Con uno strappo che gli procurò una sensazione di malessere, uno strappo che sembrò squarciare in un istante distanze superiori a quelle che esistevano nel cosmo intero… uno strappo nel quale erano coinvolte molte più cose che le semplici ossa e la pelle… Oktav seguì colui che lo aveva chiamato in una regione di notte non solo visiva.
Là nella Zona, al di fuori della bolla dello spazio-tempo, ai confini dell’eternità, anche gli atomi erano immobili. Solo il pensiero si muoveva… ma un pensiero dalla forza superiore a ogni immaginazione, un pensiero che poteva creare e distruggere degli universi, un pensiero non indegno degli dèi.
Era ancor più strano, di conseguenza, comprendere che si trattava di un pensiero umano, appesantito dagli stessi pregiudizi e dalle stesse debolezze. Come se si fosse scoperto, su un altro pianeta di un altro universo, un casolare di campagna con il comignolo fumante e una scure piantata in un tronco d’albero abbattuto.
Topi che corrono di notte in una grande cattedrale deserta… e l’idea assurda di presenze, altre presenze, all’interno della grande cattedrale.
Oktav, o la cosa che era stata Oktav, si orientò servendosi dei soli mezzi di percezione che funzionavano nella Zona. Era una specie di tatto, ma un tatto del raggio d’azione troppo vasto, e sensibile soltanto al pensiero o a qualcosa di simile al pensiero.
Brancolando come un uomo chiuso in un infinito bugigattolo, Oktav avvertì l’eterno ronzio del Motore della Probabilità, e il ronzio più attutito dei sette talismani. Sentì le sette menti umane nelle loro posizioni intorno al motore, e sentì che sei di esse erano irrigidite in una fredda disapprovazione, mentre Ters faceva rapporto. Poi occupò la sua posizione, l’ottava, l’ultima.
Ters terminò.
Prim pensò: “Ti abbiamo convocato, Oktav, per ascoltare la tua spiegazione su certe attività alquanto dubbie alle quali ti sei dedicato in questi ultimi tempi… e abbiamo appreso che oltre a ciò tu hai commesso un atto di negligenza senza precedenti. Mai prima d’ora un talismano era stato perduto. E solo due volte è stato necessario organizzare una spedizione per recuperarne uno… quando il suo possessore ha incontrato una morte accidentale in un mondo spazio-temporale. Come hai potuto permettere che questo accadesse, dato che un talismano avverte infallibilmente il suo possessore, nel caso ne venga separato nel tempo o nello spazio?”
“Sono profondamente perplesso anch’io” ammise Oktav. “Deve essere entrata in azione qualche oscura influenza, la quale ha impedito l’emissione del segnale o ha reso sorda a esso la mia mente. Non mi sono reso conto di averlo perduto fino a quando non è giunta la chiamata. Comunque, facendo percorrere a ritroso alla mia mente gli avvenimenti degli ultimi giorni passati sulla Terra, credo ora di potere discernere l’identità dell’individuo nelle cui mani il talismano è caduto… o forse, che me l’ha rubato.”
“Il talismano era inerte, in quel momento?” pensò subito Prim.
“Sì” pensò Oktav. “Un’idea-chiave, nota soltanto a me sarebbe necessaria per liberarne i poteri.”
“Questo è un argomento, sia pur minimo, che depone in tuo favore” pensò Prim.
“Sono gravemente colpevole” pensò Oktav. “Ma potrò facilmente rimediare. Prestatemi un altro talismano e io tornerò in quel mondo e ritroverò il mio.”
“Non possiamo permetterlo” pensò Prim. “Hai già trascorso troppo tempo nel mondo, Oktav. Sebbene tu sia il più giovane tra noi, il tuo corpo è senescente.”
Prima di potersi trattenere, o, perlomeno, prima di riuscire a evitare di trasmettere il pensiero, Oktav protestò:
“Sì, è facendo così ho imparato molto più di quanto voi, nella vostra stupida ritirata, possiate mai apprendere.”
