Birgitte era appoggiata contro il muro di pietra della casa a tre piani, pensando tristemente a Gaidal, quando il fascio di emozioni e sensazioni fisiche sul fondo della sua testa, la sua consapevolezza di Elayne, ebbe uno spasimo improvviso. Quella era l’unica parola per descriverlo. Di qualunque cosa si trattasse, durò solo un momento, ma poi il legame fu pieno di... fiacchezza. Elayne era cosciente, ma malsicura. Non era spaventata, però. Tuttavia, Birgitte gettò indietro il suo mantello e si spostò all’angolo per scrutare lungo Via della Luna Piena. Elayne era fin troppo coraggiosa. La cosa più difficile nell’essere la Custode di Elayne era impedirle di mettersi in pericolo oltre il necessario. Nessuno era indistruttibile, ma quella dannata donna pensava maledettamente di esserlo, il suo sigillo sarebbe dovuto essere un leone di ferro, non un giglio dorato. Quella luce risplendeva alla finestra, riversando una pozza pallida nella strada stretta, e non c’era alcun suono tranne per un gatto che gnaulava da qualche parte nella notte.
«Sareitha si sente... intontita» borbottò Ned Yarman accanto a lei. Il volto da ragazzo dell’alto e giovane Custode era una cupa maschera in ombra all’interno del cappuccio del suo mantello. «Si sente debole.» Birgitte divenne consapevole degli altri Custodi che si assieparono vicino a lei, col volto impassibile e gli occhi duri. Quello era evidente perfino alla luce della luna. Era successo qualcosa a tutte le Aes Sedai, pareva. Ma cosa? «Lady Elayne ha detto che avrebbe urlato se avesse avuto bisogno di noi» disse loro, più che altro per rassicurare sé stessa. Perfino se Careane e Sareitha fossero state entrambe Amici delle Tenebre, così collegate sarebbero state incapaci di fare qualunque cosa, e apparentemente quello che era successo aveva coinvolto anche loro. Che fosse folgorata, avrebbe dovuto insistere che lei e gli altri Custodi andassero assieme a loro.
«Careane non sarà compiaciuta se interferiamo senza necessità» disse Venr Kosaan piano. Magro come una lama e scuro, con tocchi di bianco nei suoi ricciuti capelli neri e nella corta barba, pareva del tutto a suo agio. «Te dico di aspettare. Lei si sente fiduciosa, qualunque cosa stia succedendo.»
«Ancora di più di quando è entrata» aggiunse Cieryl Arjuna, guadagnandosi un’occhiata brusca da Venr. Ancora più giovane della mezza età, Cieryl sembrava tutt’ossa, anche se aveva spalle larghe. Birgitte annuì. Anche Elayne era fiduciosa. D’altra parte Elayne si sarebbe sentita così anche camminando su una corda lesa sopra una fossa piena di punte acuminate. Un cane iniziò ad abbaiare in lontananza e il gatto gnaulante si azzitti, ma altri cani risposero al primo come un’onda che si diffuse e poi svanì rapida com’era iniziata.
Attesero, con Birgitte che si crucciava in silenzio. All’improvviso Venr borbottò un’imprecazione e si liberò del suo mantello. L’istante successivo aveva la sua lama in mano e stava correndo su per la strada seguito da Cieryl e Tavan, con i mantelli che sventolavano dietro di loro e anche le loro lame sfoderate. Prima che ebbero fatto due passi, Jaem proruppe in un urlo selvaggio. Estraendo la spada, gettò a terra il suo mantello e corse dietro gli altri tre a una velocità che smentiva la sua età. Con un grido di rabbia, anche Ned corse, l’acciaio nel suo pugno che scintillava alla luce della luna. Il legame fu trafitto di furia, come quella che si impadroniva di alcuni uomini in battaglia. E anche tristezza, ma non paura. Birgitte udì il debole raspare di spade che venivano sfoderate dietro di lei e si voltò, col mantello che le svolazzava attorno. «Mettetele via! Non servono qui.»
«So bene quanto te cosa vuoi dire che i Custodi stiano correndo dentro, mia signora» disse Yurith in toni cortesi, obbedendo all’istante. E con evidente riluttanza. Snella e alta quanto parecchi uomini, la Saldeana negava di essere di nobili natali, ma quando la conversazione andava a parare su quello che aveva fatto prima di pronunciare il giuramento come Cacciatrice del Corno, esibiva sempre uno dei suoi rari sorrisi e cambiava argomento. Era abile con la spada, però. «Se le Aes Sedai stanno morendo...»
«Elayne è viva» la interruppe Birgitte. Viva e nei guai. «Lei è la nostra preoccupazione, ora, ma ci serviranno molte più spade per salvarla.» E non solo spade. «Qualcuno acciuffi quell’uomo!» Due donne della Guardia afferrarono Hark per la giacca prima che potesse svignarsela nell’oscurità. A quanto pareva non aveva la minima voglia di stare vicino al posto dove erano morte delle Aes Sedai. Nemmeno lei. «Radunate i... cavalli in più e seguitemi» disse lei, volteggiando sulla sella di Freccia. «E cavalcate come il vento!» Prestò fede alle sue parole conficcando i talloni nei fianchi dello slanciato castrone grigio senza aspettare.
