Peter non vedeva Colin Godoyo da mesi; l’ultima volta era stato alla conferenza della compagnia californiana che vendeva l’immortalità nanotecnologica. Non erano mai stati veramente amici — o così almeno pensava Peter — ma quando Colin lo chiamò in ufficio chiedendogli di andare a pranzo con lui qualcosa nella sua voce gli parve urgente, cosicché accettò. Il pranzo non avrebbe potuto durare troppo, comunque; Peter aveva appuntamento alle due con un importante cliente statunitense.
Andarono a un piccolo ristorante che a Colin piaceva, sulla Sheppard East, all’incrocio con Vic Park, un locale dove al banco servivano sandwich tagliando l’arrosto o il prosciutto con un coltello invece di affettarlo a macchina, e i toast venivano arrostiti in un forno a legna. Peter non aveva mai pensato a se stesso come una persona che i camerieri ricordassero particolarmente, ma sembrava che tutti i ristoranti di North York lo considerassero un cliente regolare, anche se, con l’eccezione del Sonny Gotlieb Restaurant, frequentava gli altri solo una o due volte al mese. Il cameriere prese l’ordinazione di Colin (scotch and soda), ma dichiarò che sapeva già quello che Peter preferiva (Diet Coke con uno spruzzo di limone, giusto?). Quando il cameriere si fu allontanato, Peter guardò Colin con aria d’attesa. — Ebbene, che c’è di nuovo?
Colin aveva più capelli grigi di quel che ricordava, ma ostentava come al solito un abito molto costoso e quel giorno portava ben sei grossi anelli d’oro. I suoi occhi si spostavano incessantemente da una parte e dall’altra. — Suppongo che tu abbia saputo di me e di Naomi… Peter scosse il capo. — Saputo cosa?
— Ci siamo separati.
— Oh, — disse lui. — Mi dispiace.
— Non avevo mai capito quanti dei nostri amici in realtà erano soltanto amici di lei — sospirò Colin. Il cameriere fece ritorno, mise due centrini di pizzo sul tavolo, poggiò i bicchieri su di essi e s’allontanò. — Sono contento che tu abbia trovato il tempo di venire a pranzo con me, così senza preavviso.
— Per te sono sempre libero — disse Peter. Non era mai stato molto esperto nel discutere quel genere di situazioni. Avrebbe dovuto chiedere a Colin cos’era andato male nel suo matrimonio? Anche coi suoi conoscenti più stretti lui parlava raramente di questioni coniugali, e non gli piaceva fare né sentirsi fare domande troppo personali. — Mi spiace sentire questo di te e Naomi. — Già che il suo dispensatore di luoghi comuni ne aveva forniti due, fu sul punto di aggiungerne un terzo: «Sembrava che andaste così d’accordo», ma si fermò prima di dargli voce. La sua recente esperienza gli aveva insegnato a non fidarsi di quelle apparenze.
— Avevamo qualche problema da un po’ di tempo — disse Colin.
Peter tolse la fetta di limone dal bordo del bicchiere e la strizzò meglio nella Diet Coke. — Capisco.
— Il fatto è che non eravamo più sulla stessa lunghezza d’onda. — Evidentemente anche Colin aveva un dispensatore di luoghi comuni. — Non parlavamo più.
— Vi stavate allontanando — disse Peter, senza farne una domanda. Non ci teneva a portare il discorso su quell’argomento.
— Proprio così — rispose Colin. Bevve un lungo sorso del suo drink, poi annuì come indugiando con masochistico piacere su quel pensiero. Proprio così.
— Eravate insieme da molto tempo — disse Peter, attento a mantenere il tono piatto per non stimolare una risposta troppo prolungata.
— Undici anni, se conti anche quelli in cui coabitavamo, prima di sposarci — disse Colin, stringendo il bicchiere con due mani.
Peter si chiese oziosamente cosa fosse andato storto fra loro. Non è affar mio pensò. — Undici anni non sono pochi — commentò.
— Io… io mi vedevo con un’altra, a Montreal — disse Colin. — Una ragazza che avevo conosciuto là. Dovevo andare a Montreal ogni tre settimane per affari, e la sera mi sentivo solo.
Peter era perplesso. Possibile che tutti quanti si prendessero delle divagazioni extra-coniugali, in quell’epoca? — Oh — disse.
— Non è che io volessi una vera relazione — spiegò Colin, agitando una mano. — Era soltanto, sai, soltanto un modo per mandare un messaggio a Naomi. — Rialzò lo sguardo. — Un grido d’aiuto, forse. Capisci quel che voglio dire?
No pensò Peter. Non lo capisco, no.