“Il mondo e le sue emozioni ti hanno corrotto” pensò Prim. “E questo mi conduce al secondo argomento, il più importante, delle nostre lamentele.”
Oktav sentì che le sette menti convergevano, ostili, su di lui. Facendo attenzione a celare i suoi processi mentali, Oktav cercò di sondare gli altri, cercando possibili debolezze o simpatie. La mancanza del talismano lo aveva messo in una grave posizione di svantaggio. Ogni speranza cadde.
Prim pensò: “Abbiamo saputo che hai svelato dei segreti. Mosso da chissà quale emotività alterata, e sotto le spoglie incredibilmente primitive di un veggente, hai svelato cose proibite… forse in forma nebulosa, ma comunque senza possibilità di errore… ai mortali del mondo centrale.”
“Non lo nego” pensò Oktav, varcando il suo Rubicone. “Il mondo centrale deve sapere di più. È una vostra creatura. E come spesso accade, ora lo spingete, impreparato e senza aiuto, verso un avvenire incerto.”
Il pensiero di Prim, amplificato dal suo talismano, tuonò nell’oscurità senza limiti:
“Noi siamo i giudici migliori di quanto può andare bene per il mondo. Le nostre menti si dedicano con molta più consapevolezza della tua al benesssere del mondo, e noi abbiamo scelto il solo metodo scientifico logico esistente per assicurare la continuazione e il raggiungimento del benessere assoluto del mondo. Una delle condizioni inderogabili di questo metodo è questa: nessun mortale deve avere il minimo sospetto della nostra esistenza. La tua mente si è dunque così allontanata dalla lucidità scientifica… forse a causa della decadenza del corpo, dovuta a un abuso incontrollato dello spazio-tempo… da costringermi a spiegare nuovamente a tuo esclusivo beneficio i nostri scopi e i nostri metodi?”
L’oscurità pulsò. Oktav non proiettò alcun pensiero, in risposta. Prim continuò, scegliendo accuratamente i pensieri, come se si rivolgesse a un bambino.
“Nessun esperimento scientifico è possibile senza controlli… dispositivi nei quali le condizioni sono inalterate, che servono da metro di paragone, per valutare gli esatti effetti dell’alterazione, là dove essa viene introdotta. Esiste un solo mondo in condizioni naturali. Di conseguenza, su di esso non possono venire compiuti esperimenti. Non si può applicare il metodo sperimentale per stabilire scientificamente la forma migliore di governo, il sistema sociale ideale, e così via. Ma la creazione di mondi probabili, da parte del Motore della Probabilità, cambia tutto.”
Il pensiero di Prim pulsò con forza nella mente di Oktav.
“È mai possibile che la logica del nostro procedimento ti sia sempre sfuggita? Dalla nostra posizione dominante noi osserviamo il mondo che corre all’interno del cono del futuro… un cono che si restringe sempre di più, dirigendosi verso la punta del presente, perché nel futuro remoto gli eventi possibili sono moltissimi, mentre nel futuro imminente questi eventi si riducono a ben pochi. Noi osserviamo l’avvicinarsi delle epoche cruciali, nelle quali il mondo deve fare una grande scelta, come, per esempio, tra democrazia e totalitarismo, tra il paternalismo e lo schiavismo, tra un’oligarchia benevola e uno spietato classismo, e così via. Allora, scegliendo accuratamente il momento giusto e sintonizzando il Motore della Probabilità soprattutto sulle menti dei capi del mondo, allarghiamo il cono del futuro. Allora, invece di una sola, vengono a realizzarsi due possibilità. Il tempo viene diviso in due, o magari tre, correnti parallele. Abbiamo così dei mondi alternati, che dapprima contengono molte persone e molte cose assolutamente simili, ma che man mano divergono sempre più, anche nei particolari… mentre si avvertono, le conseguenze delle diverse decisioni.”
“Obiezione” pensò Oktav, affrontando qualcosa di completamente sconosciuto. “Voi pensate in termini generici. State personificando il mondo, e dimenticate che quelle scelte di cui parlate, quelle grandi possibilità, non sono che l’accumularsi di tante piccole possibilità. Non credo che la distinzione tra le due principali possibilità alternate sia semplice. Affatto.”
