20 Prova


XLII

Kattimoro Tanayama, con la sua abituale tenacia, terminò l’anno concessogli, e continuò a resistere per qualche mese, prima che la sua lunga lotta si concludesse. Quando giunse il momento fatidico, lasciò il campo di battaglia senza una parola, senza un segno, e gli strumenti indicarono la morte avvenuta prima che i presenti si rendessero conto del decesso.

L’evento destò poco scalpore sulla Terra, nessuno sulle Colonie, perché il Vecchio aveva sempre operato lontano dallo sguardo del pubblico, e, proprio per questo, la sua forza era stata così grande. Solo chi aveva a che fare con lui conosceva il suo potere, e le persone legate in modo particolare alla sua forza e alla sua politica furono quelle che accolsero la sua morte con maggior sollievo.

Tessa Wendel ricevette presto la notizia, tramite il canale speciale allestito tra il suo quartier generale e World City. Anche se era preparata da mesi, fu uno shock.

Cosa sarebbe successo, adesso? Chi avrebbe preso il posto di Tanayama, e che cambiamenti ci sarebbero stati? Tessa ci pensava da parecchio, ma solo ora sembrava che quegli interrogativi avessero un senso. Evidentemente, malgrado tutto, la Wendel (e forse tutti i diretti interessati) non si aspettava che il Vecchio morisse.

Cercò conforto in Crile Fisher. Tessa era realista, e sapeva che non era il suo corpo, ora chiaramente anziano, (tra meno di due mesi, incredibile, avrebbe raggiunto i cinquanta) ad attirare Crile. Fisher aveva quarantatré anni, e, anche nel suo caso, il fiore della giovinezza era un po’ appassito, però in un uomo si notava meno. Comunque, Crile era attratto, e Tessa riusciva ancora a convincersi di essere lei ad attirarlo, soprattutto quando lo attirava a sé letteralmente e lo stringeva.

«Be’, e adesso?» gli disse.

«Nulla di sorprendente, Tessa. Sarebbe dovuto succedere prima.»

«Già, ma è successo ora. Era la sua cieca determinazione a mandare avanti il progetto. E adesso?»

«Quando Tanayama era vivo, eri ansiosa che morisse. Adesso sei preoccupata. Ma non credo che ce ne sia motivo. Il progetto continuerà. Una cosa di queste dimensioni ha una vita propria e non si può arrestare.»

«Hai provato a calcolare quant’è costato tutto questo, Crile? Ci sarà un nuovo Direttore del Dipartimento Informazioni Terrestre, e i membri del Congresso Mondiale sceglieranno sicuramente qualcuno che potranno controllare. Non ci sarà un nuovo Tanayama capace di tenerli in soggezione… non nell’immediato futuro. Loro guarderanno il bilancio e, dato che non ci sarà più la mano nodosa del Vecchio a coprirlo, vedranno che il passivo è enorme, e vorranno tagliare le spese.»

«Come possono farlo? Hanno già speso moltissimo. Devono smettere senza avere in mano nulla di concreto? Quello sì, sarebbe un fiasco.»

«Possono dare la colpa a Tanayama. "Era un pazzo, un egotista guidato da un’ossessione", diranno… il che è vero in larga misura, come sappiamo entrambi… "Noi non siamo responsabili", diranno, e riporteranno l’equilibrio sulla Terra abbandonando qualcosa che in realtà il pianeta non può permettersi.»

Fisher sorrise. «Tessa, tesoro, la tua comprensione del pensiero politico probabilmente è tipica di un genio iperspaziale di prim’ordine. Il Direttore dell’Ufficio è, in teoria e agli occhi del pubblico, un funzionario dai poteri limitati sottoposto all’autorità del Presidente Generale e del Congresso Mondiale. Questi funzionari eletti, teoricamente potenti, non possono far comprendere alla gente che Tanayama li dominava, che, di fronte al Vecchio, si accucciavano buoni buoni, che avevano perfino paura di respirare senza il suo permesso. Sarebbe come ammettere pubblicamente di essere dei vigliacchi, dei deboli, degli incapaci, e rischierebbero di perdere le loro cariche alle prossime elezioni. Dovranno continuare il progetto. Opereranno solo dei tagli simbolici.»