Fu una galoppata selvaggia attraverso strade buie e tortuose dove la gente stava appena iniziando a comparire. Fece girare Freccia attorno ai pochi carri e carretti fuori così presto, ma uomini e donne dovettero balzar via dalla sua strada, spesso scuotendo pugni e gridando maledizioni. Lei non fece altro che spronare il castrone a correre più forte, col suo mantello che le svolazzava dietro. Prima di raggiungere il Cancello Monde!, Elayne si stava muovendo, era stata incerta sulle prime, ma ora non ci si poteva sbagliare. Elayne si stava dirigendo a nordest più o meno alla velocità di una passeggiata. Il legame diceva che era troppo intontita per una lunga scarpinata o forse addirittura per stare in piedi, ma un carro avrebbe tenuto la stessa andatura. Il cielo stava diventando grigio. Quanto sarebbe passato prima di riuscire a radunare quello che le serviva? Nella Città Interna le strade curvavano verso il centro, salendo e superando torri che scintillavano di cento colori verso le cupole dorate e le pallide guglie del palazzo reale, in cima ai colli più alti di Caemlyn. Mentre galoppava lungo il bordo della Piazza della Regina, i soldati la fissarono. Venivano nutriti da bricchi neri in cima a carretti a mano, con i cuochi che versavano mestoli di qualche genere di stufato bruno in piatti di stagno, e ogni uomo che lei poteva vedere indossava la sua corazza e aveva l’elmo che gli pendeva dall’elsa della spada. Bene. Ogni momento risparmiato era un momento che contribuiva al salvataggio di Elayne.
Due file di donne della Guardia si stavano esercitando con la spada nel cortile delle stalle della regina quando lei vi entrò al galoppo, ma le spade ricoperte di listelle di legno smisero di sbatacchiare quando lei saltò giù di sella lasciando cadere le redini di Freccia e correndo verso il colonnato. «Hadora, corri a dire alle Cercavento di incontrarsi subito con me nella Sala della Mappa!» urlò senza rallentare. «Tutte quante! Sancire, tu fa’ lo stesso con il capitano Guybon! E fa’ sellare un altro cavallo per me!» Freccia era esausto. In un attimo stiperò le colonne, ma non si guardò indietro per vedere se stessero obbedendo. L’avrebbero fatto.
Corse per corridoi con arazzi appesi alle pareti e su per rampe di scale di marmo, si perse e urlò imprecazioni mentre tornava rapida sui suoi passi. Servitori e servitrici in livrea rimasero a bocca aperta nel togliersi dalla sua strada. Alla fine raggiunse le porte istoriate col leone della Sala della Mappa, dove si solferino solo il tempo necessario a dire ai due corpulenti uomini della Guardia in servizio di far entrare le Cercavento non appena fossero comparse, poi entrò. Guybon era già li, nella sua corazza lucidata con i tre galloni dorati sulla spalla, e anche Dyelin, tenendo delicatamente sollevate le sue gonne di seta blu mentre si muoveva; entrambi guardavano accigliali l’enorme mappa a mosaico, dove oltre una dozzina di dischi rossi contrassegnavano le mura settentrionali della città. Prima d’ora non c’erano mai stati così tanti assalti allo stesso tempo, nemmeno dieci, ma Birgitte degnò i dischi a malapena di un’occhiata. «Guybon, mi serve ogni cavallo e alabarda che puoi radunare» disse, slacciandosi il mantello e gettandolo sul suo lungo scrittoio. «I balestrieri e gli arcieri dovranno gestire da soli tutto quello che salterà fuori per qualche ora. Elayne è stata catturata da Aes Sedai che sono Amici delle Tenebre e cercheranno di portarla fuori dalla città.» Alcuni dei funzionari e dei messaggeri iniziarono a mormorare, ma comare Anford li zittì con un brusco ordine di occuparsi del loro lavoro. Elayne pareva muoversi verso il Cancello dell’Alba e la strada per il fiume Erinin, ma perfino se avessero usato uno dei cancelli più piccoli, erano andati troppo lontano per essere diretti da qualche uscita che non fosse nelle mura orientali. «Probabilmente saranno fuori dai cancelli per quando saremo pronti a muoverci. Viaggeremo appena da questo lato della sporgenza a est della città. E porteremo quello che accadrà via dalle strade, lontano dalle case della gente. Sarebbe meglio all’aperto in ogni caso. In quel groviglio di strade, con cavalieri e alabardieri incastrati assieme, si metterebbe di mezzo troppa gente, troppi rischi di incidenti.»
Guybon annuì, già emanando ordini concisi che i funzionari dagli abiti marroni si affrettavano a copiare perché lui li firmasse per poi passarli ai giovani messaggeri in bianco e rosso che partivano di corsa non appena avevano il foglio in mano. I volti dei ragazzi erano spaventati. Birgitte stessa non aveva tempo per la paura. Elayne non ne provava, ed era prigioniera. Tristezza sì, ma non paura.
«Di certo abbiamo bisogno di salvare Elayne,» disse Dyelin con calma «ma non credo che ti ringrazierà se per farlo consegnerai Caemlyn ad Arymilla. Non contando gli uomini nelle torri e a difesa dei cancelli, quasi la metà dei soldati addestrati e degli armigeri nella città sono sulle mura nord. Se porti via tutti gli altri, basterà un attacco per conquistare una porzione di mura. Balestre e archi da soli non li fermeranno. Una volta ottenuta quella porzione, le forze di Arymilla si riverseranno nella città, abbastanza da sopraffare gli uomini che proponi di lasciare. Avrai invertito del tutto le nostre posizioni, peggiorando la tua. Arymilla avrà Caemlyn ed Elayne si ritroverà all’esterno senza sufficienti armigeri per rientrare. A meno che questi Amici delle Tenebre non abbiano intrufolato in qualche modo un esercito dentro Caemlyn, poche centinaia di uomini saranno lo stesso di migliaia.»
