Il nebuloso rimuginare di Gaspard venne interrotto dalla grande edicola che segnava la vita di Viale del Lettorato. Era scintillante e affascinante come un albero di Natale, e lo faceva sentire come un ragazzino di sei anni in procinto di essere visitato da Papà Natale.
L’aspetto generale dell’interno dei volumetti non era cambiato molto in due secoli: era ancora stampato in caratteri neri su carta chiara. Ma le copertine erano meravigliosamente fiorite. Ciò che nella metà del Ventesimo secolo era stata soltanto una intenzione aveva proliferato ed era giunta alla sua piena fioritura.
Grazie alla magia della stereostampa e della riproduzione a quattro tempi, voluttuose fanciulle grandi come bamboline si spogliavano interminabilmente, indumento per indumento, o passavano ripetutamente, in abiti trasparenti, davanti a finestre illuminate. Mostri e criminali sogguardavano con espressione maligna, filosofi e ministri del culto si mostravano con attenzione benigna, in molte espressioni. I cadaveri macchiati di sangue crollavano al suolo, i ponti precipitavano, gli uragani sferzavano gli alberi, le astronavi saettavano attraverso finestrelle di dodici centimentri per dodici nell’infinito stellato.
Tutti i sensi venivano presi d’assalto: le orecchie da un flusso di lieve musica fatata, affascinante come il canto delle sirene e punteggiata dallo schioccare di lenti baci, dai colpi di scudiscio su carne nubile, dal sommesso sgranare delle pallottole di mitra, dallo spettrale ruggito delle bombe atomiche.
Le narici di Gaspard coglievano folate di pranzi a base di tacchino, fuochi di legno duro, aghi di pino, boschetti di aranci, polvere da sparo, un lievissimo accenno di marijuana, muschio e profumi alla moda, come il Fer de Lance e il Nebula Numero Cinque; e sapeva che, se avesse teso la mano e avesse toccato ogni singolo libro, sarebbe stato come toccare velluto, visone, petali di rosa, cuoio di Cordova, acero lucidato, bronzo patinato, sughero marino venusiano, o calda pelle di giovane donna.
Per un momento l’idea di tre ore di intimità con Heloise Ibsen non gli parve più eccessiva. Avvicinandosi ai volumetti affollati che in realtà erano disposti come i palloncini su un albero di Natale (a eccezione dell’assortimento, austeramente modernista, dei libribobina per i robot), Gaspard rallentò la sua già tranquilla andatura per protrarne il piacere dell’anticipazione.
A differenza di quasi tutti gli scrittori della sua epoca, Gaspard de la Nuit godeva realmente della lettura dei libri, specialmente della produzione quasi ipnotica dei mulini-a-parole, con i suoi solidi nomi quadridimensionali e i suoi connettivi elettrici.
Ora stava pensando a due piaceri distinti che l’attendevano: scegliere e acquistare un nuovo volumetto da leggere quella sera e vedere in mostra, ancora una volta, il suo primo romanzo, Passaporto per la passione, caratterizzato soprattutto dalla fanciulla che, sulla copertina, si toglieva di dosso sette lievi indumenti colorati… tutto l’arcobaleno. Sulla controcopertina c’era una stereofoto di lui stesso, con indosso la giacca di velluto, sull’adeguato sfondo d’un salotto vittoriano, mentre si chinava su una splendida ragazza dalla pettinatura piena di spilloni lunghi una trentina di centimetri e con un bustino di merletto sbottonato (particolare interessantissimo) per tre quarti. Sotto all’immagine era scritto:
“Gaspard de la Nuit sta raccogliendo materiale per il suo opus magnum”.
