26

Visto dall’alto, l’accampamento della spedizione era un brutto fiore marrone. Una ferita si era aperta nel terreno a est di Titantown e aveva cominciato a emettere terrestri.

L’esodo sembrava interminabile. Mentre Cirocco guardava dalla navicella di Finefischio, una piccola montagna di gelatina blu a forma di proiettile spuntò dal suolo e cadde di fianco. Il materiale all’esterno si sciolse, scoprendo uno scalatore-trasportatore color argento. Il veicolo si affiancò ad altri sei identici, fermi accanto a un complesso di cupole gonfiabili prima di scaricare i suoi cinque passeggeri.

— Hanno fatto le cose in grande — osservò Gaby.

— Così pare. E quella è solo una parte della spedizione. Wally è ancora nello spazio con la sua nave, abbastanza vicino da poter intervenire quando necessario.

— Sei sicura di voler scendere? — le chiese Gaby.

— Devo scendere, lo sai.

Calvin guardò giù e fece una smorfia.

— Se per voi è lo stesso — disse — io preferisco restare qui. Se scendo potrebbero succedere cose spiacevoli.

— Io posso proteggerti, Calvin.

— Questo resta da vedere.

— Vuoi restare anche tu, Gaby? — chiese Cirocco.

— Io vado dove vai tu. Lo sai, no? Credi che Bill sia ancora lì? Forse lo hanno già fatto evacuare.

— Penso che mi abbia aspettata. Comunque, devo andare a dare un’occhiata a quello.

Indicò un mucchio di metallo, un chilometro a ovest dell’accampamento. Non aveva nessuna forma, e non dava l’idea di essere mai stato qualcosa di compatto, d’armonico.

Erano i resti del Ringmaster.


— … e sostiene di aver agito a nostro favore per l’intera durata del cosiddetto atto ostile. Non posso offrirvi nessuna prova concreta per la maggior parte di queste asserzioni. Non possono esserci prove, se non quelle che deriveranno dallo studio del suo comportamento per un periodo di tempo ragionevole. Però non vedo niente che indichi che Gea sia una minaccia per la Terra, o che lo possa diventare in futuro.

Cirocco allungò una mano per prendere il bicchiere: bevve un po’ d’acqua, ma desiderava che fosse vino. Aveva parlato per due ore, interrotta solo ogni tanto da Gaby che correggeva o chiariva il discórso.

Erano nella cupola che fungeva da quartier generale per la squadra terrestre. C’erano sette ufficiali, oltre a Cirocco, Gaby e Bill. Le due donne erano state condotte lì appena atterrate, presentate a tutti, e richieste di fare rapporto.

Cirocco si sentiva fuori posto. L’equipaggio dell’Unity e Bill indossavano uniformi ben stirate, rosse e dorate. Sapevano di pulito, e avevano un’aria troppo militare per i suoi gusti.

La spedizione del Ringmaster aveva lasciato da parte quell’aspetto, fino al punto di usare l’unico titolo di capitano. Quando il Ringmaster era partito, la NASA stava cercando di sradicare le proprie origini militari. Aveva chiesto e ottenuto l’auspicio delle Nazioni Unite, per quanto fosse chiaro che l’impresa era solo americana.

Il nome stesso della nuova astronave, Unity, testimoniava la cooperazione fra le diverse nazioni della Terra. E l’equipaggio multinazionale indicava che l’esperimento del Ringmaster aveva unito le nazioni per uno scopo comune.

Ma le uniformi dicevano anche quale ne fosse lo scopo.

— Allora tu consigli di proseguire l’attuale linea di condotta pacifica — disse il capitano Svensen. Parlava da uno schermo televisivo posto sul tavolo pieghevole al centro della stanza. Sedie a parte, non c’erano altri mobili.

— Al massimo potresti perdere i pochi uomini che hai qui. Pensaci un attimo, Wally. Gea sa che se facesse qualcosa scoppierebbe la guerra, e che la prossima nave sarebbe solo una grande bomba H, senza uomini a bordo.