L’idea era troppo nuova per produrre qualsiasi effetto immediato. L’unico pensiero che ebbero gli altri fu la sicurezza che quelle parole fossero dovute all’annebbiamento e alla debilitazione che il mondo aveva prodotto su Oktav. Prim continuò come se nulla fosse accaduto:
“Per esempio, abbiamo diviso la corrente del tempo per l’ultima volta trenta anni terrestri or sono. La scoperta dell’energia subtronica aveva fornito al mondo una sorgente di energia spazio-temporale praticamente inesauribile. L’élite benevola che governava il mondo si trovò di fronte a tre alternative nettissime: sopprimere del tutto la scoperta, uccidendo gli inventori. Farne un segreto del Partito, un’arma, insomma. Oppure fornirne il mondo, tutto il mondo, e questo avrebbe distrutto la forza del Partito, anzi, lo avrebbe completamente dissolto, perché agendo a questo modo ogni persona, ogni piccolo gruppo di persone, avrebbe avuto tra le mani una forza sufficiente a distruggere il mondo. Allo stato naturale, solo una di queste possibilità poteva essere realizzata. La Terra avrebbe avuto soltanto una probabilità su tre di decidere nel modo giusto. Come abbiamo sistemato le cose noi, tutte e tre le possibilità si sono realizzate. Pochi anni di continua osservazione ci hanno permesso di concludere che la terza alternativa… quella di rendere l’energia subtronica di uso comune… era quella esatta. Le altre due avevano portato a orrori e miserie atroci e innominabili.”
“Sì, i mondi sbagliati” lo interruppe amaramente Oktav. “Quanti ce ne sono stati, Prim? Quanti, dall’inizio?”
“Nel creare il migliore dei mondi possibili, necessariamente dobbiamo creare anche il peggiore” replicò Prim, con aria un po’ stanca.
“Sì… mondi in cui ha regnato l’orrore, che forse non sarebbero mai esistiti se voi non aveste continuato a materializzare tutte le possibilità, riempiendole del bene e del male che vivono nelle menti degli uomini. Se voi non aveste interferito, l’uomo avrebbe potuto ugualmente raggiungere questo mondo ideale… eliminando tutte le possibilità negative.”
“Suggerisci forse che si debba lasciare tutto al caso?” esplose irato Prim. “Che si debba diventare fatalisti? Noi, che siamo i padroni del destino?”
“E poi” continuò Oktav, senza curarsi dell’interruzione “dopo aver creato questi mondi alternati negativi… ma sempre umani, vivi, con il loro bagaglio di orrori e di infelicità, popolati di esseri umani che continuano a lottare con forza di volontà e buone intenzioni per ottenere il meglio dall’orrore che li circonda… dopo avere fatto questo, voi li distruggete!”
“Ma certo!” rispose Prim, pieno di sacra indignazione. “Non appena scopriamo che si tratta delle alternative peggiori, li togliamo dal loro misero stato.”
“Sì.” Oktav sembrava concentrare nel suo pensiero tutta l’amarezza del mondo. “Annegando i gattini indesiderati. Mentre riversate il vostro apparente affetto su uno solo, mettete gli altri nel sacco.”
“Era la cosa migliore da fare” rispose Prim. “La più umana. Non c’è stato alcun dolore… soltanto l’oblio istantaneo, l’annullamento.”
Oktav reagì. Tutti i suoi dubbi primitivi, tutti i suoi lampi di ribellione, si materializzarono improvvisamente in una fiamma di desiderio, il desiderio di scuotere gli altri dalla loro indifferenza. Lanciò una fiamma di pensieri ironici nell’oscurità, come frustate.
