5 Si prepara la tempesta

Il sole era poco più che a metà strada nella sua discesa verso l’orizzonte quando si inerpicarono sul vecchio sentiero serpeggiante che portava in cima alla ripida collina, sopra i fienili. Era quello il punto che Renaile aveva scelto. Ed era una decisione sensata, da quello che Elayne sapeva su come si lavorava col clima, tutte cose apprese da una Cercavento del Popolo del Mare, ovviamente. Per modificare ciò che era al di là dei propri immediati paraggi era necessario poter lavorare su grandi distanze, e questo richiedeva un’ampia visuale, molto più facile da ottenere nell’oceano che sulla terraferma. A meno di non trovarsi su una montagna o in cima a una collina. Era necessaria anche molta perizia per non scatenare chissà dove piogge torrenziali, un uragano o solo la Luce sapeva che altro. Qualsiasi azione sul clima aveva effetti che si propagavano come le onde causate da un sasso lanciato in uno stagno. Elayne non aveva il minimo desiderio di guidare il circolo che avrebbe usato la Scodella.

La vetta della collina era sgombra di cespugli e pianeggiante, anche se tutt’altro che piatta, una scabra superficie di pietra, cinquanta passi in lunghezza e larghezza: uno spazio più che sufficiente per tutti quelli che dovevano stare lassù, e anche per alcuni che, strettamente parlando, non dovevano. Da quell’altezza, la visuale spaziava per chilometri su una scacchiera di pascoli e fattorie, boschi e oliveti. Le chiazze di marrone e giallo mischiate alle centinaia di sfumature di verde erano fin troppe, e urlavano a gran voce la necessità di ciò che loro si stavano appunto accingendo a fare, eppure la bellezza di quello spettacolo non mancò di colpire Elayne.

Nonostante la polvere alzata dal vento che sembrava quasi una lieve foschia, riusciva a vedere così lontano! Quella regione era davvero piatta, a eccezione delle poche colline. Ebou Dar, a sud, restava fuori dalla sua visuale anche se lei abbracciava il Potere, eppure le sembrava che con un po’ di sforzo sarebbe riuscita a scorgerla. Di sicuro, se ci si impegnava, avrebbe individuato anche il fiume Eldar. Una visuale magnifica. Ma non interessava a tutti.

«Un’ora sprecata» brontolò Nynaeve che, torva in viso, guardava di sottecchi Reanne. E tutti gli altri. Senza Lan, sembrava volesse cogliere l’occasione per scatenare il suo caratteraccio. «Quasi un’ora. Forse di più.

Completamente sprecata. Alise è abbastanza in gamba, mi pare, ma credevo che Reanne sapesse chi c’era qui! Per la Luce! Se quell’idiota mi sviene di nuovo...» Elayne si augurò che l’amica resistesse un po’ più a lungo. Rischiava di scatenare davvero una tempesta.

Reanne si sforzava di conservare un’espressione allegra e solerte, ma le sue mani non trovavano pace, pizzicavano e lisciavano la gonna senza sosta. Kirstian invece teneva strette le sue e sudava, sembrava pronta a dare di stomaco da un momento all’altro; quando qualcuno la guardava, chiunque fosse, lei rabbrividiva. La terza donna della Famiglia, Garenia, era una mercante della Saldea, bassa e con i fianchi sottili, un naso importante e una grande bocca, più forte delle altre due e, almeno dall’aspetto, non molto più grande di Nynaeve. Il suo volto pallido riluceva per una pellicola di sudore, e sgranava gli occhi ogni volta che li posava su un’Aes Sedai. Elayne pensò che, grazie a Garenia, forse avrebbe scoperto se gli occhi di una persona potevano davvero uscire dalle orbite. Almeno quella donna aveva smesso di lamentarsi, cosa che aveva fatto durante tutta la risalita della collina.

Ce n’erano davvero state altre due che avevano abbastanza forza nel Potere — forse; la Famiglia non dava molto peso a questa caratteristica — ma se ne erano andate qualche giorno addietro. Nessun’altra di quelle rimaste alla fattoria si avvicinava anche solo vagamente al livello richiesto. Per questo Nynaeve era ancora disgustata. Per questo, e perché Garenia era stata una delle prime donne che avevano trovato, stesa nel cortile priva di sensi. Non solo, era svenuta di nuovo le prime due volte che l’avevano svegliata, non appena le era caduto lo sguardo su una delle sorelle. Ovviamente Nynaeve, data la sua natura, non avrebbe mai ammesso che invece di perdere tempo poteva semplicemente chiedere ad Alise chi era rimasto alla fattoria. O anche solo spiegarle cosa stavano cercando prima che fosse Alise a chiederglielo. Nynaeve era convinta che nessuno avesse abbastanza buonsenso da saper riconoscere il sopra dal sotto. Nessuno tranne lei.

«A quest’ora potevamo aver già finito» ringhiò. «E avremmo chiuso con...» Quasi tremava per lo sforzo di non guardare in cagnesco le donne del Popolo del Mare che si stavano raccogliendo all’estremità orientale di quel tavoliere di pietra. Renaile gesticolava con una certa enfasi, con ogni probabilità per dare istruzioni alle altre. Elayne avrebbe pagato un bel po’ per poterle sentire.

Le occhiatacce di Nynaeve non risparmiavano Merilille, Careane e Sareitha, che ancora stringeva a sé la Scodella avvolta nella seta. Adeleas e Vandene erano rimaste dabbasso, segregate con Ispan. Le tre sorelle sulla collina se ne stavano in disparte a parlare tra di loro, non facevano caso a Nynaeve a meno che lei non si rivolgesse direttamente a loro, ma Merilille ogni tanto guardava di sottecchi le Cercavento, poi distoglieva lo sguardo con uno scatto; la sua maschera di serenità si era lievemente incrinata, e lei si leccava le labbra con la punta delle lingua.

Aveva fatto qualche errore, prima, mentre curava le Atha’an Miere? Merilille aveva negoziato trattati e risolto dispute tra nazioni, poche nella Torre Bianca erano meglio di lei in questo. Ma Elayne una volta aveva sentito una storiella, una specie di barzelletta, su una mercante domanese, un Maestro del Carico del Popolo del Mare e un’Aes Sedai. Poche persone raccontavano barzellette sulle Aes Sedai, poteva non essere molto salutare. La mercante e il Maestro del Carico avevano trovato una normale roccia sulla spiaggia e continuavano a vendersela a vicenda, riuscendo in qualche modo a trarne ogni volta un profitto. Poi arriva l’Aes Sedai. La Domanese la convince a comprare quella semplice pietra per il doppio del prezzo da lei pagato nell’ultimo scambio. Dopo di che, l’Atha’an Miere convince l’Aes Sedai a comprare quello stesso sasso da lui e al doppio del prezzo fatto dalla Domanese. Solo una barzelletta, ma mostrava le opinioni della gente.

