Se vi immergete nell’acqua e un vostro amico batte ripetutamente due grossi sassi uno contro l’altro, cominciando a venti o trenta metri di distanza e avvicinandosi fino a quando voi non ce la fate più a sopportarlo, potete avere un’idea vaga di quello che accadde.
Non so descrivere la sensazione che provai. Anzi, poiché mi fece perdere i sensi per parecchi secondi, non è neppure giusto dire che provai qualcosa. Comunque, fu una specie di sensazione; forse se sapessi con certezza cosa si prova a venir colpiti da un maglio, simultaneamente, su ogni centimetro quadrato del corpo, potrei sfruttare il paragone. Ma dovrò lasciar fare alla vostra immaginazione, con l’aiuto dell’esperimento che vi ho suggerito un momento fa.
L’onda d’urto fece più o meno lo stesso effetto a tutti. Ci volle un minuto, forse anche di più, prima che riprendessimo a nuotare più rapidamente che potevamo verso il luogo dove avevamo lasciato gli altri. Nessuno di noi aveva dubbi su quanto era accaduto; nessuno di noi teneva a tornare sul posto.
Ma ci precipitammo lì.
Mi aspettavo di trovare quattro corpi nella fanghiglia, dove avevamo lasciato i nostri compagni intenti a giocare, ma non fu così semplice. Il relitto del sommergibile, a quanto potevo capire, era allo stesso posto. Ma l’onda d’urto causata dall’implosione dello scafo aveva sollevato una nube di fanghiglia che non aveva ancora finito di ricadere, e le nostre lampade ci mostravano ben poco. Tenendoci vicini l’uno agli altri, nuotammo nell’oscurità in tutte le direzioni, esplorando ogni spanna del fondale non solo per cercare i frammenti, ma per scoprire se c’era qualcosa sotto il fango che si era appena posato. Non fu necessario comunicare tra noi, per organizzare quella ricerca.
Trovammo uno degli uomini parzialmente sepolto, a cinque metri circa dalla parte più vicina del relitto. Sembrava non avesse lesioni gravi, ma sapevo che non poteva essere vivo. L’onda d’urto ci aveva fatto perdere i sensi a quattrocento metri di distanza, e la legge dell’inverso del quadrato vale anche sott’acqua.
Sul fondo non trovammo nessuno degli altri, ma mentre il fango ricadeva ne scorgemmo un secondo, visibile ad un’altezza di sei metri circa: saliva molto lentamente. Una scia sottile di gocciole oleose filtrava dalla base del casco. Non avevo mai pensato che, dato il liquido denso che le riempiva, le mute dovevano contenere anche materiale galleggiante, per permettere a chi le indossava di nuotare nell’acqua. Ora che il liquido più pesante stava uscendo, il galleggiamento era diventato positivo.
Era abbastanza evidente che non avremmo potuto ritrovare gli altri due: probabilmente, avevano subito falle più rapide. Li immaginai lassù, sopra di noi, nella tenebra, salire verso la superficie mentre l’ultimo liquido che aveva reso possibile la loro strana esistenza scendeva verso il fondo marino. Pensai di cercare una pioggia di gocce oleose che ci consentisse di rintracciarli, ma non avevo la possibilità di comunicare agli altri quella proposta, ed era evidente che, del resto, le nostre lampade erano troppo fioche per una ricerca del genere. Anche gli altri, di certo, la pensavano allo stesso modo. Trascinandoci dietro i due cadaveri, ritornammo verso l’ingresso.
Avrei voluto che ci fosse stata luce sufficiente per leggere l’espressione dei nostri compagni. Avrei potuto essere in grado di intuire cosa pensavano dei forestieri che, con le loro trovate, avevano ucciso quattro dei loro amici. Non so che spiegazione avesse fornito Bert per l’intera procedura: forse pensavano che fosse un’importante ricerca d’ingegneria, o qualcosa del genere. Me lo augurai. Era già terribile sentirmi colpevole, senza che mi considerasse tale anche il resto della popolazione.
Avrei anche voluto sapere cosa provava Bert. Per quel che risultava a me, le vittime potevano anche essere stati suoi intimi amici.
Pensavo che avrei potuto farmene un’idea quando fossimo arrivati all’entrata, ma rimasi deluso. Ci fu una notevole agitazione, al nostro arrivo, ma non riuscivo a capire cosa significassero in gran parte le espressioni di quei volti.
Non mi ero accorto che quelle espressioni, in realtà, sono convenzionali. Se non cresci in una società dove vi è una data maschera per la collera, e un’altra per esprimere il disgusto, e così via, leggere le espressioni non è un modo infallibile per raccogliere informazioni. Quelli potevano essere incolleriti, o tristi, o disgustati: non lo capivo. Gesticolarono parecchio, mentre i cadaveri venivano portati via, e scambiarono altri gesti con Bert, ma quello che posso dire circa i loro sentimenti nei nostri confronti deriva esclusivamente dal fatto che non ci linciarono. Non potevo essere neppure sicuro che la situazione sarebbe durata; forse non erano presenti né intimi amici né parenti delle vittime.
L’attività intorno all’entrata impiegò circa mezz’ora, prima di normalizzarsi di nuovo. I cadaveri erano stati portati via, gli uomini che ci avevano accompagnati se ne erano andati per i fatti loro, e i sommozzatori che erano sempre presenti intorno agli ingressi non badavano a noi più del solito. Per alcuni di loro, comunque, era parecchio; la ragazza che era scesa con noi alla centrale era ritornata insieme ai suoi amici.