La faccia sullo schermo si accigliò, poi annuì.

— Scusatemi un attimo — disse. — Voglio parlarne col mio staff. — Fece per allontanarsi, poi tornò indietro. — E tu, Rocky? Non ci hai detto se le credi. Dice la verità?

Cirocco non ebbe esitazioni.

— Sì, Gea dice la verità. Puoi starne sicuro.

Il tenente Strelkov, Comandante della base, aspettò un attimo, finché fu sicuro che lei non aveva altro da aggiungere, poi si alzò. Era un bell’uomo con un brutto mento, un ufficiale dell’esercito sovietico, per quanto Cirocco trovasse difficile crederlo. Sembrava un ragazzo.

— Volete qualcosa? — le chiese in perfetto inglese. — Forse sarete affamate dopo il viaggio di ritorno.

— Abbiamo mangiato prima di lanciarci — gli rispose Cirocco, in russo. — Ma se c’è un po’ di caffè…


— Non hai finito il racconto — stava dicendo Bill. — Come avete fatto a tornare qui, dopo la conversazione con Dio?

— Ci siamo lanciate — rispose Cirocco, sorseggiando il caffè.

— Vi siete…

Si trovavano tutti e tre in un angolo della stanza circolare, le sedie disposte in circolo, mentre gli ufficiali della Unity parlavano tra loro vicino alle apparecchiature televisive. Bill aveva un bell’aspetto. Camminava con la stampella e la gamba gli faceva male se ci appoggiava sopra il peso del corpo, ma era su di morale. Il medico dell’Unity aveva detto che l’avrebbe operato al più presto, e prevedeva un ritorno alla normalità assoluta.

— E perché no? — chiese Cirocco. — Avevamo portato i paracadute come misura precauzionale; perché non usarli? — Lui era ancora a bocca spalancata. Lei rise, gli diede una pacca sulla spalla. — Va bene, abbiamo riflettuto molto prima di buttarci. Ma non c’era proprio nessun pericolo. Gea ha tenuto aperte le valvole e ha chiamato Finefischio. Siamo scese in caduta libera per quattrocento chilometri, poi siamo atterrate sul dorso dell’aerostato. — Si sporse per farsi riempire la tazza di caffè da un ufficiale, poi tornò a fissare Bill. — Comunque io ho parlato anche troppo. E tu? Come sono andate le cose?

— Niente di troppo interessante, temo. Ho passato il mio tempo sotto terapia con Calvin, e ho imparato un po’ la lingua dei titanidi. Due o tre frasi le so cantare. So dire vai-vai e Billy fame. È stato divertente. Poi ho deciso di mettermi a fare qualcosa, dato che tu mi avevi lasciato qui. Ho cominciato a parlare coi titanidi di qualcosa di cui sapevo poco, cioè l’elettronica. Mi sono servito di quelle buffe cose che usano loro e ho costruito un ricetrasmettitore.

Cirocco lo guardò sbalordita. — Allora non era…

— Dipende da come consideri la faccenda. Tu pensavi a una radio capace di raggiungere la Terra. Quella non sono riuscito a costruirla. Il mio apparecchio non è molto potente. Riesco solo a parlare con l’Unity se è sopra di me. Ma anche se l’avessi costruita prima della tua partenza te ne saresti andata lo stesso, no? L’Unity non c’era ancora, quindi la radio non sarebbe servita a niente.

— Sì, credo che sarei partita. Avevo altre cose da fare.

— Ho sentito. Mi hai fatto passare i momenti peggiori da che sono qui — confessò Bill. — I titanidi cominciavano a piacermi, e improvvisamente hanno preso tutti quell’espressione strana e sono scappati via. Pensavo che fosse un altro attacco degli angeli, ma non è più tornato nessuno. Ho trovato solo un grosso buco nel terreno.

— Io ho visto qualche titanide — disse Gaby.

