Capitolo quarantaduesimo

Il giorno seguente Peter si assicurò che Cathy andasse al lavoro senza problemi, ma lui restò a casa. Staccò l’impianto del computer domestico dalla porta e chiamò un fabbro per far installare una serratura vecchia maniera, con la chiave. Mentre l’uomo lavorava lui rimase seduto nel suo studio con lo sguardo perso nel vuoto, cercando di far mente locale. Sarkar l’aveva informato che da lui la polizia non era riuscita a cavare un ragno dal buco, e questo era già qualcosa.

Pensò a Rod Churchill.

Un uomo abbastanza scostante. Forse neppure sua moglie lo aveva conosciuto bene.

Ma si curava con la Phenelzina. Un antidepressivo.

Ciò significava, ovviamente, che gli era stata diagnosticata una malattia, la depressione. Eppure lui, nei vent’anni dacché conosceva Rod Churchill, non aveva mai notato un cambiamento nel suo modo di agire. Dunque, forse… forse era stato un depresso per tutti quegli anni. O magari era un depresso già molto tempo prima, già durante l’infanzia di Cathy, e ciò l’aveva indotto ad essere lo sgradevole padre che era stato.

Peter scosse il capo. Rod Churchill… non un bastardo, non un insensibile figlio d’un cane: soltanto un malato, affetto da uno scompenso chimico.

Senza dubbio questo poteva scusarlo per ciò che aveva fatto; lo rendeva meno colpevole del modo in cui aveva trattato le figlie.

Al diavolo pensò Peter, tutti noi siamo macchine chimiche. Lui non riusciva a funzionare senza il suo caffè, ogni mattina. C’erano pochi dubbi che Cathy diventasse più irritabile prima dell’inizio del suo periodo. E Hans Larsen aveva lasciato che fossero gli ormoni a governare la sua vita.

Chi era il vero Peter? L’individuo scorbutico e irritabile che si tirava fuori dal letto ogni mattina? O la persona energica e attiva che arrivava in ufficio poco più tardi, con la caffeina che faceva miracoli nelle sue vene? Qual era la vera Cathy? La donna adorabile, brillante, sexy, che lui si vedeva accanto per la maggior parte del tempo, oppure la persona nervosa succube del malumore che diventava pochi giorni al mese? E chi era stato il vero Larsen? Il bevitore frugasottane che lui aveva conosciuto in quei venerdì sera, o un uomo che evidentemente sapeva far bene il suo lavoro e riusciva ad andare d’accordo coi colleghi? Cosa sarebbe stato un tipo così, si chiese pigramente Peter, se il medico gli avesse prescritto qualcosa per abbassare il livello ormonale? Senza dubbio un individuo del tutto diverso.

Cosa restava di una persona se le venivano tolti gli stimolanti e i depressivi, gli inibitori e i disinibitori, il testosterone e gli estrogeni? E che dire dei bambini che avevano ricevuto troppo poco ossigeno prima della nascita? E gli affetti da Sindrome di Down… esseri umani completamente alterati dalla presenza di un ventunesimo cromosoma in più? E gli autistici? E i paranoici, i dementi, i maniaco-depressivi, gli schizofrenici? E quelli che in seguito a un incidente avevano riportato danni cerebrali? Sicuramente nessuna di queste situazioni anomale consentiva alla vera anima dell’individuo di rivelarsi all’esterno.

E che dire di quegli studi sui gemelli di cui aveva parlato Control? La natura genetica, non l’educazione, manovrava il comportamento umano. Quando l’uomo non ballava al ritmo del tamburo chimico, a farlo marciare ubbidiente era il piffero genetico.

Ad ogni modo, Rod Churchill da qualche tempo si faceva curare.

Se era stato davvero ucciso come la detective Philo aveva detto, il simulacro avrebbe dovuto sapere che prendeva la Phenelzina, avrebbe dovuto esaminare un database farmaceutico, avrebbe dovuto capire il tipo di malattia per cui veniva curato.

Possibile che il simulacro non avesse compreso che, sebbene quella cura fosse stata intrapresa di recente, la malattia lo affliggeva da molto più tempo? Certo questa prova avrebbe dovuto bastare per risparmiargli la sentenza che il simulacro aveva decretato.

No… nessuna versione di lui poteva mantenere la decisione di uccidere Rod Churchill, una volta capiti i suoi problemi chimici. Detestarlo e compatirlo, questo sì, ma ucciderlo no. In effetti questo ragionamento rimetteva in discussione tutti i sospetti di Sandra Philo. D’altronde, con lui i simulacri non avevano ammesso nessuno dei due omicidi, e le prove che conducevano la polizia a lui, e da lì ai suoi simulacri, erano soltanto circostanziali.

