Si trattava di una stanza notevolmente spoglia, più piccola di quanto avesse immaginato, con un soffitto molto basso. Era ammobiliata con ostentata semplicità, e nulla interrompeva la grigia monotonia delle pareti.
Intorno a un grande tavolo sedevano undici uomini. Le loro tuniche grigie, sebbene fossero pulite, sembravano quelle dei mendicanti. Erano tutti vecchi, alcuni calvi, altri con i capelli bianchi o grigi. Sedevano tutti in una posizione eretta.
La prima cosa che colpì Thorn… che lo sorprese… fu che i Servitori del Popolo non avevano un aspetto affatto maligno, né perverso e neppure feroce.
Ma guardandoli una seconda volta, Thorn cominciò a domandarsi se non ci fosse qualcosa di peggio. Un’inflessione puritana che non conosceva umorismo. Una soffocante consapevolezza delle responsabilità, come se tutti i guai del mondo fossero posati sulle loro spalle. Un’indifferenza paterna, come se tutti gli altri fossero bambini irresponsabili. Un altruismo così presuntuoso da diventare egoismo. Un’intollerabile sensazione di importanza personale che gli abiti da mendicante e l’ambiente squallido servivano soltanto a mettere in risalto.
Ma Thorn aveva appena intuito tutto questo, dato che non aveva avuto tempo per osservare con maggiore attenzione i volti, se non per notare che un paio d’essi gli erano vagamente familiari, perché la sua attenzione fu attirata da un uomo che era in piedi al capo opposto del tavolo, e che concentrava su di sé gli sguardi degli altri.
L’uomo era senza dubbio uno di loro. Il suo atteggiamento, il suo aspetto erano identici a quelli degli altri.
Ma quell’uomo era Conjerly.
Stava parlando.
— Devo ritornare subito. Il narcotico che ho inalato, mentre mi trovavo nell’altro corpo, terminerà il suo effetto tra breve, e se l’altra mente diventa conscia, sarà difficile lo scambio. Certo, c’è Tempelmar di guardia, e potrà somministrare un’altra dose. Ma è pericoloso. Vedete, non tenteremo più altri scambi, a meno che non si renda necessario per trasmettervi informazioni di vitale importanza. Il procedimento è troppo rischioso. Esiste sempre la possibilità di un blocco dei passaggi mentali, e uno di noi potrebbe rimanere confinato qui. — Fece una pausa. — Magari, tutti e due.
— Saggia idea — osservò il Servitore che si trovava al centro: a quanto sembrava, i loro presidente, un individuo alto e magro dalle labbra gonfie. — Non saranno necessari altri scambi. Non prevedo situazioni di emergenza.
— E così, me ne vado — continuò Conjerly. — Dopo aver saputo per certo che la macchina transtemporale è pronta e che l’invasione inizierà fra tre giorni, all’ora fissata. Noi impediremo al Consiglio Mondiale di compiere qualsiasi azione importante fino a quel momento.
Thorn si fece avanti, immaginando ciò che stava per accadere. Clawly II posò la mano sulla sua manica.
Conjerly chinò il capo, e si irrigidì. Due guardie in uniforme nera apparvero e presero posizione accanto a lui, vicinissime.
Per un intero minuto non accadde nulla.
Poi un brivido violento scosse il corpo di Conjerly. Inciampò e sarebbe caduto, se non fosse stato per le due guardie. Ansimò sorretto dalle forti braccia delle guardie.
Quando sollevò il volto, Thorn vide che aveva un’espressione diversa, l’espressione di un uomo diverso. Un uomo confuso e stanco.
— Dove…? Chi…? — disse con voce impastata. Le guardie cominciarono a trascinarlo via. Allora i suoi occhi divennero più limpidi. Sembrò comprendere la situazione. — Non imprigionatemi. Lasciatemi spiegare — gridò, con la voce spezzata da un’urgenza frenetica ma senza speranza. — Mi chiamo Conjerly. Sono membro del Consiglio Mondiale. — Il suo volto, mentre le guardie lo trascinavano, era una bianca maschera d’incomprensione. — Chi siete? Cosa volete da me? Perché mi hanno drogato? Cosa avete fatto al mio corpo? Cosa state tentando di fare alla mia mente? Cosa…
Le guardie lo portarono via.
