CAPITOLO DODICESIMO

Con forza selvaggia, correnti profonde lo sballottarono a destra e a sinistra, e alla fine lo attirarono sul fondo. Jared rotolò e urtò con i piedi contro il letto irregolare e frastagliato del torrente; poi, con una spinta, si proiettò verso l’alto. Non trovò però aria per i polmoni che stavano per scoppiargli, quando urtò il soffitto sommerso. Ciononostante, riuscì a mantenere la stretta sui capelli di Della.

Più volte la fanciulla venne sbattuta contro di lui dalla corrente, mentre Jared soffocava l’idea orribile che il torrente potesse scorrere in eterno sotto rocce infinite, senza mai più riemergere in un mondo colmo d’aria.

Quando ormai non poteva trattenere più a lungo il respiro, sfiorò ancora una volta con la testa il soffitto del canale, poi scivolò sotto un ripiano sporgente, e tornò infine alla superficie. Tirò a sé la ragazza e inghiottì grandi boccate d’aria. Sentendo la vicinanza della riva, afferrò un masso parzialmente sporgente e vi si ancorò mentre spingeva Della verso l’asciutto. Quando si accorse che respirava ancora, strisciò fuori dall’acqua e le si lasciò cadere accanto.

Gestazioni dopo, quando ormai il battito accelerato del suo cuore era rallentato ad un’intensità tollerabile, Jared sentì il rombo e gli spruzzi di una vicina cateratta. Il rumore e i suoi echi lontani disegnavano chiaramente l’ampia distesa di un mondo dall’alta volta. Tuttavia sobbalzò subito, non appena distinse una quantità di altri rumori che riuscivano a malapena a perforare la cortina uditiva prodotta dalla cascata… l’acciottolio lontano di gusci di manna sbattuti tra loro, l’urto di roccia contro roccia, il belato di una pecora, voci, molte voci, lontane e indistinte.

Ancora confuso, si soffiò altra acqua fuori dal naso. Poi si alzò, rimosse una pietra e l’ascoltò rimbalzare lungo un pendio che scendeva a fianco della cascata. Fu allora che gli arrivò alle narici un odore potente e inconfondibile; rimase eretto, eccitato e vigile.

— Jared! — Della si era alzata e gli era venuta accanto. — Siamo nel Mondo dei Veggenti! Percepiscilo! È proprio come me lo ero immaginato!

Il giovane tese al massimo gli orecchi, ma lo schema uditivo, inciso soltanto dal rombo cupo e monotono dell’acqua che cadeva, era confuso e indistinto. Riusciva a sentire, tuttavia, i toni soffici e fibrosi di un frutteto di piante della manna alla sua sinistra, e l’apertura spalancata di un’uscita sulla galleria alla sua estrema destra. Raccolse inoltre le impressioni di molte forme strane e disposte con geometrica regolarità al centro del mondo. Erano messe in fila, e ognuna aveva la forma di un cubo con buchi rettangolari sui suoi fianchi. Le riconobbe per quello che erano: abitazioni costruite sul modello di quelle del Mondo Originario e forse fatte di gambi di piante della manna legati assieme.

Della iniziò ad avanzare, mentre le pulsazioni del suo cuore acceleravano notevolmente per l’improvvisa eccitazione. — Non è un mondo meraviglioso? E percepisci i Veggenti… ce ne sono così tanti!

Senza condividere affatto l’entusiasmo della ragazza, Jared la seguì lungo il pendio, formandosi un’idea della configurazione del terreno tramite gli echi prodotti dalla cascata.

Era un mondo davvero strano. Aveva ormai ricevuto le impressioni di molti Veggenti: alcuni intenti a lavorare o a giocare, altri indaffarati a trasportare terra e rocce e ad ammucchiarle davanti all’entrata principale. Ma tutta quell’attività, priva dei toni rassicuranti di un generatore centrale di echi, dava un’aria misteriosa e proibita al Mondo che lo circondava.

Per di più, Jared era cocentemente deluso. Aveva sperato che, entrando nel dominio dei Veggenti, la differenza che aveva cercato per tutta la vita gli si sarebbe presentata subito chiara ed evidente. Oh, sembrava tanto semplice! I Veggenti, a differenza degli esseri umani normali, usavano gli occhi e attaccavano materialmente il Buio universale, scavandovi buchi all’interno — per così dire — come l’ascolto dei suoni scavava buchi nel silenzio. E, semplicemente riconoscendo ciò che diminuiva, avrebbe potuto identificare il Buio.

