Per un attimo, dopo che Egwene fu scesa, nessun altro si mosse. E poi Andorani e Murandiani andarono verso le Adunanti, quasi tutti insieme.
Evidentemente, una giovane Amyrlin — una giovane marionetta, un fantoccio di paglia! — non era interessante, non con tutti quei volti senza età che quanto meno assicuravano di avere di fronte un’Aes Sedai. Due o tre nobili si chiusero intorno a ciascuna Adunante, alcuni col mento alto in un’espressione imperiosa, altri col capo timidamente chino, ma tutti insistevano per essere ascoltati. La brezza tagliente soffiava via le nuvolette dei loro respiri e faceva sventolare i mantelli, dimenticati nell’urgenza di porre le varie domande. Anche Sheriam fu avvicinata, dal paonazzo lord Donel, che faceva sfuriate e inchini a turno.
Egwene tirò via Sheriam allontanandola da quell’uomo con gli occhi stretti. «Scopri con discrezione tutto quello che puoi su queste sorelle e la Guardia della Torre in Andor» le sussurrò in tutta fretta. Non appena lei liberò l’Aes Sedai, Donel reclamò la sua attenzione. Sheriam parve sentirsi addirittura vessata, ma il suo cipiglio sparì rapidamente. Donel prese a sbattere nervosamente le palpebre quando vide che era lei a fare le domande.
Romanda e Lelaine guardarono Egwene tra la folla con volti scolpiti nel ghiaccio, ma ognuna aveva intorno un paio di nobili che volevano... qualcosa. L’assicurazione che non ci fossero trucchi nascosti nelle parole di Egwene, forse. Le due Adunanti dovevano essere furiose, ma per quanto potessero provare a evitare quell’argomento — e ci avrebbero di sicuro provato — non c’era modo di non fornire quell’assicurazione senza ripudiare Egwene. E nemmeno loro due si sarebbero spinte a tanto. Non lì, non in pubblico.
Siuan scivolò accanto a Egwene, il volto atteggiato a una maschera di umiltà. Ma i suoi occhi guizzavano di continuo, forse alla ricerca di Romanda o Lelaine, temendo che una di loro potesse arrivare ad acciuffarle entrambe, dimenticandosi della legge, le usanze, la dignità e le persone che stavano a guardare. «Shein Chunla» quasi sibilò con la voce ridotta a un mormorio.
Egwene annuì, ma lei con gli occhi cercava Talmanes. Quasi tutti gli uomini e anche alcune donne erano alti abbastanza da poterlo nascondere al suo sguardo. E con tutto quel camminare e muoversi... Si alzò in punta di piedi. Dov’era finito?
Segan le si piazzò davanti, coi pugni sui fianchi, e guardò Siuan con perplessità. Egwene si abbassò in tutta fretta: l’Amyrlin non poteva starsene in punta di piedi come una ragazzina a un ballo che cerca un ragazzo.
Un bocciolo di rosa che si dispiega. Calma. Serenità. Accidenti a tutti gli uomini!
Magra, con lunghi capelli neri, Segan sembrava nata irascibile, la bocca piena fissa in un broncio. L’abito era di buona lana e fatto per tener caldi, ma c’era fin troppo ricamo verde acceso sul seno, e i guanti erano abbastanza colorati da andar bene a un Calderaio. Guardò Egwene dall’alto in basso, corrugando le labbra, con la stessa perplessità con la quale aveva guardato Siuan. «Quando hai parlato del registro delle novizie,» disse a un tratto «intendevi davvero ogni donna di qualsiasi età? Significa che chiunque può diventare Aes Sedai?»
Un argomento caro a Egwene, una risposta che avrebbe davvero desiderato dare — insieme a un ceffone per chi dubitava delle sue parole — ma proprio in quel momento un piccolo varco nel flusso di gente le mostrò Talmanes verso il fondo del padiglione. Stava parlando con Pelivar! I due avevano assunto pose rigide, come mastini quasi pronti a mostrare le zanne, ma stavano attenti a che nessuno arrivasse abbastanza vicino da sentire quello che si dicevano. «Qualsiasi donna di qualsiasi età, figlia» dichiarò Egwene con fare distratto. Pelivar?