Il presidente abbassò gli occhi.
— Una necessità, spiacevole. Ma, naturalmente, una necessità. Per fortuna, quando avremo il controllo delle cose, sull’altro mondo, non saranno più praticati trattamenti del genere, né saranno celate informazioni innocenti… tranne, certo, che nel caso di Recalcitranti incurabili.
Gli altri annuirono in silenzio. Poi Thorn sobbalzò, perché accanto a lui si udì una risatina divertita e incredula, un suono niente affatto educato o piacevole… ma, soprattutto, un suono inatteso.
Tutti gli occhi si rivolsero da quella parte.
Clawly II uscì con andatura dinoccolata.
— Cosa significava la tua risata? — domandò bruscamente il presidente, senza preliminari, con un’espressione dispiaciuta dipinta sul volto. — E chi è la persona che hai condotto davanti a noi, senza informarci prima? Lascia che te lo dica, un giorno o l’altro passerai i limiti, con il tuo disprezzo dei regolamenti.
Clawly II ignorò la seconda domanda… e il commento. Si avvicinò al tavolo, vi si appoggiò con le mani, li guardò uno a uno, e disse:
— Ho riso pensando con quanta sincerità esprimete il vostro dolore, alla scoperta che tutti gli abitanti dell’altro mondo sono Recalcitranti incurabili… e alla necessità di prendere adeguate misure. Andiamo, affrontate tutti la situazione. Sarete costretti a distruggere quasi tutti gli abitanti dell’altro mondo, e lo sapete.
— Non sappiamo nulla del genere — replicò freddamente il presidente. — Ricorda che le tue opinioni stupide e impudenti potrebbero farci perdere la fiducia che abbiamo in te. In questi momenti critici, il tuo ingegno e la tua intelligenza ci sono necessari. Sei un utile strumento, e solo le persone imprudenti distruggono uno strumento perché il suo aspetto dà loro fastidio. Ma se, nella tua impudente spavalderia, cesserai di esserci utile… allora la cosa sarebbe diversa. In quanto agli abitanti dell’altro mondo, che non hanno avuto modo di essere governati in maniera adatta, sai benissimo che le nostre intenzioni sono le migliori.
— Ma certo — convenne Clawly II, con un ampio sorriso. — Ma considerate soltanto quello che sta per accadere. Fra tre giorni la macchina transtemporale isolerà e distruggerà, con l’energia subtronica, un’oasi spazio-temporale di questo mondo, originando forze che non potranno venire affrontate dal nostro universo, neppure con una ridistribuzione della materia, interrompendo così l’equilibrio spazio-temporale; di conseguenza, la lacuna potrà venire colmata soltanto dalla zona corrispondente dell’altro mondo, creando così un’area comune a entrambi i mondi. Attraverso quest’area comune le nostre forze armate opereranno l’invasione. Gli invasori provocheranno orrore e paura. Avranno dalla loro parte il fattore sorpresa, ma ci sarà, inevitabilmente una resistenza… organizzata con fretta disperata, ma munita di armi subtroniche perfezionate. La cosa più importante, poi, è che questa resistenza non verrà, come accadrebbe in questo mondo, da una ristretta élite che governa una moltitudine ignorante, ma da un popolo d’istruzione altissima e uniforme… un popolo abituato alla libertà e contrario alla sottomissione a qualsiasi governo autocratico, anche con le migliori intenzioni. Questa resistenza non cesserà fino a quando l’altro mondo non sarà stato distrutto in una battaglia subtronica, o non sarete costretti a distruggerlo, con le armi subtroniche, voi stessi, e a ritirarvi attraverso la breccia spazio-temporale. E tutto questo è dolorosamente chiaro.