— Sì, stanno tornando. Non si ricordano di noi.

I pensieri di Cirocco vagavano da soli. Non era preoccupata per i titanidi. Sapeva che tutto sarebbe andato bene, e non avrebbero più dovuto soffrire in battaglia. Ma era triste scoprire che Cornamusa non si ricordava di lei.

Stava osservando gli uomini della Unity e si chiedeva perché nessuno di loro si avvicinasse per parlare con loro. Sapeva di non emanare un buon profumo, ma non credeva che fosse per quello. Sorpresa, capì che avevano paura di lei. Si mise a ridere. Poi s’accorse che Bill stava parlandole.

— Scusa, puoi ripetere?

— Gaby dice che non hai ancora raccontato tutta la storia. Dice che c’è qualcos’altro, e che io dovrei saperlo.

— Oh, quello — disse lei, lanciando un’occhiataccia a Gaby. Ma prima o poi bisognava affrontare l’argomento.

— Gea… Gea mi ha offerto un lavoro, Bill.

— Un lavoro? — Lui tentò di sorridere, incerto.

— Devo fare la maga. Almeno, così ha detto. È un tipo romantico. Ti piacerebbe, Bill. È un’appassionata di fantascienza.

— In cosa consiste esattamente il lavoro?

— Mettere a posto i guai — disse Cirocco tormentandosi le mani. — Correre dove c’è un problema e vedere di risolverlo. Qui ci sono terre letteralmente ribelli. Mi ha promesso un’immunità relativa, basata sul fatto che i cervelli delle regioni ricordano quello che lei ha fatto a Oceano e quindi non oserebbero attaccarmi.

— Tutto qui? Mi sembra una buona proposta.

— Infatti. Si è offerta di educarmi, di riempirmi la testa con un sacco di conoscenze, come quando mi ha insegnato a parlare coi titanidi. E avrei il suo aiuto. Niente magia, però potrei far spalancare il terreno e vederlo inghiottire i miei nemici.

— Questo lo credo.

— Ho accettato, Bill.

— Lo immaginavo.

Bill si guardò le mani, e quando tornò ad alzare gli occhi sembrava stanchissimo.

— Tu sei proprio un tipo straordinario, lo sai? — Nella sua voce c’era una traccia d’amarezza, però la stava prendendo meglio di quanto Cirocco si fosse aspettata. — È proprio un lavoro che dovrebbe piacerti. La mano sinistra di Dio. — Scosse la testa. — Questo è un posto terribile. Potrebbe anche non piacerti. Quando cominciava a piacere a me, tutti i titanidi sono scomparsi. È un fatto che mi ha scosso, Rocky. Era come se qualcuno avesse messo via i suoi giocattoli perché si era stufato. Come fai a sapere che non sarai uno dei suoi giocattoli? Fino a ora hai sempre preso l’iniziativa tu. Credi che ci riuscirai ancora?

— Non lo so, onestamente. Solo che non sopportavo l’idea di tornare sulla Terra e trovarmi un lavoro sedentario, magari finire come consulente in una grande azienda. — Sorrise mentre guardava attentamente Billy.

— È quello che farò io — disse Bill, sorridendo. — Però spero di entrare nel campo della ricerca. Non ho paura di lasciare lo spazio. Sai che tornerò sulla Terra, vero?

Cirocco annuì. — Mi è bastato vedere la tua bella uniforme per capirlo.

Si guardarono per un po’, poi Cirocco gli prese la mano. Lui sorrise con l’angolo della bocca, si chinò a darle un bacio sulla guancia.

— Buona fortuna — le disse.

— Anche a te, Bill.

Dall’altra parte della stanza, Strelkov si schiarì la gola.

— Capitano Jones, il Comandante Svensen vorrebbe parlarvi.

— Sì, Wally?