«Grazie,» rispose Segan, e con una certa titubanza aggiunse «Madre.»
Abbozzò una riverenza, appena un accenno, poi si allontanò rapidamente.
Egwene rimase a guardarla a occhi sgranati. Be’, era un inizio.
Siuan sbuffò. «Non ho paura di portare la nave alle Dita del Drago di notte se è necessario» mormorò quasi tra sé. «Ne abbiamo già parlato; abbiamo valutato i pericoli, e in ogni caso non mi pare ci siano alternative, per il ventre di un gabbiano! Ma tu hai deciso di appiccare anche un incendio sul ponte per rendere le cose più interessanti. Prender nella rete un pesce leone non è abbastanza per te. Devi anche infilarti uno spinarello nel vestito. Non ti basta provare a evitare un branco di pesci spada...»
Egwene la interruppe. «Siuan, credo proprio che dirò a lord Bryne che tu sei pazza d’amore per lui. È solo giusto che lo sappia, non trovi?» Gli occhi di Siuan parvero uscire dalle orbite, e la bocca si mosse ma ne uscì fuori solo una sorta di gloglottio. Egwene le diede una pacca su una spalla. «Sei un’Aes Sedai, Siuan. Cerca di conservare almeno un po’ di dignità. E di scoprire qualcosa su queste sorelle in Andor.» La folla si aprì di nuovo. E lei vide Talmanes in un altro posto, ma sempre vicino al bordo del padiglione. E da solo, questa volta.
Sforzandosi di non correre, andò verso di lui, lasciando Siuan che ancora emetteva quel suo strano gemito. Un bel servitore dai capelli neri le cui brache abbondanti non riuscivano a nascondere dei polpacci ben torniti offrì a Siuan una fumante coppa d’argento su un vassoio. Altri servitori si aggiravano con altri vassoi d’argento. Alla fine i rinfreschi erano stati offerti, anche se un po’ in ritardo. Per il bacio di pace era decisamente troppo tardi. Egwene non sentì cosa disse Siuan quando afferrò la coppa, ma a giudicare da come l’uomo trasalì e cominciò a inchinarsi a ripetizione, doveva aver ricevuto quanto meno qualche scheggia tagliente del caratteraccio dell’Aes Sedai. Egwene sospirò.
Talmanes se ne stava a braccia conserte, e osservava quello che gli succedeva intorno con un sorriso divertito che però non coinvolgeva anche gli occhi. Pareva pronto a scattare in azione, ma gli occhi erano stanchi.
Quando lei lo raggiunse, le fece un rispettoso inchino, ma c’era una nota di sarcasmo nella sua voce quando disse: «Oggi hai cambiato un confine.» Si strinse nel mantello per proteggersi dalla brezza glaciale. «Il confine tra Andor e Murandy è sempre stato... fluido, non importa cosa dicono le mappe, ma gli Andorani non sono mai venuti a sud così numerosi. Se non per la Guerra Aiel e la Guerra dei Manti Bianchi, almeno, ma all’epoca erano solo di passaggio. Quando saranno rimasti qui per un mese, nuove mappe mostreranno una nuova linea di confine. Guarda come si affannano i Murandiani, guarda come mostrano a Pelivar e ai suoi compagni la stessa adulazione tributata alle sorelle. Sperano di farsi nuovi amici per l’arrivo del nuovo giorno.»
A Egwene, che provò a osservare senza darlo a vedere a chi a sua volta la osservava, Murandiani e Andorani sembravano concentrati sulle Adunanti e si affollavano intorno a loro. In ogni caso, aveva in mente questioni leggermente più importanti delle linee di confine. Più importanti per lei, se non per i nobili. Tranne che per brevi attimi, delle Adunanti era visibile solo la parte alta della testa. Le uniche a notare Egwene furono Halima e Siuan, e l’aria era piena di schiamazzi come quelli di uno stormo di anatre.
