Kelly ammazzava il tempo sfogliando le carte di navigazione quando “risuonò” in tutta la nave la voce di Sfera.
Se volete vedere coi vostri occhi la Stella Nucleo, potete farlo. Adesso è visibile.
Kelly deglutì a vuoto. Non era tanto sicuro di volerla vedere. Pensava di provare lo stesso effetto che avrebbe provato di fronte a un plotone d’esecuzione. — Oh, be’, tanto vale — mormorò fra sé, e uscì dalla sua cabina. In corridoio incontrò Lafayette e Achmed. Quest’ultimo era ancora bendato, ma si avviava rapidamente alla guarigione. Se non altro pensò Kelly, Achmed ha una buona scusa per essere così pallido e turbato.
Strada facendo incontrarono anche gli altri. Contrariamente al solito, nessuno pareva ansioso di vedere la nuova meraviglia.
Siccome la nave era inclinata, quando entrarono nell’osservatorio dovettero torcere il collo per vedere il fenomeno. “Fenomeno” era l’unica parola che secondo Kelly potesse in qualche modo descrivere quello spettacolo. Si era aspettato di vedere una stella abbacinante come il Sole, anche se molto più grande e invece... niente di tutto questo.
Quello che vide fu una palla appiattita, che occupava gran parte dello spazio del quadrante visibile dalla cupola.
Sebbene non fosse luminosa, faceva male a guardarla. Sulle prime a Kelly parve che fosse di un azzurro stinto, poi violacea, e poi ancora grigia, ma alla fine decise che non era di nessun colore.
— È come guardare una lampada agli ultravioletti — disse. — La sento, più che vederla.
— Quel che emana da essa non è una vera luce — spiegò Sergei. — Un oggetto di quella massa può risucchiare la luce come un buco nero. Avrai notato che sembra fioca, tuttavia non riusciamo a vedere nessun’altra fonte luminosa pur trovandoci al centro della Galassia.
Intento com’era a guardare la Stella Nucleo, Kelly finora non l’aveva notato, ma era vero: tutto lo spazio intorno a essa era perfettamente nero. Non una sola stella era visibile, ma all’interno della Stella Nucleo andava svolgendosi senza intermittenze l’avvicendarsi della non-luce, che fluiva, si coagulava, cambiava d’intensità da un momento all’altro. Kelly provava un senso di malessere nel guardarla.
— Cosa ci mantiene in vita? — chiese Torwald.
Io.
— Ci stavamo chiedendo quando avresti parlato — osservò la comandante.
— Sei finalmente soddisfatto? A quanto pare questo è il centro della Galassia. Puoi riportarci nella zona esplorata dall’uomo, adesso? Ci resta ancora un compito.
— C’era da aspettarselo.
— Abbiamo una visita — annunciò Michelle che si era voltata verso il portello. Anche gli altri si voltarono e videro Sfera avanzare fluttuando a un paio di metri dal ponte, per poi fermarsi al centro della cupola.
— Credevamo che non potessi muoverti da solo.
Così vicino alla Stella Nucleo, sto riacquistando le mie forze.
— In che cosa consisterebbe quest’ultimo compito? — chiese la comandante frenando a stento l’ira.
Questa nave deve accelerare ed entrare direttamente nella Stella.
— Adesso basta! — esclamò K’Stin. — Siamo disposti a rischiare, ma non a suicidarci. Voi mollaccioni forse potete anche ubbidire all’ordine di morire di questo assurdo sferoide, noi Viver no! Non ucciderebbe solo noi, ma anche la nostra progenie.
I Viver si slanciarono per afferrare Sfera, ma s’immobilizzarono subito, come se fossero stati tramutati in pietra.
Non temete. Sono stati immobilizzati per evitare che compissero qualche gesto avventato.
— Senti, Sfera — disse Torwald — adesso devi spiegarci perché ci dovremmo tuffare nella Stella. Non potresti andarci tu e tornare qui a cose fatte? — Gli altri assentirono speranzosi.
Temo di no. Senza la mia protezione, voi e la vostra nave sareste immediatamente disintegrati e ridotti in atomi che verrebbero istantaneamente trasformati nella materia di cui è formata la Stella.
— Sfera — intervenne allora Omero — puoi dirci perché? Quali eventi ci condussero a questo singolare destino? Prima di compiere l’ultimo passo, ti prego di dirci chi sei, e chi o cosa è il Guardiano, e la natura della Stella Nucleo.
D’accordo, ma le parole sono un mezzo troppo grossolano per esprimere questi concetti. In ogni caso, le vostre menti potranno afferrare solo un fioco barlume di quanto narrerò. E quando saprete, sarete ignoranti come prima o poco meno.
