L’epoca era post-apocalittica. Si era vaticinato un giudizio universale; ma non era venuto o, se mai c’era stato, il mondo gli era sopravvissuto e conosceva tempi più tranquilli. I profeti avevano predetto il marasma di un malcontento, un’età dell’ascia, della spada, del vento e del lupo, tale da scuotere il mondo; invece le difese non erano crollate, le tenebre non erano scese. Come mai? Che cos’era accaduto? Duncan Chalk, uno di coloro che dall’epoca nuova ricavavano immensi guadagni, ponderava spesso su questo piacevole interrogativo.
Ora le spade erano aratri.
La fame era debellata.
La popolazione era sotto controllo.
L’uomo non inquinava più l’ambiente in ogni suo gesto quotidiano. I cieli erano relativamente puri, i fiumi scorrevano limpidi, c’erano laghi azzurri e cristallini, parchi di un verde smagliante. Certo, non era ancora l’età dell’oro; il delitto, la malattia e persino la miseria esistevano tuttora. Ma solo negli angoli bui.
Per i più, quella era un’epoca di agiatezza. Chi si ostinava a prevedere una crisi futura, se l’aspettava proprio da questo. Però le telecomunicazioni erano istantanee con qualsiasi punto del globo; per andarci, occorreva un po’ più di tempo, ma poco. Si saccheggiavano i pianeti, non abitati, del locale sistema solare, portandone via i metalli, i minerali, anche i gas del sottosuolo. Le stelle viciniori erano raggiunte. La Terra prosperava. E, in tempi di abbondanza come quelli, le ideologie pauperistiche sfiorivano.
L’abbondanza, tuttavia, è un concetto relativo. Sussistevano bisogni, invidie: tutte le spinte materialistiche. Inoltre, la forza di un pingue assegno non bastava sempre, per appagare gli appetiti più profondi e oscuri.
Ogni epoca si crea delle forme di divertimento caratteristiche. Chalk era uno di coloro che le avevano fatte nascere, nel proprio tempo. Il suo impero degli svaghi comprendeva metà del sistema. Gli procurava ricchezza, potenza, soddisfazione personale e celebrità per quel tanto che la desiderava. Indirettamente, quell’impero gli permetteva di appagare dei bisogni che nascevano dalla sua composizione fisica e psicologica e che, in un’altra epoca, sarebbero stati un grave impaccio. Ora, invece, per sua fortuna, era in grado di fare il necessario.
Doveva nutrirsi spesso. E il suo nutrimento era solo in parte costituito da carne e vegetali.
Dal centro del suo impero, Chalk seguiva, adesso, le azioni della sua sventurata coppia di amanti. Erano in viaggio, alla volta dell’Antartide. Egli riceveva regolarmente i rapporti di Aoudad e Nikolaides, quegli avvoltoi librati sul letto dell’amore. Ma ormai Chalk non aveva più bisogno che fossero i suoi lacché a dirgli quel che accadeva. Aveva stabilito pienamente il contatto e ricavava il suo speciale genere di informazione direttamente da quei due esseri spezzati che aveva riunito.
Per ora ne ricavava solo una risciacquatura insipida di felicità. Del tutto inservibile, per Chalk. Ma egli giocava con pazienza la sua partita. La compassione reciproca li aveva avvicinati l’uno all’altra; ma la compassione era forse una buona base per un amore imperituro? Chalk non lo credeva. Era disposto a scommetterci una fortuna. Sarebbero cambiati, a vicenda. E Chalk, per così dire, avrebbe riscosso i suoi dividendi.
Ma ecco che la voce di Aoudad si inseriva nel circuito. — Stiamo arrivando, signore. In questo momento, li portano in albergo.
— Bene, bene. Provvedi affinché godano di ogni comodità.
— Naturalmente.
— Ma non stare troppo appiccicato alle loro calcagna. Hanno bisogno di essere soli, non di essere menati in giro da paraninfi. Mi hai capito, Aoudad.
— Avranno il Polo tutto per loro.
Chalk sorrise. Avrebbero fatto un giro turistico che era un sogno d’innamorati. Quell’epoca era elegante e coloro che avevano la chiave adatta potevano aprire tutte le innumerevoli porte dei piaceri. Burris e Lona si sarebbero divertiti.
L’apocalisse poteva aspettare.