Capitolo diciassettesimo

Giovedì sera, a casa. Fin dalla sua installazione Peter aveva regolato il computer domestico per esaminare i programmi delle emittenti televisive in cerca di argomenti o trasmissioni che lo interessassero. Due anni addietro aveva inserito nel VCR l’ordine permanente di registrare The Night Stalker — un film per la TV che lui aveva visto una sola volta, da ragazzo — ma nessuna stazione lo aveva ancora messo in onda. Aveva anche predisposto per la registrazione automatica ogni volta che ci fosse stato un film di Orson Welles, e quando Ralph Nader o Stephen Jay avessero partecipato a un talk show, e in occasione di tutti gli episodi di Night Court, serie di cui era protagonista Brent Spider.

Quella sera la DBS Cairo stava trasmettendo The Stranger, un film con Orson Welles, parlato in inglese con sottotitoli in arabo. Il VCR di Peter aveva un cancellatore di sottotitoli; il sistema scandagliava le parti dell’immagine adiacenti alle scritte, come anche le immagini stesse prima e dopo la comparsa dei sottotitoli, e ricostruiva con l’estrapolazione la parte di filmato nascosta dal testo. Quella della DBS Cairo era una novità soddisfacente: Peter aveva visto The Stranger vent’anni prima. Il VCR si mise in movimento con un ronzio e cominciò a registrare.

Lui cambiò canale. Forse avrebbe guardato il film l’indomani. O sabato.

Forse.

Seduta dall’altra parte del soggiorno, Cathy si schiarì la gola.

Poi disse: — Alcuni miei colleghi mi hanno chiesto di te. Di noi.

Peter sentì le sue spalle irrigidirsi. — Ah, davvero?

— Sai, sul perché non ci facciamo più vedere alle piccole riunioni del venerdì sera, dopo il lavoro.

— Tu cosa gli hai detto?

— Niente. Ho trovato una scusa.

— Loro non… tu credi che sappiano qualcosa di… di quel che è successo?

Lei ci pensò. — Non lo so. Mi piacerebbe poter affermare che non sanno niente, ma…

— Ma quel gran bastardo di Hans ha la bocca. Lei non fece commenti.

— Tu hai sentito niente? Allusioni, parole gettate lì, sguardi significativi? Non ti è mai parso di capire che qualcuno dei tuoi colleghi sappia qualcosa?

— No — disse Cathy. — Niente.

— Ne sei sicura?

Lei sospirò. — Credimi, sono fin troppo sensibile a quel che dicono in mia presenza. E se facessero dei pettegolezzi alle mie spalle me ne accorgerei dal loro atteggiamento. Nessuno mi ha mai lasciato sospettare niente. Da quel che posso dire io, non sanno nulla.

Peter scosse il capo. — Io… non credo che riuscirei a sopportarlo, se lo sapessero. A parlare con uno di loro, voglio dire. Sarebbe troppo… — Tacque un momento, cercando le parole adatte. — Troppo umiliante.

Lei lo conosceva troppo bene per replicare.

— Dannazione — mormorò lui. — Detesto questa situazione. Non si può andare avanti così.

Cathy annuì in silenzio.

— Comunque — disse Peter. — Suppongo che… insomma, se volessimo tornare ad avere una vita normale, dovremmo ricominciare a uscire con qualcuno, a vedere gente.

— Anche Danita pensa che sarebbe saggio.

— Danita?

— La mia consulente matrimoniale.

— Ah.

Per qualche momento lei tacque, poi: — Hans è andato fuori città, oggi. Partecipa a non so quale conferenza. Se domani dopo il lavoro noi uscissimo coi miei colleghi, lui non ci sarebbe.

Peter fece un profondo respiro e tenne sotto controllo le sue emozioni. — Va bene — disse alla fine. — Farò un tentativo, a patto che non ci tratteniamo troppo con loro. — La guardò negli occhi. — Ma sarà meglio che tu non sbagli sul fatto che lui non ci sarà. — La sua voce prese un tono che Cathy non gli aveva mai sentito, freddo e duro come una pietra. — Se lo rivedo, lo ammazzo.

Peter arrivò al The Bent Bishop con qualche minuto d’anticipo, per esser sicuro di potersi sedere vicino a sua moglie. Quella sera gli impiegati della Doowap Advertising avevano preso un lungo tavolo al centro del locale, cosicché nessuno di loro era bloccato sul divano a muro. Peter potè sedersi a fianco di Cathy. Di fronte a lui prese posto il pseudointellettuale; sul suo lettore stavolta campeggiava la copertina di un romanzo di Camus.

— ‘Sera, Doc — lo salutò Pseudo. — Bisogna dire che di questi tempi tu sei spesso alla TV.

Peter annuì. — Salve.

— Cambiato orario di lavoro? Di solito tu arrivi un po’ più tardi di noi — osservò Pseudo.

Peter capì subito il suo errore. Tutto avrebbe dovuto essere esattamente come prima. Lui non doveva far niente che potesse attrarre l’attenzione sul suo comportamento o su quello di Cathy.