Egwene abbassò la voce, e scelse le parole con cura.
«Gli amici sono sempre importanti, Talmanes. Tu sei stato un buon amico per Mat, e credo anche per me. Spero che questo non sia cambiato. Spero che tu non abbia detto a nessuno cose che avresti dovuto tacere.» Per la Luce, era davvero ansiosa, altrimenti non sarebbe stata così diretta. Ci mancava solo che gli chiedesse senza mezzi termini di cosa aveva parlato con Pelivar!
Per fortuna, lui non rise per quelle sue parole. Anche se forse gli erano sembrate quelle di una schietta paesana. La osservò con aria grave prima di rispondere. E quando lo fece parlò a voce bassa. Anche lui sapeva essere cauto. «Non tutti gli uomini sono pettegoli. Dimmi la verità, quando hai mandato Mat a sud sapevi già quello che avresti fatto qui oggi?»
«Come potevo saperlo, due mesi fa? No, le Aes Sedai non sono onniscienti, Talmanes.» Aveva sperato in qualcosa che la mettesse nella posizione nella quale si trovava ora, e aveva fatto piani perché accadesse, ma non ne aveva avuto la certezza, non all’epoca. Sperava davvero che Talmanes non fosse pettegolo. Alcuni uomini non lo erano.
Romanda si avviò verso di lei con passo fermo e volto di ghiaccio, ma Arathelle la intercettò, prese il braccio dell’Adunante delle Gialle e si rifiutò di essere congedata nonostante lo stupore di Romanda..
«Puoi almeno dirmi dove si trova Mat?» chiese Talmanes. «In viaggio per Caemlyn con l’erede al trono? Perché sei sorpresa? Una servitrice può anche parlare con un soldato mentre prendono l’acqua allo stesso ruscello.
Persino se lui è un orribile fautore del Drago» aggiunse con amarezza.
Per la Luce! Gli uomini erano davvero... inopportuni... a volte. I migliori di loro trovavano il modo di dire esattamente la cosa sbagliata al momento sbagliato, di fare le domande sbagliate. Nonché di spingere le servitrici a chiacchierare troppo. Sarebbe stato più facile per Egwene se avesse potuto mentire, ma la domanda di Talmanes lasciava molto spazio di manovra all’interno dei Giuramenti. Mezza verità sarebbe stata sufficiente, e l’avrebbe trattenuto dal precipitarsi a Ebou Dar. Forse poteva bastare anche meno di mezza verità.
Dall’angolo opposto del padiglione, Siuan stava conversando con alto giovane dai capelli rossi e i baffi ricurvi che la guardava perplesso come aveva fatto Segan. Di solito i nobili sapevano riconoscere l’aspetto delle Aes Sedai. Ma quell’uomo aveva solo parte dell’attenzione di Siuan, il cui sguardo guizzava di continuo verso Egwene. Sembrava che le urlasse, con la voce della sua coscienza. Più facile. Conveniente. L’essenza delle Aes Sedai. Ma lei due mesi prima davvero non sapeva quello che sarebbe successo oggi, ci sperava solo! Egwene sospirò con una certa irritazione. Che Siuan fosse folgorata!
«Era a Ebou Dar, l’ultima volta che ho avuto sue notizie» mormorò Egwene. «Ma ormai starà viaggiando verso nord quanto più rapidamente possibile. Crede ancora di dovermi salvare, Talmanes, e Matrim Cauthon non si perderebbe mai l’occasione per essere sul posto e potermi dire ‘ti avevo avvisato’.»
Talmanes non parve molto sorpreso. «L’avevo immaginato» sospirò. «È qualche settimana ormai che... sento... qualcosa. E anche altri nella Banda avvertono questa sensazione. Non è urgente, ma c’è. Come se Mat avesse bisogno di me. O almeno, come se io dovessi cercarlo a sud. Possono succedere cose strane, quando si segue un ta’veren.»
«Suppongo di sì» concordò lei, sperando che la sua incredulità non trasparisse. Era già abbastanza strano pensare che Mat il discolo era a capo della Banda della Mano Rossa, e ancor più che era un ta’veren, ma perché un ta’veren avesse il suo effetto doveva essere presente, o quanto meno vicino.