Bert poté finalmente usare di nuovo la tavoletta per scrivere. Avrei avuto molto da dire — ero ancora scosso, mi sentivo colpevole e soprattutto molto stupido — ma ero bloccato dal solito, vecchio problema di comunicazione. Vi sono momenti in cui un uomo non riesce a parlare in fretta come vorrebbe, e altri in cui non può scrivere con la rapidità desiderata.
Mi aspettavo che Bert scrivesse qualcosa di ciò che era accaduto, poiché ero abbastanza sicuro dell’espressione del suo volto per sapere che anche lui era rimasto molto sconvolto. Ma il messaggio che scrisse si atteneva esclusivamente al nostro progetto.
«Se mai qualcosa può riuscire a tanto, questo dovrebbe convincere Marie. Sarebbe meglio che andassi da lei subito, per dirle che il sommergibile del suo Joey è stato trovato ridotto a un relitto, e per cercare di convincerla a uscire con il sommergibile per constatarlo di persona. Poi, forse le verrà voglia di proseguire il viaggio. Se non ti crede e insiste per restare dov’è, dovremo rimorchiare dentro il relitto. Questo dovrà convincerla. Non so cosa faremo se non si convincerà.»
«Potreste smettere di darle da mangiare.»
Bert alzò la testa e inarcò un sopracciglio.
«Tu te la sentiresti?» scarabocchiò. Scrollai le spalle, ma sapevo che non avrei mai potuto farlo.
«Insegnami la strada,» scrissi. Bert si mosse.
Le pause di silenzio, mentre andavo da un luogo all’altro, avrebbero dovuto offrirmi l’occasione di riflettere, e magari di scorgere anche le falle della trama che avevo preparato con tanto impegno, se solo fossi stato del cento per cento più sveglio. Invece, quella nuova nuotata di venti minuti non mi fece venire idee nuove, a parte qualche dettaglio di ciò che intendevo dire a Marie.
Non era una trama di prim’ordine. Ero ancora molto inquieto, quando mi avvicinai al suo sommergibile (Bert era restato come prima a distanza di sicurezza) e bussai sullo scafo. Per fortuna, il mio atteggiamento quadrava alla perfezione con la scena che avrei dovuto recitare.
Marie rispose quasi subito, e il suo viso apparve inquadrato nell’oblò. Era piacevole vedere un altro volto di cui potevo leggere l’espressione, anche se in un primo momento l’espressione non fu quella che speravo. Si addolcì un poco, comunque, quando mi riconobbe. Come prima, non potevo essere sicuro delle intonazioni della sua voce, ma le parole erano abbastanza comprensibili. «Dove sei stato? Cominciavo a pensare che si fossero sbarazzati anche di te.» Risposi per mezzo della tavoletta alla parte veramente importante della sua osservazione.
«Sono stato a scoprire come vanno le cose.»
«L’hai chiesto a Bert?»
«No. Qui hanno una biblioteca, con parecchi testi scritti a mano da altri che sono venuti quaggiù in passato: sono troppi perché possa averli scritti apposta Bert. La documentazione è coerente, e credo di avere un quadro abbastanza chiaro dell’intera situazione.»
«Cos’hai saputo di Joey?»
Esitai. Avevo perduto la certezza che quella domanda sarebbe arrivata subito, e avevo preparato bene la menzogna, ma era difficile mentire a Marie. Mi ripetei che lo facevo per il suo bene, e cominciai a scrivere, ma lei aveva già notato la mia esitazione, e forse la mia espressione… non ho mai preteso di essere un attore.
«Hai avuto sue notizie, vero?» Io annuii.
«Ed è… è…»
Tacque, fissandomi attraverso il vetro corazzato. Annuii di nuovo. Era più facile che scrivere una menzogna spudorata.
Potevo vedere soltanto il suo viso, ma immaginavo che avesse stretto i pugni. Rabbrividii, quando probabilmente Marie percosse l’interno dello scafo e mandò una dolorosa onda sonora ad irradiarsi tutto intorno nella camera. Poi udii di nuovo la sua voce.
«Avevo ragione. Non ha voluto vendersi. Non ha voluto rinunciare alla sua fede di persona onesta, e perciò lo hanno ucciso.»
«Perché avrebbero dovuto ucciderlo in quel modo?» ribattei. «Avrebbero potuto farlo più facilmente quando lui era qui dentro, come doveva esserci mentre parlavano con lui, se hai ragione tu. Avrebbero potuto lasciare che morisse soffocato, oppure di fame… e con te non l’hanno fatto, ricordalo. Sarebbe bastato aspettare che esaurisse le provviste. E non avrebbero sprecato il sommergibile in quel modo.»
«Semplice. Perché volevano che morisse fuori, a bordo del sommergibile, in modo che in caso d’indagine risultasse un normale incidente. Mi stupisce che tu non ci abbia pensato.» Almeno non disse «neppure tu».
Sono meno sveglio di Marie e lo so benissimo, ma avevo pensato a questo, e avevo già la risposta pronta.
«Non dire sciocchezze. Chi si sorprenderebbe o s’insospettirebbe, se non trovasse nulla quando lo venisse a cercare? Il fondo del Pacifico si estende per migliaia di chilometri quadrati, e ci sono altri chilometri cubici d’acqua, sopra di noi.»
Stranamente, Marie non seppe cosa ribattere, e tacque per parecchi secondi. Quando riprese a parlare, lasciò perdere per il momento Joey e mi chiesi di dirle che cosa avevo scoperto in biblioteca.