— Rocky, abbiamo inviato il nostro rapporto alla Terra. Dovranno analizzarlo a fondo, per cui per qualche giorno non avremo una risposta definitiva. Ma noi qui abbiamo aggiunto le nostre raccomandazioni alle tue, e non penso che ci saranno problemi. Immagino che la base diventerà missione culturale e ambasciata delle Nazioni Unite. Ti offrirei la carica di ambasciatore, ma avevamo già portato qualcuno nel caso le trattative fossero andate in porto. D’altronde immagino che sarai ansiosa di tornare.

Gaby e Cirocco risero. Dopo un po’ anche Bill si unì alla risata.

— Mi spiace, Wally. Non sono ansiosa di tornare. Non tornerò. E non avrei potuto accettare quel lavoro nemmeno se tu me lo avessi offerto.

— Perché?

— Conflitto d’interessi.


Sapeva già che non sarebbe stato semplice, e non lo fu.

Rassegnò formalmente le dimissioni, spiegò i suoi motivi al capitano Svensen, poi restò pazientemente ad ascoltarlo mentre lui le spiegava, in termini sempre più perentori, perché doveva tornare, e perché doveva tornare anche Calvin.

— I medici dicono che è possibile curarlo. La memoria di Bill può tornare normale, e probabilmente si può guarire anche la fobia di Gaby.

— Credo anch’io che Calvin si possa curare, però lui è felicissimo di essere quello che è. Gaby è già stata curata. Ma cosa avete intenzione di fare per Aprile?

— Speravo che tu ci aiutassi a convincerla a tornare con noi assieme a te. Sono sicuro…

— Stai parlando a vanvera. Io non torno, e non c’è altro da aggiungere. È stato un piacere fare due chiacchiere con te. — Girò sui tacchi e uscì dalla stanza. Nessuno tentò di fermarla.


Lei e Gaby fecero i preparativi in un prato poco lontano dall’accampamento, poi restarono fianco a fianco, in attesa. Stava passando più tempo del previsto, e Cirocco s’innervosì mentre lanciava continue occhiate all’orologio di Calvin.

Strelkov uscì di corsa dalla cupola, urlando ordini. S’interruppe di colpo quando si accorse che Cirocco era lì vicino e lo aspettava. Fece segno agli uomini di stare pronti e si avvicinò alle due donne.

— Mi spiace, capitano, ma il Comandante Svensen mi ha ordinato di arrestarvi. — Sembrava davvero dispiaciuto, però teneva la mano vicina alla fondina della pistola. — Volete venire con me, per favore?

— Guardate là, Sergei. — Lei indicò un punto dietro le sue spalle.

Il tenente si girò, estrasse l’arma, sospettoso. Si spostò di lato, in modo da guardare verso ovest tenendo d’occhio le due donne.

— Gea, ascoltami! — urlò Cirocco. Strelkov era nervoso. Lei fu attenta a non fare gesti minacciosi. Alzò le braccia in direzione di Rea, verso il luogo dei venti e il cavo che aveva scalato con Gaby.

Alle loro spalle, gli uomini urlarono.

Un’onda scendeva giù lungo il cavo, non molto forte ma chiaramente percettibile come succede a una canna per annaffiare quando le si dà un forte colpo col polso. L’effetto sul cavo fu esplosivo. Nell’aria si formò una nube di polvere, e nella polvere c’erano alberi completamente sradicati.

L’onda colpì il suolo. Il posto dei venti esplose, scagliando rocce dappertutto.

— Tappatevi le orecchie! — gridò Cirocco.

Il suono arrivò all’improvviso, scaraventò Gaby a terra. Cirocco, per quanto scossa, riuscì a restare in piedi. Attorno a lei, era come se gli dèi avessero scagliato il loro tuono. I venti cominciarono a ululare mentre i suoi abiti sbattevano con forza inaudita.

— Guardate! — urlò di nuovo lei, alzando lentamente le mani verso il cielo. Nessuno riuscì a sentirla, ma tutti videro centinaia di geyser spuntare dal suolo, trasformando Iperione in un’enorme fontana. Il fulmine si abbatté sulla terra, aumentando il fragore assordante mentre riecheggiava più e più volte dalle pareti lontane.