Forse le sorelle più anziane non se la sarebbero cavata molto meglio nell’accordo che lei e Nynaeve avevano stipulato col Popolo del Mare.

Aviendha andò direttamente verso il bordo del dirupo non appena ebbe raggiunto la cima della collina e rimase con lo sguardo fisso a nord, immobile come una statua. Dopo un istante, Elayne si rese conto che la sua amica non stava ammirando il panorama, ma aveva lo sguardo perso nel nulla. Raccogliendo le gonne in modo un po’ maldestro con i tre angreal ancora in mano, andò da lei.

Il dirupo scendeva verso gli oliveti in gradoni di una quindicina di metri, ripide fasce di pietra grigia, spoglie tranne che per qualche piccolo cespuglio morente. Non era molto impressionante, ma non era nemmeno come guardare a terra dalla cima di un albero. Cosa strana, affacciandosi da lassù Elayne ebbe un leggero attacco di vertigini. Aviendha pareva non essersi accorta che il bordo di quel burrone era proprio davanti alla punta dei suoi piedi.

«C’è qualcosa che ti turba?» le chiese Elayne a voce bassa.

La Aiel tenne lo sguardo fisso e distante. «Ho fallito nei tuoi confronti» rispose infine. La sua voce era piatta, vuota. «Non sono riuscita a formare il passaggio nel modo giusto, e tutti hanno visto come ti ho disonorata. Ho scambiato un servitore per una creatura dell’Ombra, e mi sono comportata peggio di un’idiota. Le Atha’an Miere mi ignorano e guardano male le Aes Sedai, come se fossi un cagnolino che abbaia ai loro comandi. Ho finto che avrei potuto far parlare quella Serva dell’Ombra, ma nessuna Far Dareis Mai può interrogare un prigioniero se non è sposata alla lancia da almeno trent’anni, e devono passarne minimo dieci prima che possa anche solo assistere a un interrogatorio. Sono debole, Elayne. Non posso sopportare l’idea di arrecarti altro disonore. Se fallirò di nuovo, morirò.»

Elayne si sentiva la bocca secca. Quell’ultima frase era troppo simile a una promessa. Stringendo con fermezza un braccio di Aviendha, la portò lontano dal bordo. Gli Aiel potevano essere abbastanza strani da giustificare l’idea che il Popolo del Mare aveva di loro. Elayne non credeva che Aviendha si potesse davvero buttare di sotto — proprio no — ma non aveva intenzione di correre il rischio. Almeno l’amica non oppose resistenza.

Tutti le altre donne sulla collina sembravano concentrate su sé stesse, o parlavano tra loro. Nynaeve aveva cominciato a discutere con le Atha’an Miere, si teneva le treccia con entrambe le mani ed era scura in volto, quasi come le Cercavento stesse, per lo sforzo di non urlare, mentre loro la ascoltavano con sprezzante arroganza. Merilille e Sareitha erano ancora a guardia della Scodella, ma Careane stava provando a parlare con le donne della Famiglia, con scarsi risultati. Reanne le rispondeva, anche se battendo nervosamente le palpebre e leccandosi le labbra, ma Kirstian restava in silenzio e tremava, mentre Garenia teneva gli occhi strizzati. Elayne parlò comunque a voce bassa: non riguardava nessuna di loro.

«Non hai fallito nei confronti di nessuno, meno che mai nei miei, Aviendha. Niente di quello che hai fatto mi ha mai arrecato disonore, e niente potrà mai arrecarmene.» La Aiel sbatté le palpebre, dubbiosa. «E se tu sei debole allora lo sono anche le pietre.» Era il complimento più bizzarro che mai Elayne avesse fatto a qualcuno, ma Aviendha parve gratificata. «E scommetto anche che le Cercavento hanno una paura matta di te.» Un altro complimento strano, e Aviendha sorrise, anche se debolmente. Elayne trasse un respiro. «Riguardo a Ispan...» Non le piaceva neppure pensarci.

«Anche io ero convinta di poter fare ciò che era necessario, ma se solo ci penso mi sudano le mani e mi si rivolta lo stomaco. Avrei vomitato, se solo ci avessi provato. Quindi in questo siamo uguali.»

Aviendha usò il linguaggio di gesti delle Fanciulle per dire ‘mi sorprendi’; aveva cominciato a insegnarlo a Elayne, anche se sosteneva che fosse proibito. Evidentemente, essere sorelle-prossime e provare a stabilire un legame ancora più stretto cambiava la situazione. Anche se, in realtà, non era così. Aviendha credeva che la sua spiegazione fosse stata più che chiara. «Non volevo dire che non ci sarei riuscita,» disse «solo che non sapevo come. Con ogni probabilità, l’avrei uccisa nel tentativo di farla parlare.» Le rivolse un sorriso, più ampio e caldo di prima, e le sfiorò una guancia.

«Abbiamo entrambe delle debolezze,» le sussurrò poi «ma non dobbiamo vergognarcene finché saremo le uniche a saperlo.»

«Sì» rispose debolmente Elayne. ‘Solo non sapevo come’! «Certo.»

Quella donna aveva più sorprese di un menestrello. «Tieni» le disse, spingendole in una mano la statuina della donna avvolta nei propri capelli. «Usa questa nel circolo.» Cederle l’angreal non fu così facile. Elayne aveva pensato di usarlo lei stessa ma, nonostante i sorrisi, la sua amica — la sua sorella prossima — aveva bisogno di essere rincuorata. Aviendha si rigirò la scultura di avorio tra le mani: era evidente che stava cercando un modo per rifiutarla. «Aviendha, hai presente come ti senti quando attingi saidar fino al tuo massimo? Ecco, pensa cosa vorrebbe dire usarne il doppio. Pensaci davvero. Voglio che usi quell’oggetto. Per favore.»

Forse gli Aiel non mostravano le loro espressioni in viso, ma Aviendha sgranò i suoi occhi verdi. Avevano già parlato degli angreal, mentre riflettevano sulla loro ricerca, ma con ogni probabilità lei non si era mai chiesta come sarebbe stato usarne uno. «Il doppio» mormorò. «Contenere tutto quel Potere. Quasi non riesco a immaginarlo. Questo è un dono davvero importante, Elayne.» Toccò una guancia dell’amica, premendo con la punta delle dita: per una Aiel, era come se l’avesse abbracciata e baciata.

Qualsiasi cosa Nynaeve avesse avuto da dire alle donne del Popolo del Mare, non ci aveva messo molto. Si allontanò da loro, torcendosi con furia la gonna. Arrivata da Elayne, guardò male sia Aviendha sia il bordo del dirupo. Di solito Nynaeve negava la propria paura per le grandi altezze, ma fece comunque in modo di tenere le altre due donne tra sé e la scarpata.

«Ti devo parlare» mormorò, allontanandosi con Elayne. E spostandosi da quel bordo. Non di molto, ma abbastanza perché nessun’altra potesse sentirle. Prese più volte il respiro prima di cominciare a parlare, e quando ci riuscì lo fece a voce bassa e senza guardare l’amica.