— Provaci, comunque, per favore — disse la comandante. — Puoi concederci almeno questo. In fondo, credo proprio ce lo siamo meritati.
D’accordo.
Erano la coscienza collettiva dell’equipaggio della Space Angel, e si trovavano nel centro della materia. Non potevano vederla, ma la percepivano attraverso conoscenza e sensi che non erano i loro. Qui c’era l’unica Massa di materia dell’Universo, informe, priva di dimensioni, in quanto nel vuoto non esisteva niente con cui confrontarla. Nel vuoto c’era solo la Massa, e basta. Essi sapevano, come si sa in sogno, che questa Massa avrebbe creato l’Universo a loro noto.
Poi la Massa non fu più unica, ma divenne un’infinità di frammenti che si sparpagliarono in tutte le direzioni. I frammenti si spezzarono, tornarono a spezzarsi, si urtarono, si frantumarono. A poco a poco l’espansione andò rallentando. L’informità della Materia Originale, il Caos dell’esplosione produsse un nuovo fattore: l’Ordine.
Frammenti di materia cominciarono a coagularsi, i più grandi attrassero i più piccoli, Gran parte del materiale d’origine era ormai ridotto a una sottile polvere che precipitò verso potenti centri di gravità. Polvere e frammenti di materia indifferenziata cominciarono ad assumere forme rozza-mente sferoidali. Corpi più piccoli entrarono in orbita di altri più grandi. I sistemi così formatisi si disposero in gruppi di milioni, e centinaia di milioni, miliardi e trilioni intorno a un centro di gravità ancora maggiore. Questi super-raggruppamenti si evolsero in lente e in ampie spirali, ma tutto era ancora avvolto in una nube di materia disintegrata.
Poi ebbe luogo la trasformazione decisiva. Le masse di materia cozzarono l’una contro l’altra con incredibile pressione, mentre la materia cercava con cieca intensità di raggiungere il centro di gravità. Le molecole si distrussero frantumandosi, anche gli atomi si compressero in modo tale che perfino le unità fondamentali non poterono più sopportare lo sforzo. E mentre avvenivano le reazioni, le masse più grandi, una per una, esplosero in un alone di fuoco. Adesso erano diventate stelle. Il primo alito di vento solare soffiò via le nuvole di polvere dai nuovi sistemi stellari. Comparve la luce del Cosmo, e invece della materia informe vi furono stelle e galassie, ancora vibranti sotto l’impeto dell’ immane esplosione che aveva creato l’Universo.
Al centro delle nuove galassie stavano avvenendo nuovi fenomeni che non obbedivano alle leggi del resto dello Spazio e che avevano avuto inizio quando la Massa Originale era esplosa.
Questi fenomeni erano le Stelle Nucleo.
Nell’esplosione originale, non tutta la materia fondamentale era esplosa in polvere e gas. Qualche concrezione della massa originaria era rimasta relativamente intatta generando i nuclei gravitazionali intorno a cui si erano formate le galassie. I nuclei esistevano nello spazio reale pur essendone estranei, e le loro leggi e i loro processi erano estranei a essi come quelli della Massa Originale. Erano troppo grandi, troppo massicci per poter esistere nello spazio reale. Limitazioni come massa, energia, tempo non si adattavano a quelle super-stelle. Nei loro caotici vortici, fra particelle in continuo movimento, cominciò a formarsi un altro e unico fattore: l’Intelligenza.
Nel cuore di una galassia gigantesca nacque una grande mente, inevitabile risultato di un adattamento ordinato di onde e particelle, una definitiva coerenza fra gli schemi fortuiti del resto del creato. L’immensa Stella Nucleo prese coscienza di sé, e poco dopo divenne consapevole dell’esistenza di un altro essere come lei.
Le grandi intelligenze delle Stelle Nucleo si conobbero fra loro. Le norme fondamentali dell’Universo erano loro palesi, ma se ne occuparono poco. Tutto quello che in seguito le specie inferiori nate dall’esplosione primordiale avrebbero chiamato conoscenza e cultura era già noto alle Stelle Nucleo. Ma anche così fra esse ce n’ era qualcuna che non si accontentava ancora, voleva di più, simile ai membri psicopatici di società future meno evolute.
Il Guardiano era uno di questi esseri. Già Stella Nucleo, luminosissima fra le menti luminose al centro di grandi galassie, bramava il potere, che le Stelle Nucleo non prendevano in considerazione dato che erano tutte dotate di potenza divina. Ma questo non bastava a quella che diventò Guardiano, perché ambiva a dominare le intelligenze sue simili.