— Devo evitare quei dannati giornalisti — spiegò. Pseudo accennò che capiva il problema, e si portò alle labbra un boccale di birra scura. — Sarai lieto di sapere che stasera il nostro Hans non c’è.

Lui si sentì avvampare in viso, ma il suo rossore era probabilmente invisibile nella penombra rosata del pub. — Che vuoi dire? — Nelle sue intenzioni quella domanda avrebbe dovuto apparire neutra, ma lui stesso si accorse di avere un tono teso e sospettoso. Cathy gli diede una pacca su un ginocchio, sotto il tavolo.

Pseudo inarcò un sopracciglio. — Niente, Doc. È solo che tu e Hans non avete mai legato molto. L’ultima volta mi è sembrato che ti prendesse un po’ in giro, no? Ma lui è fatto così. Non devi prendertela.

— Già. — Il cameriere apparve accanto a Peter. — Un succo d’arancia per favore.

Il cameriere si volse a Cathy con espressione interrogativa. — Per me acqua minerale — disse lei, — con una fetta di limone.

— Niente da bere, oggi? — disse Pseudo, come se quell’ordinazione fosse un affronto a tutto ciò che c’era di decente al mondo.

— Mmh, ho mal di testa — disse lei. — Ho preso un’aspirina.

Non c’era fine alle bugie, pensò Peter. Sua moglie non poteva certo dire «Ho smesso di bere perché l’ultima volta che ero un po’ alticcia ho lasciato che un collega mi fottesse.» Si accorse di aver stretto i pugni sotto il bordo del tavolo.

Arrivarono altri due compagni di lavoro di Cathy, un uomo e una donna, entrambi di mezz’età, entrambi coi capelli riccioluti biondo-cherubino, entrambi leggermente sovrappeso. Lei li salutò alzando una mano. — Cambio di turno, stasera — osservò l’uomo. — Che fine ha fatto Hans?

— Hans è nella Città dei Fagioli — rispose Pseudo. Peter pensò che stesse aspettando da giorni di dire «Città dei Fagioli.» — A una video conferenza inter-attiva.

— Gesù — disse la donna. — Qui non sembra neanche lo stesso posto, senza Hans.

Hans pensò Peter. Hans, Hans. Ogni volta che sentiva fare il suo nome era come una pugnalata. Quella gente non aveva mai sentito parlare dei pronomi?

Il cameriere fece ritorno e depose un bicchierone di succo d’arancia ricostituito davanti a Cathy. La bottiglietta di Perrier e un bicchiere con una fetta di limone fissata sul bordo furono messi di fronte a Peter. Lui cambiò posto ai drink, pensando che per Cathy tutte le bevande non alcoliche dovevano essere la stessa cosa. Il cameriere prese le ordinazioni dei nuovi arrivati.

— E allora, voi due, come vi vanno le cose? — domandò l’uomo dai riccioletti biondo-cherubino, agitando vagamente una mano verso Peter e sua moglie.

Cathy sorrise. — Come sempre.

Perché lo domanda? s’insospettì Peter. Cosa sa? — Come al solito — le fece eco. — Tutto bene.

— Ti si vede continuamente alla TV, Peter — disse Pseudo. — Giri parecchio, eh? Vai da qualche parte nei prossimi giorni?

Non certo nella fottuta Città dei Fagioli pensò lui. — No — rispose. — Cioè, non lo so. Forse.

— Non facciamo mai progetti per il weekend, ma Peter viaggia spesso — disse Cathy. — Lui ha un padrone molto comprensivo. — Una risatina o due da parte di chi sapeva che Peter era il padrone della sua ditta. — Devo vedere un po’ come posso mettere d’accordo le vacanze e i miei programmi di lavoro. Adesso abbiamo questo grosso contratto con la Tourism Ontario.

La donna dai riccioletti biondi annuì con enfasi. Evidentemente quel lavoro era il centro della sua esistenza.

Il cameriere apparve con i drink. Nello stesso momento entrò nel locale Toby Baley, un altro dei colleghi di Cathy.

— Salve a tutti, gente — disse Toby. Accennò al cameriere che voleva la stessa cosa di Pseudo e prese una sedia. — Dov’è Hans?

— Boston — lo informò Peter, per non sentir dire un’altra volta «Città dei Fagioli.» Pseudo parve leggermente deluso.

— E Donna-Lee è andata con lui?

— No, per quel che ne so — rispose Pseudo.

— Allora qualche fichetta americana intascherà un paio di dollari canadesi, stanotte. Non credo che gliene chiederà più di uno al centimetro — disse Toby. Tutti ridacchiarono. Sembrava che fra loro la presenza di Hans si sentisse di più quando non c’era. Peter si scusò e andò alla toelette.

— Be’ — commentò Pseudo mentre Peter si allontanava, — suppongo che anche gli uomini ricchi e famosi facciano acqua, ogni tanto.