Ma Jared non riusciva a cogliere nulla di anormale. Lì c’erano molte persone che percepivano, eppure ogni cosa era esattamente come in qualsiasi altro mondo, tranne che per l’assenza di un generatore centrale e per la presenza del pungente odore dei Veggenti.

Della affrettò il passo, ma lui la trattenne. — Non dobbiamo spaventarli con un arrivo troppo brusco.

— Ma non c’è nulla di cui preoccuparsi. Siamo Veggenti tutti e due.

Abbastanza vicini, adesso, all’area edificata per intercettare le impressioni dei suoni riecheggianti le attività della comunità, Jared seguì la fanciulla intorno al frutteto e oltre una serie di recinti per gli animali. Vennero finalmente scoperti quando incontrarono un gruppo di persone che lavorava all’agglomerato più vicino di abitazioni geometriche. Jared sentì che un silenzio apprensivo cadeva sui Veggenti e ascoltò le loro teste che si giravano prontamente nella sua direzione.

— Siamo Veggenti — iniziò a dire Della, fiduciosa. — Siamo venuti qui perché apparteniamo a questo mondo.

Gli uomini avanzarono in silenzio, allargandosi per convergere su di loro da numerose direzioni.

— Mogan! — gridò uno degli uomini. — Vieni qui… presto!

Molti Veggenti balzarono in avanti e afferrarono Jared per le braccia, immobilizzandogliele ai fianchi. Il giovane sentì che anche a Della veniva riservato lo stesso trattamento.

— Non siamo armati — protestò.

Altri uomini si stavano radunando, adesso, e Jared ne fu contento per il sottofondo di voci eccitate che, in assenza di un generatore centrale, gli riportava i particolari più prominenti del circondario.

Due volti si avvicinarono al suo e lui captò gli occhi completamente aperti e severi nella loro fissità. Si sforzò di tenere alzate al massimo le palpebre senza sbatterle.

— La ragazza percepisce davvero — gridò qualcuno alla sua sinistra.

Una mano aperta sventolò l’aria all’improvviso di fronte al suo volto e lui non riuscì a evitare un battito di ciglia.

— Anche quest’altro, immagino — attestò il proprietario della mano. — Almeno, ha gli occhi aperti.

I due giovani vennero spinti in avanti in mezzo alle file di abitazioni geometriche, mentre decine di Veggenti Sopravvissuti arrivavano da ogni parte del mondo. Concentrandosi sui suoni vocali e sui loro echi, Jared colse l’impressione di un’immensa figura che si apriva la strada tra la folla, e immediatamente riconobbe in quell’uomo Mogan, il capo dei Veggenti.

— Chi li ha lasciati entrare? — domandò Mogan.

— Non sono entrati dall’ingresso principale — lo assicurò qualcuno.

— Dicono di essere Veggenti — intervenne un altro.

— E lo sono davvero? — chiese Mogan.

— Tengono entrambi gli occhi aperti.

La voce del capo tuonò in direzione di Jared. — Che cosa state facendo qui? Come siete entrati?

Della rispose per prima. — Questo è il nostro mondo.

— Siamo stati attaccati dai pipistrelli aldilà di quel muro laggiù — spiegò Jared. — Siamo saltati nel fiume, e siamo stati trasportati dalla corrente fin qui.

La voce di Mogan perse parte della sua severità. — Per la Radiazione! Dovete averne passate delle belle. Io sono l’unico che sia mai riuscito a passare da quella parte. — Poi, aggiunse, vantandosi: — E ce l’ho fatta a passare un paio di volte anche contro corrente. Che cosa stavate facendo laggiù?

— Stavamo cercando questo mondo — replicò Della. — Siamo entrambi Veggenti.

— Non dite fesserie! — urlò Mogan di rimando. — All’inizio c’era soltanto un Veggente Originale. E noi siamo tutti discendenti suoi, mentre voi non lo siete. Voi provenite da uno dei Livelli.

— È vero — ammise Della. — Ma mio padre era un Veggente… si chiamava Nathan Bradley.

Da qualche parte in mezzo alla folla, un Sopravvissuto tirò un respiro profondo e teso e si lanciò in avanti. Era l’ansimare ansioso, pesante di un anziano.

— Nathan! — esclamò. — Mio figlio!

Ma qualcuno lo trattenne.

— Nathan Bradley? — ripeté incerto l’uomo che si trovava alla sinistra di Jared.