Cercando di conquistare questo potere commise dei delitti, incomprensibili all’intelligenza umana, e gli altri furono costretti ad agire. Si combatté una battaglia di tali proporzioni e in condizioni così estranee al pensiero umano che basti dire una sola cosa: combatterono, altro gli uomini non potrebbero capire.
Il Guardiano, vinto e mutilato, fuggì.
La mente di una Stella Nucleo ebbe l’incarico di inseguirlo: era l’essere che un giorno sarebbe stato chiamato Sfera. Erano passati eoni da quando le menti stellari avevano imparato a distaccarsi dalle loro Stelle Nucleo e muoversi liberamente fra le galassie e in regni di altre dimensioni. Massa, energia, tempo erano cose su cui gli esseri stellari esercitavano un controllo quasi assoluto.
Sfera cercò, ma aveva una debolezza comune a tutte le menti stellari: lontana dalla sua Stella Nucleo si indeboliva. Lentamente, ma inevitabilmente, i suoi poteri diminuivano. C’era però un modo per rigenerare questi poteri. Sebbene solo nelle galassie più grandi le Stelle Nucleo avessero sviluppato l’intelligenza, quelle più piccole ritenevano nel loro nucleo blocchi di materia primordiale. Non avevano sopportato le tensioni enormi grazie a cui erano nate le Menti Somme, ma possedevano energia sufficiente per rigenerare una Mente Vagante.
Quando Sfera si sentì indebolire in modo critico dovette immergersi nella Stella Nucleo di una piccola galassia. Tuttavia Sfera una volta sbagliò i calcoli e finì in una Stella Nucleo già occupata dal Guardiano.
Fra i due si scatenò una lotta titanica. Sfera, allo stremo delle forze, non riuscì a prevalere, e dovette fuggire. Così, da inseguito, il Guardiano diventò inseguitore.
La battaglia durò eoni, secondo il computo umano, e la fuga altri eoni ancora. Finalmente, piuttosto che correre il rischio di essere distrutta se avesse incontrato troppo presto l’avversario, Sfera si nascose in un pianeta insignificante, dotato però dei materiali necessari.
Sfera si compresse fino a raggiungere la forma più pratica, e quindi s’incuneò in una lastra della sostanza più dura che riuscì a creare coi materiali a disposizione. Dopo molti miliardi di anni, la forza di gravità avrebbe inevitabilmente attratto il pianeta e la sua stella verso il centro. Ma si verificò un imprevisto: minuscoli esseri dotati di un piccolissimo barlume d’intelligenza trovarono Sfera: la sua attesa era finita.
— Incredibile! — esclamò Bert. — Una stella che pensa. Un essere capace di avvolgere intorno a sé un pianeta come se fosse una coperta e dormire per cento miliardi di anni.
Scrollò la testa stordito dalle incredibili implicazioni del fantastico racconto.
Del resto, tutti erano rimasti sbalorditi. Pareva che fossero passati eoni, invece non era trascorso un attimo. Mentre erano perduti nella visione avevano percepito il passare del tempo come lo concepiva Sfera: una percezione che rendeva alla dimensione temporale tutta la relativa esiguità del proprio valore.
— Bene — commentò Torwald. — Adesso cominciamo a capire.
Voi non siete in grado di capire, ma solo di afferrare un fugace barlume della nostra esistenza. Voi capite solo quello che è in grado di capire la mente umana.
— E adesso? — chiese la comandante.
La flotta è stata trasportata sul lato opposto a noi della Stella Nucleo. lo nutro la speranza che terrà occupato abbastanza a lungo il Guardiano da consentirmi di raggiungere la Stella così, quando mi troverà, avrò riacquistato energie sufficienti per combatterlo.
La comandante non era convinta. — E se non lo tenesse occupato abbastanza a lungo? Se non cadesse nel tranello?
In tal caso sarei condannato.
— E anche noi, incidentalmente, vero?
Certo.
— Quando si comincia?
Stiamo già accelerando verso la Stella, e la flotta ha già dato inizio all’attacco.
— E quando conosceremo l’esito?
Se vincerà il Guardiano, sarà come se non foste mai esistiti.
Mentre guardavano dalla cupola osservatorio, sebbene non ci fossero vibrazioni o rumori, né alcuna sensazione di movimento, la Stella Nucleo cresceva a vista d’ occhio. Il silenzio fu bruscamente rotto da un’esclamazione di Nancy:
— Che fine ha fatto Sfera?
Gli altri si voltarono per guardare verso il punto dove avevano visto Sfera per l’ultima volta e videro una nuvola fosca di fiamma multicolore che andava rapidamente espandendosi, finché non occupò tutto il compartimento, dando l’impressione di attraversare anche i corpi, senza alcun effetto o sensazione. Quando la nebbia svanì, la videro all’esterno, che circondava la nave e continuava a crescere.
