Leland Tanner chiamò qualcuno all’intercom del salotto. Poi, chinandosi su Zoe in modo che potesse sentire il suo intenso profumo di colonia, la baciò sulla nuca. — Adesso devo andare, Zoe. Se decidi di restare mi vedrai solo di tanto in tanto; la tua nuova famiglia assorbirà il tuo tempo e le tue attenzioni. Comunque, non c’è alcun divieto di frequentare persone culturalmente immature. Se ti andrà, potrai vedere me o chiunque altro che sia più giovane di te. Solo, fammelo sapere.
— Lo farò, Mr. Leland.
— Arrivederci. — Attraversò il tappeto fittamente intrecciato, la salutò sulla porta scorrevole a vetri e uscì in cortile. In un istante Zoe lo vide sparire lungo uno dei viottoli nascosti dalle fronde, e i placidi, curiosi gingko furono al centro della sua attenzione fino a quando una delle porte interne non si aprì e una donna esile, dai corti capelli grigi non la raggiunse.
— Zoe Breedlove? — Tenendo davanti a sé una grossa busta marrone, la donna guardò in direzione della sedia dall’ampio schienale, ma senza fissarla direttamente. Una graziosa, fragile donna dagli occhi chiari e opachi e un sorriso asimmetrico.
— Sono io — rispose Zoe. Allora gli occhi della donna si focalizzarono su di lei e il sorriso si interruppe. Si trascinò fra il folto del tappeto fino alla sedia di fronte a Zoe, poi si fissarono reciprocamente, separate dal servizio da tè.
— Mi chiamo Helen — disse. — Helen Phoenix. Credo che Parthena e Toodles desiderassero un altro uomo, ma io sono felice che Leland abbia trovato qualcuno che non ci ricorderà Yui-chan. Sarebbe stato ingiusto nei tuoi confronti.
— Yui-chan? — La parola suonava straniera, in particolare per una donna che viveva sotto una cupola della Georgia. E l’accento di Helen rivelava che non era di Atlanta. New York? Comunque doveva essere una città cosmopolita, almeno un tempo.
— Yuichan Kurimoto-Phoenix. Era nato a Kyoto, ma il suo modo di comportarsi era quello di un focoso italiano. Aveva dei gusti orribili in tutto, per niente fine. C’è uno scoiattolo di gesso sul tronco di un albero, in giardino: l’ha fatto Yuichan. — Helen chinò il capo. — Un uomo simpatico, proprio simpatico.
— Spero che gli altri non credano che voglia prendere il posto di Yoo-chi. Io non so nulla della Cina.
Il sorriso della donna si spense agli angoli della bocca e poi riapparve lentamente. — Tuttavia — disse, — assomigli a Yuichan più di quanto tu non creda. Il che è positivo: un vantaggio per noi. Comunque il ricordo che ancora conserviamo di lui non condizionerà affatto il nostro giudizio. Ne sono certa. Toodles preferisce sicuramente un altro uomo perché è un tipo sensuale, e ritiene che Paul e Luther siano inadatti al nostro servizio.
Servizio: forse si trattava proprio di ciò che lei immaginava. Zoe si sporse sul tavolino: — Ti andrebbe una tazza di tè che Leland ha lasciato?
— Volentieri. E se fai un po’ di spazio, Zoe — posso chiamarti Zoe? — ti presenterò gli altri prima di salire. È un vantaggio che avrai nei loro confronti, ma probabilmente sarà l’unico. Lo concediamo raramente.
— Bene. Cercherò di sfruttarlo. — Dopo aver spostato il servizio da tè, osservando Helen che prendeva le foto e gli stampati dalla busta, Zoe si accorse che la donna era cieca. Gli occhi vitrei si muovevano indipendentemente dal suo sorriso, dalle sue mani. Erano occhi stupendi, in qualche modo simili a cuscinetti a sfera privi di peso. Parti meccaniche che si muovevano in un corpo simile al tempo stesso a quello di un gatto siamese e di un animale dal pelo argentato. Le piccole mani di Helen afferrarono con sicurezza le foto e le schede. Zoe, lasciandosi trasportare dal ricordo, sfiorò una delle foto.
— Puoi dare un’occhiata mentre bevo il tè, Zoe. Non voglio annoiarti.
Il primo foglio del plico era stampato con chiarezza dal computer. Zoe lo prese e lo girò in modo da poterlo leggere.
UNITÀ SETTIGAMA PHOENIX
Cerimonia di stipulazione:
Giorno 7 di Primavera, 2035, Nuovo Calendario.
Componenti:
M.L.K. Battle (Luther). Nato l’11 luglio 1968, V. Cal. Nessuna famiglia originaria. Ultimo datore di lavoro: Compagnia demolizioni e Costruzioni McAlpine. Tuttofare e animatore dell’unità settigama. Orto-Urbanista, scaduto, dispensato per anzianità, nero.