Più sotto c’era questa biografia:
“Gaspard de la Nuit è un lavapiatti francese che ha fatto anche lo steward su un’astronave, ha aiutato un procuratore d’aborti (in realtà cercava di raccogliere delle prove per la Sùreté), ha fatto il tassista a Montmartre, il valletto di un visconte dell’ancien regime, ha potato gli alberi nelle foreste di pini del Canada francese, ha studiato legge divorzistica interplanetaria alla Sorbona, è stato missionario ugonotto presso i Marziani Neri e suonatore di pianoforte in una maison de joie. Sotto l’influenza della mescalina ha rivissuto le infami esistenze di cinque procuratori di femmine parigini. Ha trascorso quasi tre anni in una clinica per malati di mente, e per due volte ha tentato di uccidere a percosse un’infermiera. Come perfetto subacqueo nella tradizione immortale del suo compatriota capitano Cousteau, ha assistito ai sadici riti sessuali sottomarini dei sirenidi di Venere. Gaspard de la Nuit ha scritto Passaporto per la passione in due giornate e un terzo, su un Dominatore di Parole dell’Editrice Razzi fornito di Avverbi Fluttuanti e di Iniezione di Suspense a Cinque Secondi. Ha revisionato il romanzo in un Superjuicer della Simon. Per gli straordinari risultati conseguiti nella confezione della prosa, de la Nuit è stato premiato dal Presidio degli Editori con un viaggio di tre notti nell’antica Manhattan Esotica Inferiore. Ora sta raccogliendo materiale per il suo secondo romanzo che, ci dice, sarà intitolato Abbraccio ai peccatori”.
Gaspard conosceva a memoria quelle parole e sapeva anche che erano assolutamente false, se si eccettuava il fatto che la mulinatura del polpettone sessuale gli aveva richiesto sette turni. Non aveva mai lasciato la Terra, non aveva mai visitato Parigi, non aveva mai praticato sport più strenui del ping-pong, non aveva mai avuto un lavoro più esotico di quello di commesso in un grande magazzino, e non aveva mai avuto neppure la più lieve e trascurabile psicosi.
In quanto a “raccogliere materiale”, ecco, il suo ricordo più vivido di quella seduta in cui aveva fatto la stereografia per il volumetto erano le accecanti stereoluci e la modella lesbica che si lamentava continuamente del suo fiato pesante e faceva mosse invitanti con il suo torso snello e irrequieto verso la fotografa che era un tipo piuttosto mascolino. Naturalmente adesso c’era Heloise Ibsen, e Gaspard doveva ammettere che contava almeno per tre donne.
Sì, quelle storie erano false e Gaspard le conosceva a memoria, eppure era un piacere rileggerle, all’edicola, riassaporando ogni singola sfumatura del loro fascino disgustoso e lusinghiero.
Mentre tendeva la mano verso il volume scintillante (la ragazza sulla copertina si preparava a togliersi anche l’ultimo indumento violetto) una esplosione di fiamma rovente, ruggente e fetida, proruppe al suo fianco e annientò in un istante il mondo pigmeo della bamboletta tutta sesso. Gaspard balzò indietro, ancora stordito dal suo sogno, benché questo si fosse appena trasformato in un incubo. In tre secondi, lo splendido albero natalizio carico di libri si era trasformato in uno scheletro tremante, carico di raggrinziti frutti neri. La fiamma si spense e un frastruono di risate omicide ne sostituì il ruggito. Gaspard riconobbe un drammatico tono di contralto.
— Heloise! — gridò, incredulo.
Perché non c’era dubbio: era la sua amante, che secondo lui stava accumulando libidine a letto… I suoi lineamenti decisi erano resi convulsi da uno splendore malvagio, i suoi capelli scuri erano sciolti come quelli d’una menade, la sua figura vigorosa sembrava prorompere con esuberanza dagli abiti: e brandiva nella destra un sinistro globo nero.
Al suo fianco c’era Homer Hemingway, uno scrittore patentato dalla testa rasa, che Gaspard aveva sempre giudicato un grosso idiota anche se Heloise, in quegli ultimi tempi, aveva preso l’abitudine di ripetere le sue balorde, laconiche osservazioni. Le caratteristiche dell’abbigliamento di Homer erano un abito da cacciatore in velluto a coste e una grossa cintura da cui pendeva un’ascia. E stringeva fra le mani pelose la canna fumante d’un lanciafiamme.