«Mat aveva torto sul fatto che era necessario liberarti. Non hai mai avuto intenzione di venire a chiedermi aiuto, vero?» Talmanes continuava a parlare piano, ma lo stesso si guardò subito intorno. Siuan li stava ancora osservando. E lo stesso faceva Halima. Paitr le stava fin troppo vicino, si pavoneggiava e si lisciava i baffi — a giudicare dal modo in cui la fissava, di sicuro non l’aveva scambiata per una sorella! — ma lei lo ascoltava solo distrattamente e lanciava occhiate furtive verso Egwene mentre gli sorrideva con calore. Tutti gli altri sembravano occupati, e nessuno era abbastanza vicino da poter sentire.
«L’Amyrlin non può certo fuggire in cerca di protezione, capisci? Ma ci sono stati momenti in cui era confortante sapere che tu c’eri» ammise Egwene. Con riluttanza. In teoria l’Amyrlin Seat non avrebbe dovuto aver bisogno di un rifugio, ma quella confessione non poteva farle alcun male finché nessuna delle Adunanti veniva a saperlo. «Sei stato davvero un amico, Talmanes. Spero che continuerai a esserlo. Lo spero tanto.»
«Sei stata più... diretta... di quanto mi aspettassi,» osservò lentamente lui «e per questo ti dirò una cosa.» La sua espressione rimase la stessa — a chiunque lo stava guardando, sarebbe sembrato disinvolto come sempre — ma la voce si abbassò diventando un sussurro. «Sono stato avvicinato da re Roedran, che è interessato alla Banda. Vuole ingaggiarci. In circostanze normali non avrei nemmeno preso in considerazione le sue richieste, ma i soldi non sono mai abbastanza, e con questa... sensazione di Mat che ha bisogno di noi... Potrebbe essere meglio se restiamo nel Murandy. È chiaro come il sole che tu sei dove desideri essere e hai tutto sotto controllo.»
Si zittì quando una giovane servitrice fece la riverenza per offrire vino caldo. Indossava una gonna di lana finemente ricamata e un mantello foderato di pelliccia di coniglio. Anche altri servitori venuti con loro dall’accampamento stavano dando una mano, senza dubbio per fare qualcosa che non fosse rimanere immobili a tremare per il freddo. Il volto rotondo della giovane era decisamente segnato dal gelo.
Talmanes la mandò via con un cenno della mano e poi tornò a stringersi nel mantello, ma Egwene prese una tazza d’argento per guadagnare tempo.
In verità ormai non c’era più bisogno della Banda. Nonostante tutti i mormorii, le sorelle si erano abituate alla presenza di quegli uomini, che fossero o meno fautori del Drago; non temevano più un attacco, e non era più stato necessario usare la presenza della Banda per spingerle a muoversi sin da quando avevano lasciato Salidar. L’unico vero scopo della Shen an Calhar adesso era attirare reclute verso l’esercito di Bryne, uomini convinti che la presenza di due eserciti fosse segno di battaglia imminente e desiderosi di stare con la parte più numerosa. Egwene non aveva più bisogno della Banda, ma Talmanes si era comportato da amico. E lei era l’Amyrlin. A volte, amicizia e responsabilità spingevano nella stessa direzione.
Quando la cameriera se ne andò, Egwene poggiò una mano su un braccio di Talmanes. «Non devi farlo. Nemmeno la Banda può conquistare da sola tutto il Murandy, e tutti saranno contro di voi. Sai molto bene che l’unica cosa che può unire i Murandiani è la presenza di stranieri sul loro terreno. Seguici a Tar Valon, Talmanes. Mat verrà lì, ne sono sicura.» Mat non avrebbe mai creduto davvero che lei era l’Amyrlin finché non l’avesse vista indossare la stola nella Torre Bianca.