Peter si permise un sospiro di sollievo. Lui non avrebbe mai ucciso Rod Churchill. Il padre di Cathy aveva semplicemente fatto una sciocchezza o contravvenuto agli ordini del dottore. E Hans Larsen? Be’, gli uomini come lui erano sempre nel mirino di un bel po’ di mariti cornuti e donne inferocite… compresa, ora che ci pensava, anche la moglie di Hans, la quale, gli sembrava di ricordare, lavorava in banca e forse avrebbe potuto procurarsi i soldi per assoldare un killer.

Nebbia, ecco cos’era l’intera serie di sospetti su di lui. Nebbia inconsistente.

E lui era in grado di dimostrarlo. Poteva fare un riscontro della sua situazione finanziaria. Assoldare un killer costava senza dubbio decine, se non centinaia, di migliaia di dollari. Sandra Philo non sarebbe riuscita facilmente a individuare il prelievo di una cifra del genere, anche se avesse passato al vaglio le entrate e le uscite della Hobson Monitoring. Ma lui aveva il vantaggio di pensare proprio nello stesso modo dei suoi simulacri. Se avesse controllato, controllato a fondo senza trovare la mancanza di alcuna somma di denaro, be’, allora avrebbe potuto dormire sonni tranquilli.

Peter si mise in contatto col computer principale della sua ditta, chiamò a schermo il database usato dal tesoriere per il rendiconto annuale, e cominciò a esaminare la situazione di cassa. Per capire qualcosa in quel complicato database da commercialisti occorreva un interfaccia, un sistema esperto costruito su misura dalla Mirror Image, e mentre si spostava da una schermata all’altra senza trovare nessuna discrepanza la sua fiducia crebbe. Dopo circa un’ora fu interrotto dal fabbro, che lo chiamò per fargli vedere il lavoro finito. Lui lo ringraziò, lo pagò, e tornò alla sua ricerca. La detective Philo aveva preso una cantonata, stava andando a caccia delle sue fantasie. Tutti così quei poliziotti, capaci di vedere una cospirazione dietro tutto ciò che non riuscivano a capire. Be’, la prossima volta lui le avrebbe dato un buon consiglio…

Il computer emise un beep e gli mandò a schermo un riquadro.

Sangue di Cristo pensò Peter, e questo cosa diavolo è?

Una cifra impossibilmente elevata nelle uscite dal conto brevetti. Nessuna informazione sul tipo di brevetto a cui si riferiva. Nessun appunto sulla ditta proprietaria del brevetto. Nessun riferimento ad altri pagamenti. Soltanto una nota inspiegabile:

11 nov. 2011 EFT 125.000,00 dollari canadesi

Peter guardò lo schermo, a bocca aperta.

Il periodo del prelievo coincideva. Hans Larsen era stato ucciso tre giorni dopo.

Ma sicuramente doveva trattarsi di una spesa del tutto innocente. Il pagamento di una serie di consulenze risalenti all’anno prima, la richiesta di alcuni brevetti nuovi, o la somma correttiva di qualche pagamento precedente effettuato solo in parte… oppure…

No.

No, non poteva essere niente del genere. Linda Evans, tesoriere della Hobson Monitoring, era troppo meticolosa. Era da escludere che lasciasse sul database uscite di quel genere senza spiegazione. E la nota EFT, Electronic Funds Transfer. Proprio quella che un simulacro avrebbe usato.

Stava per uscire dal programma quando la consolle emise un altro beep. Un’altra discrepanza uscita dall’esplorazione del database.

14 dic. 2011 EFT 100.000,00 dollari canadesi

Peter lasciò uscire un sospiro di sollievo. Ecco qui… la prova che c’era una spiegazione innocente. Era da escludere che un killer si facesse pagare una seconda rata a un mese di distanza. Qualunque cosa fosse a causare quelle uscite doveva essere roba di normale routine. Il saldo di alcune liquidazioni, magari, o l’acquisto di materiale… oppure…

Due giorni prima. Questa seconda transazione risaliva soltanto a due giorni prima.

E in quel momento comprese.

Quello che Cathy aveva detto.

«E la detective Philo?» aveva chiesto Cathy. «Cosa succederà se comincerà ad avvicinarsi troppo alla verità? Vorrai uccidere anche lei?»

No, non poteva essere, pensò Peter. Non poteva essere.

Uccidere Hans, questo riusciva a capirlo. Forse non lo approvava, ma almeno lo capiva. L’assassinio di Rod Churchill era una situazione più difficile da sviscerare, dati i complessi risvolti farmaceutici e gli aspetti psicologici del movente. Ma forse c’era il caso che il simulacro non avesse ritenuto la depressione una scusa valida.