«Come fai a essere tanto sicuro?» borbottò Tessa.

«Lo so per esperienza. È da parecchio tempo che osservo il comportamento dei burocrati eletti. E poi, se ci fermiamo di colpo, consentiremo alle Colonie di precederci, di spingersi nello spazio profondo lasciandoci qua, esattamente come ha fatto Rotor.»

«Oh? E come faranno?»

«Data la loro conoscenza dell’iperassistenza, non credi che sia inevitabile fare un passo avanti e arrivare al volo ultraluce?»

Tessa guardò Fisher, sardonica. «Crile, tesoro, la tua comprensione della fisica iperspaziale probabilmente è tipica di un seducente cacciatore di segreti di prim’ordine. È questo che pensi del mio lavoro? Che sia una conseguenza inevitabile dell’iperassistenza? Non hai capito che l’iperassistenza è una conseguenza naturale del pensiero relativistico? Tuttavia, non permette di viaggiare più velocemente della luce. Per passare alle velocità ultraluce è necessario un vero balzo in avanti, concettuale e pratico. Non è uno sviluppo spontaneo, naturale, e l’ho spiegato a diversi membri del governo. Si lamentavano della lentezza e delle spese, così ho dovuto spiegare le difficoltà. Adesso se lo ricorderanno, e non avranno paura di bloccare il progetto a questo punto. Non posso spronarli a proseguire dicendo tutt’a un tratto che la concorrenza potrebbe superarci.»

Fisher scosse la testa. «Certo che puoi dirglielo. E ti crederanno, perché sarà la verità. Possono superarci facilmente.»

«Non hai ascoltato quello che ho detto?»

«Sì, ma stai tralasciando qualcosa. Concedimi un po’ di buon senso, soprattutto dal momento che mi hai appena definito un cacciatore di segreti di prim’ordine.»

«Di che stai parlando, Crile?»

«Questo grande balzo dall’iperassitenza al volo ultraluce è un grande balzo solo se si comincia dall’inizio, come hai fatto tu. Ma le Colonie non partono dall’inizio. Pensi davvero che non sappiano nulla del nostro progetto, di Iper City? Credi che io e i miei colleghi terrestri siamo gli unici cacciatori di segreti del Sistema Solare? Le Colonie hanno i loro agenti, che lavorano col nostro stesso impegno e la nostra stessa efficacia. In primo luogo, sanno che sei sulla Terra praticamente dal giorno del tuo arrivo.»

«E con ciò?»

«E con ciò! Pensi che non abbiano dei computer che gli dicano che hai scritto e pubblicato del materiale in questo campo? Pensi che non abbiano accesso a quelle relazioni scientifiche? Pensi che non le abbiano lette e rilette con la massima attenzione, e che non abbiano scoperto che secondo te le velocità ultraluce sono teoricamente possibili?»

Tessa si morse un labbro. «Be’…»

«Sì, pensaci. Quando hai scritto quegli articoli sulla velocità ultraluce, stavi solo facendo delle ipotesi. In pratica eri l’unica a ritenerla possibile. Nessuno ha considerato la cosa seriamente. Ma a un certo punto vieni sulla Terra e ci resti. All’improvviso sparisci e non ritorni su Adelia. Forse non conosceranno tutti i particolari di quello che stai facendo, perché questo progetto è stato coperto dalla massima sicurezza consentita dalla paranoia di Tanayama. Comunque, il semplice fatto che tu sia scomparsa è significativo e, visto il materiale che hai pubblicato, non possono esserci dubbi circa l’obiettivo del tuo lavoro.