— Niente di tutto questo — replicò il presidente con voce misurata. — La nostra invasione sarà quasi del tutto incruenta, sebbene sia necessario prepararsi a qualsiasi eventualità. Al momento adatto Conjerly e Tempelmar assumeranno il controllo del cosiddetto Consiglio Mondiale, impedendo di conseguenza qualsiasi resistenza organizzata dall’origine. La maggioranza degli abitanti dell’altro mondo non ha una conoscenza tecnica dell’energia subtronica, e di conseguenza non potrà costituire un pericolo. Alla fine ci saranno grati per avere assicurato la sicurezza del loro mondo e per averli protetti dai loro capi irresponsabili. Sarà necessario soltanto che noi ci impadroniamo ed esiliamo tutti i tecnici e gli scienzati in possesso di nozioni di fisica subtronica. Per fare ciò, saremo costretti naturalmente a fare i passi necessari, che potranno essere anche spiacevoli. Per il nostro scopo principale, che non dimentichiamo mai, il quale è, come tu sai, quello di mantenere la conoscenza dell’energia subtronica… che ora minaccia due mondi… in possesso di una ristretta cerchia di capi responsabili e benevoli.
Thorn rabbrividì. La cosa orribile era che quei Servitori credevano davvero di agire per il meglio, di avere il bene dell’umanità… di due umanità… caro sopra ogni cosa.
— Esatto — disse Clawly II, continuando a sorridere. — La sola cosa che non capite, o che fate finta di non capire, è la conseguenza inevitabile di questo scopo principale. Anche ora i vostri segreti sono gravemente in pericolo. Lo scambio delle menti sta ponendo sempre più Recalcitranti e Fuggitivi nell’altro mondo. Ci vorrà poco tempo, prima che essi comincino a capire che gli abitanti dell’altro mondo sono, più che nemici, degli alleati potenziali. Ed è parimenti questione di tempo l’eventualità che la mente di un tecnico subtronico giunga su questo mondo e si metta in contatto con i capi Recalcitranti… allora voi dovrete combattere una guerra subtronica su due mondi. La vostra sola possibilità, che sono lieto voi comprendiate, seppure parzialmente, è di colpire duramente, e per primi, distruggendo l’altro mondo, con tutti i Recalcitranti e i Fuggitivi che vi sono penetrati, e poi cercando ed eliminando tutte le menti straniere che si trovano su questo mondo. La vostra debolezza è costituita dal desiderio di non ammetterlo fin dall’inizio. Tutto sarebbe molto più facile se abbandonaste le intenzioni falsamente benevole e riconosceste di combattere contro una equazione distruttiva, che potete risolvere in un solo modo logico… cancellandola.
Arretrò di poco, continuando a fissare gli undici volti decrepiti. Thorn pensò, con sorpresa, che il leggendario Loke doveva avere motteggiato a quel modo gli antichi Dèi, smascherandone i falsi buoni propositi, sicuro che la sua abilità e la sua utilità lo avrebbero protetto da ogni pericolo. In quanto ai Servitori, il loro paternalismo era fastidiosamente evidente nell’atteggiamento che tenevano nei riguardi di Clawly II. Lo trattavano come un ragazzo intelligente, brillante, infido e adorato… sempre con indulgenza, spesso con i rimproveri, quasi mai con punizioni.
Certamente, c’era il seme della grandezza in Clawly II. Se avesse avuto soltanto l’atteggiamento sano di Clawly I nei riguardi della vita, in modo che il suo ragionamento critico avesse portato a qualcosa di più di una frase beffarda!
Una cosa era certa, l’affermazione di Clawly II di desiderare di galleggiare sul fiume della vita era una grossa eresia. Lui voleva soltanto danzare sull’orlo del precipizio… e stavolta, a quanto sembrava, aveva compiuto un passo falso.
Poi il presidente lo guardò e disse:
— Si pone un problema: la tua insistenza sulla distruzione ha forse assunto le proporzioni di una mania? Riconsidereremo subito la questione della tua utilità come strumento.