«Roedran non è un idiota» rispose lui con calma. «Vuole solo che noi restiamo qui, un esercito straniero — senza Aes Sedai — del quale nessuno conosce le intenzioni. Non dovrebbe essere difficile unire i nobili contro di noi. A quel punto, dice Roedran, varcheremo tranquillamente il confine. È convinto di poter tenere insieme i lord anche in seguito.»
Egwene non poté evitare che una nota di fervore le accendesse la voce.
«E cosa gli impedirà di tradirti? Se la minaccia svanisce senza alcun combattimento, il suo sogno di un Murandy unito potrebbe fare la stessa fine.»
Quell’idiota di un uomo pareva divertito!
«Nemmeno io sono un idiota. Roedran non potrà essere pronto prima della primavera. I nobili che sono qui non si sarebbero mai allontanati dai loro palazzi se gli Andorani non fossero venuti a sud, ed erano in marcia prima che cominciasse a nevicare. Ma a primavera Mat ci avrà già trovati.
Se sta venendo a nord, di sicuro verrà a sapere della nostra presenza. E a quel punto Roedran dovrà per forza accontentarsi di quello che è riuscito a ottenere. Così, se Mat ha davvero intenzione di andare a Tar Valon, potrò comunque rivederti lì.»
Egwene emise un verso di irritazione. Era un piano formidabile, di quelli che ci si sarebbe aspettati da Siuan, e lei non credeva che Roedran Almaric do Arreloa a’Naloy potesse portarlo a termine. Si diceva che quell’uomo fosse talmente dissoluto da far sembrare Mat integerrimo. D’altronde, lei non avrebbe mai pensato che Roedran potesse anche solo architettare quel tipo di piano. La sola certezza era che Talmanes aveva già preso una decisione.
«Voglio la tua parola, Talmanes: non lascerai che Roedran ti trascini in una guerra.» Responsabilità. La piccola stola che portava intorno al collo pareva pesare dieci volte più del mantello. «Se si muove prima di quanto tu credi, andrete via anche se Mat non vi ha ancora raggiunto.»
«Vorrei poter promettere, ma non è possibile» dichiarò lui. «Mi aspetto le prime incursioni contro i miei furieri massimo tre giorni dopo che mi sarò staccato dall’esercito di lord Bryne. Qualsiasi signorotto o contadino penserà di poter prendere due o tre cavalli di notte, darmi una punzecchiata e poi scappare a nascondersi.»
«Non ti ho chiesto di non difenderti, e lo sai» disse Egwene con fermezza. «La tua parola, Talmanes. O non acconsentirò al tuo accordo con Roedran.» L’unico modo in cui poteva impedirlo era tradendone la segretezza, ma non si sarebbe lasciata una guerra alle spalle, una guerra che lei stessa aveva cominciato portando lì Talmanes.
Lui la guardò come se la vedesse la prima volta, infine chinò il capo.
Cosa strana, questo gesto parve più formale dell’inchino di prima. «Sarà come desideri, Madre. Dimmi, sei sicura di non essere anche tu una ta’veren?»
«Io sono l’Amyrlin Seat» replicò Egwene. «È abbastanza per chiunque.»
Gli toccò di nuovo il braccio. «Che la Luce risplenda su di te, Talmanes.»
Questa volta, il sorriso di lui arrivò quasi agli occhi.
Com’era inevitabile, malgrado i sussurri, erano stati notati. O forse proprio per via dei sussurri. La ragazza che sosteneva di essere l’Amyrlin e si era ribellata contro la Torre Bianca impegnata a conversare col capo di diecimila fautori del Drago. Il piano di Talmanes con Roedran era diventato ora più difficile o più facile? La guerra nel Murandy era più o meno probabile? Accidenti a Siuan e alla sua Legge delle Conseguenze Involontarie! Cinquanta sguardi la seguirono per poi distogliersi di scatto mentre lei si spostava tra la folla scaldandosi le dita sulla coppa. Be’, quasi tutti si distolsero di scatto. Sui volti delle Adunanti si vedeva solo la calma senza età delle Aes Sedai, ma Lelaine sembrava quasi un corvo con gli occhi castani fissi su un pesce che si contorceva nell’acqua bassa, mentre gli occhi di Romanda, un po’ più scuri, avrebbero potuto aprire buchi nel ferro.