“Chi siete voi per dire che non c’è dolore nell’annullamento istantaneo? Oh, sì, i mondi sbagliati, i controlli, gli esperimenti falliti… non hanno importanza, togliamoli dalle loro sofferenze, liberiamoci delle prove dei nostri errori, annulliamoli perché non possiamo sopportare il loro muto atto d’accusa. Come se i mortali dei mondi sbagliati non avessero gli stessi diritti sul loro futuro, per quanto doloroso e tormentato, di quanto non abbiano i mortali del mondo centrale. Quale delitto hanno commesso, oltre a quello di scegliere male, quando, per tua ammissione, Prim, è stato tutto un lavoro di scelta? Quale differenza c’è tra il tronco e i rami abbattuti, tranne il vostro giudizio che dice come questi ultimi sono sbagliati, e il tronco sembra più felice, più riuscito? Voglio dire qualcosa a tutti voi. Avete seguito il mondo centrale per tanto tempo, avete legato i vostri affetti umani a esso così strettamente, che siete arrivati a crederlo l’unico mondo reale, l’unico mondo che conta… e gli altri per voi non sono che fantasmi, ipotesi, divagazioni accademiche. Ma in verità essi vivono come il mondo centrale, sono reali, veri e meritevoli di considerazione, né più né meno dell’oggetto della vostra passione morbosa.”
“Non esistono più” pensò furioso Prim. “È chiaro che la tua mente, sconvolta da emozioni terrestri, è ormai in condizioni disperate. Stai sostenendo la causa di ciò che non esiste più.”
“Ne sei così certo?” Oktav sentì che il suo pensiero si tuffava nell’oscurità, come una grande bolla nera, e attirava l’attenzione di tutti. “E se i mondi sbagliati esistessero ancora? Se, pensando di averli annullati, voi non aveste fatto che allontanarli, sistemarli al di fuori della corrente principale del tempo, mandarli alla deriva nell’oceano dell’eternità? Vi ho detto che dovreste visitare il mondo più spesso, in carne e ossa. Scoprireste che i vostri amatissimi abitanti del mondo centrale cominciano a rendersi conto dell’esistenza di un pericolo incombente e oscuro, che stanno scoprendo le prove di un’infiltrazione, un’invasione silenziosa e piena di incognite, che avviene all’interno dei corpi umani. Qua e là, nel vostro mondo centrale, menti straniere si impadroniscono delle menti umane. E se questa invasione venisse da uno dei mondi sbagliati… diciamo, da uno dei mondi creati nell’ultima divisione? Questa divisione è avvenuta tanto recentemente, che negli altri due mondi esistono ancora i duplicati degli abitanti del mondo centrale, e tra duplicati possono intercorrere legami così forti che neppure l’abisso che divide le correnti temporali è capace di spezzare… per tua stessa ammissione. Prim, le divisioni temporali non sono mai complete, all’inizio, e possono esistere recessi comuni e immutabili nell’abisso del subcosciente degli individui duplicati, capaci di aprire la strada tra gli abissi del nulla, di rendere possibile lo scambio delle menti. E se i mondi sbagliati avessero continuato a esistere nell’oscurità eterna, al di là della portata delle vostre ricerche, e in essi si fossero verificati chissà quali orrori, chissà quali anormalità, magari mostruosi mutanti ritornati nelle caverne? E se per mezzo dell’intelligenza, torturata e costretta a rendere il massimo per sottrarsi a quell’abisso di orrore, essi avessero scoperto cose, sul tempo, che perfino voi non conoscete? E se fossero là fuori… in attesa, in agguato, divorati dal rancore, pronti a balzare sul vostro mondo prediletto?”
Oktav fece una pausa, e ascoltò l’oscurità. Debole, ma inconfondibile, giunse il battito della paura. Certo, aveva scosso la loro indifferenza… ma non a suo vantaggio.
“Stai pensando delle assurdità” tuonò il gelido pensiero di Prim, il cui tono non conteneva ormai la minima speranza d’indulgenza e di perdono. “La sola idea della possibilità che noi abbiamo commesso un errore simile, fa ridere. Conosciamo ogni incrinatura dello spazio-tempo, ogni piega, ogni sacca di esso. E siamo i padroni del Motore, della Probabilità.”