Dietro di loro c’erano due robusti scrittori avventizi che indossavano maglioni a strisce e berretti blu. Uno portava il serbatoio del lanciafiamme e l’altro una specie di mitra e una bandiera con un 30 nero su fondo grigio.
— Cosa stai facendo, Heloise? — chiese debolmente Gaspard, ancora sconvolto.
La sua valchiria di passione si piantò i pugni sui fianchi.
— Gli affari miei, sonnambulo! — sogghignò. — Togliti la cera dalle orecchie! Togliti le bende dagli occhi! Apri la tua mente piccina!
— Ma perché stai bruciando i libri, cara?
— E tu chiami libri quei prodotti di mulinatura? Verme! Lombrico! Non hai mai desiderato scrivere qualcosa che fosse veramente tuo? Qualcosa di importante?
— Naturalmente no — rispose Gaspard, in tono scandalizzato. — Come potrei? Cara, non mi hai detto perché state bruciando…
— È solo un assaggio — scattò lei. — Un simbolo. — Poi l’espressione perversa ritornò nel suo sogghigno. — La distruzione più importante deve ancora venire! Andiamo Gaspard, tu puoi aiutarci. Liberati della tua idiozia e agisci da uomo!
— Aiutarvi a fare cosa? Tesoro, non mi hai ancora detto…
Homer Hemingway lo interruppe con un: — Perdiamo tempo, bambola. — E lanciò a Gaspard uno sguardo distratto e sprezzante.
Quest’ultimo l’ignorò.
— E che cos’è quella palla di ferro nero che hai in mano, Heloise? — si informò.
La domanda sembrò deliziare la sua atletica uri.
— Tu leggi molti libri, vero, Gaspard? Hai mai letto niente sul nichilismo e sui nichilisti?
— No, cara, non posso dire di aver mai letto niente.
— Bene, li leggerai, tesoruccio, li leggerai. In verità, scoprirai che cosa si prova a essere un nichilista. Dagli la tua ascia, Homer.
Di colpo, Gaspard ricordò la domanda di Zane Gort:
— State scioperando? — domandò, incredulo. — Heloise, tu non mi hai mai detto niente!
— Naturalmente no! Non potevo fidarmi di te. Hai molte debolezze… specialmente per i mulini-a-parole. Ma adesso avrai la possibilità di dimostrare ciò che vali. Prendi l’ascia di Homer.
— Senti, non potete darvi alla violenza — protestò subito Gaspard. — Il Viale è pieno di robot.
— Non ci daranno fastidio, amico — affermò enigmatico Homer Hemingway. — Li abbiamo sistemati, quegli straccioni di latta. Se è questo che ti preoccupa, amico, puoi prendere un’ascia e fracassare personalmente qualche mulino-a-parole.
— Fracassare i mulini-a-parole? — boccheggiò Gaspard, con il tono che avrebbe usato per dire “Uccidere il Papa?”, “Avvelenare il Lago Michigan?” o “Fare esplodere il sole?”.
— Sì, fracassare i mulini-a-parole! — scattò la sua adorabile divoratrice d’uomini. — Presto, Gaspard, scegli! Sei un vero scrittore o un pidocchio? Sei un eroe o una marionetta degli editori?
Un’espressione decisa apparve sul viso di Gaspard.
— Heloise — disse con fermezza, avvicinandosi a lei — tu verrai immediatamente a casa con me.
Una grossa zampa pelosa lo fermò e lo mise a sedere sul pavimento gommato della strada.
— La signora andrà a casa quando ne avrà voglia, amico — disse Homer Hemingway. — Con me.
Gaspard balzò in piedi e sferrò un pugno al gigante, ma fu respinto con una calma pacca al petto che lo fece boccheggiare.
— E dici di essere uno scrittore, amico? — domandò Homer, in tono dubbioso, mentre sferrava a sua volta il pugno che, un secondo più tardi, doveva far perdere la conoscenza a Gaspard. — Eh, non ti sei nemmeno tenuto in allenamento!