Cercando di tener traccia del cammino del sole all’esterno, Egwene fece lentamente il giro del padiglione. I nobili stavano ancora importunando le Adunanti, ma passavano da una all’altra come in cerca di risposte migliori, e lei cominciò a notare dei piccoli particolari. Donel, che stava andando da Janya a Moria, si fermò per fare un profondo inchino ad Aemlyn, che rispose con un grazioso cenno del capo. Cian, dopo aver distolto la sua attenzione da Takima, fece una riverenza a Pelivar e ricevette un lieve inchino. La cosa si ripeté più volte, sempre con un Murandiano che mostrava deferenza a un Andorano il quale rispondeva con altrettanta formalità. Gli Andorani cercavano di ignorare Bryne se non per delle sporadiche occhiatacce, ma molti nobili del Murandy andarono da lui, uno alla volta e sempre in disparte, e a giudicare da dove guardavano probabilmente stavano chiedendo pareri su Pelivar, Arathelle o Aemlyn. Forse Talmanes aveva visto giusto.
Anche Egwene ricevette inchini e riverenze, ma meno profondi di quelli tributati ad Arathelle, Pelivar e Aemlyn, e ancor meno di quelli destinati alle Adunanti. Cinque o sei donne le dissero quanto erano grate per quella pacifica soluzione dei problemi, anche se in realtà furono quasi altrettante quelle che risposero con qualcosa di evasivo o si strinsero nervosamente nelle spalle quando lei espresse la stessa contentezza, quasi dubitassero che davvero la questione sarebbe finita pacificamente. Egwene assicurò che si sarebbe mantenuta la pace, e quelle le risposero con ferventi «Possa la Luce far sì che sia vero!» o con rassegnati «Se è nella volontà della Luce».
Quattro la chiamarono Madre, una senza esitare. Altre tre le dissero, nell’ordine, che era davvero adorabile, che aveva begli occhi e che mostrava un portamento aggraziato; complimenti adatti forse per una ragazza dell’età di Egwene ma non per il ruolo che lei rivestiva.
Almeno da un argomento, però, trasse un piacere puro. Segan non fu la sola a interessarsi all’annuncio sul registro delle novizie. Palesemente era proprio questo il motivo per cui la maggior parte delle donne le rivolgeva la parola. Dopo tutto, le altre sorelle potevano anche essere in rivolta contro la Torre, ma lei aveva dichiarato di essere l’Amyrlin Seat. L’interesse di quelle donne doveva essere forte se riuscivano a mettere tutto questo da parte, anche se nessuna voleva darlo a vedere. Arathelle fece le sue domande con un cipiglio che fece apparire ancor più rughe sul suo volto.
Aemlyn scosse il capo alla risposta. Anche la grossa Cian si informò, seguita da lady Negara, un’Andorana dal volto tagliente, e poi da una Murandiana dagli occhi grandi che si chiamava Jennet, e poi da altre ancora.
Nessuna voleva saperlo per sé stessa — molte lo resero chiaro sin da subito, soprattutto le più giovani — ma in poco tempo tutte le nobili presenti fecero le loro domande, e anche alcune servitrici, con la scusa di offrire altro vino speziato. Una di queste, una donna nodosa di nome Nildra, veniva dall’accampamento delle Aes Sedai.
Egwene era piuttosto soddisfatta dei semi che aveva piantato. Ma non lo era affatto per come le cose andavano con gli uomini. Pochi le parlarono, e solo quando si trovavano faccia a faccia con lei e non avevano scelta. Una parola mormorata sul clima, per apprezzare la fine della siccità o deplorare le improvvise nevicate, un sussurro di speranza per una rapida fine del problema dei banditi, magari accompagnato da uno sguardo significativo in direzione di Talmanes, e poi sgusciavano via come maialini ricoperti di grasso fuso. Un Andorano, un orso d’uomo che rispondeva al nome di Macharan, quasi cadde pur di evitarla. In un certo senso c’era poco da sorprendersi. Le donne avevano la scusa, fosse anche solo con sé stesse, del registro delle novizie, ma gli uomini avevano solo il timore che chi li vedeva a conversare con Egwene pensasse che erano impegolati con lei e i suoi piani.
