— Immagino di aver avuto torto, Jared. In fondo, non è poi così terribile. Inoltre, credo che i mostri stiano davvero tentando di aiutarci.
I pensieri di Leah si sviluppavano su un tono molto diverso dalle ultime volte che si erano messi in contatto mentale. Adesso le sue mute frasi erano calme, ordinate. Era come se Thorndyke, dopo aver vinto in qualche modo la sua resistenza, avesse stabilito poi un controllo completo su di lei, e la stesse adoperando come un richiamo, pensò Jared.
— No, Jared, non è affatto così. Almeno, io non lo credo. Sono sicura che non mi stanno assolutamente costringendo a fare questo.
Se i mostri la controllavano senza che Leah se ne accorgesse, si disse Jared, allora voleva dire che erano ancora più traditori e pericolosi di quanto avesse immaginato.
— Forse non sono affatto mostri — continuò la donna. — In effetti, non mi hanno fatto mai male, tranne quando mi hanno obbligata ad aprire gli occhi di fronte alla luce. E sono stata in contatto con Ethan. Lui non ha affatto paura! Anzi, è convinto che siano buoni.
Jared si rotolò sul terreno e, ancora mezzo addormentato, ricordò di esser caduto esausto da qualche parte in mezzo alla vegetazione bassa e fitta dell’infinito.
— Ethan è soddisfatto — continuò Leah, — giacché può girare dove gli pare senza più bisogno di aiuto da parte mia, senza nemmeno dover adoperare gli echi della sua bisaccia di grilli. Dice che non deve sentire quando può benissimo «vedere» ciò che gli sta davanti.
Una melodia sorprendente proruppe dall’alto e Jared si irrigidì, contro il terreno umido e ruvido. Ma, anche se all’inizio ne era rimasto spaventato, notò che c’era uno strano incanto in quel trio di note secche e acute che riempivano l’infinito di un triste splendore e respingevano indietro il vuoto sonoro.
— Non aver timore — lo incoraggiò Leah, che aveva evidentemente sentito quei toni meravigliosi attraverso i suoi orecchi. — Io l’ho già ascoltato molte volte. E stata una delle cose che mi ha convinta alla fine che questo non poteva essere l’inferno della Radiazione.
— Che cos’è? — domandò Jared, mentre continuava ad ascoltare quella successione profondamente dolce di note alte, basse e medie.
— È un animale alato… un uccello. — Poi, appena ebbe avvertito la sua improvvisa apprensione, subito disse: — No. Non è nulla di simile a un pipistrello delle profondità. È un piccolo affarino delicato. Ethan dice che è una delle creature originarie dell’infinito… del «mondo esterno», cioè, come lo chiama lui… una di quelle che è riuscita a sopravvivere.
Poiché Jared taceva, la donna prosegui: — Adesso, è «notte» fuori, come dicono loro. Ma finirà presto, e ritornerà il giorno. Ethan dice che devono trovarti a tutti i costi prima che si alzi Idrogeno.
Il giovane avvertiva un prurito continuo, una sensazione dolorosa che gli percorreva le spalle e la schiena. Non era molto intensa, ma era abbastanza fastidiosa da tenerlo completamente e spiacevolmente sveglio.
Aprì gli occhi e affondò con rabbia le dita nella terra soffice.
Adesso non c’era più quella grande furia luminosa che l’aveva circondato prima! Ora c’era soltanto un soffice lucore che non dava fastidio agli occhi e che gli fece capire una piacevole realtà: le cose là fuori non dovevano per forza essere tutta luce bruciante o tutto buio assoluto, ma esisteva una gradevole via di mezzo.
Le tre note distinte risonarono di nuovo e lui captò i sottili echi riflessi dagli steli delle piante del Paradiso che si innalzavano tutt’intorno a lui. Ma in alto, al disopra delle cime ricamate come trina di quelle piante — «alberi», ricordò, era il loro nome — le incantevoli note si perdevano nell’immensa vastità.