— Solo un grido d’aiuto. Ma lei si è incavolata di brutto quando gliene ho parlato. Ha detto che era l’ultima goccia. Quella che faceva traboccare il bicchiere. — Colin scosse il capo. Peter rifletté che evidentemente tutti avevano un dispensatore di luoghi comuni. — Io non volevo farle del male, ma un uomo ha pur sempre le sue necessità. Non credevo che mi avrebbe lasciato per una stupidaggine del genere. — Il cameriere arrivò col sandwich ordinato da Peter e la pasta primavera di Colin. — Tu cosa ne pensi? — volle sapere quest’ultimo.
Penso che sei un gran bastardo si disse Peter. Penso che tu sia un figlio di puttana che non merita niente da una moglie. — Sei stato sfortunato — rispose, sollevando uno dei bordi del sandwich per spremere un po’ di maionese sulla fetta di tacchino arrosto. — Non hai avuto fortuna.
— Uh, comunque — disse Colin, sentendo che era tempo di cambiare argomento. — Non ti ho chiesto di venire a pranzo qui per parlarti di me. In realtà vorrei il tuo consiglio professionale.
Peter lo guardò con serietà. — Di che si tratta?
— Be’, tu e Cathy eravate a quella conferenza della Life Unlimited. Che ne pensi?
— È gente che sa come presentare le sue proposte — rispose Peter.
— Voglio dire, cosa pensi del procedimento tecnico? Tu sei un esperto in ingegneria biomedica. Credi che la cosa funzioni?
Peter si strinse nelle spalle. — Jay Leno afferma che la Regina Elisabetta d’Inghilterra si è sottoposta al procedimento… il solo modo per salvare la monarchia e assicurarsi che nessuno dei suoi figli sieda mai sul trono.
Colin ridacchiò educatamente, ma lo guardò come se si aspettasse una risposta più seria. Peter masticò un boccone del sandwich, poi: — Non saprei. Le premesse basilari sembrano solide. Voglio dire, ci sono, se vogliamo dare ascolto agli ultimi studi, cinque modelli basilari di senescenza seguita infine dalla morte. — Li enumerò sulle dita: — Primo, abbiamo la teoria stocastica. Essa dice che i nostri corpi sono macchine complicate, e come in tutte le macchine complicate alla fine qualcosa si rompe.
«Secondo, il fenomeno Hayflick: le cellule umane sembrano in grado di scindersi soltanto cinquanta volte, al massimo.
«Terzo, l’ipotesi della Xerox macchia-copie: piccoli errori vengono introdotti nel DNA ogni volta che esso si replica, e alla fine le copie sono così piene di macchie che la cellula non funziona più. A questo punto uno va a far terra da vermi.
«La numero quattro è la teoria dei rifiuti tossici. Qualcosa, magari un accumulo di radicali liberi, avvelena il tuo organismo dall’interno.
«E alla fine l’ipotesi del sistema immunitario, secondo la quale le difese naturali del tuo corpo finiscono per confondersi e vanno ad attaccare le cellule sane.
Colin annuì. — E nessuno sa quale delle cinque sia giusta?
— Be’, io sospetto che lo siano un po’ tutte, dato che possono coesistere — rispose Peter. — Ma il fattore chiave è che i robot nanotecnologici della Life Unlimited… come li chiamano? Balie?… le loro balie sembrano capaci di pensare a tutte e cinque le cause. Perciò sì, direi che c’è una buona probabilità che il loro sistema funzioni. Nessuno potrà dirlo per certo, ovviamente, finché qualcuno che sia stato sottoposto al procedimento sarà sopravvissuto per qualche secolo.
— Allora… allora tu pensi che questo valga i soldi che chiedono? — volle sapere Colin.
Di nuovo lui si strinse nelle spalle. — Così a botta calda potrei risponderti di sì, suppongo. Del resto, chi non vorrebbe vivere per sempre? Ma se vogliamo dare ascolto alle religioni, sarebbe un vero peccato perdersi così le meraviglie… e in alcuni casi le delizie sibaritiche, del paradiso.
Colin lo guardò incuriosito. — Tu non sei mai stato religioso, se ricordo bene. Lo pensi davvero?
Peter si concentrò sul resto del sandwich. — Ma no. Era solo una riflessione oziosa, nient’altro.
— Cathy cosa ne pensa della Life Unlimited?
— Non mi è parsa molto interessata — disse Peter.
— Sul serio? — si stupì Colin. — A me sembra una cosa grandiosa. Mi piacerebbe moltissimo provarci.
— Costa una fortuna — commentò Peter. — Hai rapinato qualche banca, ultimamente?
— Non ne ho bisogno — sogghignò Colin. — Ma penso che varrebbe il prezzo fino all’ultimo penny.