«Io... io mi sono comportata come un’idiota. È colpa di quell’uomo maledetto! Quando non è davanti a me non riesco a pensare ad altro, quando c’è non riesco a pensare e basta! Tu... tu mi devi richiamare quando... quando mi comporto da idiota. Mi affido a te, Elayne.» La voce rimase bassa, ma il tono divenne quasi lamentoso. «Non posso permettermi di perdere il buon senso, non adesso.»

Elayne era così stupita che per un attimo non riuscì neppure a parlare.

Nynaeve aveva appena ammesso di star facendo l’idiota? Quasi si girò a controllare se il sole non era diventato verde! «La colpa non è di Lan e tu lo sai, Nynaeve» le disse poi. Spinse via il ricordo dei recenti pensieri che aveva, fatto su Rand. Non era la stessa cosa. E poi quell’occasione era un dono della Luce. L’indomani, Nynaeve l’avrebbe di sicuro presa a schiaffi se lei l’avesse accusata di comportarsi da idiota. «Datti una regolata, Nynaeve. Smettila di comportarti come una ragazzina.» Nessun pensiero su Rand! E di sicuro lei non aveva perso la testa a quel modo! «Sei un’Aes Sedai, e dovresti guidare tutte noi. Guidare! Comincia a ragionare!»

Con le mani conserte, Nynaeve chinò addirittura il capo. «Ci proverò» rispose in un mormorio. «Lo farò davvero. Anche se non sai come ci si sente. Io... mi dispiace.»

Elayne quasi si ingoiò la lingua. Nynaeve che chiedeva scusa, oltre a tutto il resto? Nynaeve imbarazzata? Forse era malata.

Non durò a lungo, ovviamente. Guardando gli angreal con un improvviso cipiglio, Nynaeve si schiarì la voce. «Ne hai dato uno ad Aviendha, vero?» chiese bruscamente. «Be’, immagino sia giusto. È un peccato doverne lasciare usare uno al Popolo del Mare. Scommetto che proveranno a tenerselo. Be’, che ci provino! Qual è il mio?»

Con un sospiro, Elayne le passò il bracciale con i quattro anelli e Nynaeve andò via impettita, giocherellando col gioiello nella mano sinistra e chiedendo a gran voce che tutte prendessero i loro posti. A volte, era difficile capire se quella donna guidava o tiranneggiava. Anche se di recente non aveva fatto così spesso né l’una né l’altra cosa.

La Scodella dei Venti era al centro della cima della collina, poggiata sui teli che prima la avvolgevano. Un grosso disco concavo di cristallo dal diametro di una sessantina di centimetri, lavorato all’interno con rappresentazioni di dense nuvole turbinanti. Un oggetto decorato, ma comunque semplice rispetto a ciò che poteva fare. A ciò che speravano facesse.

Nynaeve andò al suo posto, e l’angreal scattò chiudendosi intorno al suo posto. Lei mosse la mano, e parve sorpresa quando si accorse che le catenelle non la intralciavano in alcun modo: era come se quell’oggetto fosse fatto apposta per la sua mano. Le tre donne della Famiglia erano già lì, Kirstian e Garenia addossate dietro Reanne e più spaventate di prima, se mai era possibile. Le Cercavento erano ancora schierate dietro Renaile, a una ventina di passi di distanza.

Alzando la gonna da cavallerizza per poter camminare meglio, Elayne raggiunse Aviendha vicino alla Scodella e guardò con sospetto le Atha’an Miere. E se avessero fatto storie? Era la sua paura sin da quando aveva sentito che alla fattoria potevano esserci donne abbastanza forti da potersi unire a quell’operazione. Il Popolo del Mare teneva alle questioni di rango anche più della Torre Bianca, e la presenza di Garenia implicava che Renaile din Calon Stella Azzurra, Cercavento della Maestra delle Navi degli Atha’an Miere, non avrebbe fatto parte del circolo. Non poteva.

E Renaile stava guardando accigliata le donne intorno alla Scodella.

Sembrava le soppesasse una per una, valutandone le potenzialità. «Talaan din Gelyn,» abbaiò all’improvviso «al tuo posto!» Fu come una frustata.

Anche Nynaeve sobbalzò.

Talaan fece un profondo inchino, toccandosi il petto, poi corse alla Scodella. Non appena lei si mosse, Renaile abbaiò di nuovo. «Metarra din Junalle, al tuo posto!» Metarra, rotonda ma dall’aspetto solido, partì alle calcagna di Talaan. Le due apprendiste erano troppo giovani e non si erano ancora guadagnate quello che il Popolo del Mare definiva ‘nome di sale’.

Una volta cominciato, Renaile continuò a snocciolare rapidamente gli altri nomi, mandando Rainyn e altre due Cercavento, che si mossero in fretta anche se non quanto le due apprendiste. Secondo il numero dei medaglioni, Naime e Rysael erano di rango più elevato di Rainyn, donne contegnose con un’aria di serena autorità, ma erano anche molto più deboli di lei nel Potere. Poi Renaile fece una pausa, solo un istante, che però in quell’elenco serrato si avvertì nettamente. «Tebreille din Gelyn Vento del Sud, al tuo posto. Caire din Gelyn Onda che Corre, al comando!»

Elayne provò un momentaneo sollievo perché Renaile aveva deciso di non prendere parte al circolo, ma durò quanto prima era durata la pausa della Cercavento. Tebreille e Caire si scambiarono un’occhiata, una con espressione truce l’altra altezzosa, prima di andare verso la Scodella. Gli otto orecchini e i tanti medaglioni sovrapposti le contrassegnavano entrambe come Cercavento di una Maestra delle Onde. Solo Renaile era di rango superiore a loro due e, tra le donne del Popolo del Mare presenti in cima quella collina, Dorile era l’unica loro pari. Vestita di seta braccata di giallo, Caire era un po’ più alta, mentre Tebreille, seta broccata di verde, aveva il volto per certi versi più duro, ma erano entrambe molto belle, e non c’era bisogno dei loro cognomi per capire che erano sorelle di sangue.

Avevano gli stessi occhi grandi e quasi neri, lo stesso naso dritto, lo stesso mento volitivo. Caire indicò silenziosamente un posto alla sua destra e Tebreille raggiunse la sorella, anche lei senza parlare e senza esitazioni, ma con il volto di pietra. Adesso intorno alla Scodella c’era un cerchio di tredici donne, quasi spalla a spalla. Gli occhi di Caire quasi brillavano, quelli di Tebreille erano cinerei. Elayne si ricordò un altro dei detti di Lini: nessun coltello è più tagliente dell’odio di una sorella.

Caire guardò le donne disposte intorno alla Scodella, un cerchio ma non ancora un circolo, come se volesse imprimersi nella memoria ogni viso. O come se volesse lasciare impresso il proprio cipiglio nelle loro menti. Tornata in sé, Elayne si affrettò a passare a Talaan l’ultimo angreal, la piccola tartaruga d’ambra, e le mostrò come usarlo. Era semplice, ma provarci senza spiegazioni poteva portare a ore e ore di tentativi inutili. Non le fu dato il tempo di pronunciare più di cinque parole.

