3 Brontolii sotterranei

— Se facessimo cambio? — disse Aoudad. — Tu sorvegli Burris. Io sorveglierò la ragazza. Che ne dici?

Nop! - Nikolaides fece schioccare energicamente la consonante in più. — Chalk ha dato a te lui, a me lei. Che è una barba, comunque. Perché scambiarceli?

— Mi ha stufato.

— Impara a sopportarlo — gli consigliò Nikolaides. — Le cose sgradevoli formano il carattere.

— Tu ascolti Chalk da troppo tempo.

— Non si può dire lo stesso di tutti noi?

Sorrisero. Non ci sarebbe stato un baratto di responsabilità. Aoudad diede un colpo alla levetta del commutatore e la vettura in cui viaggiavano tagliò netto da una rete maestra di comunicazione all’altra. Si mise a sfrecciare come un razzo verso nord a duecentoquaranta all’ora.

Aoudad aveva progettato personalmente quella vettura, per uso personale di Chalk. Costituiva, più o meno, un grembo materno, foderato di fibre rosee e spugnose e provvisto di ogni specie di comodità, tranne i gravitroni. Ultimamente, Chalk se ne era stancato e non sdegnava di permettere che i suoi sottoposti se ne servissero. Aoudad e Nikolaides vi viaggiavano spesso. Ciascuno dei due si riteneva il collaboratore più stretto di Chalk, e in silenzio considerava l’altro un leccapiedi. Era un’utile illusione reciproca.

L’importante stava nel formarsi in qualche modo un’esistenza indipendente da Duncan Chalk. Chalk esigeva per sé tutte le ore in cui una persona era sveglia e non era alieno dallo sfruttarla, se poteva, nel sonno. Tuttavia rimaneva sempre qualche frammento di vita in cui si era separati dal grassone e ci si poteva considerare degli esseri umani a tutto tondo, e autonomi. La soluzione, per Nikolaides, stava nello sforzo fisico: sci d’acqua sui laghi, escursioni sull’orlo delle solfatare, canoa volante, esercitazioni in deserto. Anche Aoudad aveva scelto lo sforzo, ma di un tipo più amabile; a gambe allargate e piedi a contatto, le sue donne avrebbero formato una ghirlanda attraverso vari continenti. Anche d’Amore e gli altri avevano le proprie valvole di sicurezza personali. Chalk divorava chi non ne avesse.

Era ricominciato a nevicare. I fiocchi leggeri svanivano appena toccavano terra, ma la rotaia di scorrimento era sdrucciolevole. I servomeccanismi intervenivano rapidamente a raddrizzare la vettura. I due passeggeri reagivano in modo diverso. Il pericolo potenziale, per quanto minimo, eccitava Nikolaides, mentre Aoudad pensava tetramente alle cosce bramose che lo attendevano se sopravviveva al viaggio.

Nikolaides disse: — A proposito di quella proposta di baratto…

— Lascia correre. Un no è un no.

— Voglio solo sapere. Dimmi, Bart, ti interessa il corpo della ragazza?

Aoudad si ritrasse con uno sfoggio eccessivo di innocenza. — Ma per chi diavolo mi prendi?

— Io ti conosco. Come tutti, del resto. Tiro solo a indovinare. Ti è forse saltato in mente che se ci scambiamo gli incarichi e Lona passa a te, potresti averla?

Sprizzando rabbia, Aoudad disse: — Ci sono delle donne per le quali traccio una linea divisoria. Non andrei mai a immischiarmi con lei. Per l’amor di Dio, Nick! Quella ragazza è troppo pericolosa. Diciassette anni, vergine, con cento bambini! Non la toccherei neanche con le molle. Puoi credere davvero che lo farei?

— In realtà, no.

— E allora, perché me lo hai chiesto?

Nickolaides alzò le spalle e rimase a fissare la neve.

— Te l’ha detto Chalk, di indagare? — disse Aoudad. — Teme che io voglia infastidirla, vero? È vero? È vero?

Nikolaides non rispondeva e tutt’a un tratto Aoudad si mise a tremare. Se Chalk poteva sospettarlo di albergare desideri del genere, voleva dire che aveva perso ogni fiducia in lui. Gli scompartimenti dovevano rimanere separati: qui il lavoro, lì le donne. Aoudad non aveva mai travalicato, Chalk lo sapeva bene. Dove stava lo sbaglio? In che cosa era venuto meno al grassone? Perché togliergli la fiducia in quel modo?

Aoudad disse con voce spenta: — Nick, te lo giuro, non avevo nessuna intenzione del genere, nel proporre uno scambio. Quella ragazza, sessualmente, non mi interessa affatto. Neanche un poco. Puoi credere che io voglia una ragazzina grottesca come quella? Pensavo solo che ero stufo di guardare il corpo pasticciato di Burris. Volevo variare un po’ l’incarico. E tu…

— Piantala, Bart.