Sandra Philo però non aveva fatto niente di male a nessuno, neppure a lui. Durante l’interrogatorio era stata astuta e pressante ma non scorretta. Lei stava solo facendo il suo lavoro.

Ma adesso, evidentemente, era diventata scomoda.

Cristo possente, pensò Peter. Il simulacro colpevole non aveva soltanto un senso morale amputato o di basso livello. Era del tutto privo di moralità.

Calma, si disse Peter. Non costruire un romanzo su un «forse.»

Ma non c’era nessun forse. Quell’istinto animalesco era lì — anche nel Peter di carne ed ossa — sepolto profondamente però c’era: il desiderio di conservazione. Non esisteva nessun altro che lui volesse morto… questo era vero. La detective Philo li stava però mettendo in pericolo, lui e i tre simulacri. Se c’era una persona che gli avrebbe fatto un favore sparendo dalla scena, quella era lei. Se una versione di lui stesso stava pensando di togliere di mezzo qualcuno, quel qualcuno era lei.

Dannazione. Che Dio li maledicesse tutti e tre. Lui non voleva altro sangue sulle sue mani. Peter spostò la poltroncina davanti al telefono e lo accese. Un indirizzo esatto era valido quanto il numero corrispondente per avere la linea. — Polizia Metropolitana di Toronto, trentaduesimo distretto, Ellerslie — disse.

Il simbolo della Bell svanì dallo schermo. Il sergente che apparve inquadrato a mezzo busto disse: — Trentaduesimo distretto.

— Buongiorno. Può passarmi l’ufficio dell’ispettore Philo, per favore? — chiese Peter.

— Oggi è il suo giorno libero — disse il sergente. — Vuole parlare con l’ispettore che la sostituisce?

— No, è… è una cosa personale. Sa dove posso trovarla?

— Spiacente, non ne ho idea.

— Suppongo che lei non sia autorizzato a darmi il suo numero di casa, vero?

Il poliziotto rise. — Lei suppone giusto, amico.

Peter salutò e riappese. Poi chiamò il servizio ricerca dei numeri telefonici. — Philo, Sandra — disse, e ripetè lettera per lettera.

— Il nome dell’utente da lei richiesto non è sull’elenco — rispose la voce del computer.

Già, ovviamente. — Philo, A. — disse. — A per Alexandria.

— Il nome dell’utente da lei richiesto non è sull’elenco.

Dannazione, pensò Peter. Ma per un detective della polizia sarebbe stato imprudente apparire sull’elenco… a meno che non fosse ancora sotto il nome del suo ex marito. — C’è una lista di utenti di Toronto in cui appaia il cognome Philo?

— L’unica lista di utenti è l’elenco telefonico.

Peter chiuse la comunicazione. Doveva esserci qualche modo di mettersi in contatto con lei…

Gli indirizzi anagrafici. Li aveva visti in una biblioteca pubblica. In origine erano destinati a fornire il nome che si accoppiava a un certo indirizzo, ma adesso che erano stati pubblicati su CD-ROM si poteva fare anche il contrario, e ottenere l’indirizzo accoppiato a un nome. Peter chiamò di nuovo il servizio clienti per farsi mettere in linea con la sede centrale della North York Public Library.

— Buongiorno — disse una voce femminile. — Solo audio, prego.

— Buongiorno — disse lui. — Avete gli indirizzi anagrafici della città?

— Sì.

— Per favore, può dirmi a quale indirizzo corrisponde il nome Alexandria Philo? Pi, acca, i, elle, o.

— Attenda un momento, prego. — Una pausa, poi: — Qui non vedo nessuna Alexandria Philo, signore. C’è un unico Philo, e il nome proprio è Sandy.

Sandy… un nomignolo che poteva essere sia maschile che femminile. Proprio il genere di precauzione che avrebbe preso una donna sola. — Questa Sandy Philo, che genere di mestiere ha dato?

— Qui dice «impiegato comunale», signore. Suppongo che possa significare qualsiasi cosa.

— Dev’essere lei. Qual è l’indirizzo, per favore?

— Due-sedici Melville Avenue.

Peter se lo annotò. — C’è un numero di telefono?

— Qui dice «numero telefonico fuori elenco.»

— Grazie — disse Peter. — Lei è stata molto gentile. Spense il telefono. Non aveva mai sentito nominare Melville Avenue. Mise il dischetto della mappa cittadina nel lettore per libri e la trovò nel riquadro 3-C. Era a Don Mills. Non molto lontano, neppure una ventina di minuti di macchina. Era una cosa stupida, continuava a ripetersi lui, una fantasia paranoica. Eppure…

S’infilò il soprabito, tirò fuori la Mercedes dal garage e partì facendo stridere i pneumatici.

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