Passò molto tempo prima che i fenomeni cessassero, e per tutto quel tempo nessuno si mosse. Quando la natura si calmò, molto dopo che l’ultimo geyser si era estinto. Strelkov era ancora seduto nel punto in cui era caduto, fissando il cavo e la polvere che si stava posando.

Cirocco lo aiutò a tirarsi in piedi.

— Dite a Wally di lasciarmi in pace — gli disse, e se ne andò.


— Eccezionale — disse Gaby, più tardi. — Proprio eccezionale.

— Tutto un gioco di specchi, mia cara.

— Come ti sentivi?

— Avevo voglia di farmela addosso. Però è tremendamente eccitante.

— Spero che tu non lo debba fare molto spesso.

Cirocco era d’accordo. Quello spettacolo, straordinario perché era successo dietro suo comando, sarebbe stato semplicemente inesplicabile se si fosse verificato prima che Strelkov tentasse di arrestarla.

Il fatto era che non poteva ripeterlo per altre cinque o sei ore anche se l’avesse chiesto con urgenza.

Con Gea comunicava in fretta. Aveva in tasca un seme-radio potentissimo. Ma Gea non riusciva a reagire in fretta. Per fare qualcosa di tanto grandioso, le occorrevano ore di preparativi.

Cirocco aveva mandato il messaggio che richiedeva quell’intervento mentre si trovava ancora su Finefischio, dopo aver attentamente previsto la sequenza degli eventi. Da allora, era stata tutta una corsa col tempo, mentre le forze di Gea si radunavano nel mozzo e sotto i suoi piedi. Era stata avvantaggiata dal fatto di aver dato le dimissioni in un momento scelto da lei, ma l’incognita stava tutta nel sapere quando Wally Svensen avrebbe ordinato di arrestarla.

Fare la maga non sarebbe stato facile.

D’altro canto, erano pochi i lavori che offrivano il lusso di far scatenare una tempesta.

Le sue tasche erano piene di cose da usare nel caso lo spettacolo naturale non fosse bastato a spaventare gli uomini, cose che aveva trovato inoltrandosi a Iperione prima di tornare su Finefischio e dirigersi all’accampamento. C’era una lucertola a otto zampe che sputava un fluido tranquillizzante se veniva schiacciata, e uno strano assortimento di bacche che, ingerite, avrebbero fatto lo stesso effetto. Aveva foglie e pezzi di legno che esplodevano con una gran fiammata, e, come ultima risorsa, una noce che scoppiava con lo stesso effetto di una bomba a mano.

Nella sua testa c’era un’intera biblioteca di sapienza nuova. Poteva cantare ai titanidi, fischiare agli aerostati, e gracidare, pigolare, cinguettare, ruggire e ululare in decine di lingue che ancora non aveva potuto usare, appartenenti a creature che non aveva mai incontrate.

In un primo tempo, lei e Gaby temevano che tutte le informazioni che Gea voleva offrire loro non trovassero spazio in un cervello umano. Invece, stranamente, non era stato difficile. Non si accorgevano nemmeno di sapere tante cose: ma se ne avevano bisogno scoprivano di saperle, come se le avessero studiate a scuola.

— Ci avviamo verso le colline? — chiese Gaby.

— Non ancora. Non credo che Wally ci darà altri guai, una volta accettata l’idea. Capiranno che in fin dei conti conviene anche a loro restare in buoni rapporti con noi.

"E poi c’è un’altra cosa che voglio vedere prima che ce ne andiamo."


Si era preparata a una forte emozione. Si sentì emozionata, sì, ma non come temeva. Era stato più difficile dire addio a Bill.

Il relitto del Ringmaster era una cosa triste, silenziosa. Lo visitarono senza dire niente. Ogni tanto riconoscevano qualcosa; più spesso non riuscivano a capire cosa fossero quei frammenti contorti.