Torwald fu il primo a ritrovare la voce. — Adesso siamo dentro di lui — mormorò.
All’esterno, la fiamma splendeva con sempre maggiore intensità, ed essi cominciarono a condividere le sensazioni di Sfera allo stesso livello telepatico mediante il quale soleva comunicare con loro.
Un senso di enorme esaltazione accompagnò la rigenerazione dell’entità divina. Nuova forza, nuova potenza la permearono e ben presto sarebbe stata in grado di lottare ad armi pari col suo avversario. Il tempo cessò di avere un senso per gli “spettatori”, come quando avevano rivissuto la storia delle Menti Stellari. Poi, d’ un tratto, l’esultanza di Sfera cessò.
— Il Guardiano è qui — annunciò Omero.
Ed ebbe inizio la battaglia.
Le due entità si aggredirono su diversi livelli contemporaneamente: lotte mentali, scontri di energia su innumerevoli stadi di realtà di cui solo pochi accessibili alla mente umana. Schermaglie psichiche si verificarono a livelli tali che gli Umani non potevano concepire né tantomeno tradurre in parole.
All’improvviso l’equipaggio dell’Angel si ritrovò al di fuori della Stella Nucleo, su un piano simile alla loro dimensione della realtà, nel fitto agglomerato di stelle del Centro. A tratti una stella divampava trasformandosi in una nova abbacinante, e ciò accadeva quando uno dei due esseri l’attirava per cercare sostegno. Gli Umani si rendevano conto che non era possibile — sebbene le stelle fossero così fitte — che ne esplodessero tante simultaneamente; ma in quella nuova dimensione della realtà tempo e velocità della luce erano diversi da come li conoscevano. Le nebulose si squarciavano come ragnatele nella violenza della battaglia. A quel livello le Menti non erano visibili, ma stavano compiendo una distruzione al centro della Galassia che sarebbe stata riscontrabile sulla Terra solo fra centomila anni. Un momentaneo slittamento del piano rivelò un “posto” dove i combattenti erano visibili sotto forma di due mostruose masse di colori che si urtavano senza fondersi.
Lo scontro divenne caotico, incomprensibile. Nell’esperienza collettiva dell’equipaggio della Angel si verificò un nuovo sviluppo: cominciarono ad apparire immagini tratte dalla loro mente inconscia. Per fare sì che lo svolgimento della battaglia risultasse sia pure marginalmente comprensibile, il loro inconscio le tradusse in immagini tratte dal mitico passato della Terra.
Su un’enorme pianura priva di caratteristiche come un pavimento di vetro, un essere in armatura combatteva a cavallo contro un drago le cui squame erano gemme e il cui alito era una fetida nebbia velenosa. Il collo del drago s’inarcò, le immani mascelle si spalancarono per azzannare il cavaliere, ma una lancia s’infilò tra le mascelle, e...
Un’altra pianura, ma coperta questa volta di ghiaccio e circondata da alte montagne. Si scorgeva di lontano una grande costruzione di legno e un arcobaleno s’inarcava come un ponte verso l’infinito. Sul ghiaccio c’era un uomo, un gigante barbuto con un occhio solo e l’elmo d’oro, che combatteva contro un lupo bavoso. Le nari del lupo sputavano fiamme e i suol occhi erano carboni ardenti. Nei punti dove la saliva gocciolante dalle sue zanne finiva sul ghiaccio si levavano nuvole di puzzolente vapore. Uomo e lupo continuavano a combattere, la lotta si trascinava all’infinito, perché l’armatura dell’uomo era incorruttibile e il corpo del lupo invulnerabile. Ma 1 uomo cominciò a stancarsi, scivolò, cadde all’indietro e il lupo gli fu sopra, con le zanne fiammeggianti come...
In una foresta di montagna c’era un orrendo dèmone, con la parte inferiore del corpo simile a quella di un bufalo d’acqua, e quella superiore umana. Aveva faccia di scimmia, con zanne e orecchie d’elefante e corna dì caprone. Reggeva scudo e lancia, e davanti a lui c’era una bellissima giovane che cavalcava un leone. La fanciulla aveva una corona in testa e dal torso le spuntavano dieci braccia: due reggevano spada e scudo, due tiravano l’arco, una brandiva un affilato disco d’acciaio, un’altra una frusta da elefanti, un’altra una campana, un’altra ancora una ciotola, un’altra una mazza e, l’ultima, una ruota da preghiera. Continuarono a combattere finché il dèmone non si accovacciò per spiccare l’ultimo...
