La parentesi di tranquillità di Pitt era finita, purtroppo. Ma, arbitrariamente, egli annullò gli appuntamenti pomeridiani. Voleva più tempo per pensare.
Voleva pensare a Marlene, soprattutto.
Sua madre, Eugenia Insigna Fisher, era un problema, un problema diventato sempre più fastidioso nel corso degli ultimi dodici anni. Era emotiva, e giungeva a conclusioni affrettate ignorando la voce della ragione. Però era un essere umano; era possibile guidarla, controllarla, confinarla tra le comode pareti della logica; e anche se a volte era inquieta e si agitava, si poteva tenerla a freno.
Con Marlene, il discorso cambiava. Era un mostro. Pitt non aveva dubbi in proposito. Grazie al cielo era stata così sciocca da scoprirsi per aiutare sua madre in una circostanza di poco conto. Del resto, mancava di esperienza e di saggezza; non aveva pensato di tenere nascoste le sue doti in attesa di poterle usare in modo veramente devastante.
Comunque, crescendo sarebbe diventata sempre più pericolosa, quindi bisognava impedirle subito di nuocere. E a bloccarla sarebbe stato l’altro mostro: Eritro.
Pitt doveva congratularsi con se stesso. Aveva capito fin dall’inizio che Eritro era un mostro. Anche Eritro aveva un’espressione da interpretare… il riflesso della luce sanguigna della sua stella, un’espressione sinistra e minacciosa.
Quando avevano raggiunto la fascia degli asteroidi, a centocinquanta milioni di chilometri dall’orbita di Megas e di Eritro attorno a Nemesis, Pitt aveva detto, sicuro di sé: «Ecco il posto!»
Non si aspettava difficoltà. Era tutto talmente logico! Tra gli asteroidi, Nemesis proiettava poca luce e poco calore. La perdita di luce e di calore naturale non rappresentava nulla, dato che Rotor disponeva di un sistema di microfusione perfettamente funzionale. Anzi, quella perdita era positiva. La luce rossa di Nemesis era così attenuata da scomparire quasi, e in questo modo non opprimeva il cuore, non offuscava la mente, non raggelava l’animo.
Inoltre, stabilendosi nella fascia degli asteroidi, si sarebbero trovati in una zona dove gli effetti gravitazionali di Nemesis e di Megas sarebbero stati deboli, e quindi avrebbero avuto meno problemi di manovrabilità e minori consumi energetici. Sarebbe stato più facile estrarre minerali dagli asteroidi e, considerata la luce fievole di Nemesis, su quei piccoli corpi celesti avrebbero dovuto trovare una quantità notevole di sostanze volatili.
Ideale!
Eppure la stragrande maggioranza degli abitanti di Rotor era stata chiara: voleva che Rotor si spostasse e orbitasse attorno a Eritro. Pitt si era fatto in quattro per spiegare che così sarebbero stati immersi in una luce rossa irritante e deprimente, che sarebbero stati bloccati dalla morsa gravitazionale di Megas e di Eritro, che forse avrebbero dovuto raggiungere comunque gli asteroidi per procurarsi le materie prime.
Pitt ne aveva discusso rabbiosamente con Tambor Brossen, l’ex Commissario a cui era subentrato. Brossen, piuttosto stanco, apprezzava il suo nuovo ruolo di anziano statista, molto più di quanto non avesse apprezzato la carica di Commissario. (Era risaputo che aveva affermato di non provare un grande piacere nel prendere le decisioni, a differenza di Pitt.)
Brossen aveva riso di fronte alla preoccupazione di Pitt circa la posizione di Rotor… non apertamente, certo, ma garbatamente, con gli occhi. «Non devi sentirti obbligato ad ammaestrare Rotor perché sia sempre d’accordo con te, Janus» aveva detto. «Lascia che i rotoriani facciano a modo loro di tanto in tanto… così le altre volte saranno ancor più pronti ad accettare le tue decisioni. Se vogliono orbitare attorno a Eritro, accontentali.»
«Ma è assurdo, Tambor. Non capisci?»
«Certo che capisco. Capisco anche che Rotor è sempre stato in orbita attorno a un mondo di dimensioni considerevoli. Ecco cosa sembra giusto ai rotoriani, ecco cosa vogliono ancora.»
«Eravamo in orbita attorno alla Terra. Eritro è diversissimo dalla Terra.»
«È un mondo, e ha grosso modo le stesse dimensioni della Terra. Ha terre emerse e mari. E un’atmosfera che contiene ossigeno. Potremmo viaggiare per migliaia di anni luce prima di trovare un mondo così simile alla Terra. Te lo ripeto. Lascia che la gente faccia a modo suo.»
Pitt aveva seguito il consiglio di Brossen, anche se nel suo intimo una voce non aveva smesso un solo istante di dissentire. Anche Nuova Rotor era in orbita attorno a Eritro, e pure le altre due Colonie in via di costruzione. Naturalmente, si stavano progettando degli insediamenti nella fascia degli asteroidi, però al pubblico mancava chiaramente l’entusiasmo per realizzarli.
Tra tutte le cose accadute dalla scoperta di Nemesis, la scelta dell’orbita attorno a Eritro rappresentava secondo Pitt l’errore più grande di Rotor. Non avrebbero dovuto commetterlo. Eppure… Pitt stesso avrebbe potuto imporre la propria volontà? Avrebbe potuto insistere? E in tal caso, avrebbe ottenuto qualcosa, o lo avrebbero semplicemente destituito dopo nuove elezioni?
La nostalgia… ecco qual era il problema di base. La gente tendeva a guardare indietro, e a volte Pitt non riusciva a farle voltare la testa perché guardasse avanti. Brossen, per esempio…
Era morto sette anni prima, e Pitt era stato al suo capezzale. Solo Pitt aveva colto le ultime parole del vecchio in punto di morte. Brossen lo aveva chiamato con un cenno, invitandolo a chinarsi, poi tendendo una mano incartapecorita aveva stretto debolmente Pitt. «Com’era luminoso il Sole della Terra» aveva mormorato. Ed era morto.
Così, dato che non riuscivano a dimenticare la luminosità del Sole e il verde della Terra, i rotoriani avevano protestato esasperati contro la logica di Pitt, e avevano preteso che Rotor orbitasse attorno a un mondo che non era verde e a un sole che non era luminoso.
E il ritmo di sviluppo aveva subito un arresto di dieci anni. Avrebbero guadagnato dieci anni se si fossero stabiliti subito nella fascia degli asteroidi. Pitt ne era convinto.
Già di per sé, questo fatto bastava a condizionare negativamente l’atteggiamento di Pitt nei confronti di Eritro… ma Eritro aveva delle particolarità peggiori… molto peggiori.