"Non si può tenere completamente segreta una cosa come Iper City. Le enormi somme di denaro investite lasciano per forza qualche traccia evidente. Quindi le Colonie stanno cercando a tentoni un po’ di tutto… ritagli di informazioni, scarti, da trasformare possibilmente in frammenti di conoscenza. E ogni frammento fornisce alle Colonie delle indicazioni utili, che permetteranno alle Colonie di progredire molto più rapidamente di quanto non abbia potuto fare tu. Dillo a quelli del governo, Tessa, se dovessero parlare di interrompere il progetto. Gli altri possono superarci nella corsa al volo ultraluce, e ci supereranno, se smetteremo di correre. Vedrai, questa prospettiva li spronerà a proseguire con lo stesso accanimento di Tanayama, e ha il pregio di essere assolutamente vera.»

Tessa Wendel rimase a lungo in silenzio mentre Fisher la studiava.

«Hai ragione, mio caro cacciatore di segreti» disse infine. «Sono stata avventata. Ho sbagliato a considerarti un amante piuttosto che un consigliere…»

«Perché le due cose dovrebbero necessariamente escludersi a vicenda?» chiese Fisher.

«Anche se so benissimo che a te la cosa interessa per motivi particolari, personali» precisò Tessa.

«Anche se è così, che importa? Il fatto essenziale è che i miei motivi procedano paralleli ai tuoi, no?»


XLIII

Infine, arrivò una delegazione di rappresentanti del Congresso, insieme a Igor Koropatsky, il nuovo Direttore del Dipartimento Informazioni Terrestre. Per anni aveva occupato cariche minori nell’Ufficio, quindi non era un perfetto sconosciuto per Tessa Wendel.

Era un uomo tranquillo, dai capelli grigi, lisci, ormai radi, il naso piuttosto bulboso, l’aria ben pasciuta e cordiale. Era senza dubbio astuto, scaltro, ma era evidente che gli mancava la veemenza quasi patologica di Tanayama. Si notava a un chilometro di distanza.

Naturalmente, lo accompagnavano dei membri del Congresso, come se volessero dimostrare che il successore del Vecchio era proprietà loro, era sotto il loro controllo. Sicuramente, si auguravano che la situazione non mutasse, dopo la lunga e amara lezione di Tanayama.

Nessuno accennò a una eventuale interruzione del progetto. Anzi, si parlò di stringere i tempi… se possibile. Quando Tessa Wendel provò a sottolineare con discrezione che le Colonie avrebbero potuto superare la Terra, o starle alle calcagna, le sue parole furono accolte senza obiezioni, furono quasi ignorate come qualcosa di ovvio.

Koropatsky, al quale lasciarono il ruolo di portavoce e la relativa responsabilità, disse: «Dottoressa Wendel, non chiedo una visita minuziosa e formale di Iper City. Sono già stato qui, ed è più importante che dedichi un po’ di tempo alla riorganizzazione dell’Ufficio. Non intendo mancare di rispetto al mio illustre predecessore, ma quando la direzione di un importante apparato amministrativo passa da una persona a un’altra è necessaria un’opera di riorganizzazione notevole, soprattutto se il predecessore è rimasto in carica a lungo. Ora, io non sono un uomo formale. Quindi, parliamo liberamente e senza cerimonie. Le farò delle domande, e spero che lei risponda in modo comprensibile, tenendo conto delle mie modeste cognizioni scientifiche».

Tessa annuì. «Farò del mio meglio, Direttore.»

«Bene. A suo avviso, quando sarà pronta un’astronave ultraluce perfettamente a punto?»

«Direttore, deve rendersi conto che fondamentalmente questa è una domanda alla quale non si può rispondere. Siamo in balia di difficoltà impreviste, di incidenti imprevisti.»

«Supponiamo che ci siano solo normali difficoltà e nessun incidente.»

«In questo caso, dato che abbiamo completato la parte scientifica e adesso è solo una questione di tecnologia e ingegneria, se saremo fortunati avremo la nave entro tre anni, forse.»

«In altre parole, sarà pronta nel 2236.»

«Non prima di allora, sicuramente.»