Una scala gigantesca larga chilometri che si stendeva sopra e sotto l’infinito. Al centro della scala d’oro si vedevano due figure. Quella che sta più in basso è una creatura ripugnante, di forma instabile, difficile a distinguersi ma ciò nondimeno repellente. Quella più in alto, di aspetto umano, riveste un’armatura così brillante che abbacina la vista. Dalle sue spalle spuntano enormi e bellissime ali con le piume iridescenti. Il volto di questa creatura è umano, ma di una bellezza sovrumana; non è maschio né femmina, maestosa come la verità, fredda come la giustizia. Regge con ambo le mani una spada titanica con la lama di fuoco abbagliante. L’essere oscuro geme e si rattrappisce e scende. Invano tenta di risollevarsi, di risalire, ma viene sempre respinto, e si fa di attimo in attimo sempre meno minaccioso, s’indebolisce, si ritira più in fretta, vola, e infine...
Kelly tornò in sé con un sussulto. Stava seduto sul ponte dell’osservatorio, la schiena appoggiata al depolarizzatore. Si guardò intorno e vide che gli altri si scambiavano occhiate, perplessi e sbigottiti. I Viver ripresero il controllo dei loro corpi, ma erano diventati stranamente sottomessi. Solo Omero sembrava immutato, ma con un essere di quella fatta non si poteva mai dire.
— ÉE finita — disse la comandante. — Sfera ha vinto.
— Allah è grande — salmodiò Achmed ancora sbalordito. — Allah è Unico.
— E adesso? — chiese Torwald, con una voce così sommessa che Kelly stentò a riconoscerla.
Adesso io continuerò il mio compito.
— Ma hai vinto.
Solo questa piccola scaramuccia. La lotta continuerà ancora a lungo.
— Non l’hai ucciso?
Una Mente Stellare non può essere uccisa. Noi siamo immortali.
— Quindi, il tuo obiettivo non consiste nella distruzione del Guardiano.
Per niente.
— Qual è allora?
Devo riuscire ad assumere il controllo per un certo tempo, e poi lo dovrò curare.
— Sei uno psichiatra?
Sì, questa è la definizione umana più valida. Sono un guaritore. L’essere chiamato Guardiano è difettoso, come tutti quelli della sua specie. Si tratta di un problema ancora irrisolto. Tuttavia crediamo che si possa ottenere una guarigione definitiva. Un giorno lo catturerò e tornerà ad essere un’entità stabile.
— E noi? — chiese la comandante col suo solito senso pratico.
Voi siete il mio ultimo compito. Come già vi ho spiegato una volta, sono soltanto una piccolissima funzione della mente di Sfera, incaricata di mantenere i rapporti con voi. L’entità Sfera ignora tuttora la vostra esistenza. Ma la sua caratteristica principale è la giustizia. Voi l’avete aiutata, perciò io regolerò i conti con voi prima di lasciare questa sgradevole forma e riunirmi alla grande mente di Sfera.
Quando c’incontrammo, voi stavate raccogliendo i cristalli che mi racchiudevano. Tornerete a casa coi vostri cristalli. Avete impiegato qualche tempo per aiutarmi in questa missione, ma credo che i manufatti e le informazioni raccolte nel viaggio al centro della Galassia vi compenseranno del disturbo.
Infine, la cosa più importante di tutte. Questa: voi ora sapete che al centro della Galassia si trova una Stella Nucleo composta della materia primordiale dell’Universo. Il controllo di questa materia rende tutto possibile. Passeranno eoni prima che la vostra specie possa imparare a utilizzare la Stella Nucleo, ma quando avrete imparato, vi saranno aperte tutte le possibilità. Potrete sperare perfino di diventare esseri come me. Ora vi restituisco al vostro posto e al vostro tempo, perché il tempo non ha alcun valore nel Nucleo. Addio.
Turbati e confusi, si alzarono barcollando senza dire parola. Nessuno voleva essere il primo a parlare. Ma ad un tratto il loro sguardo fu attirato dal pianeta che sovrastava la cupola. Un pianeta coperto di bianche nuvole e oceani azzurri.
— Non riesco a crederci! È la Terra.
— Ham, in plancia! — ordinò brusca la comandante, che si era appena ripresa e non voleva perder tempo in inutili chiacchiere. — Vai al comunicatore e chiedi istruzioni.
Ham era già sparito prima che lei avesse finito di parlare. Poi la comandante andò al terminale e lo collegò con il ponte di comando. Poco dopo si udì una voce: — Che nave è? Qui la Capitaneria dello Spazioporto. Ripeto, chi siete? Vi abbiamo visto uscire dall’iperspazio all’improvviso senza autorizzazione. Identificatevi immediatamente o spariamo.
— Qui il mercantile Space Angel, al comando del capitano Gertrude HaLevy.
Seguì un breve intervallo durante il quale il funzionario consultò il suo computer.