E adesso, mentre i suoi occhi penetravano aldilà di quelle fragili cime degli alberi, Jared vide un grande disco di luce fredda che era simile e allo stesso tempo diverso dal sole. Aveva la stessa grandezza dell’altro. Ma, laddove Idrogeno era furioso come il tuono di mille scroscianti cascate, questa sfera era gentile ed accattivante, e gli riportava alla mente la seducente melodia della creatura alata.
I suoi occhi accarezzarono la grande volta che copriva tutto quell’infinito e, senza fiato per lo stupore e la bellezza di quello spettacolo, smise di contare i piccoli vividi punti di luce che danzavano lassù e diventavano più deboli o più forti mentre li studiava.
Aldilà di quelle gaie pagliuzze della volta e frammista ad esse, si trovava una sobria distesa di buio che gli riportava alla mente le gallerie e i mondi in cui aveva trascorso tutta la vita fino ad allora. Ma quegli affascinanti granelli di luce erano così eleganti che l’occhio non trovava il tempo di preoccuparsi dell’arrivo incombente del buio.
Un mondo senza barriere materiali, eccezion fatta per il terreno sotto di lui. Un mondo racchiuso non da un’infinito di rocce e fango, ma da un infinito di semibuio ravvivato da tanti piacevoli punticini luminosi e da un grazioso disco di luce, almeno fino a quel momento. Altre volte, invece, era un infinito di luce forte, rabbiosa, dominato da una cosa grande e maligna chiamata «sole».
— Un nuovo tipo di infinito — aveva detto Caseman.
Ed era davvero così. Un nuovo tipo di infinito pieno di concetti nuovi e strani, tremendi; concetti tanto diversi che il linguaggio a lui noto non era in grado di contenerli ed esprimerli.
Nonostante la sensazione repressa di meraviglia, non riuscì a soffocare un’improvvisa punta di disperazione. Adesso, con la luce intorno a lui meno intensa di quanto fosse mai stata da quando era stato condotto in questo mondo esterno, sapeva che non avrebbe potuto più tollerare il buio totale dei passaggi e dei Livelli. La sua niente si ritrasse, sorpresa dalla franca ammissione di non avere più il coraggio di tornare ai mondi che gli erano familiari. Ciò significava forse che avrebbe dovuto rimanere lì, in mezzo alle incomprensibili cose dell’infinito per il resto della vita?
— Temo proprio di si, Jared. — Le parole silenziose di Leah erano una sobria affermazione. — Io ho… guardato all’interno di numerose menti nel corso dell’ultimo periodo. La maggior parte di noi si è ormai resa conto che i mondi interni appartengono al passato.
Jared si sedette di scatto. Se riusciva a ricevere i pensieri di Leah anche mentre era sveglio, allora non doveva essere molto lontana! Ma, prima che potesse domandarglielo, avvertì quasi dolorosamente la sensazione di prurito lungo le spalle e le braccia. E quando prese a grattarsi la pelle provò un intenso bruciore.
L’uccello strillò ancora le sue note armoniose e Jared ascoltò quei toni melodiosi che impartivano la loro bellezza alle cose piacevoli di fronte ai suoi occhi. Era tutto così affascinante, quell’ambiente bizzarro… non bello nella maniera di un suono dolce che carezza l’orecchio, ma grazioso nelle sensazioni di forma e figura e nelle variazioni di luce e di buio che gli arrivavano agli occhi.
Divenne poco a poco consapevole, tuttavia, di un elemento che turbava quell’impressione piacevole, là nell’infinito, e voltò la testa apprensivamente nella sua direzione. Una sezione della volta, molto aldilà delle cime degli alberi, si stava facendo meno buia. Un flusso continuo e regolare di luce cominciava a proiettarsi dal terreno ed a inghiottire i minuscoli punticini luminosi che si trovavano nella volta dell’infinito.
Ma Leah gli aveva lasciato intendere che il presente periodo di «notte» era soltanto temporaneo, e che Idrogeno sarebbe presto tornato a riversare la sua luce furiosa su tutte le cose. Era forse questa la fine della fase calma che aveva sperimentato fino a quell’istante?
Si alzò, tremante, e si allontanò dalla porzione della volta che si macchiava di luce, facendosi strada a fatica nella bassa vegetazione.
