cordelia si rese conto che da qualche minuto c’era una quantità di armi automatiche puntate su di loro. Drou trasmise codici di riconoscimento uno dopo l’altro mentre scendevano di quota, in risposta alle fredde richieste della torre di controllo. La vettura scese in verticale su una stretta pista illuminata per loro, circondata da guardie armate; i due aerei di scorta passarono via più in alto e si allontanarono per riprendere il servizio di pattuglia.

Sei guardie li presero in consegna appena scesero, e adeguandosi al passo non troppo rapido di Koudelka li scortarono all’imboccatura di un pozzo antigravità. La piattaforma scese per una ventina di metri, si spostò orizzontalmente oltre un portellone blindato e continuò a scendere. La Base Tanery ospitava evidentemente un’ampia struttura sotterranea in grado di resistere a un attacco atomico. Ben vengano i bunker, pensò Cordelia con sollievo, ma gli odori familiari che stava respirando le diedero un lungo momento di confusione emotiva, un terribile senso di perdita e di nostalgia. Gli interni di Colonia Beta erano molto più eleganti e decorati di quei tunnel spogli, e tuttavia l’impressione era la stessa di chi scendeva nei livelli di servizio di una città sotterranea betana. Chiusa e autosufficiente, sicura, protetta… Vorrei essere a casa mia.

Nel corridoio dove la piattaforma li scaricò, tre ufficiali in uniforme verde stavano conversando davanti alla porta di un ufficio. Uno di essi era Aral, che appena la vide s’interruppe: — Grazie, signori. Potete andare. — E poi, voltandosi a mezzo, aggiunse: — Ne discuteremo di nuovo più tardi. — Ma gli altri due restarono lì, e continuarono a parlare.

Aral le parve piuttosto stanco. Nel guardarlo, Cordelia si sentì stringere il cuore. Eppure… Seguendo te sono finita qui. Non sul Barrayar delle mie speranze, ma sul Barrayar delle mie paure.

Mormorando un — Ah! — quasi senza voce lui la strinse a sé, con forza. Cordelia gli restituì l’abbraccio. Questo è bello. Vattene, mondo, e lascialo solo con me. Ma quando si scostarono il mondo era sempre lì ad attenderlo, sotto forma di sette osservatori ciascuno con un programma da rispettare.

Lui la tenne per le spalle e la guardò ansiosamente da capo a piedi. — Hai un aspetto terribile, mia capitana.

Almeno era abbastanza gentile da non dire «un odore terribile». — Niente che un bagno non possa rimediare.

— Non è questo che intendevo. Voglio che tu passi in infermeria, prima di ogni altra cosa. — Si volse al sergente Bothari, il primo in lista d’attesa.

— Signore, devo fare rapporto al mio Lord, il Conte — disse lui.

— Mio padre non è qui. È in missione diplomatica presso alcuni dei suoi vecchi amici. Kou, per favore, occupati di Bothari. Assegnagli un alloggio, tessere per la mensa, documenti e abiti. Sergente, appena ti sarai messo in ordine vieni a rapporto da me.

— Sì, signore. — I due uomini si allontanarono.

— Bothari è stato sorprendente. — Confidò Cordelia ad Aral. — No, questo non è esatto. Bothari è Bothari, e non dovrei essere sorpresa di niente. Non ce l’avremmo fatta, senza di lui.

Aral annuì. — Sapevo che avrebbe fatto del suo meglio per te.

— Lo ha fatto.

Droushnakovi, che aveva preso posto alle spalle di Cordelia appena Bothari se n’era andato, scosse la testa con aria scettica e li seguì lungo il corridoio. Gli altri le si accodarono con andatura meno militaresca della sua.

— Hai saputo qualcosa di Illyan? — domandò Cordelia.

— Non ancora. Kou ti ha esposto la situazione?

— Un riassunto, ma per ora può bastare. Suppongo che non abbiate neppure notizie di Padma e Alys Vorpatril, allora?

Lui scosse il capo. — No, purtroppo. Ma non sono sulla lista degli ostaggi di Vordarian. Penso che si siano nascosti in città. L’organizzazione di Vordarian perde informazioni come un colabrodo. Mi chiedo se la nostra sia altrettanto porosa. È questo il guaio di ogni guerra civile: ognuno ha parenti, fratelli, o amici che…

Nel corridoio echeggiò una voce: — Ammiraglio… signore! — Soltanto Cordelia, che lo teneva sottobraccio, s’accorse del suo moto di contrarietà.