Birgitte la guardò minacciosa. Non era mai riuscita a farsi piacere Dyelin. Non sapeva perché con esattezza, ma Dyelin l’aveva fatta irritare fin dalla prima volta che l’aveva vista. Era piuttosto certa che l’altra donna provasse lo stesso nei suoi confronti. Birgitte non poteva mai dire ‘su’ senza che Dyelin dicesse ‘giù’. «Ate interessa mettere Elayne sul trono, Dyelin. A me interessa tenerla viva per sedersi su quel trono. Oppure no, sempre che sia viva. Le devo la mia vita e non lascerò che la sua sgoccioli via nelle mani degli Amici delle Tenebre.» Dyelin tirò su col naso e tornò a studiare i dischi rossi come se potesse vedere i soldati che combattevano, il suo cipiglio che accentuava le rughe agli angoli degli occhi.
Birgitte serrò le mani dietro la schiena e si costrinse a rimanere immobile. Voleva camminare avanti e indietro dall’impazienza. Elayne stava ancora procedendo lenta verso il Cancello dell’Alba. «C’è qualcosa che devi sapere, Guybon. Affronteremo almeno due Aes Sedai, forse più, e potrebbero avere un’arma, un ter’angreal che crea il fuoco malefico. Ne hai mai sentito parlare?»
«Mai. Suona pericoloso, però.»
«Oh, lo è. Tanto pericoloso che alle Aes Sedai è proibito. Nella Guerra dell’Ombra, perfino gli Amici delle Tenebre smisero di usarlo.» Proruppe in un’amara risata. Tutto quello che lei ora sapeva del fuoco malefico era ciò che le aveva detto Elayne. era stata lei stessa a parlargliene, tuttavia quello non faceva che rendere le cose peggiori. Tutti i suoi ricordi sarebbero svaniti? Non pensava di averne perso nessuno di recente, ma se fosse successo, come l’avrebbe saputo? Riusciva a ricordarsi frammenti della fondazione della Torre Bianca, pezzi di quello che lei e Gaidal avevano fatto per contribuirvi, ma nulla prima di quello. Tutte le sue memorie precedenti erano scomparse come fumo.
«Be’, almeno anche noi avremo delle Aes Sedai dalla nostra parte» disse Guybon nel firmare un altro ordine.
«Sono tutte morte tranne Elayne» gli disse senza giri di parole. Non c’era alcun modo di dirlo con più tatto. Dyelin rimase senza fiato e il suo volto impallidì. Uno dei funzionari si portò una mano alla bocca e un altro rovesciò la sua boccetta di inchiostro. Il liquido si spanse per il tavolo in un flusso nero e iniziò a colare sul pavimento. Invece di rimproverare l’uomo, comare Anford si resse in piedi appoggiando una mano sullo scrittoio di un altro funzionario. «Spero di riuscire a compensare tutto questo,» proseguì Birgitte «ma non posso promettere nulla tranne che perderemo degli uomini oggi. Forse parecchi.»
Guybon si raddrizzò. La sua espressione era pensierosa, i suoi occhi nocciola fissi. «Questo renderà la giornata interessante» disse infine. «Ma riprenderemo l’erede al trono, a qualunque costo.» Un uomo serio, Charlz Guybon, e coraggioso. Lo aveva dimostrato già abbastanza spesso sulle mura. Troppo attraente per i suoi gusti, naturalmente.
Birgitte si rese conto che aveva iniziato a camminare avanti e indietro sul mosaico e si fermò. Lei non sapeva nulla sull’essere un generale, qualunque cosa pensasse Elayne, ma sapeva che mostrare nervosismo poteva contagiare gli altri. Elayne era viva. Questo era tutto ciò che aveva importanza. Viva e più lontana ogni minuto che passava. L’uscio di sinistra si aprì e uno degli uomini della Guardia annunciò che Julanya Fote e Keraille Surtovni erano tornate. Guybon esitò e la guardò, ma quando Birgitte non disse nulla, lui ordinò di farle entrare.
Erano donne diverse, perlomeno nell’aspetto, anche se ciascuna portava un bastone da passeggio di legno. Julanya era paffuta e graziosa, con sprazzi di bianco fra i capelli scuri, mentre Keraille era bassa e magra, con occhi verdi obliqui e riccioli rosso fuoco. Birgitte si domandò se quelli fossero i loro veri nomi. Quelle donne della Famiglia cambiavano nomi con la stessa facilità con cui altre donne si cambiavano le calze. Indossavano semplici abiti di lana adatti ad ambulanti di campagna, cosa che erano state in passalo, e ciascuna era un’acuta osservatrice, abile nel prendersi cura di sé stessa. Potevano cavarsi d’impaccio in molte situazioni, ma i loro semplici coltelli da cintura non erano le uniche lame che portavano e potevano sorprendere un uomo robusto con quello che sapevano fare con quei bastoni da passeggio. Entrambe fecero delle riverenze. Le gonne e il mantello di Julanya erano umidi e schizzati di fango sui bordi.
«Ellorien, Luan e Abelle hanno iniziato a smontare il campo stamattina presto, mia signora» disse.
«Io sono rimasta solo il tempo sufficiente ad assicurarmi della loro direzione — a nord — prima di venire a fare rapporto.»
«Lo stesso vale per Aemlyn, Arathelle e Pelivar, mia signora» aggiunse Keraille. «Sono in marcia verso Caemlyn.»
A Birgitte non serviva esaminare la grande mappa stesa sul tavolo con i suoi contrassegni. A seconda di quanto fossero fangose le strade, di quanta fosse stata la pioggia con cui avrebbero dovuto fare i conti, potevano raggiungere la città per quel pomeriggio. «Avete agito bene, entrambe. Andate a farvi un bagno caldo. Pensi che abbiano cambiato opinione?» chiese a Dyelin una volta che le due donne se ne furono andate.