Ma subito sobbalzò e chinò di scatto la testa a destra non appena vide un altro genere di luce in lontananza, in mezzo agli steli delle piante del Paradiso… un ondeggiante cono di luce che poteva significare soltanto l’avvicinarsi di Thorndyke o di qualcun altro dei suoi catturatoli.
In alto, sopra il suo capo, le secche note dell’uccello risonarono ancora una volta nella semiluce, mentre Jared tentava disperatamente di captare gli echi di ritorno. Tuttavia, oltre a sentire che, nel vuoto dietro il cono di luce, si trovavano nascoste in realtà ben quattro persone, non riuscì a distinguere altri particolari dal suono riflesso.
Si acquattò nella spessa vegetazione, ascoltando attentamente il gruppo che si avvicinava, e sperando che le piante più piccole che lo circondavano non permettessero alle impressioni luminose di tradire la sua presenza.
Una leggera brezza si alzò, e lui si irrigidì, mentre tutte le cime merlettate delle piante cominciavano a ondeggiare sussurrando fin dove giungeva il suo udito. Le gentili correnti d’aria che arrivavano più o meno dalla direzione di fronte a lui, gli riportarono gli odori dei suoi inseguitori.
Thorndyke era tra di loro, il che, di per sé, non era una sorpresa. Anche se era stato in presenza di quell’uomo soltanto una volta in precedenza, Jared riconobbe facilmente il suo odore personale.
Ma mischiati con quell’odore, ce n’erano altri tre inequivocabili…
Ethan!
Owen!
Della!
Poteva immaginare che quegli esseri dell’infinito avessero avuto tempo a sufficienza per piegare Owen ed Ethan ai loro maligni propositi. Ma certamente non Della! La ragazza era rimasta lì soltanto mezzo periodo più di lui!
— La ragazza è una Veggente, Jared — gli spiegò Leah. — Lei comprende queste cose molto più facilmente di te o di me.
Ignorando quei pensieri non richiesti, si ritirò in mezzo alle piante basse, cercando di fare il minimo rumore possibile. Alla sua sinistra, altra luce aveva spruzzato la volta lontana, e lui era certo, adesso, che stava vedendo l’imminente sorgere del terribile sole.
— Jared, non scappare… ti prego! Rimani dove sei!
Stavolta erano i pensieri di Ethan, condotti attraverso Leah, che s’introducevano nella sua mente. Ciò poteva significare soltanto che Ethan e Leah, e persino Thorndyke, stavano tutti lavorando assieme!
— Sì, Jared — ammise la donna. — Io ho aiutato Ethan a raggiungerti. Lui sa qual è il tuo bene. Dice che se non ti riportano subito nella baracca, ti sentirai male.
— No, non a causa della malattia da Radiazione — l’assicurò rapidamente Ethan. — Ti sentirai male per esser rimasto troppo a lungo alla luce del sole senza esserci abituato. E proverai anche altri disturbi… disturbi da cui Thorndyke vuole proteggerti.
Poi Jared sentì con gli orecchi la vera voce di Ethan, impegnata in un discorso che, evidentemente, non era diretto a lui. — Si trova laggiù… in quel boschetto.
Jared scattò fuori del nascondiglio ed esitò un attimo, mentre la luce intensa del generatore di Thorndyke gli penetrava dolorosamente negli occhi e gli impediva di vedere qualsiasi cosa. Poi si voltò velocemente, pronto a scappare via.
— Tu volevi trovare la luce, no? — gridò la voce di Owen, in tono secco e duro. — E adesso che l’hai trovata, ti stai comportando come una vecchietta paurosa.
Esitando incerto, Jared ascoltò quella voce familiare che non sentiva da tantissimi periodi… e cioè da prima ancora che i mostri attraversassero la Barriera. Ma era quello che Owen aveva detto, più della sorpresa di riudire la sua voce, che l’aveva spinto a fermarsi.
Era vero. Aveva passato tutta la vita alla ricerca della luce. E per tutto quel tempo, aveva accettato anche la possibilità che, quando l’avesse trovata, potesse essere qualcosa di completamente innaturale, incomprensibile, terrificante.