«Silenzio!» ruggì Caire. Coi pugni tatuati poggiati sui fianchi e i piedi scalzi ben piantati, sembrava fosse sul ponte di una nave pronta a entrare in guerra. «Nessuna di quelle in postazione può parlare senza il mio permesso. Talaan, non appena tornerai sulla tua nave dovrai fare rapporto.»

Niente nel suo tono lasciava capire che stesse parlando con sua figlia. Talaan fece un profondo inchino, portandosi una mano al petto, e mormorò qualcosa a voce troppo bassa perché si sentisse. Caire sbuffò sprezzante — e rivolse a Elayne un’occhiataccia: era evidente che avrebbe voluto poter ordinare anche a lei di fare rapporto — prima di continuare a voce così alta che la si sarebbe sentita anche dalla base della collina. «Oggi, faremo qualcosa che nessuno ha più fatto sin dalla Frattura del Mondo, quando i nostri antenati combatterono con onde e vento impazziti. Loro riuscirono a sopravvivere, grazie alla Scodella dei Venti e alla pietà della Luce. Oggi, anche noi useremo la Scodella dei Venti, perduta per più di duemila anni e ora tornata a noi. Ho studiato le antiche tradizioni, ho studiato i documenti dei giorni in cui le nostre progenitrici cominciarono a conoscere il mare e la Tessitura dei Venti, quando il sale entrò nel nostro sangue. Tutto quello che si sa sulla Scodella dei Venti io l’ho appreso, meglio di chiunque altro.» Rivolse una rapida e compiaciuta occhiata a sua sorella, che però non mostrò alcuna reazione. Questo parve compiacerla anche di più. «Ciò che le Aes Sedai non possono fare, io lo farò oggi, se la Luce mi assiste. E mi aspetto che ognuna di voi resti al suo posto fino alla fine. Non accetterò nessun fallimento.»

Le altre Atha’an Miere parvero reputare quel discorso normale e giusto, ma le donne della Famiglia guardarono Caire con espressioni di stupore.

Secondo Elayne, ‘pomposa’ era appena sufficiente per descrivere quella dichiarazione: chiaramente Caire si aspettava che la Luce la assistesse, e si sarebbe molto contrariata se non l’avesse fatto! Nynaeve alzò gli occhi al cielo e aprì la bocca, ma la Cercavento parlò prima di lei.

«Nynaeve,» disse a gran voce «adesso ci mostrerai la tua abilità nel creare il legame. Comincia pure, donna, e fai in fretta!»

In tutta risposta, Nynaeve chiuse gli occhi. Le tremavano le labbra.

Sembrava che stesse per scoppiarle un vaso sanguigno. «Immagino questo significhi che ho il permesso di parlare!» mormorò. Per fortuna, la voce era troppo bassa perché arrivasse fino a Caire, dall’altra parte del cerchio rispetto a lei. Aprendo gli occhi, Nynaeve atteggiò le labbra in un sorriso che ebbe un effetto piuttosto spaventoso, aggiunto all’espressione del resto del suo volto. Sembrava che avesse acidità di stomaco e diversi altri malanni, tutti insieme.

«Per prima cosa bisogna abbracciare la Vera Fonte, Caire.» La luce di saidar si accese all’improvviso intorno a Nynaeve: da quello che Elayne poteva percepire, la donna stava già usando l’angreal che aveva intorno al polso. «Immagino che, ovviamente, questo tu lo sappia già fare.» Ignorando le labbra serrate e tese della Cercavento, Nynaeve proseguì: «Adesso Elayne mi aiuterà nella dimostrazione. Sempre che abbiamo il tuo permesso. »

«Io ora mi accingo ad abbracciare la Fonte,» spiegò subito Elayne prima che Caire esplodesse «ma non si tratta di un contatto vero e proprio con il Potere.» Si aprì a saidar, e le Cercavento si sporsero in avanti per guardarla, anche se in realtà non c’era nulla da vedere. Anche Kirstian e Garenia dimenticarono la loro paura abbastanza da mostrare interesse. «A questo punto, è tutto nelle mani di Nynaeve.»

«Io ora mi protendo verso di lei...» Nynaeve fece una pausa, guardando Talaan. Elayne non aveva potuto spiegarle granché, in realtà. «Più o meno è come usare un angreal» disse Nynaeve rivolta alla magra apprendista.

Caire ringhiò, e Talaan provò a guardare Nynaeve tenendo il capo chino.

«Ci si apre alla Fonte attraverso un angreal, ed è proprio quello che farò io con Elayne. È come abbracciare contemporaneamente l’angreal e la Fonte.

Non è molto difficile, in realtà. Guarda, e vedrai. Quando sarà il tuo turno di entrare nel circolo, apriti a saidar ma non entrare in contatto. Così, quando abbraccerò la fonte attraverso te, userò anche il tuo angreal.»

Concentrazione o meno, il sudore cominciò a imperlare la fronte di Elayne. Ma non era dovuto al caldo. La Vera Fonte la chiamava a sé, e lei ne echeggiava ogni pulsazione. Quel richiamo era imperioso. Più a lungo restava in bilico tra il toccare e il non toccare il Potere, più forte sarebbe diventato quel desiderio, quel bisogno. Elayne cominciò a tremare leggermente. Vandene le aveva detto che quell’anticipazione era peggiore per chi incanalava da più tempo.

«Guarda con Aviendha» disse Nynaeve a Talaan. «Lei sa come...» Vide il volto di Elayne e concluse in tutta fretta: «Tu guarda!»

Non era proprio come usare un angreal, ma ci andava assai vicino. E non era una cosa da fare in fretta, ma Nynaeve aveva un tocco tutt’altro che delicato. Elayne si sentì come se qualcuno la stesse scuotendo: fisicamente non le accadde nulla, ma nella mente le sembrò di rimbalzare tutt’intorno, di scendere all’impazzata giù per la collina. Peggio ancora, fu spinta verso l’abbraccio di saidar con struggente lentezza. Durò meno di un secondo, ma fu come se passassero ore, giorni. Le veniva da urlare, ma non riusciva neppure a respirare. E a un tratto, come se fosse crollata una diga, l’Unico Potere le si riversò dentro, un torrente di vita e gioia, una benedizione, ed Elayne riprese a respirare in un lungo sospiro di piacere e sollievo così totale che le tremarono le gambe. Dovette impegnarsi molto per non ansimare. Barcollante, si raddrizzò e rivolse una dura occhiata a Nynaeve, che si strinse nelle spalle per chiederle scusa. Due volte nella stessa giornata! Il sole a quel punto doveva per forza essere diventato verde.