«No» rispose la donna senza esitazione, poi sospirò e scosse il capo. «Temo che la cosa più probabile sia che Ellorien abbia convinto gli altri ad appoggiare lei per il trono del Leone. Potrebbero star escogitando di sconfiggere Arymilla e diventare loro gli assedianti. Hanno una volta e mezzo i suoi uomini, e il doppio dei nostri.» Lasciò sospesa quella affermazione. Non c’era bisogno di dire altro. Perfino usando le donne della Famiglia per spostare gli uomini, sarebbe stata dura tenere le mura contro così tanti soldati.
«Prima riprendiamo Elayne, poi possiamo preoccuparci di quella marmaglia» disse Birgitte. Dov’erano quelle dannate Cercavento?
Non aveva fatto in tempo a pensarlo che entrarono nella stanza dietro Chanel le, uno stremato arcobaleno di sete. Tranne per Renai le, l’ultima della fila in abiti di lino, tuttavia una blusa rossa, pantaloni verdi e una fusciacca giallo intenso la rendevano abbastanza vistosa, anche se perfino Rainyn, una giovane donna dal volto tondo con appena mezza dozzina di medaglioni che le pendevano sulla guancia, faceva sembrare spoglia la catena d’onore di Renaile. La donna aveva un’espressione di stoica sopportazione.
«Non mi piacciono le minacce!» disse Chanelle con rabbia, annusando la scatolina di sali dorata sulla sua catenella attorno al collo. Le sue guance scure erano accalorate. «Quella donna della Guardia ha detto che se non fossimo corse, ci avrebbe preso a calci...! Non importa quello che ha detto con esattezza. È stata una minaccia, e io non lascerò...!»
«Elayne è stata catturata da alcune Aes Sedai che sono Amici delle Tenebre» la interruppe Birgitte.
«Mi serve che creiate un passaggio per gli uomini che devono andare a salvarla.» Un mormorio si levò tra le altre Cercavento. Chanelle fece un gesto brusco, ma solo Renaile tacque. Le altre si limitarono ad abbassare le loro voci in sussurri. A giudicare dai medaglioni accalcati sulle loro catene d’onore, diverse di loro eguagliavano Chanelle come rango.
«Perché ci hai convocate tutte quante per un solo passaggio?» domandò, «Io rispetto l’accordo, come puoi vedere. Ho portato tutte come hai ordinato. Ma perché ti serve più di una di noi?»
«Perché voi tutte formerete un circolo tanto grande da far passare migliaia di uomini e cavalli.» Quella era una ragione.
Chanelle si irrigidì e non fu la sola. Kurin, il volto come pietra nera, praticamente fremette dall’oltraggio, e Rysael, di norma una donna molto dignitosa, fremette per davvero. Senine, col suo volto segnato dalle intemperie e vecchi marchi che indicavano che una volta aveva indossato più di sei orecchini, e più grossi, tastò il pugnale ingioiellato infilato dietro la sua fusciacca verde.
«Soldati?» disse Chanelle con indignazione. «Questo è proibito! Il nostro accordo dice che non prenderemo parte alla vostra guerra, Zaida din Parede Ala Nera lo ha ordinato, e ora che è la Maestra delle Navi quel comando porta un peso ancora maggiore. Usa le donne della Famiglia. Usa le Aes Sedai.»
Birgitte si avvicinò alla donna scura, guardandola dritta negli occhi. La Famiglia era inutile per questo. Nessuna di loro aveva mai usato il Potere come un’arma. Potevano perfino non sapere come fare. «Le altre Aes Sedai sono morte» disse piano. Qualcuno dietro di lei gemette, uno dei funzionari. «Cosa vale il vostro accordo se Elayne è perduta? Arymilla di certo non lo onorerà.» Mantenere la sua voce ferma dicendo quello le costò uno sforzo. Voleva fremere di rabbia, fremere di paura. Aveva bisogno di quelle donne, ma non poteva lasciare che sapessero perché oppure avrebbero davvero perso Elayne. «Cosa direbbe Zaida se mandassi a monte il suo accordo con Elayne?»
La mano tatuata di Chanelle fece per sollevare di nuovo al suo naso la scatoletta di sali lavorata, poi la lasciò ricadere fra le sue molte collane ingioiellate. Da quello che Birgitte sapeva di Zaida din Parede, sarebbe stata più che scontenta se qualcuno avesse fatto naufragare quell’accordo, ed era fuori di dubbio che Chanelle non avrebbe voluto affrontare la rabbia di quella donna, eppure pareva soltanto pensierosa. «Molto bene» disse dopo un momento. «Solo come trasporto, però. Intesi?» Baciò le punte delle dita della sua mano destra, pronta per siglare l’accordo.
«Puoi fare come ti pare» disse Birgitte, voltandole le spalle. «Guybon, è il momento. Ormai devono averla portata al cancello.»
Guybon si assicurò la spada alla cintura, prese il suo elmo e i guanti dal dorso d’acciaio e seguì lei e Dyelin fuori dalla Sala della Mappa; dietro di loro andarono le Cercavento, con Chanelle che insisteva a gran voce che avrebbero fornito un solo passaggio. Birgitte sussurrò delle istruzioni a Guybon prima di lasciare che si avviasse verso il davanti del palazzo mentre lei si affrettava verso il cortile delle stalle della regina dove trovò in attesa un castrone bruno grigiastro dal muso schiacciato a cui era stata messa la sua sella e con le redini tenute da una giovane stalliera con i capelli raccolti in una treccia non molto diversa dalla sua. Trovò anche tutte le centoventuno donne della Guardia, in armatura e a cavallo. Salendo in sella al bruno grigiastro, fece loro cenno di seguirla. Il sole era una palla dorata sopra l’orizzonte in un cielo con poche nuvole bianche. Almeno non avrebbero dovuto fare i conti anche con la pioggia. Perfino un carro sarebbe potuto sgusciare via in alcuni dei pesanti acquazzoni che Caemlyn aveva visto di recente.