— La Space Angel che aveva ottenuto il permesso di fare rotta per Alpha Tau Pi Rho Quattro sotto contratto con la Minsk Mineral?
— Sì, proprio quella! — abbaiò la comandante. — Quante navi hanno un capitano che si chiama Gertrude HaLevy?
— Siete stati costretti a tornare indietro per un’emergenza?
— Sarebbe a dire?
— Se i miei dati sono giusti voi non siete stati via abbastanza per aver raggiunto Alpha Tau e far ritorno.
— Secondo il mio computo del tempo — rispose con fermezza la comandante — siamo stati via più di due anni.
Un’altra pausa. Evidentemente il funzionario non riusciva a raccapezzarsi. Infine si decise a dire: — Space Angel, preparatevi a ricevere a bordo una rappresentanza delle forze di sicurezza della Capitaneria.
La ciurma della Space Angel accolse al portello i funzionari sopraggiunti con un piccolo battello militare. Il primo a salire a bordo fu un funzionario in divisa, coi capelli brizzolati, a cui tennero dietro parecchi agenti di polizia. Si fecero avanti con piglio deciso finché non si fermarono di botto vedendo i Viver. I poliziotti portarono la mano alla fondina.
— Calma, quei due fanno parte dell’equipaggio — si affrettò ad avvertirli la comandante trattenendo a stento un sorriso.
— Capitano HaLevy? — Il funzionario era palesemente nervoso. — Io sono il maggiore Whipple della Capitaneria, e vi ritengo responsabile del comportamento di questi... queste creature.
— Non preoccuparti, pelle molle — disse K’Stin. — Non vi faremo del male. Vedendo che stavate per estrarre le armi ci è venuta voglia di ridere.
— Già, già... Ora, capitano HaLevy, mentre ci avvicinavamo alla vostra nave abbiamo notato che è dotata di armi illegali.
— Oh, che sbadata! Me n’ero dimenticata.
— Lo immagino. E adesso... — in quella notò Omero. — E questo cos’è? Un animale alieno? Temo che debba restare in quarantena orbitale, con effetto immediato. Conoscete il regolamento. Dio, che brutto!
— Ehi, non potete parlare così di Omero — saltò su Kelly infuriato, accarezzando affettuosamente la corazza di Omero. — E non potete metterlo in quarantena come un animale.
— E perché no?
— Perché, signore, io sono un poeta, e sono abituato a ricevere gli onori dovuti alla mia professione. Fingerò di non avere sentito quello che avete detto.
Il funzionario fece un salto indietro tanto che per poco non andò a urtare gli agenti. — Parla! — balbettò. — É intelligente?
— Questo è un punto Controverso — replicò Torwald. — Dipende da come giudicate i poeti.
— Che senso ha tutto questo? — Mancava poco che Whipple non si strappasse i capelli.
Ham decise che era venuto il momento di placare le acque. — Vi prego, calmatevi — disse con fare conciliante avvicinandosi al funzionario. — Dovete sapere che...
L’ultimo visitatore stava per andarsene. La Space Angel era rimasta per due settimane segregata e sotto strettissima sorveglianza in un ormeggio isolato dello spazioporto, e i banchi delle memorie del suo computer erano stati esaminati da squadre di scienziati. Intanto l’equipaggio era stato sottoposto a estenuanti interrogatori, finché le autorità non si erano convinte che non avevano altro da svelare sulle loro singolari avventure.
In seguito erano salite a bordo orde di cronisti e di studiosi. I resoconti dello straordinario viaggio della Space Angel erano stati divulgati in tutte le parti dello spazio occupate dall’uomo, e i membri dell’equipaggio erano diventati delle celebrità.
Kelly aveva l’incarico di fungere da cicerone, facendo visitare agli ospiti la nave e mostrando quegli oggetti-ricordo che il governo non aveva sequestrato. In mezzo al gruppo, quel giorno, c’erano un uomo con la divisa di ammiraglio e un ufficiale della Primaria Compagnia di Navigazione Satsuma. Il mozzo si sentiva un po’ frastornato: fino a non molto tempo prima era uno dei tanti derelitti che campavano alla meglio ai margini dello spazioporto, e la cui unica ambizione era di ottenere un lavoro qualsiasi su una nave. Adesso personaggi importanti pendevano dalle sue labbra, e la sua faccia era nota ovunque.
Mentre li accompagnava all’ uscita, alcuni lo presero da parte per scambiare due parole a tu per tu con lui.
— Figliolo, hai mai pensato di arruolarti nella Flotta? — gli chiese con fare paterno l’ammiraglio. — Certo, ma mi hanno sempre scartato.