«Ora controllo il flusso di saidar che scorre in lei oltre che il mio,» proseguì Nynaeve quasi senza guardare Elayne negli occhi «e sarà così finché non sciolgo il legame. Però non devi temere che chi guida il circolo» lanciò un’occhiataccia a Caire e tirò su col naso «possa farti attingere a una quantità eccessiva di Potere. È davvero molto simile a quando si usa un angreal. L’angreal ti protegge da un eventuale sovraccarico e, più o meno allo stesso modo, in un circolo non puoi correre quel rischio. In effetti, non puoi neanche raggiungere il tuo quantitativo massimo, altrim...»

«Questo è pericoloso!» la interruppe Renaile, facendosi spazio a spallate tra Caire e Tebreille. Il suo sguardo trovo comprendeva Elayne, Nynaeve e anche le Aes Sedai fuori dal circolo. «Vuoi dire che una donna può imprigionarne un’altra e usarla? Da quanto tempo le Aes Sedai lo sanno? Ti avverto, se cercherete di usare una di noi...»

Questa volta fu lei a essere interrotta. «Non funziona così, Renaile.» Sareitha toccò Garenia che, insieme a Kirstian, balzò di lato per farle spazio.

La giovane Marrone lanciò a Nynaeve un’occhiata incerta, poi incrociò le mani e assunse un tono professorale, quasi stesse facendo lezione a delle alunne. E mostrò anche una certa compostezza: forse davvero vedeva Renaile come un’allieva. «La Torre studia questo argomento da tanti anni, da molto prima delle Guerre Trolloc. Ho letto ogni libro sull’argomento conservato nella biblioteca della Torre. Ed è stato dimostrato senza possibilità di dubbio che nessuna donna può costringerne un’altra ad accettare un legame contro la sua volontà. È semplicemente impossibile: se qualcuna ci prova, non succede nulla. È necessaria una resa spontanea, proprio come quando si abbraccia saidar.» Sembrava sicura al di là di ogni incertezza, ma Renaile era ancora accigliata; troppe persone sapevano che le Aes Sedai erano in grado di aggirare quel loro Giuramento sulla verità.

«E perché l’avevano studiato?» chiese la Cercavento. «Perché alla Torre Bianca interessava questo argomento? O magari voi Aes Sedai lo studiate ancora?»

«Questo è ridicolo.» La voce di Sareitha trasudava esasperazione. «Se proprio lo vuoi sapere, fu necessario studiarlo per via dei problemi con gli uomini in grado di incanalare. La Frattura del Mondo era ancora un vivido ricordo per alcune, all’epoca. Immagino che non siano molte le sorelle che lo ricordano — prima delle Guerre Trolloc non era neppure parte dell’addestramento necessario — ma anche gli uomini possono far parte di un circolo, e siccome questo non si interrompe neppure quando i suoi membri si addormentano... Be’, puoi vederne da sola i vantaggi. In questo senso, purtroppo, gli esperimenti portarono tutti al fallimento. Tornando al nostro problema, ti ripeto che è impossibile costringere una donna a prendere parte a un circolo. Se non ci credi, prova tu stessa e vedrai.»

Renaile annuì, decidendo infine di fidarsi: non restavano chissà quali alternative, dopo che un’Aes Sedai aveva fatto una dichiarazione così diretta.

Eppure Elayne aveva ancora delle perplessità. Cosa c’era scritto nei libri non conservati alla Torre? Aveva notato un lieve cambiamento nel tono di Sareitha a un certo punto. Aveva delle domande, ma se le sarebbe conservate per dopo, con meno orecchie intorno.

Quando Renaile e Sareitha si allontanarono, Nynaeve diede un’altra sistemata alla gonna, sfogando così l’evidente irritazione per essere stata interrotta, e si accinse a riprendere il discorso.

«Continua la dimostrazione, Nynaeve» ordinò brusca Caire. Il suo volto era liscio come un lago gelato, ma nemmeno lei sembrava particolarmente tranquilla.

Nynaeve mosse la bocca a vuoto prima di riuscire a produrre qualche suono, poi parlò tutto d’un fiato, quasi temesse altre intromissioni.

La lezione successiva riguardava il modo per passare il controllo del circolo. Anche in questo caso bisognava agire spontaneamente, e quando Elayne si protese verso Nynaeve trattenne il respirò finché non avverti il cambiamento: adesso era lei a controllare il Potere che le scorreva dentro.

E che scorreva attraverso Nynaeve, ovviamente. Aveva temuto fino alla fine che non funzionasse. Nynaeve era in grado di formare un circolo con grande facilità, anche se con ben poca delicatezza, ma cedere il comando implicava una sorta di resa, e quella donna aveva notevoli problemi a rinunciare al controllo o a farsi includere in un circolo, come un tempo aveva avuto difficoltà ad arrendersi a saidar. E proprio per questo era Elayne ad avere il comando, adesso. Alla fine sarebbe stato necessario passarlo a Caire, e c’era il pericolo che Nynaeve non riuscisse a cederlo di nuovo. Per lei era persino più difficile che scusarsi.

Elayne stabilì il legame con Aviendha, affinché Talaan potesse vedere anche come funzionava con un angreal, per quel poco che c’era da vedere, e funzionò alla perfezione: le ci volle davvero poco tempo per includere nel circolo la Aiel, che si unì con gran naturalezza. E alla fine anche Talaan si inserì facilmente, aggiungendo senza alcun intralcio il proprio flusso di saidar incrementato dall’angreal. Una alla volta, Elayne accolse tutte le componenti del circolo, e quasi rabbrividì per il torrente di Potere che le scorreva dentro. Nessuna di quelle donne stava attingendo la propria quantità massima ma, soprattutto grazie alla presenza degli angreal, la somma di tutte loro era davvero notevole. La consapevolezza sensoriale di Elayne si elevava sempre più. Riusciva a sentire i pesanti profumi nelle scatolette d’oro traforato che le Cercavento portavano al collo, e li distingueva uno per uno. Vedeva ogni singola piega e increspatura negli abiti di tutte le donne presenti in cima alla collina, le vedeva nitide come se tenesse il volto schiacciato contro il tessuto, anche meglio. Avvertiva il debolissimo spostamento dell’aria sulla pelle, carezze che neppure avrebbe notato senza il Potere.

E, ovviamente, andava anche oltre la propria coscienza. Il legame che si stabiliva in un circolo aveva una certa somiglianza con quello tra Aes Sedai e Custodi, era altrettanto profondo e per certi versi anche più intimo.

Elayne sapeva che Nynaeve provava dolore al tallone destro per una piccola vescica dovuta all’arrampicata sulla collina: quella donna parlava sempre di scarpe robuste, ma aveva un debole per quelle leggere e molto ricamate. In quel momento era torva in volto e fissava Caire, teneva le braccia incrociate e le dita con gli anelli dell’angreal giocherellavano con la treccia che scendeva dalla spalla destra, pareva composta, tutta d’un pezzo, ma dentro di lei infuriava una bufera di emozioni. Paura, preoccupazione, attesa, irritazione, sospetto e impazienza rimbalzavano una contro l’altra e tra esse fluiva, a volte sommergendole, un tepore, onde di caldo che minacciavano di diventare fuoco. Nynaeve le reprimeva non appena si presentavano, ma quelle onde tornavano sempre. A Elayne sembrava quasi di capire a cosa fossero dovute, ma era come intravedere qualcosa con la coda dell’occhio, qualcosa che è già sparita quando ti giri a controllare.