«Quante persone trasporterà?»

«Da cinque a sette, forse.»

«A che distanza arriverà?»

«Alla distanza che vorremo, Direttore. È questo il bello del volo ultraluce. Dato che si passa nell’iperspazio, dove le normali leggi della fisica non sono più valide, nemmeno la conservazione dell’energia, percorrere un anno luce o mille anni luce è indifferente, lo sforzo è lo stesso.»

Il Direttore si agitò, a disagio. «Non sono un fisico, ma mi riesce difficile accettare un ambiente senza limitazioni. Non ci sono cose che non si possono fare?»

«Ci sono delle limitazioni. Abbiamo bisogno del vuoto e di un’intensità gravitazionale al di sotto di un certo valore, se vogliamo compiere il passaggio nell’iperspazio e fuori dall’iperspazio. Con l’esperienza, troveremo senza dubbio ulteriori limitazioni che potrebbero rendere necessari dei voli di prova per valutare bene il problema. Il che potrebbe causare ulteriori rinvii.»

«Una volta pronta la nave, quale sarà la destinazione del primo volo?»

«La prudenza potrebbe suggerire di non spingersi oltre il pianeta Plutone la prima volta, per esempio, però la cosa potrebbe essere considerata una perdita di tempo insopportabile. Quando disporremo della tecnologia necessaria per visitare le stelle, la tentazione di visitarne una subito sarà fortissima.»

«Per esempio, la Stella Vicina?»

«Quella sarebbe la meta logica. L’ex Direttore Tanayama voleva che raggiungessimo quella stella, però devo farle notare che ci sono altre stelle molto più interessanti. Sirio è a una distanza appena quattro volte maggiore, e ci offrirebbe la possibilità di osservare da vicino una nana bianca.»

«Dottoressa Wendel, penso che la Stella Vicina debba essere la nostra meta, anche se non necessariamente per le ragioni di Tanayama. Supponiamo che lei raggiunga un’altra stella, una qualsiasi, e che ritorni. Come farebbe a dimostrare di essere stata davvero in prossimità di un’altra stella?»

La Wendel trasalì. «Dimostrare? Non capisco…»

«Voglio dire, se mettessero in dubbio l’autenticità del volo, se lo considerassero un imbroglio, lei come respingerebbe le accuse?»

«Un imbroglio?» Tessa Wendel si alzò, furiosa. «Questo è offensivo.»

La voce di Koropatsky di colpo si fece perentoria. «Si sieda, dottoressa Wendel. Nessuno la sta accusando di nulla. Sto cercando di prevedere una situazione e di premunirmi per evitare che si verifichi. L’umanità è andata nello spazio quasi tre secoli fa. È un episodio storico non del tutto dimenticato, e il mio settore di globo lo ricorda particolarmente bene. In quei giorni remoti di confino terrestre, quando i primi satelliti hanno esplorato lo spazio, alcuni erano convinti che il materiale scientifico raccolto dai satelliti fosse tutto falso. Le prime fotografie dell’altra faccia della Luna erano finte, per loro. Ed erano false perfino le prime immagini della Terra vista dallo spazio, secondo certa gente che credeva che la Terra fosse piatta. Ora, se la Terra sostiene di avere il volo ultraluce, potremmo trovarci di fronte a un problema di questo tipo.»

«Perché, Direttore? Perché dovremmo mentire riguardo una cosa del genere? Perché qualcuno dovrebbe pensarlo?»

«Mia cara dottoressa Wendel, lei è ingenua. Da oltre tre secoli, Albert Einstein è il semidio inventore della cosmologia. La gente, generazione dopo generazione, si è abituata al concetto della velocità della luce come limite assoluto. Non rinuncerà facilmente a questo concetto. Perfino il principio di causalità sembra violato, e l’idea che la causa debba precedere l’effetto è la cosa più basilare che si possa concepire. E questo è il primo punto.