— Sicuro — rispose un altro. — Hai sentito parlare di lui tante volte. Era solito passare tutto il tempo nelle gallerie… finché scomparve definitivamente.

A quel punto Jared sentì lo scoppio delle parole di Mogan dirette di nuovo contro di lui. — E tu?

— È un altro Veggente Originale — rispose Della.

— E io sono lo zio di un pipistrello! — ribatté il capo.

Ancora una volta la sicurezza venne insidiata dal dubbio di non saper sostenere fino in fondo la sua parte di Veggente. Cercando disperatamente qualcosa di convincente da dire, arrischiò: — Forse non sono un Veggente Originale. Ma molti di voi abbandonano il vostro mondo, di tanto in tanto, e qualcuno potrebbe anche esser responsabile per altri figli illegittimi. C’era Nathan e anche Estel…

— Estel! — esclamò una donna, facendosi largo tra la folla. — Che cosa sai di mia figlia?

— Sono stato io a rimandarla qui la prima volta che l’ho percepita nelle vicinanze del Grande Passaggio.

La donna gli afferrò le braccia; il giovane riusciva quasi a sentire la pressione dei suoi occhi fissi su di lui. — Dove si trova? Cosa le è accaduto?

— È venuta al Livello Inferiore a cercarmi… anzi a percepirmi. È stato allora che tutti hanno scoperto che ero un Veggente. Dopodiché non ho potuto più rimanere laggiù.

— Dov’è mia figlia? — insisté ancora la donna.

Con una certa riluttanza, Jared raccontò ciò che era accaduto ad Estel. Un triste silenzio cadde come una cappa sul mondo, mentre la Sopravvissuta veniva condotta via, singhiozzante.

— Dunque avete nuotato sotto le rocce — rifletté Mogan. — Siete stati fortunati a non esser trascinati nella cascata da questa parte.

— Allora possiamo rimanere? — chiese speranzoso Jared, tentando di tenere gli occhi aperti e fissi come faceva Mogan.

— Per il momento, sì.

Nel silenzio che seguì, Jared notò un sottile cambiamento nella sua percezione del capo dei Veggenti. Per qualche motivo impossibile da indovinare, Mogan stava trattenendo inconsciamente il respiro e il battito del suo cuore era un po’ accelerato. Jared si concentrò sugli effetti e riuscì a cogliere, ancor più debole, quella particolare tensione fisica che distingue una persona intenta a tramare qualche astuzia. Poi colse l’impressione, quasi inaudibile, della mano di Mogan che si alzava lentamente davanti a lui. Si lasciò scappare un casuale colpetto di tosse e, dagli echi del suono, si accorse che il capo aspettava scaltramente che lui gliela stringesse.

Senza esitazione, Jared slanciò in avanti la propria mano e afferrò quella dell’altro in una salda stretta. — Credevi che non l’avrei percepito? — chiese, ridendo.

— Dobbiamo essere molto cauti — rispose Mogan. — Ho percepito degli abitanti dei Livelli che erano capaci di sentire tanto bene da poter farsi passare facilmente per uno di noi.

— Che motivo avremmo avuto di venire qui se non fossimo stati dei Veggenti?

— Non lo so. Ma non vogliamo correre rischi… almeno non con quei mostri nelle gallerie. Anche adesso stiamo sigillando l’entrata prima che possano trovarla. Ma a cosa servirebbe se venissero a scoprire che c’è un’altra strada per arrivare qui che non può essere bloccata?

Mogan si mise in mezzo a Jared e alla ragazza e, presili per un braccio, li condusse via. — Vi terremo d’occhio finché saremo certi che possiamo fidarci di voi. Nel frattempo, ben sapendo, per esperienza personale, come ci si sente dopo aver nuotato sotto quelle rocce, vi lasceremo riposare per un po’.

Vennero condotti alle abitazioni adiacenti, alle «baracche», come Jared le aveva sentite chiamare da uno dei Veggenti, e furono fatti entrare attraverso le aperture rettangolari. All’esterno di ogni struttura vennero poste alcune guardie.

In piedi in quella prigione, incerto e insicuro, Jared si schiarì con forza la gola. Gli echi del suono gli riportarono i dettagli di un recesso stupefacentemente diverso da tutte le grotte residenziali che aveva conosciuto prima. Qui, tutti gli oggetti erano fatti ad imitazione del rettangolo. C’era un tavolo da pranzo la cui superficie, di una levigatezza eccezionale, era formata da gusci legati assieme, tesi su un’intelaiatura di steli di manna. Vi posò casualmente sopra la mano e percorse con le dita il disegno. Sentì che altri quattro steli servivano a tenerlo sospeso in posizione parallela al pavimento.