Ebbene, l’aveva trovata. Ma si era soltanto messo a piagnucolare e a nascondersi dalla propria scoperta.
Forse questo infinito, questo mondo esterno, non sarebbe stato poi tanto orribile e sconvolgente se si fosse concesso l’opportunità di comprenderlo.
— Potrei farti un’iniezione da dove ci troviamo. — La voce calma di Thorndyke lo raggiunse attraverso la semiluce. — Ma io conto sul fatto che tu riesca ad adoperare la ragione.
Tuttavia, quando il cono di luce costante avanzò verso di lui, Jared indietreggiò istintivamente.
La pelle gli prudeva in continuazione adesso, e sentì che una smorfia gli si allargava sul viso mentre le mani andavano a grattare la bruciante superficie delle braccia e delle spalle.
— Non preoccupartene troppo — rise Owen in maniera rassicurante. — Sono soltanto gli effetti della tua prima scottatura da raggi solari. Te ne guariremo al più presto se tornerai indietro subito.
Poi, come se sapesse ciò che gli passava per la mente, Thorndyke gli disse: — Certo che ci sono cose che non comprendi. Ma ci sono cose, in questo mondo esterno, che non comprendiamo nemmeno noi.
Il cono di luce si proiettò aldilà delle tenui cime degli alberi. — Per esempio — la voce di Thorndyke seguì il movimento del generatore di luce, — non sappiamo che cosa c’è laggiù. E, quando lo scopriremo, ci sarà sempre qualcosa aldilà di tutto che non conosceremo. L’infinito è sempre infinito… sia nel tuo mondo delle caverne, che in questo mondo esterno. L’eternità è l’eternità. Queste, ad esempio, sono alcune delle barriere, alcuni degli inconoscibili.
Chissà come, Jared non si sentiva più tanto impotente, tanto insignificante di fronte a questi esseri, come si era sentito una volta. Thorndyke aveva definito «mondo delle caverne» la regione che si estendeva in mezzo a quel torreggiante muro di terra e di roccia. Ma, sotto molti aspetti, questa creazione più vasta non era altro che una caverna più ampia. Anche questa con una volta e un infinito aldilà di quella volta e una cortina di Buio che separava tutto il conoscibile dall’inconoscibile.
Una figura avanzò coraggiosamente all’interno del cono di luce: una minuscola figura umana. Ma non ne fu allarmato. Sapeva che le sue dimensioni sarebbero cresciute man mano che si avvicinava… finché avesse raggiunto le proporzioni normali.
Con calma, adesso, osservò la figura che veniva verso di lui, conscio solo in parte che la stava illuminando una luce più grande di quella proveniente dal generatore di Thorndyke. Poteva essere soltanto la luce che si stava intensificando lungo il bordo della volta alle sue spalle.
Un altro alito di vento si levò nell’aria e sussurrò attraverso gli alberi del Paradiso, portandogli l’odore personale di Della, forte e chiaro.
— Nemmeno io riesco a comprendere tutte queste cose — disse la ragazza, avanzando, — ma sono pronta ad aspettare e a percepire quello che accadrà.
All’improvviso, una piacevole rivelazione si stagliò sullo sfondo della sua esperienza corrente: percepire e vedere erano così simili che, lì fuori, la differenza fisica tra lui e Della era totalmente trascurabile. Non aveva più nessun motivo di sentirsi inferiore a lei.
La sua attenzione rimase fissa sulla ragazza che si avvicinava. In alto, sopra le loro teste, l’uccello cantò la sua armoniosa melodia e la toccante grazia di quel ritornello rafforzò il senso di piacere che i suoi occhi traevano dalla vista della ragazza che gli si accostava.
Le impressioni delicate e raffinate che stava ricevendo, di Della, gli sembravano dolci come la musica dei trilli melodiosi, vibranti come la voce possente di una grande cascata attutita e rimpicciolita dalla distanza.
Della tese la mano e lui l’afferrò.
— Rimarremo qui fuori a vedere cosa succede… assieme — disse Jared, dirigendosi verso Thorndyke e gli altri.