"In secondo luogo, dottoressa Wendel, per le Colonie potrebbe essere utile, politicamente, convincere i loro abitanti, e anche i terrestri, che stiamo mentendo. Saremo disorientati, così. Ci ritroveremo coinvolti in discussioni e polemiche, perderemo tempo, e le Colonie avranno maggiori probabilità di guadagnare terreno e di raggiuncerci. Quindi le chiedo… Una volta compiuto questo viaggio spaziale, ci sarebbe il modo di dimostrarne l’effettiva autenticità? Esisterebbe una prova chiara e semplice?»

«Direttore, permetteremmo agli scienziati di ispezionare la nave, al nostro ritorno» rispose gelida Tessa. «Ci impegneremo a spiegare le tecniche utilizzate…»

«No, no. Per favore, non continui. Così convincerebbe solo gli scienziati esperti e informati come lei.»

«Be’, allora quando torneremo avremo delle foto del cielo, e le stelle più vicine saranno in posizioni reciproche leggermente diverse. Dal cambiamento di queste posizioni, sarà possibile calcolare con esattezza il punto in cui ci trovavamo rispetto al Sole.»

«Anche in questo caso, andrebbe bene solo per gli scienziati, ma non sarebbe affatto convincente per l’uomo medio.»

«Avremo delle immagini ravvicinate della stella che visiteremo. Sarà diversissima dal nostro Sole.»

«Ma questo genere di cose si fa in ogni programma olovisivo dozzinale imperniato sui viaggi interstellari. Banalità da epica fantascientifica. Sarebbe solo un altro programma alla "Capitan Galassia".»

Tessa Wendel serrò i denti esasperata. «In tal caso, non conosco nessun altro tipo di prova. Se la gente non vorrà crederci, non ci crederà, e basta. È un problema che riguarda lei. Io sono solo una scienziata.»

«Via, dottoressa, non si arrabbi, la prego. Quando Colombo è tornato dal suo primo viaggio oltre oceano sette secoli e mezzo fa, nessuno l’ha accusato di imbrogliare. Perché? Perché aveva portato con sé degli indigeni delle nuove terre che aveva visitato.»

«Benissimo, ma le probabilità di trovare dei mondi con delle forme di vita e di portare sulla Terra degli esemplari sono scarsissime.»

«Forse no. Come sa, si crede che Rotor abbia scoperto la Stella Vicina con la Sonda Remota e che abbia lasciato il Sistema Solare poco dopo quella scoperta. Dato che i rotoriani non sono più ritornati, è possibile che abbiano raggiunto la Stella Vicina, che siano rimasti là, e che si trovino ancora là.»

«È quanto credeva il Direttore Tanayama. Comunque, con l’iperassistenza, il viaggio avrebbe richiesto più di due anni. Può darsi che per un incidente, o per dei problemi tecnici o psicologici, non siano mai arrivati a destinazione. Anche questo spiegherebbe la loro scomparsa.»

«Tuttavia, può darsi che siano arrivati» insisté pacato Koropatsky.

«Anche se sono arrivati, è probabile che siano semplicemente entrati in orbita attorno alla stella, dal momento che la presenza di un mondo abitabile è da escludersi nella maniera più assoluta. Il logorio psicologico dovuto all’isolamento, che non li avrà bloccati durante il viaggio, sarà diventato insostenibile in seguito, ed è probabile che adesso ci sia solo una Colonia morta in orbita perenne attorno alla Stella Vicina.»

«Appunto, quindi si renderà conto che la nostra meta dev’essere quella, perché una volta là cercherà Rotor, vivo o morto. In entrambi i casi, dovrà portare sulla Terra qualcosa che sia inconfondibilmente rotoriano, così tutti le crederanno senza difficoltà quando affermerà di avere compiuto un viaggio interstellare.» Koropatsky fece un largo sorriso. «Anch’io ci crederò. E questa è la risposta al mio interrogativo di prima, dottoressa… la prova per dimostrare l’autenticità del volo ultraluce. Sarà questa la sua missione, dunque. E non abbia paura, la Terra continuerà a fornirle il denaro, la manodopera e i mezzi necessari.»