Era davvero scoraggiante. Non le importava cosa gli uomini pensassero delle novizie, ma voleva sapere se, come le donne, temevano che alla fine si sarebbe arrivati alle armi. La paura di questo tipo di eventi era spesso la causa del loro verificarsi. Alla fine, decise che c’era solo un modo per appurarlo.
Pelivar si girò dopo aver preso una coppa di vino da un vassoio e fece un passo indietro mormorando un’imprecazione per evitare di finirle addosso; per andare più vicino a lui, Egwene poteva solo salirgli sugli stivali. Il vino caldo si riversò sulla mano guantata del nobile e colò dentro la manica della giubba, scatenando un’imprecazione meno ovattata. Pelivar sfruttò tutta la sua altezza per incombere su di lei. Il suo sguardo accigliato era quello di un uomo che sta per mandar via in malo modo una ragazza fastidiosa. O di chi ha quasi calpestato una vipera rossa. Egwene si tenne dritta e si concentrò sull’immagine di Pelivar nelle vesti di un ragazzino pronto per qualche malefatta; funzionava sempre, e quasi tutti parevano avvertire il cambiamento in lei. Pelivar mormorò qualcosa — poteva essere un saluto cortese o un’altra imprecazione — chinò leggermente il capo e provò a passarle accanto. Egwene si mosse di lato per restargli di fronte. L’uomo indietreggiò, e lei lo seguì. Pelivar cominciava a sembrare la preda di un qualche cacciatore. Egwene decise di provare a metterlo a suo agio prima di fargli quella fondamentale domanda. Le servivano risposte, non mormorii.
«Sarai sicuramente lieto di sapere che l’erede al trono è sulla via per Caemlyn, lord Pelivar.» L’aveva sentito dire da diverse Adunanti.
Il volto del nobile andorano divenne inespressivo. «Elayne Trakand ha diritto di presentare la propria candidatura al trono del leone» rispose con poco coinvolgimento.
Egwene sgranò gli occhi, e Pelivar arretrò di nuovo, titubante. Forse credeva che la rabbia di lei fosse dovuta all’assenza del titolo onorifico, ma Egwene se ne era a malapena accorta. Pelivar aveva appoggiato la madre di Elayne nella sua salita al trono, ed Elayne era sicura che avrebbe ricevuto anche lei il suo aiuto. Parlava di quell’uomo con affetto, come fosse un caro parente.
«Madre,» mormorò Siuan portandosi al suo fianco «dobbiamo partire se vuoi raggiungere il campo prima del tramonto.» Riuscì a mettere una notevole urgenza in quelle parole sussurrate. Il sole aveva cominciato la sua discesa.
«Con questo clima non è il caso di trovarsi all’aperto di notte» disse in tutta fretta Pelivar. «Se volete scusarmi, devo fare i preparativi per la partenza.» Sbatté la coppa sul vassoio di un servitore di passaggio, esitò prima di abbozzare un inchino, poi marciò via con l’aria di chi si è appena liberato da una trappola.
Egwene aveva voglia di digrignare i denti per la frustrazione. Cosa pensavano gli uomini del loro accordo? Se così poteva chiamarlo, visto il modo in cui lo aveva imposto. Arathelle e Aemlyn avevano più potere e influenza di gran parte dei lord, ma erano Pelivar, Culhan e gli atri che cavalcavano coi soldati; potevano ancora farle esplodere in faccia tutti i suoi piani come un barile di olio per lampade.
«Trova Sheriam,» ruggì Egwene «e dille di far salire tutte in sella adesso, non mi importa come!» Non poteva concedere alle Adunanti una notte di tempo per pensare a quello che era successo, per pianificare e complottare. Dovevano assolutamente tornare al campo prima del tramonto.