Lo scafo argenteo risplendeva nel magnifico pomeriggio di Iperione, parzialmente sepolto nel terreno sabbioso come un King Kong robot precipitato dal suo grattacielo. L’erba si era già impossessata del suolo sconvolto. I rampicanti si protendevano sui pezzi di metallo. Un unico fiore giallo spuntava al centro di quella che era stata la consolle di comando di Cirocco.

Aveva sperato di trovare un ricordo della sua vita passata; ma non era mai stata una collezionista di cose, e sull’astronave aveva portato ben poco di personale. Oceano doveva aver mangiato le poche foto, il diario di bordo e la cartella di ritagli di giornale.

Non lontano da loro videro un uomo dell’Unity. Girava attorno al relitto, puntava la macchina fotografica e continuava a scattare. Cirocco pensò che fosse il fotografo della nave, poi capì che lo stava facendo di propria iniziativa, con la sua macchina fotografica. Lo vide raccogliere un oggetto, e metterlo in tasca.

— Tra una cinquantina d’anni — osservò Gaby — i turisti avranno portato via tutto. — Si guardò attorno. — Mi sembra un buon posto per un commercio di souvenir. Mettiamoci a vendere panini e foto ricordo. Ci andrebbe bene.

— Non pensi davvero che succederà, eh?

— Sta a Gea, immagino. Ha detto che avrebbe permesso le visite, e questo significa turismo.

— Ma i costi…

Gaby si mise a ridere. — Tu pensi ancora ai vecchi giorni, capitano. Quando siamo partiti noi, il Ringmaster era il massimo, e poteva contenere solo sette persone. Bill dice che l’Unity ha un equipaggio di duecento uomini. Non ti sarebbe piaciuto ottenere l’esclusiva per le riprese cinematografiche a O’Neil Uno, trent’anni fa?

— Sarei diventata ricca — ammise Cirocco.

— Se Gea offre una possibilità di arricchirsi, qualcuno lo farà. Perché non mi nomini ministro del Turismo e dell’Ambiente? Non so bene se mi piace il ruolo di apprendista stregone.

Cirocco rise. — La nomina è tua. Cerca di ridurre al minimo la corruzione e il clientelismo, va bene?

Gaby distese le braccia, con espressione sognante.

— Me lo vedo già. Qui metteremo la rivendita, naturalmente una cosa in stile greco classico, e venderemo Geaburger e cocktail di latte. Erigerò insegne non più alte di cinquanta metri, e limiterò l’uso del neon… Venite a vedere gli angeli! Assaporate il respiro di Dio! Volate sulle rapide dell’Ofione! Di qui una galoppata sul centauro, solo dieci miseri dollari! Non scordate di portarvi…

Gaby urlò, facendo un salto indietro. Il terreno si era mosso.

— Stavo scherzando, accidenti! — gridò al cielo, poi fissò sospettosa Cirocco, che rideva.

Dal punto in cui prima si trovava Gaby uscì un braccio. Il terreno rivelò poco per volta una faccia e un ciuffo di peli multicolori.

Si chinarono a togliere la sabbia dal titanide, che tossiva e sputacchiava. Poco per volta spuntarono il petto e le due zampe anteriori. La creatura guardò incuriosita le due donne.

— Ciao — cantò Cornamusa. — Chi siete?

Gaby protese la mano. — Davvero non ti ricordi di noi? — cantò.

— Ricordo qualcosa. Mi sembra di riconoscervi. Non mi hai dato del vino, molto tempo fa?

— Certo — cantò Gaby. — E tu mi hai reso il favore.

— Esci di lì, Cornamusa — cantò Cirocco. — Ti ci vuole un bel bagno.

— Ricordo anche te. Ma come fate a stare in equilibrio su due gambe per tanto tempo senza cadere?

Cirocco rise.

— Vorrei saperlo anch’io, ragazza mia.

FINE
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