Un fitto serpentone di uomini affiancati a dieci e a dodici occupava la piazza della regina, ora, estendendosi oltre la vista in entrambe le direzioni, cavalieri con elmi e corazze che si alternavano a uomini con ogni genere di elmo immaginabile che portavano in spalla alabarde, i più che indossavano cotte di maglia o farsetti cuciti con dischi d’acciaio e solo di rado un pettorale, ogni gruppo grosso o piccolo guidato dallo stendardo della sua casata. O dal vessillo di una compagnia di mercenari. Le spade prezzolate sarebbero state controllate da troppe persone per cercare di prendersela comoda quel giorno. Tolti balestrieri e arcieri, dovevano esserci quasi dodicimila uomini in quella colonna, due terzi dei quali a cavallo. Quanti sarebbero morti prima di mezzogiorno? Scacciò quel pensiero dalla mente. Aveva bisogno di tutti quanti loro per convincere il Popolo del Mare. Ogni uomo che fosse morto quel giorno sarebbe potuto morire altrettanto facilmente sulle mura quello seguente. Ognuno di loro era giunto a Caemlyn pronto a morire per Elayne.
Alla testa della colonna c’erano più di mille uomini della Guardia, elmi e corazze che scintillavano al sole, lance dalla punta d’acciaio inclinate con precisione, i primi in attesa dietro lo stendardo dell’Andor, il Leone Bianco impennato in campo scarlatto, e lo stendardo di Elayne, il giglio dorato in campo azzurro, ai margini di uno dei molti parchi di Caemlyn. Fra stato un parco, perlomeno, ma querce vecchie centinaia di anni erano state abbattute e trascinate via con tutti gli altri alberi e cespugli in fiore, le loro radici estirpate per sgombrare uno spazio liscio ampio cento passi. I sentieri di ghiaia e il terreno erboso da allora erano stati calpestati da zoccoli e stivali fino a ridurre tutto in fango. Altri tre parchi attorno al palazzo avevano ricevuto lo stesso trattamento, per fare posto per intessere passaggi.
Guybon e Dyelin erano già lì, assieme a tutti i lord e le lady che avevano risposto alla chiamata di Elayne, dal giovane Periva! Mantear a Brannin Marian e sua moglie. T’eri vai indossava elmo e corazza come ogni altro maschio presente. Quelli di Brannin erano semplici, grigi e lievemente ammaccati dove il martello dell’armaiolo non era riuscito nel suo i compito, ferri del suo mestiere tanto quanto la spada dall’elsa disadorna infoderata al suo fianco. Quelli di Perival erano dorati come quelli di Conail e Branlet, lavorati con l’incudine argentea di Mantear dove i loro erano laccati con le aquile nere di Northan e i leopardi rossi di Gilyard. Armature belle a vedersi. Birgitte sperava che le donne avessero abbastanza buonsenso da tenere quei ragazzi lontani da qualunque combattimento. Guardando i volti di alcune di quelle donne, cupi e determinati, sperò che avessero anche abbastanza buonsenso da starne alla larga loro stesse. Perlomeno nessuna di loro stava portando una spada. La semplice verità era che una donna doveva essere più abile di un uomo per affrontarlo con una lama. Braccia più forti facevano troppa differenza, altrimenti. Molto meglio usare un arco.
Le Cercavento stavano facendo delle smorfie nell’appoggiare il peso a disagio da un piede all’altro sul terreno ancora fangoso per l’acquazzone del giorno prima. Erano abituate al bagnato, ma non al fango.
«Quest’uomo non mi dirà dove deve condurre il passaggio» disse Chanelle con furia, indicando Guybon mentre Birgitte smontava da cavallo. «Voglio terminare qui in modo da potermi lavarti i piedi.»
«Mia signora!» chiamò una voce di donna dal fondo della strada. «Mia signora Birgitte!» Reene Harfor giunse di corsa lungo la fila di uomini della Guardia, con le gonne sollevate così alte da lasciare scoperte le gambe infilate nelle calze fino al ginocchio. Birgitte non pensava di aver mai visto la donna nemmeno fare una corsetta. Comare Harfor era una di quelle donne che facevano tutto alla perfezione. Ogni volta che si incontravano, Birgitte era cosciente di ogni errore che aveva mai commesso, fino all’ultimo. Due uomini in livrea rossa e bianca stavano correndo dietro di lei, portando fra loro una barella. Quando arrivarono vicino, Birgitte vide che sopra c’era un uomo della Guardia dinoccolato senza elmo con una freccia conficcata nel braccio destro e un’altra che gli spuntava dalla coscia destra. Del sangue colava lungo le aste, cosicché lasciava un’esile scia di gocce lungo le pietre del selciato. «Ha insistito per essere portato dal capitano Guybon immediatamente, mia signora» disse comare Harfor senza fiato, sventolandosi con una mano.
Il giovane uomo della Guardia si sforzò di mettersi a sedere finché Birgitte non lo spinse giù. «Tre o quattro compagnie di mercenari stanno attaccando il Cancello di Far Madding, mia signora» disse, col dolore che gli deturpava il volto e segnava la sua voce. «Da dentro la città, intendo. Hanno piazzato arcieri per tirare a chiunque cercasse di agitare le bandiere di segnalazione per chiedere aiuto, ma io sono riuscito a scappare e il mio cavallo ha resistito appena quanto bastava.»
Birgitte mugugnò un’imprecazione. Cordwyn, Gomaisen e Bakuvun sarebbero stati fra loro, era pronta a scommettere. Avrebbe dovuto premere affinché Elayne li estromettesse dalla città non appena avevano fatto le loro richieste. Non si rese conto di aver parlato ad alta voce finché la guardia ferita non replicò.