Sbadigliò come se si trattasse di un’espressione del tutto spontanea di stanchezza, caso mai qualcuno stesse ascoltando o percependo, e studiò lo schema uditivo riflesso. Attorno al tavolo, erano disposti alcuni sedili costruiti secondo lo stesso modello. Anche il giaciglio per dormire era un affare di materia poco consistente sostenuto dalle quattro gambe apparentemente tradizionali.

Poi s’irrigidì, alzandosi all’improvviso e sforzandosi di non lasciar trapelare di aver scoperto d’essere ascoltato, anzi «percepito», si corresse. Nella parete di destra, alta sul suolo e aldilà del giaciglio per dormire, c’era un’apertura. E, attraverso quello spazio aperto, colse il suono di un respiro volutamente trattenuto da una persona che intendeva rimanere nascosta. Qualcuno stava là fuori a percepire tutto ciò che lui faceva.

Molto bene. La linea d’azione migliore e più sicura sarebbe stata quella di muoversi il meno possibile, riducendo così le possibilità di tradirsi.

Jared sbadigliò rumorosamente ancora una volta, fissandosi bene in mente la posizione del giaciglio. Poi si avvicinò, e vi si distese sopra. Si aspettavano che fosse esausto, no? Perché non accontentarli, allora?

A suo agio nella morbidezza del materasso di fibre di manna, si rese conto che la nuotata nel fiume sotterraneo era stata effettivamente una dura prova. Non ci volle molto prima che si addormentasse.


Un grido dopo l’altro irrompeva nella sua mente, nel sonno, e una volta ancora riconobbe che le impressioni non erano uditive.

Leah!

Costringendosi a rimanere nel sogno, cercò di indagare più a fondo sul legame comunicativo con la Gentile Sopravvissuta. Ma il contatto intermittente gli rimandava soltanto l’essenza dell’orrore e della disperazione che la donna provava. Tentò di farsi strada mentalmente verso Leah e riuscì a rafforzare in qualche modo il legame che li univa.

Mostri! Mostri! Mostri! — urlava la donna, singhiozzando in continuazione.

E, attraverso quel tormento, Jared colse la sensazione delle sue palpebre chiuse tanto strettamente che le parti più interne dei suoi orecchi rimbombavano per la pressione; sentì mani forti, decise, che afferravano la donna per le braccia e la spingevano prima in una direzione, poi in un’altra; avvertì una punta acuminata che le penetrava con brutalità in una spalla; captò odori così terribilmente offensivi nella loro estraneità, che gli parve di soffocare con lei.

Poi intercettò l’impressione di dita che scavavano nella carne sotto e sopra gli occhi della donna e la costringevano ad aprirli.

E, all’improvviso, sembrò che tutta la Radiazione gli si scagliasse contro attraverso la mente di Leah. Riconobbe lo squillo stentoreo del suono silenzioso, uno squillo identico a quello prodotto dalla sostanza che i mostri avevano proiettato contro le pareti della galleria. Adesso, però, la sua intensità sugli occhi della donna era insostenibile. Temette che impazzisse.

Con quell’ultima convulsa sensazione, uscì dall’incubo, che — come ben sapeva — non era affatto un incubo.

Ciò che aveva sentito attraverso gli occhi della Gentile Sopravvissuta certo non poteva essere altro che il fuoco nucleare della Radiazione stessa. Era come se avesse oltrepassato la barriera dell’esistenza materiale, per andare a condividere parte della tortura che i Demoni Atomici le stavano infliggendo aldilà dell’infinito.

Tremando, giacque immobile sul giaciglio, mentre lo strascico amaro dell’esperienza dello pseudo-sogno persisteva in lui come una febbre.

Leah… scomparsa.

Il suo mondo… vuoto.

Le gallerie… popolate di mostruosi umanoidi che proiettavano echi urlanti pieni di scherno e privi di ogni suono. Creature mostruose che paralizzavano le loro vittime prima di portarle… dove?

Un Veggente entrò, depose una scodella di cibo sul tavolo, e se ne andò, senza profferire parola. Jared si avvicinò e afferrò la razione di cibo. Ma il suo interesse per il pasto era soffocato dall’angosciosa consapevolezza che, durante la sua ostinata ricerca del Buio e della Luce, tutti i mondi a lui familiari gli erano crollati attorno.