Poi, dopo un pranzo durante il quale non si parlò di questioni tecniche, Koropatsky si rivolse a Tessa Wendel in un tono il più cordiale possibile ma che lasciava trasparire una sfumatura gelida. «Comunque, si ricordi che ha solo tre anni per ultimare il lavoro. Tre anni, al massimo.»


XLIV

«Dunque, il mio stratagemma non era necessario, in fondo» disse Crile Fisher con un’aria di lieve rammarico.

«No. Erano decisi a continuare, anche senza prospettargli il pericolo di un sorpasso da parte delle Colonie. L’unica cosa che li preoccupava, e che a quanto pare non ha mai preoccupato Tanayama, era questa storia delle possibili accuse di imbroglio. A Tanayama interessava soltanto distruggere Rotor, immagino, e una volta centrato questo obiettivo, il mondo intero avrebbe anche potuto gridare "È un imbroglio", volendo.»

«Non sarebbe successo. Tanayama avrebbe ordinato alla nave di portare sulla Terra una prova tangibile per dimostrargli la distruzione di Rotor. E anche il mondo sarebbe stato soddisfatto. Che tipo è il nuovo Direttore?»

«L’opposto di Tanayama. Sembra mite, quasi umile, ma ho la sensazione che il Congresso Mondiale si accorgerà che è un osso duro come Tanayama. Deve solo ambientarsi, abituarsi al nuovo incarico.»

«Stando a quanto mi hai detto della vostra conversazione, sembra più ragionevole di Tanayama.»

«Sì, però mi fa ancora infuriare… quella faccenda dell’imbroglio. Come si può concepire un viaggio spaziale finto? È assurdo! Probabilmente dipende dal fatto che i terrestri non hanno il senso dello spazio. Nemmeno un po’. Avete questo mondo smisurato e non lo lasciate mai, a parte una percentuale microscopica.»

Fisher sorrise. «Be’, io faccio parte della percentuale microscopica che lo ha lasciato. E spesso. E tu sei una colona. Quindi nessuno dei due ha questo attaccamento planetario, diciamo.»

«Appunto.» Tessa gli lanciò un’occhiata di traverso. «A volte ho l’impressione che tu non ricordi che sono una colona.»

«Credimi, non lo dimentico mai. Non è che vada in giro ripetendo tra me: "Tessa è una colona! Tessa è una colona!"… ma lo so, sempre.»

«Lo sa qualcun altro, però?» Tessa fece un gesto con la mano, indicando un volume di spazio indeterminato. «Ecco… qui c’è Iper City, protetta da un apparato di sicurezza mostruoso, e perché? Perché i coloni non sappiano nulla. Dobbiamo mettere a punto il volo ultraluce come realizzazione pratica prima che le Colonie facciano i primi passi in questa direzione. E chi è che dirige il progetto? Una colona.»

«Sono cinque anni che ti occupi del progetto. È la prima volta che ci pensi?»

«No. Comunque, ci penso di tanto in tanto. Solo, non capisco. Non hanno paura di fidarsi di me?»

Fisher scoppiò a ridere. «Non proprio. Sei una scienziata.»

«E allora, gli scienziati sono considerati mercenari, che non hanno legami con nessuna società. Dai a uno scienziato un problema affascinante e tutti i fondi e le attrezzature e l’aiuto di cui ha bisogno per affrontare il problema, e lo scienziato se ne infischierà della provenienza dell’appoggio ricevuto. Sii sincera… A te non importa nulla della Terra, né di Adelia, né delle Colonie in generale, e nemmeno dell’umanità. Tu vuoi solo mettere a punto il volo ultraluce, e il lavoro è l’unica cosa che ti stia a cuore.»

La Wendel replicò altera: «Questo è uno stereotipo, e non si adatta a tutti gli scienziati. Può darsi che a me non si adatti».