Un Alfiere del Quartier Generale era appena uscito dal pozzo antigravità, davanti a un uomo in tuta nera da fatica con le mostrine di colonnello sul colletto. — Signor ammiraglio, il colonnello Gerould è appena arrivato da Marigrad.

— Oh. Be’, dovrò parlare subito con quest’uomo… — Lo sguardo di Aral si fermò su Droushnakovi. — Drou, per favore, accompagna tu in infermeria la mia signora. Provvedi che sia visitata e… e che poi abbia tutto il necessario.

Il colonnello che veniva verso di loro non era un pilota di scrivanie. Sembrava appena arrivato dal fronte, qualunque fosse il fronte in quella guerra dai confini così fluidi. La sua tuta sporca di grasso, strappata e bruciacchiata, emanava un odore che eclissava anche quello «da montanara» di Cordelia. Ma la sua espressione era più truce che stanca. — A Marigrad si combatte casa per casa, ammiraglio — riferì senza preamboli.

Vorkosigan ebbe una smorfia. — Voglio un quadro della situazione. Andiamo in sala tattica. Mmh… a quale arma appartiene adesso, colonnello?

Al braccio sinistro del militare era legata una fascia bianca, con al centro una striscia sottile di stoffa marrone. — Un contrassegno, ammiraglio. Per sapere a chi stiamo sparando… almeno negli scontri ravvicinati. Quelli di Vordarian hanno bracciali rossi e gialli, per improvvisare l’ocra e l’oro, suppongo. Questo che ho io rappresenta il marrone e argento dei Vorkosigan, naturalmente.

— Proprio ciò che temevo. Lo tolga. Lo bruci. E passi parola a tutti gli altri. Lei ha già un’uniforme, colonnello, con i colori dell’Imperatore. È per quella che ci battiamo. Lasci che siano i traditori a modificare la loro divisa.

Gerould parve stupito dalla veemenza di Vorkosigan, ma dopo un momento nel suo sguardo ci fu un lampo di comprensione. Strappò via la fascia e se la cacciò in una tasca. — Giusto, signore.

Aral lasciò la mano di Cordelia con uno sforzo avvertibile. — Ci vediamo nelle tue stanze, mia cara. A più tardi.

Più tardi entro la settimana, forse, di quel passo. Cordelia fece un sospiro, immagazzinò nella mente un’ultima immagine delle sue spalle quadrate per portarsi via almeno quella, e seguì Droushnakovi nei meandri sotterranei della Base Tanery. Ne approfittò tuttavia per capovolgere le precedenze stabilite dal marito e chiarire che prima di tutto le occorreva un bagno. Poi, ignorando i gusti da palazzo reale di Drou, decise che quello più vicino all’appartamento di Aral aveva una vasca delle dimensioni giuste per contenerla, e tanto doveva bastare a lei e a chiunque altro.

Il medico della Base non aveva registrazioni; la cartella clinica di Cordelia si trovava dietro le linee nemiche, a Vorbarr Sultana. L’uomo scosse il capo e inaugurò una serie di moduli nuovi. — Mi spiace, Lady Vorkosigan, ma dovrò scrivermi la sua anamnesi dall’inizio. Porti pazienza. Dunque, se ho capito bene lei ha avuto dei disturbi femminili di qualche genere?

No, i miei disturbi hanno tutti un’origine maschile, fu sul punto di rispondere lei. — Ho fatto un trasferimento di placenta, trenta… — Cercò di ricordare il giorno esatto. — Circa cinque settimane fa.

— Mi scusi, un cosa?

— Ho partorito per intervento chirurgico, anticipatamente. Ho avuto un’emorragia, da cui però mi sono ripresa, credo.

— Capisco. Cinque settimane post-partum. Emorragia superata. — Il medico prese nota. — Bene. E attualmente cosa c’è che non va?

Non mi piace Barrayar. Voglio tornare a casa mia. Mio suocero vuole assassinare mio figlio. Metà dei miei amici stanno scappando per sfuggire alla morte. Ho un marito con cui non riesco a stare dieci minuti, e che voialtri consumerete fino all’osso. Mi fanno male i piedi, la testa, il cuore… Troppo complicato: quel pover’uomo voleva dei dati da buttar giù sul suo modulo, non un romanzo. — Stanchezza fisica — disse alla fine.

— Ah. — Il medico accese uno schermo e trascrisse qualcosa. — Affaticamento post-partum. È abbastanza normale. — Si volse a guardarla e le sorrise premurosamente. — Ha considerato la possibilità di cominciare un programma di esercizi ginnici, Lady Vorkosigan?

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