«No, mia signora. Perlomeno non Bakuvun. Lui e una dozzina circa dei suoi uomini sono passati per giocare... ehm, per passare il tempo, e il tenente ritiene che siano stati l’unica ragione per cui siamo riusciti a resistere. Sempre che stiano ancora resistendo. Stavano usando arieti d’assedio sulle porte della Torre quando mi sono guardato indietro. Ma c’è altro, mia signora. Ci sono uomini che si stanno ammassando in Caemlyn Bassa fuori dai cancelli. Diecimila, forse il doppio. Difficile a dirsi, da quanto sono contorte quelle strade.»
Birgitte trasalì. Diecimila uomini sarebbero stati sufficienti a portare un attacco dall’esterno, che i mercenari fossero trattenuti o meno finché lei non fosse riuscita a mandare tutti quanti, e non poteva. Cosa doveva fare, per la Luce? Che fosse folgorata, era in grado di progettare un’incursione per liberare qualcuno da una fortezza oppure perlustrare dei territori tenuti dal nemico con la fiducia di sapere quello che stava facendo, ma questa era una battaglia da cui dipendevano le sorti di Caemlyn e forse del trono, eppure doveva farlo. «Comare Harfor, riporta quest’uomo a palazzo e provvedi affinché le sue ferite vengano curate, per favore.» Non c’era altro interesse nel chiedere alle Cercavento di guarirlo: avevano già messo in chiaro che quello, a loro parere, era come prendere parte alla guerra. «Dyelin, lasciami gli uomini a cavallo e mille alabardieri. Tu prendi il resto e tutti i balestrieri e gli arcieri disponibili. E ogni uomo che riesci a rimediare in grado di tenere in mano una spada. Se il cancello regge ancora quando le donne della Famiglia vi faranno arrivare lì, assicurati che continui a tenere. Se è perduto, riprendilo. E tieni quelle dannate mura finché non riesco ad arrivare lì.»
«Molto bene» disse Dyelin come se quelli fossero gli ordini più semplici al mondo da eseguire.
«Conail, Catalyn, Branlet, Perival, voi con me. La vostra fanteria combatterà meglio con voi lì.» Conail parve deluso, senza dubbio vedendosi cavalcare in una carica eroica, ma raccolse le sue redini e sussurrò qualcosa che fece ridacchiare i due ragazzi più giovani.
«Anche la mia cavalleria combatterebbe meglio» protestò Catalyn. «Io voglio aiutare a salvare Elayne.»
«Sei venuta qui per aiutarla ad assicurarsi il trono» disse Dyelin in tono brusco «e andrai dove c’è bisogno di te per questo, oppure tu e io avremo un’altra chiacchierata più Lardi.» Qualunque cosa volesse dire, il volto paffuto di Catalyn arrossì, ma lei seguì imbronciata Dyelin e gli altri quando si avviarono.
Guybon guardò Birgitte, tuttavia non disse nulla, anche se probabilmente si stava domandando perché non inviava più uomini. Non l’avrebbe sfidata in pubblico. Il problema era che lei non sapeva quante Sorelle Nere ci sarebbero state con Elayne. Le serviva ogni Cercavento, aveva bisogno che loro credessero di essere tutte necessario. Se ci fosse stato tempo, avrebbe tolto le sentinelle dalle torri esterne, le avrebbe tolte perfino dai cancelli.
«Create il passaggio» disse a Chanelle. «Appena da questo lato della sporgenza a est della città, proprio in cima alla strada dell’Erinin e rivolto fuori città.»
Le Cercavento si radunarono in cerchio, facendo tutto quello che dovevano fare per collegarsi e prendendosela dannatamente comoda. All’improvviso il taglio verticale azzurro-argento di un passaggio comparve, allargandosi in un’apertura alta cinque passi e che copriva l’intera ampiezza del terreno sgombro, che mostrava un’ampia strada di argillosa terra battuta che saliva su per il gentile pendio dell’alta sporgenza di dieci spanne che conduceva verso il fiume Erinin. Arymilla aveva degli accampamenti oltre quell’altura. Date le notizie, potevano essere vuoti — con un po’ di fortuna lo sarebbero stati —, ma in ogni caso ora non poteva preoccuparsi di quelli.
«Avanzate e disponetevi come ordinato!» urlò Guybon, e spronò il suo alto baio attraverso l’apertura seguito dai nobili radunati e da uomini della Guardia in fila per dieci. Le guardie iniziarono a svoltare sulla sinistra e fuori vista mentre i nobili presero posizione un poco sopra la sporgenza. Alcuni iniziarono a scrutare la città attraverso dei cannocchiali. Guybon smontò e corse, accucciandosi per scrutare oltre la cresta attraverso il suo. Birgitte poteva quasi percepire l’impazienza delle donne della Guardia in attesa dietro di lei.
«Non ti serviva un passaggio così grande» disse Chanelle, accigliandosi verso la colonna di cavalieri che fluiva dentro l’apertura. «Perché...?»
«Vieni con me» disse Birgitte, prendendo la Cercavento per il braccio. «Voglio mostrarti qualcosa.» Tirandosi dietro il bruno grigiastro per le redini, iniziò a condurre la donna verso il passaggio.
«Potrai tornare indietro una volta che l’avrai visto.» Se c’era qualcosa che sapeva di Chanelle era che sarebbe stata lei quella che guidava il circolo. Per il resto, faceva affidamento sulla natura umana. Non si guardò indietro, eppure emise quasi un sospiro di sollievo quando udì le altre Cercavento mormorare fra loro dietro di lei. Seguendola.