«Oh, sicuramente se ne rendono conto anche loro, quindi è probabile che ti sorveglino in continuazione, Tessa. Probabilmente, alcuni dei tuoi più stretti collaboratori tra le altre mansioni hanno quella importantissima di controllare senza sosta le tue attività e di riferire al governo.»

«Spero che tu non ti riferisca a te stesso.»

«Non dirmi che non hai mai pensato che potessi starti accanto soltanto nel mio ruolo di cacciatore di segreti.»

«A dire il vero, ci ho pensato… qualche volta.»

«Ma non è il mio compito. Ho l’impressione di essere troppo affezionato a te per essere affidabile. Infatti, sorvegliano anche me, ne sono sicuro, e valutano attentamente la mia attività. Finché ti rendo felice…»

«Sei un individuo insensibile, Crile. Come puoi trovare divertente una cosa del genere?»

«Non c’è nulla di divertente. Sto cercando di essere realista. Se dovessi stancarti di me, io perderei la mia funzione. Una Tessa infelice potrebbe essere una Tessa improduttiva, così mi toglierebbero subito di torno e spianerebbero la strada al mio successore. Dopo tutto, per loro la tua felicità è molto più preziosa della mia, ed è logico che sia così, lo riconosco. Vedi il mio realismo?»

Al che, Tessa Wendel allungò improvvisamente la mano verso Crile e gli accarezzò una guancia. «Stai tranquillo. Ormai mi sono troppo abituata a te per stancarmi. Quando ero giovane, focosa, passionale, potevo stancarmi dei miei compagni e abbandonarli, ma adesso…»

«Troppa fatica, eh?»

«Se preferisci metterla in questi termini… Può anche darsi che finalmente sia innamorata… a modo mio.»

«Capisco cosa intendi dire. L’amore può essere riposante quando si è tranquilli, a mente fredda. Ma ho l’impressione che non sia il momento migliore per dimostrarlo. Prima dovrai riflettere sulla conversazione con Koropatsky e digerire quella storia antipatica dell’imbroglio.»

«La digerirò, prima o poi. Ma c’è un’altra cosa… Poco fa ti ho detto che i terrestri non hanno il senso dello spazio.»

«Sì, ricordo.»

«Be’, ecco un esempio. Koropatsky non ha la più pallida idea delle dimensioni effettive dello spazio. Ha parlato di raggiungere la Stella Vicina e di trovare Rotor. Già, ma come? Ogni tanto, avvistiamo un asteroide e lo perdiamo prima di riuscire a calcolarne l’orbita. Lo sai quanto tempo ci vuole per localizzare di nuovo l’asteroide, anche con tutte le nostre apparecchiature e strumentazioni moderne? Anni interi, a volte. Lo spazio è vastissimo, perfino nelle immediate vicinanze di una stella, e Rotor è piccolo.»

«Sì, ma noi cerchiamo un asteroide tra migliaia di asteroidi. Rotor, invece, sarà l’unico oggetto del suo genere in prossimità della Stella Vicina.»

«Chi te l’ha detto? Anche se la Stella Vicina non ha un sistema planetario nel senso che intendiamo normalmente, molto probabilmente sarà circondata da frammenti e detriti di qualche tipo.»

«Detriti morti, però, come i nostri asteroidi. Dal momento che Rotor sarà una Colonia viva, attiva, emetterà un’ampia gamma di radiazioni, che dovrebbero essere facilmente individuabili.»

«Sempre che Rotor sia davvero una Colonia viva… E se non lo fosse? Sarebbe solo un asteroide come tanti, e trovarlo potrebbe essere un’impresa immane, irrealizzabile, almeno entro un arco di tempo ragionevole.»

Inevitabilmente, la faccia di Fisher si contrasse in un’espressione infelice.

Tessa Wendel si lasciò sfuggire un’esclamazione sommessa e gli si avvicinò, cingendo con un braccio le sue spalle inerti. «Oh, caro… conosci la situazione. Devi affrontarla.»