— Si può rimediare. Pochi mesi in una scuola specialistica e potrai diventare sottufficiale.
— Temo che la carriera militare non m’interessi più, signore — rispose Kelly.
— Hai deciso di arruolarti su un mercantile, eh? — Il funzionario della Satsuma era convinto di tirarlo dalla sua. — Ottima scelta. Saremo felici di averti con noi. Ottima paga, promozioni e orari regolari. E non occorre aggiungere che grazie alla tua fama potrai fare carriera più in fretta di altri più anziani di te.
Kelly squadrò l’uniforme impeccabile coi gradi e i nastrini degli anni di servizio e decise in cuor suo che la carriera di quell’uomo doveva essersi svolta quasi interamente dietro una scrivania.
— So che la Satsuma è una delle migliori compagnie — disse senza sbilanciarsi.
— Facci un pensierino.
L’ultimo a sbarcare fu un ometto barbuto con una vecchia divisa da spaziale. Sui capelli arruffati inalberava un logoro berretto con un distintivo arrugginito sul datanti.
— Non so se hai afferrato il mio nome quando mi sono presentato — esordì.
— Sono il capitano Probert, della Black Comet. Ho appena comprato la nave a un’asta e sto mettendo insieme 1’ equipaggio.
Era un tipo alla buona, e Kelly si sentì subito a suo agio. — Un mercantile indipendente? — chiese.
— E questa nave cos’è? — rise Probert. — Tu ti sei imbarcato come aiutante del quartiermastro, se non sbaglio.
— Sì, ma durante il viaggio ho imparato molto. So fare di tutto.
— Bene, una persona esperta può sempre servire. La paga non è come quella della Satsuma, noi ci dividiamo i guadagni a ogni viaggio. Le ore sono lunghe, ma il nostro cuoco è molto bravo. Pensaci.
— Grazie, ci penserò.
Quando Probert se ne fu andato, Kelly tornò nella sua cabina e si tolse l’uniforme che gli avevano prestato. Dopo essersi infilato la vecchia tuta lisa e gli stivali, si guardò nello specchio. La tuta, che gli pendeva di dosso la prima volta che l’aveva indossata, adesso gli stava a pennello. Gli stivali, così pesanti e scomodi nei primi tempi, adesso calzavano come vecchie pantofole. Sorrise alla propria immagine, e andò alla mensa dove trovò gli altri seduti intorno al tavolo.
Poco dopo arrivò anche la comandante. Aveva un’aria un po’ abbattuta e cominciò subito senza preamboli. — Adesso che siamo tutti riuniti vi prego di rimettere i piedi per terra. Saremo delle celebrità interplanetarie, abbiamo portato sulla Terra un carico di tesori, ma siamo a terra.
—Come sarebbe a dire? — obiettò Kelly. — Impossibile!
— Non avendo ancora deciso cosa fare di tutto il materiale, il governo lo ha confiscato, diamanti compresi, e staranno a ponzarci su finché non avranno trovato una soluzione. Come se non bastasse, hanno posto sotto sequestro la Minsk Mineral. Potremmo fare causa, e forse riusciremmo a riavere quello che è nostro di diritto, ma ci vorrebbe parecchio tempo. Cause di questo tipo possono trascinarsi anche per anni. Ragion per cui dobbiamo trovare subito un altro incarico, se non vogliamo fallire.
Convinto che quello fosse il momento più adatto, Kelly si schiarì la gola e disse: — Temo che non potrò restare con voi.
— Come sarebbe a dire? — Ma dal tono era chiaro che la comandante aveva capito.
— Be’, prima di tutto voglio dirvi che per me questa nave è stata la mia casa e voi tutti la famiglia che non ho mai avuto. Ma non posso restare per sempre a casa. Ho firmato il contratto come mozzo, però non posso continuare a fare il mozzo per tutta la vita. Ho imparato moltissime cose durante il viaggio. Ormai sono un uomo maturo, non più un ragazzo inesperto.
La comandante si rivolse al quartiermastro: — Torwald?
— Non ho più niente da insegnare a Kelly. Potrebbe imbarcarsi come quartiermastro su qualsiasi nave indipendente, e pilota l’AC da campione.
— Senti, Kelly — s’intromise Nancy — potresti firmare per un altro viaggio come mio assistente. Hai ancora molto da imparare sul sistema di comunicazione.
Kelly rimase sorpreso al tono quasi supplichevole della sua voce.
— Ti ringrazio, Nancy, ma mi si è presentata l’occasione di camminare con le mie gambe e non la voglio perdere. Senza essere offensivo, non voglio però fare il tirapiedi di nessuno.