Ci vollero tre settimane per ottenere altre due registrazioni nelle quali fosse visibile l’Onda dell’Anima che lasciava un corpo umano. Una di quelle registrazioni Peter la eseguì alla Carlson’s Chronic Care, la stessa clinica dove aveva conosciuto Mrs. Fennell. Stavolta il soggetto fu Gustav Reichhold, un uomo sulla cinquantina che stava morendo di complicazioni causate dall’AIDS e aveva deciso di metter fine alla sua vita con un suicidio clinicamente assistito.
L’altra registrazione, tuttavia, dovette essere fatta altrove; in caso contrario i critici avrebbero obiettato che l’Onda dell’Anima, lungi dall’essere un componente universale dell’esistenza umana, era soltanto un fenomeno elettrico collegato agli impianti di quella clinica, o alla vicinanza dell’edificio a una linea dell’alta tensione, o a qualche particolare trattamento medico usato sui degenti della Carlson’s. Così, per fare la terza registrazione, Peter decise di mettere un annuncio su Internet:
Si cerca una persona all’ultimo stadio di una malattia terminale, o comunque in punto di morte, per il collaudo totalmente innocuo di una nuova apparecchiatura di monitoraggio biomedico. Località: Ontario Meridionale. Per la collaborazione saranno pagati 10.000 dollari canadesi. I soggetti terminali interessati, o le persone legalmente autorizzate ad agire in loro nome, sono pregati di rivolgersi in via confidenziale alla Hobson Monitoring (codice rete HOBMON).
Peter ebbe una smorfia di acre divertimento inviando quell’annuncio su Internet; sembrava così freddo. In effetti il suo imbarazzo era anche collegato al timore di apparire troppo ansioso, per aver offerto una ricompensa così elevata. Ma due giorni dopo gli avevano già risposto quattordici persone. Lui optò per un ragazzo, di appena dodici anni, che stava morendo di leucemia. La sua scelta fu motivata più dalla compassione che dalla necessità di variare la tipologia dei soggetti: la famiglia del ragazzo aveva dato fondo ai suoi risparmi per venire in Canada dall’Uganda, con la speranza di trovare una terapia più efficace nel suo caso. Il denaro sarebbe servito per pagare le spese che si accumulavano sulle loro spalle.
Dopo averci riflettuto Peter decise inoltre che i due precedenti casi meritavano la stessa ricompensa, e fece un versamento di 10.000 dollari alla famiglia di Gustav Reichhold. E dal momento che Peggy Fennell non aveva eredi localizzabili, lui fece una donazione a nome della donna alla Canadian Diabetes Association. S’era detto che presto molti ricercatori di tutto il mondo avrebbero lavorato per riprodurre i suoi risultati, e gli parve giusto stabilire un precedente perché i soggetti dei test ricevessero una somma generosa.
Tutte e tre le registrazioni risultarono notevolmente simili: un minuscolo campo elettrico coesivo abbandonava il cervello al momento del decesso. Per restare più sul sicuro Peter aveva registrato la morte del ragazzo ugandese con un diverso apparecchio superEEG. I princìpi di funzionamento erano gli stessi, ma in questo aveva usato altri componenti elettronici e soluzioni tecniche non identiche, tanto per accertarsi che l’effetto non fosse causato da una caratteristica peculiare dell’attrezzatura.
Nel frattempo — durante le ultime settimane — Peter aveva provato alcuni prototipi del superEEG su tutti i 119 dipendenti della Hobson Monitoring, senza dire a nessuno salvo un paio dei suoi più fidati collaboratori quale fosse lo scopo del test. Nessuno di loro stava morendo, ovviamente, ma lui voleva esser sicuro che l’Onda dell’Anima esistesse anche nei soggetti sani e non fosse soltanto una sorta di ultimo rantolo elettrico generato da un cervello morente.
L’Onda dell’Anima aveva una precisa caratteristica elettrica. La sua frequenza era molto elevata, ben superiore a quella della normale attività elettrochimica dell’encefalo, perciò, sebbene avesse un basso voltaggio, non restava confusa e sommersa dagli altri segnali emessi all’interno del cervello. Dopo aver apportato gli opportuni perfezionamenti all’apparecchiatura, Peter era riuscito senza alcuna difficoltà a isolare quello schema nell’immagine cerebrale di tutti i suoi dipendenti, anche se — questo lo fece ridere — gli occorsero parecchi tentativi prima di localizzare «l’anima» di Caleb Martin, l’avvocato della ditta.
Lo stesso Martin fu nel contempo incaricato del lavoro legale, e provvide di brevetti ogni componente del superEEG in Canada, negli Stati Uniti, nella Comunità Economica Europea, in Giappone, nella CIS e altrove. E l’industria coreana che fabbricava la maggior parte della produzione etichettata Hobson Monitoring stava già costruendo una nuova catena di montaggio per il superEEG.
Presto sarebbe giunto il momento di rendere pubblica la scoperta dell’Onda dell’Anima.