Con voce strozzata, Crile disse: «Lo so. Però può darsi che siano sopravvissuti. Non è vero?».

«Può darsi» rispose Tessa, il tono non troppo convinto e privo di spontaneità. «E se sono sopravvissuti, tanto meglio per noi. Come hai fatto notare, in questo caso sarebbe facile individuarli tramite la loro emissione di radiazioni. E soprattutto…»

«Sì?»

«Koropatsky vuole che portiamo sulla Terra qualcosa che dimostri che abbiamo incontrato Rotor, che abbiamo compiuto veramente un viaggio di andata e ritorno nello spazio profondo, coprendo parecchi anni luce in qualche mese al massimo. Per luì, sarebbe la prova migliore. Solo che… Cosa potremmo portare di convincente? Supponiamo di trovare alla deriva nello spazio dei frammenti di metallo o di cemento. Un frammento qualsiasi non andrà bene. Un pezzo di metallo non identificabile come rotoriano sarebbe inutile, perché avremmo potuto benissimo portarlo con noi alla partenza. Anche se riuscissimo a trovare un oggetto tipico di Rotor, qualche manufatto che potrebbe provenire solo da una Colonia, potrebbero considerarlo un falso.

"Però, se Rotor fosse una Colonia viva e attiva, potremmo convincere un rotoriano a venire con noi. È possibile stabilire se un individuo è rotoriano… Ci sono le impronte digitali, lo schema retinico, l’analisi del DNA… Può darsi addirittura che sulle altre Colonie o sulla Terra ci siano delle persone in grado di riconoscere il rotoriano che porteremo con noi. Koropatsky vuole che facciamo così, l’ha fatto capire chiaramente. Ha sottolineato che Colombo, tornando dal suo primo viaggio, aveva portato con sé degli indigeni americani.»

Tessa sospirò a fondo prima di proseguire. «Naturalmente, non potremo portare sulla Terra tutto quello che vorremo, sia si tratti di persone, sia di oggetti. Forse un giorno avremo astronavi grandi come Colonie, ma la nostra prima nave sarà piccola, piuttosto primitiva, questo è certo. Al massimo saremo in grado di portare con noi un rotoriano, quindi dovremo scegliere la persona giusta.»

«Mia figlia Marlene» disse Fisher.

«Potrebbe rifiutarsi di venire. Possiamo prendere con noi solo qualcuno che sia disposto a tornare sulla Terra. Uno ci sarà tra tante migliaia di persone, magari più di uno… ma se tua figlia non…»

«Accetterà, verrà. Lascia che le parli. In qualche modo, la convincerò.»

«Sua madre potrebbe opporsi.»

«Convincerò anche lei» disse Fisher, ostinato. «In un modo o nell’altro, ci riuscirò.»

Tessa sospirò di nuovo. «Non posso permettere che tu ti illuda, Crile. Non capisci? Non possiamo portare con noi tua figlia, anche se fosse disposta a seguirci.»

«Perché? Perché no

«Aveva un anno quando se n’è andata. Non ha alcun ricordo del Sistema Solare. Nel Sistema Solare, nessuno potrebbe identificarla. È difficilissimo che ci siano dei documenti o dei dati d’archivio da esaminare, se non su Rotor. No, a noi serve una persona di mezza età come minimo, una persona che sia stata su qualche altra Colonia o, meglio ancora, sulla Terra.»

Tessa Wendel s’interruppe un istante poi, la voce tesa, proseguì. «Tua moglie potrebbe essere la persona adatta. Una volta mi hai detto che ha completato i suoi studi sulla Terra, no? Quindi ci saranno dei documenti, sarà possibile identificarla… Anche se, onestamente, preferirei di gran lunga scegliere qualcun altro.»

Fisher rimase in silenzio.

«Mi spiace, Crile» mormorò Tessa, l’aria quasi timida. «Non è come vorrei.»

E Fisher disse aspro: «L’importante è che la mia Marlene sia viva. Poi vedremo cosa si può fare».


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