Il passo dell’irrevocabile mutamento era stato furioso e spietato, e lui sospettava cupamente che le cose non sarebbero, non avrebbero più potuto tornare come prima. Certo, gli esseri maligni nel loro abbigliamento bizzarro e straniero costituito da vestiti poco aderenti, avevano deciso di conquistare tutti i mondi e le gallerie e adesso stavano mettendo in opera il loro triste proposito con veemente determinazione. Ed era anche certo che l’inaridimento delle sorgenti calde e l’abbassamento del livello dell’acqua non fosse che un’altra fase del loro piano d’attacco.

E mentre avvenivano tutte queste cose lui aveva perso tempo a cercare qualcosa di triviale, nutrendo la convinzione vana che la Luce fosse desiderabile. Si era lasciato scivolare di mano i beni materiali di valore concreto, per darsi all’inseguimento di una brezza sfuggente in un interminabile corridoio.

Tutto sarebbe potuto andare diversamente se invece avesse organizzato i Livelli e li avesse guidati nella lotta per la Sopravvivenza. Forse ci sarebbe stata persino la possibilità di ritornare a uno schema normale di esistenza, con Della come Compagna di Connubio. Forse non avrebbe nemmeno scoperto che lei era… Diversa.

Ma ormai era troppo tardi. Era un virtuale prigioniero proprio in quel mondo che, nelle sue speranze, doveva fornirgli la chiave della sua futile ricerca della Luce. E, sia lui che i Veggenti, erano prigionieri indifesi dei mostri che dominavano nelle gallerie.

Spinse da parte la scodella del cibo e si passò una mano tra i capelli. Fuori dalla capanna, il mondo era animato dai normali effetti sonori di un periodo di attività in pieno corso: conversazioni eccitate, ad alta voce, bambini che giocavano e, più in lontananza, il suono delle rocce che venivano ammassate una sull’altra mentre gli uomini intenti a quel compito continuavano a sigillare l’entrata. Distrattamente, prese nota del fatto che questi ultimi rumori erano eccellenti sorgenti di echi.

Tra gli effetti sonori più vicini, riconobbe la voce di Della proveniente dalla capanna a fianco. Era una voce felice, piena d’eccitazione, che passava da un argomento a un altro con spumeggiante rapidità ed era a volte coperta dalle esclamazioni di molte altre donne. Da brani della conversazione, Jared comprese che la ragazza aveva già velocemente individuato tutti i parenti che aveva tra i Veggenti.

I tendaggi si aprirono e Mogan si presentò sull’entrata. La sua forma corpulenta, disegnata soltanto dai suoni in sottofondo, perforava rudemente il silenzio della capanna.

Il capo dei Veggenti chinò la testa in segno di saluto, con un movimento tutto particolare. — È tempo di assicurarci che tu sei uno di noi.

Jared simulò un’indifferente scrollata di spalle e lo seguì all’esterno.

Mogan gli fece strada lungo una fila di abitazioni, mentre molti altri Veggenti li seguivano.

Raggiunsero una radura e lì il capo si fermò. — Adesso faremo un po’ di lotta corpo a corpo… io e te.

Aggrottando le sopracciglia con aria ottusa, Jared ascoltò l’uomo.

— È il modo più sicuro per scoprire se stai realmente percependo, non sei d’accordo anche tu? — disse Mogan, allargando le braccia.

E Jared sentì che erano braccia enormi, per quanto sempre ben proporzionate con la massiccia taglia di quell’uomo. — Penso di sì — convenne, con una leggera sfumatura di futilità.

Una figura emerse dalla folla e, mentre si avvicinava verso di lui, riconobbe che si trattava di Della, piena di preoccupazione e timore, come dimostrava la leggerezza del suo respiro. Ma qualcuno l’afferrò per un braccio e la tirò indietro.

— Pronto? — chiese Mogan.

— Pronto. — Jared si preparò a sostenere l’urto.

Ma a quanto pareva il capo dei Veggenti non era affatto pronto… non ancora.

— Va bene, Owison — urlò, rivolgendosi al gruppo di persone che stavano ancora lavorando all’entrata. — Voglio il silenzio più assoluto, laggiù.

Poi si rivolse a coloro che li circondavano. — Nessuno faccia un solo rumore… chiaro?

Jared tentò di nascondere la disperazione che lo stava prendendo, e disse, sarcastico: — Stai dimenticando che ho ancora il naso. — Si rese conto, con estremo sollievo, che Mogan si era scordato anche del rumore della cateratta che, — fosse ringraziata la Luce! — non poteva certo esser ridotto al silenzio.