— …ci vedi ogni sorta di sinistri e perversi…

— Macché!

— Chalk, allora. E tu gli tieni mano. È un complotto? Chi vuole la mia pelle?

Nikolaides premette col pollice il bottone del dispensatore, e un vassoietto di tranquillanti sbucò. In silenzio, egli ne porse uno ad Aoudad, il quale prese il tubetto color avorio e se lo premette sull’avambraccio. Un attimo dopo la marea dell’ansia calò. Aoudad si tirò la punta aguzza dell’orecchio sinistro. Brutto affare, quella crisi di ansia e di sospetto. Gli capitava più spesso, ora. Temeva che gli stesse succedendo qualcosa di molto spiacevole; che Duncan Chalk si fosse inserito nelle sue emozioni, per abbeverarsi di sensazioni, seguendolo nella fatale parabola dalla paranoia alla schizofrenia e alla sospensione catatonica.

Non permetterò che ciò mi accada, decise Aoudad. Se la goda come gli pare; ma non ficcherà le sue zanne nella mia gola.

Poi disse: — Conserveremo inalterati i nostri incarichi finché Chalk non disponga altrimenti. D’accordo?

— D’accordo — rispose Nikolaides.

— Vogliamo vederli al monitor, aspettando di arrivare?

— Nessuna obiezione.

La vettura stava oltrepassando la Galleria degli Appalachi. Qui la grande strada di comunicazione correva profondamente incassata, chiusa tra alte muraglie nude, e, mentre la vettura filava sparata ad accelerazione d’alta G, un barlume di aspettativa apparve negli occhi di Nikolaides, comodamente seduto nell’enorme sedile destinato a Chalk. Aoudad, accanto a lui, aprì i canali di comunicazione. Gli schermi si accesero.

— Questo è il tuo — disse. — Questo è il mio.

Guardò nel proprio. La vista di Minner Burris non faceva più rabbrividire Aoudad; ma era sempre uno spettacolo spettrale. Burris, ritto davanti allo specchio, offriva ad Aoudad una doppia immagine di se stesso.

— Eccolo — mormorò Aoudad. — Che ne diresti, se ti facessero una cosa simile?

— Mi ucciderei all’istante — disse Nikolaides. — Tuttavia ho l’impressione che la ragazza sia ancor più nei pasticci. La vedi, da dove sei?

— Che fa? È nuda?

— Fa il bagno — disse Nikolaides. — Cento bambini! Mai posseduta da un uomo! E cose simili le diamo per scontate, Bart: ci lasciano indifferenti. Guarda.

Aoudad guardò. Lo schermo schiacciato e luminoso gli mostrò una ragazza nuda in piedi sotto il vibraspray. Si augurò che in quel preciso istante Chalk fosse in collegamento col suo flusso emotivo, perché, nel guardare il corpo di Lona Kelvin, non provava niente. Niente di niente. Neanche un briciolo di desiderio.

La ragazza doveva pesare sì e no quarantacinque chili. Aveva le spalle cascanti, il viso smunto, gli occhi spenti. Seni piccoli, vita snella, fianchi da maschietto. Mentre Aoudad guardava, lei si girò (lasciandogli scorgere delle natiche piatte, per niente femminili) e chiuse il vibraspray. Cominciò a vestirsi. I gesti erano lenti, l’espressione imbronciata.

— Può darsi che io sia prevenuto, perché ho lavorato con Burris — disse Aoudad — ma mi sembra che sia molto più complesso di lei. Questa è solo una bambina che ha avuto la vita difficile. Che cosa potrebbe vedere di particolare, in lei?

— Un essere umano — disse Nikolaides. — Potrebbe bastare. Chissà. Chissà. Riunendoli… Val la pena di tentare.

— Parli come un filantropo — disse Aoudad, meravigliato.

— Non mi piace vedere la gente che si fa del male.

— E a chi piace, eccetto Chalk? Ma com’è possibile appassionarsi a questi due? Dov’è l’appiglio? Sono troppo lontani da noi. Sono grotteschi. Sono barocchi. Non vedo come Chalk pensi di farli gradire dal pubblico e guadagnarci.

Nikolaides disse pazientemente: — Presi da soli, sono degli aborti. Mettili insieme, e avrai Romeo e Giulietta. Chalk, in queste cose, ha un certo fiuto.

Aoudad portò lo sguardo dal viso insignificante della ragazza alla maschera sinistra che era il viso di Minner Burris, e scrollò il capo. La vettura si infilava come un ago nel tessuto nero della notte. Egli spense gli schermi e chiuse gli occhi. Gli danzarono nella mente immagini di donne, di donne vere, adulte, con corpi tondeggianti e morbidi.

La neve si infittiva nell’aria intorno a loro. Persino nel muso schermato della vettura simile a un grembo materno, Bart Aoudad provò un senso di gelo.

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