Qualunque cosa Guybon avesse visto, erano buone notizie, poiché si raddrizzò prima di tornare di corsa al suo cavallo. Arymilla doveva aver svuotato i suoi accampamenti fino all’osso. Al Cancello di Far Madding erano in ventimila, allora, se non di più. Volesse la Luce che stessero tenendo le mura ovunque. Ma Elayne veniva prima. Prima e sopra ogni altra cosa.
Quando raggiunse Guybon, che era di nuovo sul suo cavallo, le donne della Guardia si disposero su tre file dietro Caseille da un lato. L’intera ampiezza di cento passi del passaggio era piena di uomini e cavalli che procedevano svelti verso destra e sinistra per unirsi agli altri che stavano formando tre ranghi da ogni lato della strada. Bene. Non ci sarebbe stato nessun modo semplice per le Cercavento di sgusciare di nuovo attraverso per un po’ di tempo. Un carro con una copertura di tela ad arco trainato da quattro cavalli, circondato da un piccolo manipolo di uomini in sella, era fermo sulla strada appena oltre gli ultimi edifici di Caemlyn bassa, forse a un miglio di distanza. Al di là la gente era affaccendata nei mercati aperti di mattoni che fiancheggiavano la strada, andando in giro per le proprie vite meglio che poteva, ma era come se non esistessero. Elayne era in quel carro. Birgitte sollevò la mano senza distogliere gli occhi dal veicolo e Guybon le mise nel palmo il suo cannocchiale dalla montatura in ottone. Carro e cavalieri balzarono più vicino ai suoi occhi quando lei vi sollevò il tubo.
«Cosa vuoi che veda?» domandò Chanelle.
«Un momento» replicò Birgitte. C’erano quattro uomini, tre dei quali a cavallo, ma cosa più importante erano le sette donne in sella. Era un buon cannocchiale, ma non abbastanza perché potesse distinguere un volto senza età a quella distanza. Tuttavia doveva supporre che fossero tutte e sette Aes Sedai. Otto contro sette poteva sembrare uno scontro quasi alla pari, ma non quando le otto erano collegate. Non se fosse riuscita a fare in modo che le otto prendessero parte a quello scontro. Cosa stavano pensando quegli Amici delle Tenebre nel vedere migliaia di soldati e armigeri comparire dietro di loro da quella che ai loro occhi sarebbe sembrata una foschia causata dal calore e sospesa nell’aria? Abbassò il cannocchiale. I nobili stavano iniziando a cavalcare giù mentre i loro armigeri uscivano e andavano a unirsi alle file.
Per quanto gli Amici delle Tenebre fossero sorpresi, non esitarono a lungo. Fulmini iniziarono a balenare da un cielo limpido, saette azzurro-argentee che colpivano il terreno con schianti fragorosi e scagliavano via uomini e cavalli come fango che schizzava. I cavalli si impennarono, si slanciarono in avanti e nitrirono, ma gli uomini lottarono per controllare i loro destrieri, per mantenerli al loro posto. Nessuno corse. Il tuono rimbombante che accompagnava quelle esplosioni colpì Birgitte come un botto, facendola barcollare. Poteva sentire i suoi capelli rizzarsi, cercando di sfuggire alla sua treccia. L’aria aveva un odore... pungente. Pareva pizzicare. Di nuovo il fulmine si abbatté sui ranghi. A Caemlyn Bassa le persone stavano correndo. Molti di loro stavano fuggendo via, ma alcuni sciocchi correvano in effetti dove potevano avere una visuale migliore. Le estremità di strette stradine che si aprivano sulla campagna iniziarono a riempirsi di spettatori.
«Se dobbiamo affrontare questo, faremo meglio a muoverci e renderglielo più difficile» disse Guybon, raccogliendo le sue redini. «Col tuo permesso, mia signora?»
«Perderemo meno uomini se siete in movimento» convenne Birgitte, e lui spronò il suo baio giù per la sporgenza.
Caseille arrestò il suo cavallo di fronte a Birgitte e le rivolse il saluto con un braccio contro il petto, li suo volto stretto era cupo dietro le sbarre del suo elmo laccato. «La Scorta ha il permesso di unirsi al fronte, mia signora?» Si poteva sentire la maiuscola. Non erano una scorta qualunque, ma la Scorta dell’erede al trono e sarebbero state la Scorta della regina.
«Concesso» disse Birgitte. Se qualcuno ne aveva il diritto, erano queste donne.
L’Arafelliana fece ruotare il suo cavallo e galoppò giù per la sporgenza seguita dal resto della Scorta per prendere il proprio posto fra quei ranghi squarciati dai fulmini. Una compagnia di mercenari, forse duecento uomini in elmi e pettorali dipinti di nero, che cavalcavano dietro uno stendardo rosso con un lupo nero in corsa, si fermò quando vide in cosa stava incappando, ma gli uomini dietro gli stendardi di una dozzina di casate arrivarono alle loro spalle incalzandoli, tanto che i mercenari non ebbero altra scelta se non andare avanti. Altri nobili cavalcarono giù per il pendio per guidare i loro uomini, Brannin e Kelwin, Laerid e Barel e altri ancora. Nessuno esitò quando vide comparire il suo stendardo. Sergase non fu l’unica donna a muovere di qualche passo il proprio cavallo come se anche lei avesse intenzione di unirsi ai suoi armigeri quando il suo vessillo fosse uscito dal passaggio.
«Al passo!» gridò Guybon per essere udito sopra le esplosioni. Lungo tutta la linea altre voci gli fecero eco. «Avanzate!» Facendo ruotare il suo baio, cavalcò lentamente verso quegli Amici delle Tenebre mentre il fulmine, assieme a boati ed esplosioni, faceva volare uomini e cavalli fra zampilli di terra.