— Oh, non abbiamo ancora finito tutti i preparativi — ribatté l’altro, ridendo.

Molti Veggenti afferrarono Jared per le braccia mentre un altro lo prendeva per i capelli e gli tirava il capo all’indietro. Poi grumi di una sostanza umida e ruvida gli vennero ficcati negli orecchi fino a riempirli, e spinti anche all’interno delle narici… era fango!

Respinto in un vuoto silenzioso e privo di odori, Jared si portò subito le mani al volto. Ma, prima che potesse togliersi il fango dagli orecchi, Mogan gli si avvicinò rapidamente e l’afferrò per il collo in una stretta potente e dura come la roccia, sollevandolo in alto e scagliandolo con violenza a terra.

Disorientato, senza nessun suono od odore che lo potesse minimamente guidare, Jared si rialzò di scatto e avventò un colpo che bucò l’aria ed ebbe l’unico risultato di fargli perdere di nuovo l’equilibrio.

Lontana e indistinta, filtrata attraverso il fango che gli riempiva gli orecchi, gli arrivò la risata dei presenti. Ma l’eco era troppo vaga perché potesse fornirgli qualche indicazione della posizione di Mogan. Vibrando altri colpi a casaccio, Jared avanzò inciampando, in circolo, finché il capo dei Veggenti gli sferrò un secco pugno sul retro del collo, abbattendolo di nuovo.

Quando tentò di rialzarsi, stavolta, un colpo in piena faccia per poco non gli staccò la testa. E si sarebbe convinto che il pugno successivo avrebbe potuto completare quell’opera se l’incoscienza non l’avesse privato della capacità di essere certo di qualcosa.

Alla fine, rispose alla sensazione raggelante dell’acqua che gli veniva gettata sul volto e si alzò su un gomito. Il fango gli era fuoriuscito da un orecchio ed ora poteva sentire il circolo di uomini che percepiva con aria minacciosa verso di lui.

Dal mezzo della folla arrivavano le voci di Mogan e di Della: — Certo che sapevo che non era un Veggente — sosteneva la ragazza.

Irato, Mogan ribatté: — E nonostante ciò, l’hai condotto qui!

— È stato lui a condurre me. — E fece una risata sprezzante. — Non ce l’avrei mai fatta da sola. La mia unica possibilità era quella di lasciargli credere che ero convinta che anche lui fosse un Veggente.

— Perché non ci hai raccontato prima la verità?

— E dargli così la possibilità di attaccarmi prima che poteste fermarlo? Ad ogni modo, sapevo che l’avreste scoperto da soli, prima o poi.

Jared scosse la testa, stordito e confuso, ricordando gli avvertimenti di Leah contro quella ragazza e i suoi dubbi ricorrenti. Se fosse stato capace di ascoltare soltanto un poco oltre il lobo del suo orecchio, avrebbe sentito che Della lo stava sfruttando come semplice scorta nella sua ricerca del Mondo dei Veggenti.

Tentò di alzarsi, ma qualcuno gli piantò un piede sulla spalla e lo respinse brutalmente a terra.

— E lui che sta facendo qui? — domandò Mogan alla ragazza.

— Non lo so con esattezza. Sta cercando qualcosa e pensa di poterla trovare qui.

— Che cosa?

— Il Buio.

Mogan si fece strada tra la gente e, arrivato vicino a Jared, lo tirò in piedi. — Perché sei venuto qui?

Jared non rispose.

— Stavi tentando di scoprire l’ubicazione di questo mondo per poi guidare qui una scorreria?

Quando anche quella domanda rimase senza risposta, il capo aggiunse: — O forse invece stai aiutando i mostri a localizzarci?

Jared tacque ancora.

— Ti lasceremo un po’ di tempo per pensarci sopra. Potresti renderti conto che una lingua sincera potrebbe anche renderti le cose più facili.

Jared, tuttavia, intuì che non avrebbero avuto nessuna pietà. Infatti, finché fosse rimasto in vita, avrebbero sempre temuto che fuggisse per portare a compimento quel piano che, secondo loro, stava nascondendo.

Legato con corde di fibra, venne poi trascinato per circa metà strada attraverso il mondo e spinto in un’abitazione non molto distante dalla ruggente cascata. Era una piccola baracca con le aperture laterali chiuse con duri steli di piante della manna.

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