Con sua sorpresa, anche Aviendha aveva paura, ma in lei era un’emozione minore, tenuta sotto stretto controllo e quasi schiacciata dalla determinazione. Garenia e Kirstian, che erano visibilmente scosse, provavano un terrore quasi assoluto, così forte che c’era da sorprendersi che fossero riuscite ad abbracciare la Fonte. Reanne, che pure si lisciava continuamente la gonna, tracimava in realtà di una bramosa impazienza. Le Atha’an Miere, dal canto loro... Persino Tebreille trasudava attenzione e ansia, e non c’era bisogno di notare le rapide occhiate di Metarra e Rainyn per capire che il fulcro di quelle emozioni era Caire, la Cercavento che osservava le altre, impaziente e autoritaria.

Elayne l’aveva lasciata per ultima, e non rimase particolarmente sorpresa quando le ci vollero quattro tentativi — quattro! — per includere anche lei nel circolo. Caire non era molto diversa da Nynaeve, quando si trattava di cedere il controllo. Elayne sperò con tutta sé stessa che quella donna fosse stata scelta per la sua abilità, non per questioni di rango.

«Adesso ti passerò la guida del circolo» disse alla Cercavento dopo averla accolta. «Se ti ricordi come ho fatto con Nyn...» Le parole le si gelarono in gola quando le fu brutalmente sottratto il controllo, e si sentì come se un’improvvisa raffica di vento le avesse strappato di dosso i vestiti o le avesse tirato via le ossa. Emise un respiro forte e serrato, e se anche sembrò che stesse sputando... be’, pazienza.

«Bene» fece Caire, strofinandosi le mani. «Bene.» Si concentrò sulla Scodella, piegando il capo da una parte e dall’altra mentre la studiava. Forse però non era completamente concentrata sul di essa: Reanne fece per sedersi e lei, senza neppure alzare lo sguardo, scattò: «Rimani al tuo posto, donna! Non stiamo mica preparando un pasticcio di pesce! Resta ferma finché non hai il permesso di muoverti!»

Colta di sorpresa, Reanne si rimise in piedi di scatto, mormorando tra sé, ma per Caire era come se avesse cessato di esistere. Gli occhi della Cercavento erano fissi sulla piatta sagoma di cristallo. Elayne sentiva che la risolutezza di quella donna era abbastanza forte da poter spostare una montagna. Ma c’era anche qualcos’altro. Un’emozione fugace, subito soppressa.

Incertezza. Incertezza? Se, dopo tutto quello che avevano passato, quella donna in realtà non sapeva cosa fare...

In quell’istante Caire chiamò a sé il Potere, con forza. Saidar fluì attraverso Elayne, quasi tutto quello che lei riusciva a contenere; un anello di luce prese vita e unì le donne del circolo, più luminoso intorno a quelle che usavano un angreal, ma in nessun punto fioco. Elayne osservò con attenzione Caire che incanalava, formando una complessa tessitura con tutti i Cinque Poteri, una stella a quattro punte che poggiò sulla Scodella con quella che a Elayne parve senza dubbio una precisione assoluta. La stella entrò a contatto con il cristallo, ed Elayne ansimò. Una volta aveva incanalato un sottile rivolo di Potere nella Scodella — nel Tel’aran’rhiod’, per correre meno rischi, usando in realtà solo un riflesso della Scodella, ma era stato comunque un gesto pericoloso — e il cristallo trasparente era diventato azzurro, e le nuvole incise avevano cominciato a muoversi. Adesso la Scodella dei Venti aveva assunto un azzurro più intenso, il colore del cielo d’estate, ed era percorsa da batuffoli di nuvole bianche.

La stella divenne a cinque punte, e la composizione della tessitura cambiò leggermente, e la Scodella adesso era un mare verde che si sollevava in grandi onde. Le punte arrivarono a sei, e tornò il cielo, adesso blu, più scuro, invernale forse, con nuvole purpuree gonfie di pioggia o magari neve.

Sette punte, e sul mare grigio e verde si scatenò la bufera. Otto punte e di nuovo il cielo. Nove e il mare, e all’improvviso Elayne sentì che era la Scodella stessa a trarre a sé saidar, un torrente in piena, molto più di quanto l’intero circolo poteva gestire.

I cambiamenti proseguirono senza sosta all’interno della Scodella, da mare a cielo, da onde a nuvole, ma da quel piatto disco di cristallo si alzò una ritorta colonna di saidar, i flussi erano intrecciati, Fuoco e Aria, Acqua e Terra e Spirito, una colonna dal disegno intricato larga quanto la Scodella che salì verso il cielo finché la sommità non fu più visibile. Caire continuò con la sua tessitura, il volto grondante di sudore; si fermava solo per sbattere le palpebre e togliersi le gocce salate dagli occhi mentre esaminava le immagini nella Scodella, poi cambiava la tessitura, e lo schema dell’intreccio nella spessa colonna si modificava a sua volta, quasi fosse l’eco dei flussi usati dalla Cercavento.

Elayne si rese conto che aveva fatto davvero un’ottima cosa decidendo di non essere lei a guidare il circolo: quello che stava facendo Caire richiedeva anni di studio. Molti anni. E poi, all’improvviso, capì anche un’altra cosa. Quell’intreccio di saidar sempre mutevole si avvolgeva intorno a qualcosa, qualcosa di non visto, che rendeva solida la colonna. La ragazza deglutì a fatica. La Scodella stava attingendo a saidin, oltre che a saidar.

La speranza di essere l’unica ad averlo capito morì non appena lanciò un’occhiata alle altre donne. Metà di queste fissavano la colonna ritorta con un’espressione di disgusto che avrebbe fatto pensare a un’apparizione del Tenebroso. Nelle emozioni che Elayne condivideva con loro, la paura cresceva sempre più. Alcune erano ormai arrivate ai livelli di Garenia e Kirstian, e c’era da stupirsi se queste due non erano ancora svenute. Nynaeve era a un passo dal dare di stomaco, nonostante il volto all’improvviso fin troppo sereno. Anche Aviendha era calma all’apparenza, ma la paura, che prima era così piccola, ora vibrava e pulsava nel tentativo di farsi più grande.

Da Caire giungeva solo determinazione, forte come il duro acciaio dell’espressione del suo volto. Niente avrebbe intralciato il cammino della Cercavento, men che mai la semplice presenza di saidin che mischiava alla sua tessitura la contaminazione dell’Ombra. Niente l’avrebbe fermata. Continuava a lavorare i flussi, e a un tratto dall’ormai invisibile vetta della colonna sbocciarono ragnatele di saidar, come i raggi irregolari di una ruota, un ventaglio quasi solido verso sud, più rado verso nord e nordest, mentre altri raggi, solitari e più fragili, si allungavano in altre direzioni. Cambiavano man mano che crescevano, sempre diversi nel loro stendersi nel cielo, lontano, finché anche le estremità di quel disegno non divennero invisibili.