«Cosa volevi che vedessi?» domandò di nuovo Chanelle. «Voglio essere lontana da questo posto.» Non c’era pericolo che lo facesse, per il momento: gli uomini stavano ancora uscendo dal passaggio, galoppando o correndo per raggiungere gli altri. Ora fra i ranghi cadevano anche palle di fuoco, aggiungendo altre eruzioni di terra, braccia e gambe. Una testa di cavallo roteò lentamente in aria.
«Questo» disse Birgitte, facendo un gesto verso la scena di fronte a loro. Guybon aveva iniziato ad andare al trotto, tirando gli altri con sé, i tre ranghi che si mantenevano saldi nella loro avanzata, altri che arrivavano a unirsi a loro più in fretta che potevano. Tutta un tratto una sbarra spessa quanto una gamba di quello che pareva fuoco bianco liquido eruppe da una delle donne accanto al carro. Aprì piuttosto alla lettera un varco ampio quindici passi fra le linee. Per un istante dei puntini luccicanti fluttuarono nell’aria, sagome di uomini e cavalli colpiti, e poi vennero consumati. La sbarra fu sbalzata in aria all’improvviso, sempre più in alto, poi si estinse lasciando delle fioche linee viola nella vista di Birgitte. Fuoco malefico, che bruciava gli uomini fuori dal Disegno tanto che erano morti prima che li colpisse. Si portò il cannocchiale all’occhio per un tempo sufficiente a individuare la donna che reggeva un’esile verga nera che sembrava lunga forse un passo.
Guybon iniziò a caricare. Fra troppo presto, ma la sua unica speranza era di coprire quella distanza mentre aveva ancora uomini in vita. La sua unica speranza, ma esisteva.
Sopra le tonanti esplosioni delle palle di fuoco e del fulmine si levò un grido aspro. «Elayne e l’Andor!» Aspro ma a piena voce. Gli stendardi stavano tutti sventolando. Una vista coraggiosa, se si riusciva a ignorare quanti stavano cadendo. Un cavallo e un cavaliere colpiti in pieno da una palla di fuoco semplicemente si disintegrarono, con uomini e animali tutt’attorno a loro che crollavano a terra. Alcuni riuscirono a rialzarsi. Un desinerò senza cavaliere si raddrizzò su tre gambe, provò a correre e cadde dibattendosi.
«Questo?» disse Chanelle incredula. «Non ho alcun desiderio di guardare degli uomini morire.» Un’altra striscia di fuoco malefico formò una breccia di quasi venti passi nei ranghi in carica prima di conficcarsi nel terreno, scavando un canale quasi a metà della strada per il carro prima di scomparire. C’erano parecchi morti, anche se non così tanti quanto Birgitte si sarebbe aspettata. Aveva visto la stessa cosa in battaglie durante le Guerre Trolloc quando era stato usato il Potere. Per ogni uomo che giaceva immobile, due o tre stavano barcollando in piedi o cercando di arrestare la fuoriuscita di sangue. Per ogni cavallo dalle zampe rigide nella morte, altri due erano in piedi ondeggianti. La pioggia di fuoco e fulmini continuava inesorabile.
«Allora fermalo» disse Birgitte. «Se uccidono tutti i soldati o quanti ne bastano per mandare in rotta gli altri, Elayne è perduta.» Non per sempre. Che fosse folgorata, l’avrebbe seguita per il resto della sua vita per cercare di liberarla, ma solo la Luce sapeva cosa avrebbero potuto farle nel frattempo.
«L’accordo di Zaida sarà perduto. E sarai tu la causa.»
La mattinala non era calda, eppure la fronte di Chanelle si imperlò di sudore. Palle di fuoco e fulmini eruttarono fra i cavalieri che seguivano Guybon. La donna che teneva in mano la verga sollevò di nuovo il braccio. Perfino senza usare il cannocchiale, Birgitte era certa che fosse puntala verso Guybon. Lui doveva vederlo, ma non deviò di un pelo.
Tutta un tratto un’altra saetta si abbatté. Il colpì la donna che reggeva la verga. Lei volò in una direzione e la sua cavalcatura in un’altra. Uno degli animali legali al carro si afflosciò al suolo mentre gli altri saltellavano e si impennavano.
Sarebbero corsi via se non fosse stato per quello morto. Anche gli altri cavalli attorno al carro si stavano impennando e scattando in avanti. La pioggia di fuoco e fulmini cessò mentre le Aes Sedai si sforzavano di riprendere il controllo dei propri cavalli e rimanere in sella. Piuttosto che cercare di calmare gli animali del carro, l’uomo a cassetta balzò giù, estrasse la spada e iniziò a correre verso i cavalieri in carica. Anche gli astanti a Caemlyn Bassa stavano correndo, stavolta via.
«Prendete vivi gli altri!» sbottò Birgitte. Non le importava davvero che vivessero — sarebbero comunque morti presto perché erano assassini e Amici delle Tenebre —, ma Elayne era in quel dannato carro!
Chanelle annuì rigida e attorno al carro i cavalieri iniziarono a ruzzolare giù dalle loro cavalcature imbizzarrite per giacere dibattendosi a terra come legati mani e piedi. Perché era così, naturalmente. L’uomo in fuga cadde di faccia e rimase a contorcersi. «Ho anche schermato le donne» disse Chanelle. Perfino trattenendoli Potere, non avrebbero potuto competere con un circolo di otto. Guybon sollevò la mano, rallentando la carica al passo. Era notevole quanto poco tempo c’era voluto. Era a meno di metà strada dal carro. Uomini in sella e a piedi si stavano ancora riversando fuori dal passaggio. Volteggiando in sella al bruno grigiastro, Birgitte galoppò verso Elayne. Dannata donna, pensò. Nemmeno per un momento il legame aveva trasmesso un accenno di paura.