— Hai già in mente qualcosa di concreto? — chiese la comandante con voce brusca. — Spero che non si tratti di una nave di linea. — Il capitano Probert mi ha offerto un ingaggio sulla Black Comet. Credo che accetterò.
— Probert è una brava persona. Dammi il tuo braccialetto — disse la comandante tendendo la mano. — Lo devo aggiornare. Prese il braccialetto e uscì. Sergei alzò gli occhi dal diagramma che stava esaminando, e sorrise a Kelly. — La Minsk — disse poi — aprirà un conto in banca a nome della Space Angel su cui verserà quanto vi è dovuto per i diamanti, quando il carico ci verrà restituito. Se vuoi, apriremo un conto a parte per te.
— Sarà una somma non indifferente — disse Torwald — quando e se arriverà. Ti basterebbe per comprare una quota di comproprietà della Black Comet o di qualche altra nave. Mica male, per un ragazzo appena sbarcato dopo il suo primo viaggio.
— Buona idea — commentò Kelly.
Poco dopo tornò la comandante col braccialetto. Infilandolo, Kelly notò che vi era incassata una stellina d’argento.
— Ma questo è un bracciale da spaziale di prima classe — protestò. — Per diritto, spetta soltanto agli spaziali scelti.
— Come hai detto tu prima, ti sei imbarcato come mozzo, per un viaggio di routine. Il viaggio è durato molto di più ed è stato molto diverso dal solito. Andare al centro della Galassia e immergersi in una stella, secondo me sono cose che vanno al di là del dovere. Ti sei guadagnato la promozione.
Kelly infilò le ultime cose nella sacca. Aveva accumulato un mucchio di oggetti, un po’ raccolti sui pianeti e sulle navi aliene e altri regalatigli dagli amici.
Lafayette era andato da lui molto impacciato, per portargli un cubo di glassite in cui era inserita una piccola sfera che rappresentava il pianeta-giungla visto dallo spazio.
— Mi sono servito degli apparecchi olografici di Achmed e del computer di bordo, per farlo — spiegò. — Visto al microscopio, i particolari sono perfetti, comprese le foreste e le rovine. Volevo ringraziarti per avermi salvato la vita — concluse sempre più impacciato porgendo la mano. — Mi dispiace che per colpa mia tu abbia dovuto riverniciare la stiva.
La comandante gli aveva regalato una scatola di sigari e Achmed un tappeto da preghiera —...nel caso che tu ti convertissi alla vera fede. — Bert gli aveva dato una pila di manuali e K’Stin una bellissima spada.
Kelly si guardò intorno per l’ultima volta. Quella angusta cabina era stata la prima stanza tutta sua che avesse mai avuto. Adesso tutto quello che possedeva stava chiuso nella sacca. Ma aveva imparato molto, sapeva fare tante cose e aveva un ingaggio. Che cosa poteva volere di più uno spaziale?
Si affollarono tutti al portello per vederlo partire. Strette di mano, abbracci, occhi lucidi... Nancy gli gettò con trasporto le braccia al collo, lo baciò forte e disse che avrebbe sentito molto la sua mancanza.
— Avrei voluto che tu fossi così espansiva anche prima.
— Ma prima non te ne dovevi andare — ribatté lei con ferrea logica.
Omero arrivò zampettando ed estrasse da sotto la corazza un disco.
— Vi ho inciso una prima stesura del mio poema epico intitolato Stella Nucleo, di cui tu sei uno dei protagonisti. Forse non potrai capirlo, ma io ti assicuro che così diventerai immortale. Torwald gli porse un pacchetto. — È una piccola cosa che ho messo insieme in officina. — Kelly lo aprì: conteneva un modellino della Space Angel preciso fino nei minimi particolari. Kelly lo infilò subito nella sacca, voltandosi perché gli altri non si accorgessero di quanto fosse commosso.
— Non abbassare mai la guardia — gli raccomandò K’Stin, stringendo nella sua enorme mano quella di Kelly. — E sopprimi qualunque cosa ti minacci.
— Non dimenticare gli stivali, figliolo — aggiunse Torwald. — La celebrità non dura a lungo, gli stivali, invece, sì, e ti saranno molto più, utili.
Poi non restò altro da dire. Kelly fece un ultimo cenno di saluto, si caricò in spalla la sacca e scese la rampa sotto una leggera pioggerella, con l’andatura un po’ ondeggiante di chi non è abituato alla gravità terrestre.
— É proprio diventato un vero spaziale — commentò con voce sommessa Torwald.
Lo seguirono a lungo con lo sguardo, commossi, mentre la sua figura rimpiccioliva allontanandosi, finché la comandante non ruppe l’incantesimo dicendo: — Torwald, vai un po’ al terminal per vedere se ti riesce di trovare un nuovo mozzo.