E anche quello schema non era composto solo di saidar, Elayne ne era certa: in alcuni punti la ragnatela pareva impigliarsi e curvare intorno a qualcosa che lei non riusciva a vedere. Ma Caire continuava a intessere, e la colonna danzava obbedendo alla sua volontà, saidar e saidin insieme, e la ragnatela mutava e fluiva come un caleidoscopio sghembo lanciato in cielo che svaniva lontano, sempre più lontano.

Senza alcun avvertimento, Caire si raddrizzò, massaggiandosi la schiena con le nocche, e lasciò andare la Fonte. Colonna e ragnatela sparirono, e la Cercavento più che sedersi si accasciò col fiato grosso. La Scodella ridiventò trasparente, ma lungo i bordi ancora guizzavano e crepitavano chiazze di saidar. «È fatta, col volere della Luce» disse lei esausta.

Elayne l’aveva a malapena sentita. Quello non era modo di porre fine a un circolo. Quando Caire l’aveva lasciato andare, il Potere era svanito da tutte le donne contemporaneamente. Elayne aveva sgranato gli occhi. Per un attimo, era stato come trovarsi in cima alla più alta torre del mondo, che all’improvviso non esisteva più! Solo un attimo, ma tutt’altro che piacevole. Si sentiva stanca, ma sapeva che si sarebbe sentita assai peggio se la sua funzione non fosse stata quella di semplice condotto. La sensazione che avvertiva con maggiore intensità era di smarrimento. Lasciar andare saidar era di per sé una pena: vederlo semplicemente svanire andava al di là di ogni immaginazione.

Ma le altre avevano sofferto anche più di lei. Quando il bagliore che univa il circolo si era spento, Nynaeve era caduta a sedere all’improvviso, come se le si fossero liquefatte le gambe, aveva carezzato l’angreal che portava al polso, fissandolo mentre continuava ad ansimare. Il sudore le colava sul viso. «Mi sento come un setaccio da cucina dove hanno appena scaricato tutto un mulino» aveva mormorato. Dover contenere tutto quel Potere aveva i suoi costi, anche quando si usava un angreal.

Talaan ancora vacillava, una canna al vento, e lanciava sguardi furtivi a sua madre: aveva ancora paura di sedersi. Aviendha invece era ben dritta, ma la sua espressione diceva che si trattava soprattutto di forza di volontà.

Poi però rivolse a Elayne un leggero sorriso e un cenno nel linguaggio segreto delle Fanciulle — ‘ne valeva la pena’ — al quale ne aggiunse subito un altro — ‘anche di più’. Tutte le altre donne sembravano esauste, anche se non come quelle che avevano usato gli angreal. Alla fine la Scodella dei Venti divenne di nuovo immobile, tornò a essere solo una grande scodella di cristallo trasparente, ma adesso le decorazioni rappresentavano onde torreggianti. Saidar però era ancora presente, anche se non più intessuto da nessuna di loro, invisibile, eppure percettibile in deboli guizzi come quelli che fino a poco prima animavano i bordi della Scodella.

Nynaeve alzò il capo per guardare accigliata il cielo ancora terso, poi puntò su Caire gli occhi torvi. «Tutto questo per cosa? Abbiamo ottenuto un risultato o no?» Una leggera brezza si agitava in cima a quell’altura, calda come l’aria in una cucina.

La Cercavento si mise in piedi a fatica. «Credi che realizzare una Tessitura dei Venti sia come muovere il timone di una perca?» chiese sprezzante. «Ho appena girato la ruota del timone di una nave che ha per fasciame il mondo intero! Ci vorrà tempo perché questo vascello cambi rotta, perché capisca che gli è richiesto di farlo. Che deve cambiare rotta. Ma quando lo farà, nemmeno il Padre delle Tempeste in persona potrà arrestarlo. Ci sono riuscita, Aes Sedai, e ora la Scodella dei Venti è nostra!»

Renaile andò verso il cerchio di donne e si inginocchiò accanto alla Scodella. Con cura, cominciò ad avvolgervi intorno il telo di seta bianca. «La porterò alla Maestra delle Navi» disse a Nynaeve. «Abbiamo tenuto fede alla nostra parte dell’accordo. Ora tocca a voi Aes Sedai.» Merilille emise un suono gutturale, ma quando Elayne si girò a guardarla la Grigia era l’immagine stessa della compostezza.

«Forse avete fatto la vostra parte» disse Nynaeve, alzandosi su gambe malferme. «Forse. Lo sapremo quando questo... questo vostro vascello cambierà rotta. Se accadrà!» Renaile alzò lo sguardo dalla Scodella per fissarlo su di lei, ma Nynaeve la ignorò. «Strano» mormorò, strofinandosi una tempia. L’angreal le si impigliò nei capelli, e lei fece una smorfia.

«Riesco quasi a sentire un eco di saidar. Deve essere questo bracciale coi suoi anelli!»

«No» rispose lentamente Elayne. «Anche io lo sento.» Non solo il debole crepitare nell’aria, e non era un’eco, non proprio. Piuttosto l’ombra di un’eco, così sottile che era come avvertire qualcuno che usava saidar a... Si girò. A sud i fulmini si accesero all’orizzonte, dozzine di saette argentate contro il cielo del pomeriggio. Molto vicino a Ebou Dar.

«Un temporale?» chiese con ansia Sareitha. «Forse il clima sta già tornando normale.» Ma non c’erano nuvole nel cielo dal quale cadevano i fulmini biforcuti. Sareitha non era abbastanza forte per poter avvertire saidar che veniva usato a una tale distanza.

Elayne rabbrividì. Neanche lei era abbastanza forte per quello. A meno che non ne stessero usando quanto ne avevano usato loro in cima a quella collina. Cinquanta o magari cento Aes Sedai, che incanalavano tutte nello stesso momento. Oppure... «Non può essere un Reietto» mormorò. Qualcuna alle sue spalle gemette.

«Uno da solo non potrebbe fare una cosa del genere» concordò Nynaeve a voce bassa. «Forse loro non hanno percepito quello che abbiamo fatto, forse, ma a meno che non siano tutti ciechi ci hanno visto. Che la Luce folgori la nostra malasorte!» Voce bassa o meno, era agitata: più di una volta aveva ripreso Elayne per aver usato espressioni simili. «Porta con te chiunque voglia venire in Andor, Elayne. Io... ti raggiungerò lì. Mat è in città. Devo tornare da lui, che sia folgorato. Quel ragazzo è venuto per me, glielo devo.»