“Lo siete davvero?” Ormai incurante di qualsiasi conseguenza, Oktav formulò la domanda che non aveva precedenti, la domanda proibita. “Solo che quando io sono stato iniziato, e probabilmente, quando tutti voi siete stati iniziati, è stato sempre sottinteso, e suggerito quasi inequivocabilmente, benché una parola chiara e definitiva non sia mai stata pronunciata, che Prim, il primo del nostro gruppo, un mutante mentale, un supergenio del diciannovesimo secolo, ha inventato il Motore della Probabilità. Io ero un neofita pieno di reverenza, e accettai questo atteggiamento. Ma adesso capisco di non avere mai creduto veramente questo. Nessuna mente umana può avere, non dico inventato, ma concepito, il Motore della Probabilità. Prim non lo ha inventato. Lo ha semplicemente trovato, probabilmente imbattendosi per caso in un talismano perduto. Poi qualche particolarità del Motore gli permise di sottrarlo, di metterlo fuori della portata dei suoi veri padroni, di nasconderlo. Poi ci prese con lui, uno per uno, perché una sola mente era insufficiente a far funzionare il motore in tutte le sue fasi e nelle sue possibilità. Ma Prim non lo ha mai inventato. Lo ha rubato.”
Con un senso di esultanza, Oktav comprese di avere colpito il loro punto debole… sebbene, nello stesso tempo, avesse segnato il suo fato. Sentì che le sette menti spaventate e risentite convergevano su di lui, in maniera soffocante. Continuò a cercare, ma questa volta, cercava una cosa soltanto… qualsiasi allentamento della sorveglianza, qualsiasi attenuazione della loro attenzione, da parte di uno di loro. E mentre cercava, aggiunse altri insulti, tentando di minare la loro capacità di resistenza.
“Esiste qualcuno di voi, Prim incluso, che riesca perlomeno a capire il Motore della Probabilità, lasciando perdere la possibilità di costruirlo, che è assurda?
“Voi blaterate continuamente a proposito della scienza, ma siete capaci di comprendere perlomeno la scienza dei terrestri dell’epoca attuale? Qualcuno di voi può spiegarmi la base teorica sulla quale poggia la fisica subtronica? Perfino le vostre marionette vi hanno superati. Voi rappresentate l’atavismo, siete relitti dell’Alba della Civiltà, mummie mentali, scimmie entrate di notte in una fabbrica, che si divertono a scimmiottare gli uomini intorno alle macchine.
“Voi siete apprendisti stregoni… e cosa accadrà quando lo stregone sarà di ritorno? Cosa accadrà, se io porrò fine a questo eterno sussurrio, e griderò con voce forte e chiara, attraverso l’eternità: ‘Oh stregone, Veri Possessori, qui si trova il vostro Motore rubato’?»
La pressione fu su di lui, esasperata, come se con la sola forza mentale gli altri volessero schiacciarlo, per impediere che un richiamo del genere fosse lanciato. Lui capì che sarebbe rimasto schiacciato da quella pressione, che avrebbe cessato di esistere. Ma nello stesso istante la sua ricerca incessante scoprì qualche traccia di cedimento nei pensieri di Kart, un ondeggiamento dovuto al dubbio e alla paura, e si afferrò a questo cedimento, disperatamente, ma in maniera assolutamente impercettibile.
Prim terminò di pronunciare la sentenza:
“… e così Ters e Septme scorteranno Oktav nel mondo, e quanto riavrà un corpo, eseguiranno la condanna.” Fece una pausa, e continuò: “Nel frattempo, Sikst farà una spedizione per ritrovare il talismano perduto, e se non avrà successo immediato chiederà subito aiuto. Nello stesso tempo, dato che il funzionamento del Motore della Probabilità è seriamente ritardato dalla mancanza di un occupante di una delle otto stazioni, Sekond, Kart e Kent visiteranno il mondo per trovare un successore adatto di Oktav. Io rimarrò qui e…”
Fu interrotto da un flusso di pensieri sbalorditi che giungeva da Kart, il quale raggiunse ben presto uno stato di completa disperazione.
“Il mio talismano! Oktav lo ha rubato! È fuggito!”