Parthena Cawthorn. Nata il 4 novembre 1964, V. Cal., Madison, Georgia. Un figlio, Maynard; una nuora e tre nipoti: cittadini affrancati UrNu. Ultimo datore di lavoro: Industrie Inner Earth. Artigiano usg e folklorista. Orto-Urbanista, semiattiva, nera.
Paul Erik Ferrand. Nato il 23 ottobre 1959, V. Cal, Bakersfield, California. Membri della famiglia (figlio, nipote, pronipote) nei Nuclei Urbani di Los Angeles e San Francisco. Ultimo datore di lavoro: (?). Mistico Inclassificabile. Dispensato per anzianità. Bianco.
Yuichi Kurimoto (Yuichan). Nato il 27 maggio 1968, V. Cal., Kyoto, Giappone. Ultimo datore di lavoro: Visicomputer Enterprise, filiale di Atlanta, legislatore usg. Neobuddista, scaduto, dispensato per nazionalità. Orientale.
Joyce Malins (Toodles). Nata il 14 febbraio 1971, V. Cal., nessuna famiglia originaria. Ultimo datore di lavoro: Malins Musica, Canto e Danza. Musicista usg. Orto-Urbanista, scaduta, dispensata per anzianità. Bianca.
Helen Mitchell. Nata l’11 luglio 1967, V. Cal, Norfolk, Virginia. Un figlio all’UrNu di Washington, una figlia all’UrNu di Philadelphia. Ultimo datore di lavoro: Servizio Civile UrNu, filiale di Atlanta, economo usg. Orto-Urbanista, semiattiva. Bianca.
Jeremy Zitelman (Jerry). Nato il 9 dicembre 1970, V. Cal. Nessuna famiglia originaria. Ultimo datore di lavoro: Università della Georgia, Estensione Urbana, Dipartimento di Astronomia, storico usg. Ebreo recidivo, dispensato per anzianità. Bianco.
Un gruppo eterogeneo, concluse Zoe: un bel miscuglio. Sulla scheda biografica di Yuichi Kurimoto era stampata a grandi lettere maiuscole rosse la parola DECEDUTO, ma senza nascondere i dati sotto di essa. Zoe esaminò le foto e provò ad abbinarle alle schede (non erano foto ben riuscite); le associò facilmente, ma era abbastanza evidente che alcune erano state scattate qualche anno prima. Per esempio Paul Erik Ferrand, che doveva avere più di ottant’anni, era un tipo slanciato e dall’aspetto scaltro che portava una cravatta di un modello passato di moda da vent’anni. Zoe doveva incontrare queste persone in carne e ossa perché i loro nomi e i loro volti assumessero un significato.
— È questo che diventerò… una settigama, se mi accetterete?
— È solo un termine convenzionale, Zoe, creato da qualcuno che non sapeva dare un nome ad una famiglia come la nostra. Ma non preoccuparti, nessuno di noi lo usa. Come vedi, queste schede informative contengono solamente «fatti», vagliati e approvati dall’UrNu: impersonali e burocratici. Sia io che Jerry avremmo potuto metterci un po’ più di stile, ma sfortunatamente i pezzi grossi del servizio civile non lo vedono molto di buon occhio… — La sua voce sfumò.
— È confortante: avrei passato dei brutti momenti pensando a me stessa come a… ad un’unità settigama. — Un termine altisonante, quello. — Stando alla biografia di Yoochi risulta che lui era il legislatore della famiglia. Ciò significa che anch’io avrò questa funzione, prendendo il suo posto?
— No, no. Su queste schede ufficiali a ciascuno viene assegnato un ruolo, come se fossimo giocatori di baseball o i pezzi di una scacchiera. In realtà noi facciamo ciò che ci riesce meglio, e definendo in tal modo la nostra personalità, anche gli altri finiscono per accettarla. Forse, più avanti, qualcuno ti metterà un’etichetta. Ma non sarà certo un Phoenix a farlo.
— Mr. Leland?
— Può darsi. Qui stanno svolgendo delle ricerche, anche se ce ne dimentichiamo quasi sempre, e le ricerche richiedono statistiche e definizioni. È una legge cosmica come la gravitazione, il magnetismo e così via.
— Be’, anche una mela, se fosse stata dispensata per anzianità, forse non sarebbe caduta.
Gli occhi vitrei di Helen si chiusero. — Un’osservazione acuta. Ma noi dobbiamo avere la possibilità di crearci dei termini. Il nome Phoenix, come sai, è stato una nostra scelta. Altre famiglie della Torre si chiamano Cherokee, Piedmont, O’Possum e Sweetheart.
— Oh, sono bei nomi anche questi — e lo erano veramente; avevano ciò che Helen probabilmente definirebbe stile.
— Sì — commentò Helen, compiaciuta. — Lo sono.