Clawly II si inchinò. Disse, amabilmente:
— Prima sarebbe meglio interrogare la persona che vi ho portato. Sarete lieti di sapere di chi si tratta.
E indicò Thorn.
Tutti gli occhi si fissarono sulla nicchia.
Improvvisamente, dolorosamente, Thorn si destò dall’osservazione impersonale della scena che si stava svolgendo davanti a lui. Si ricordò improvvisamente che non stava guardando al sicuro, dal buco di una serratura, ma era a sua volta protagonista, vi era dentro fino al collo. Fu colto nuovamente dal desiderio di fuggire… con forza raddoppiata, a causa dell’allarme che doveva lanciare ormai a tutti i costi nel suo mondo. Era una cosa tanto semplice! Uno scambio di punti di vista. Aveva visto la facilità con la quale Conjerly l’aveva eseguito. Certo, se riusciva a concentrare la mente come doveva, sarebbe stato l’altro Thorn ad avanzare verso i Servitori e verso il destino che lui stesso aveva meritato, mentre lui, Clawly I, sarebbe tornato indietro. Certo, la necessità di avvertire un mondo ignaro gli avrebbe dato abbastanza impeto.
Ma continuò ad avanzare verso il tavolo. Erano i suoi piedi che calpestavano il pavimento grigio, era la sua gola secca che inghiottiva in continuazione, erano le sue mani gelide che si aprivano e si schiudevano. Gli undici volti decrepiti ondeggiavano, si oscuravano, ritornavano chiari, sembravano ingigantire, diventavano grigi e mostruosi, diventavano le maschere impietose dei giudici di un mitico regno nascosto, in un tribunale davanti al quale lui avrebbe dovuto rispondere dei delitti commessi da un altro.
Il tavolo fermò la sua avanzata. Udì che Clawly II diceva: — Temo di essere ancora utile, per voi. Ecco il vostro principale nemico, ridotto in nostro potere da me, dai miei soli sforzi. Quando abbiamo fatto irruzione in quel quartier generale dei Recalcitranti, ieri sera, lui faceva parte della compagnia. È riuscito a fuggire e a guadagnare le alture, dove l’ho ricatturato personalmente… ecco il capo Recalcitrante Thorn 37-P-82.
Ma la reazione dei Servitori non fu certo quella immaginata da Clawly II, perché i volti grinzosi mostrarono rabbia e allarme.
— Bambino irresponsabile! — esclamò il presidente. — Non hai ascoltato il rapporto di Conjerly… il fatto che lui sia certo di un avvenuto scambio di menti tra i Thorn? Quest’uomo non è il Recalcitrante, ma una mente sostituita venuta a spiarci. Tu gli hai fornito quanto desiderava… l’opportunità di conoscere i nostri piani.
Thorn avvertì la loro ostilità convergere su di lui… con forza palpabile. La sua mente arretrò dalle finestre che le permettevano di osservare, dagli occhi, ma essendo incatenata dietro a essi, continuò a guardare.
La mano grinzosa del presidente scomparve sotto al tavolo. Egli disse:
— C’è una sola soluzione possibile. — La mano riapparve, ed essa stringeva un sottile cono lucente. — Eliminare la mente sostituita prima che torni nel suo mondo…
Thorn si rese vagamente conto che Clawly II era balzato avanti. Udì le sue prime parole: — No! Aspettate! Non vedete che…
Ma sebbene avesse udito solo quelle parole, seppe ciò che stava per dire Clawly II, e perché stava per dirlo. Seppe anche per quale motivo Thorn II aveva potuto sostituirsi a lui quando aveva pensato di essere in trappola, di fronte alla morte, sul tetto. Seppe che l’azione del presidente era la sola azione capace di annullare i propositi del vecchio. Finalmente aveva trovato l’impeto sufficiente… lo stava fissando nell’immagine di quel cono lucente che lo perseguitò anche mentre le catene si ruppero e la sua mente cadde in un pozzo oscuro e privo di dimensioni.
La paura della morte.