Peter s’irritò di quella battuta ma fece finta di non aver sentito, e scese la breve scala che portava nel seminterrato dove c’erano due eleganti toelette e un piccolo atrio coi videotelefoni a pagamento. Non aveva veramente bisogno di orinare, ma d’un tratto s’era sentito avido di un po’ di pace e tranquillità, di una pausa per placare i suoi sentimenti. Era come se tutti lo stessero prendendo in giro. Era come se tutti sapessero.

È chiaro che lo sanno si disse. Lui stesso aveva sentito fin troppe volte Hans vantarsi, in passato. Cristo, probabilmente tutti avevano l’elenco completo delle sue conquiste.

Si appoggiò con le spalle al muro, accanto a un telefono. Una bionda della Molson’s Canadian gli sorrideva da un poster sulla parete opposta. Andarsene dal tavolo era stato un errore.

Ma, un momento… se i colleghi di Cathy sapevano tutto, senza dubbio lo sapevano da mesi. Era trascorso un bel po’ da quando Cathy e Hans avevano avuto quel loro primo incontro nel parcheggio della Doowap Advertising. Peter cercò di ricordare l’ultima volta che era venuto al The Bent Bishop, e la volta precedente. Nei loro discorsi c’era stato qualcosa da cui poter capire se lo sapevano? E adesso, si comportavano come prima o c’era qualcosa di diverso?

Lui non riusciva a capirlo. Tutto gli sembrava diverso, ormai. Tutto quanto.

Se lo sapevano, stare lì sotto i loro sguardi era umiliante. La sua vita privata messa in piazza. I suoi panni sporchi in pubblico.

Cristo, Hobson, una moglie bella è un problema, eh?

Ma dimmi una cosa: com’è che non sei capace di accontentarla tu?

Che Dio lo maledica.

La vita era stata così semplice, prima.

Allontanarsi dal tavolo era stato uno sbaglio.

Tornò di sopra, sedette e cercò di partecipare alla conversazione.

Avrebbe dovuto sopportare almeno per un’altra ora. Già, tutto come al solito. Guardò l’orologio. Altri sessanta dannati minuti. Sì, poteva farcela.

Forse.

Peter e Cathy scesero di macchina e s’avviarono alla porta della loro villetta, senza dir parola. Peter poggiò il pollice destro sullo scanner FILE e sentì lo scatto della serratura che si apriva. Quando furono nell’atrio si fermò per togliersi le soprascarpe. Davanti al piccolo armadietto sotto la specchiera erano allineate quattro paia di scarpe e di pantofole di Cathy.

— Devi proprio metterle qui in mezzo? — brontolò Peter, indicandole.

— Scusa — disse Cathy.

— Vorrei poter entrare in questa casa senza inciampare ogni volta sopra le tue scarpe.

— Scusami — disse ancora lei.

— Non hai quello scaffale portascarpe, in camera da letto?

— Le metterò là — disse lei.

Peter s’infilò un paio di pantofole imbottite e chiuse l’armadietto. — Io non lascio mai le mie per terra, qui in mezzo.

Cathy annuì.

Peter andò in soggiorno. — Computer… chiamate telefoniche — ordinò mentre accendeva la luce.

— Nessuna telefonata — disse una voce sintetica.

Lui andò verso il divano, raccolse un telecomando e sedette. Poi accese la TV e cominciò a passare da un canale all’altro, con l’audio azzerato.

— Il tuo amico pseudo-intellettuale era in forma, stasera — disse, con sarcasmo.

— Jonas — disse Cathy. — Si chiama Jonas.

— Cosa Cristo me ne importa del suo fottuto nome?

Cathy sospirò e andò in cucina a farsi un po’ di the.

Peter sapeva di comportarsi come un idiota. Non avrebbe voluto essere così. Aveva sperato che quella sera tutto sarebbe andato meglio, aveva sperato che la loro vita sarebbe tornata quella di un tempo, con tutte le piccole cose di un tempo.

Ma un uovo rotto non poteva tornare sano.

Quella serata al The Bent Bishop l’aveva dimostrato.

Lui non avrebbe più potuto avere a che fare coi colleghi di Cathy. Anche senza la presenza di Hans, bastava la vista di quelle persone a ricordargli ciò che lei aveva fatto… ciò che Hans aveva fatto.

Nel silenzio della casa poteva sentire il tintinnio del cucchiaio, in cucina, mentre Cathy mescolava il the. Dopo qualche minuto disse, a voce alta: — Che fai, lì? Non vieni a sederti qui in soggiorno?

Lei apparve sulla porta, con espressione illeggibile.

Peter depose il telecomando e la guardò. Cathy stava cercando d’essere accomodante, faceva del suo meglio perché la situazione non degenerasse. Lui non avrebbe voluto mostrarsi iroso e sgarbato. Tutto ciò che voleva era che le cose fossero come prima.

— Mi dispiace — le disse.

Cathy annuì, ferita ma dignitosa. — Lo so.

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