Elayne si strinse nelle spalle e trasse un lungo respiro. Poteva anche lasciare la regina Tylin alla misericordia della Luce: sarebbe sopravvissuta, se era possibile. Ma Mat Cauthon, il suo stranissimo, interessantissimo suddito, il più improbabile dei salvatori... Era venuto anche per lei, e le aveva offerto di più. E poi c’era Thom Merrilin, il caro Thom, che lei a volte ancora desiderava si rivelasse il suo vero padre, e che la Luce si occupasse di ciò che questo avrebbe fatto di sua madre. E il ragazzo, Olver, e Chel Vanin, e... Doveva pensare come una regina. La Corona di Rose è più pesante di una montagna, le aveva detto sua madre, e il dovere ti farà piangere, ma tu devi sopportare e fare ciò che è necessario.

«No» disse Elayne. Poi, con maggiore fermezza: «No. Guardati, Nynaeve: ti reggi a stento in piedi. Se anche andassimo tutte noi, cosa potremmo fare? Quanti Reietti ci saranno? Moriremmo, o ci toccherebbe una sorte anche peggiore, e sarebbe comunque inutile. I Reietti non hanno motivo di cercare Mat e gli altri. È a noi che danno la caccia.»

Nynaeve la guardò a bocca aperta. La cocciuta Nynaeve, con il sudore che le colava sul viso e le gambe malferme. La meravigliosa, valorosa, folle Nynaeve. «Stai suggerendo di abbandonarlo, Elayne? Aviendha, dille qualcosa. Dille qualcosa su quell’onore del quale non fai altro che parlare!»

La Aiel esitò, poi scosse il capo. Era sudata quasi quanto Nynaeve, e a giudicare da come si muoveva era altrettanto stanca. «Ci sono momenti in cui si combatte anche se non si hanno speranze di vittoria, Nynaeve, ma Elayne ha ragione. Le Anime dell’Ombra non stanno cercando Mat Cauthon, ma noi e la Scodella. Forse lui ha già lasciato la città. Se andiamo lì, rischiamo di dare al nemico il modo di disfare ciò che abbiamo appena fatto. Ovunque mandiamo la Scodella, riusciranno a farci dire con chi l’abbiamo mandata e dove.»

Il volto di Nynaeve si accartocciò in una smorfia di dolore. Elayne le si avvicinò per abbracciarla.

«Progenie dell’Ombra» urlò qualcuna, e all’improvviso le donne sulla collina stavano tutte abbracciando saidar. Dalle mani di Merilille, Careane e Sareitha partirono palle di fuoco, lanciate quanto più rapidamente possibile. Un’immensa forma alata avvolta dalle fiamme cadde giù dal cielo lasciandosi dietro una scia di fumo oleoso e finì appena oltre il dirupo.

«Ce n’è un altro!» gridò Kirstian indicando verso l’alto. Una seconda creatura alata sfrecciò via dalla collina, il corpo grande come quello di un cavallo, il collo lungo proteso in avanti e una coda ancor più lunga tesa all’indietro. Due figure erano accovacciate in groppa a quell’animale, schiacciate contro la sua schiena. Una tempesta di fuoco inseguì la bestia, fuoco che Aviendha e le Atha’an Miere furono le più rapide a scagliare, anche se la tessitura delle donne del Popolo del Mare non comprendeva il gesto delle mani per lanciare le sfere fiammeggianti. Una raffica di fuoco così fitta che era come se Fuoco, uno dei Cinque Poteri, si fosse autonomamente creato dal nulla, e la bestia scartò oltre una collina dal lato opposto della fattoria, e parve svanire.

«L’abbiamo ucciso?» chiese Sareitha. Aveva gli occhi accesi e il respiro pesante per l’agitazione.

«L’abbiamo almeno colpito?» ruggì disgustata una Atha’an Miere.

«Progenie dell’Ombra» mormorò sbalordita Merilille. «Qui! Quanto meno abbiamo la prova che a Ebou Dar ci sono i Reietti.»

«Non era progenie dell’Ombra» disse cupa Elayne. Il volto di Nynaeve era dipinto d’angoscia: anche lei aveva capito. «Si chiama ‘raken’. Sono arrivati i Seanchan. Dobbiamo andare, Nynaeve, e porteremo con noi tutte le donne della fattoria. Che abbiamo ucciso o meno quella bestia, ne verranno altre. Chiunque lasciamo indietro entro domattina porterà il collare e il guinzaglio di una damane.» Nynaeve annuì, lentamente, con dolore; a Elayne parve di sentirle mormorare: «Oh, Mat.»

Renaile si avviò di gran carriera con la Scodella tra le braccia, di nuovo coperta di bianco. «Alcune delle nostre navi hanno incontrato questi Seanchan. Se sono a Ebou Dar, allora i vascelli battono il mare. La mia nave sta combattendo per la vita, e io non sono sul ponte! Andiamo!» Formò subito la tessitura per un passaggio.

Si aggrovigliò inutilmente, com’era ovvio, lampeggiò per un istante prima di ridursi al nulla, ma Elayne non riuscì a trattenere un grido. Aveva provato ad aprire un passaggio proprio lì, in mezzo a tutte loro! «Non andrai da nessuna parte da qui, a meno che non abbia intenzione di restare in cima a questa collina abbastanza a lungo da conoscerla bene!» scattò. Si augurò che nessuna delle donne che avevano preso parte al circolo tentasse di realizzare la tessitura: maneggiare saidar era il modo più rapido per conoscere un posto. Lei sarebbe riuscita ad aprire un passaggio sin da subito, e con ogni probabilità lo stesso valeva per le altre. «E da nessun posto puoi andare su una nave in movimento; non credo che sia nemmeno possibile

Merilille annuì, anche se questo significava ben poco; le Aes Sedai credevano che un sacco di cose fossero reali, e solo alcune lo erano davvero. In ogni caso, era un bene se le donne del Popolo del Mare si accontentavano di quell’approvazione. Nynaeve, il volto tirato e gli occhi sgranati, non era affatto in condizione di comandare o guidare le altre, così Elayne andò avanti. Si augurò di riuscire a rendere omaggio alla memoria di sua madre.

«Ma, soprattutto, non andrai da nessuna parte se non dove andremo noi, perché l’accordo non è ancora completo: la Scodella dei Venti non vi apparterrà finché il tempo non sarà tornato normale.» Non era proprio vero, a meno di non distorcere un po’ il senso del patto, e infatti Renaile fece per protestare, ma Elayne proseguì senza darle tempo di parlare: «E anche perché hai fatto un accordo con Matrim Cauthon, un mio suddito. Vai dove decido io, oppure finisci legata a una sella. Tu stessa hai accettato queste condizioni. Quindi per adesso noi scendiamo da questa collina, Renaile din Calon Stella Azzurra, prima che i Seanchan ci travolgano con un’armata e qualche centinaio di donne capaci di incanalare che non aspettano altro che vederci al guinzaglio insieme a loro. Subito! Di corsa!»

Con sua sorpresa, le obbedirono.

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