12

— Non ho motivo di pensare che qualcuno sospetti di voi — disse l’uomo vestito di blu — ma sarebbe difficile incontrarsi a Central City senza dare nell’occhio. C’è troppa gente in giro, e ci conoscono tutti. Sareste davvero stupito nel constatare com’è difficile trovare un posto isolato.

— Ma non vi pare che sembrerà strano da parte mia essere venuto qui? — domandò Sadler.

— No… quasi tutti i turisti ci vengono, appena possono. È come la gita alle cascate del Niagara: nessuno la vuol perdere. D’altronde non li si può rimproverare per questo, non vi sembra?

Sadler era d’accordo. Quello spettacolo non poteva deludere nessuno, anzi, era superiore a ogni descrizione. Anche adesso, non era riuscito del tutto a superare il colpo provato quando aveva messo piede sulla balconata, ed era convinto che non tutti fossero capaci di arrivare fin lì.

Si trovava in piedi sul vuoto, chiuso in un cilindro trasparente che si protendeva oltre l’orlo del burrone. La passerella di metallo sotto ai suoi piedi e il sottile corrimano erano gli unici appoggi di cui disponeva, e la sua mano stringeva spasmodicamente il tubo sottile.

La Voragine di Igino è considerata una delle meraviglie della Luna. È lunga più di tre chilometri e ha un’ampiezza massima di cinque, in alcuni punti. Non è un vero e proprio burrone, ma piuttosto una serie di crateri uniti l’uno all’altro, che si diramano in due braccia partendo da un ampio pozzo centrale. Inoltre, è la porta d’accesso attraverso la quale gli uomini hanno raggiunto i tesori sepolti nella Luna.

Sadler riuscì finalmente a guardare in fondo alla voragine senza tremare. Infinitamente al di sotto di lui, c’erano, così gli pareva, degli insetti che andavano avanti e indietro entro piccoli cerchi di luce artificiale. Pure sapeva che quei minuscoli insetti erano le macchine perforatrici che lavoravano nel fondo della voragine. Laggiù, a migliaia di metri dal punto in cui si trovava, il fondo era sorprendentemente levigato, poiché a quanto pareva un fiume di lava aveva inondato la fenditura appena questa si era formata, per poi congelarsi trasformandosi in un fiume di pietra.

La Terra, quasi verticale sulla sua testa, illuminava in pieno l’immane parete antistante. Il burrone si estendeva a destra e a sinistra, a perdita d’occhio, e talora la luce verdazzurra che illuminava le rupi creava una strana illusione. Se voltava d’improvviso la testa, Sadler aveva la netta impressione di guardare un’immensa cascata che precipitava fino al cuore della Luna.

Su quella parete, sospesi a fili invisibili, salivano e scendevano i secchi pieni di minerale. Sadler, che li aveva visti da vicino, sapeva che erano più alti di lui, ma a quella distanza parevano perline infilate in uno spago, mentre avanzavano lentamente col loro carico destinato ai lontani impianti di smistamento. “Peccato” pensò “che portino solo zolfo, ossigeno, silicio e alluminio… potremmo fare a meno di tanti elementi leggeri, mentre ci servirebbe di più un po’ di metalli pesanti”.

Ma era lì per motivi di lavoro e non per stare a guardare come un turista. Si tolse di tasca gli appunti cifrati e cominciò a riferire il suo rapporto, più corto di quanto non avrebbe voluto. Non riuscì a capire se l’altro era rimasto deluso o soddisfatto di quel resoconto inconcludente. Dopo averci meditato sopra un po’, l’uomo disse: — Avremmo voluto darvi un po’ più d’aiuto, ma potete immaginare quanto siamo a corto di personale in questo momento. La situazione si sta aggravando, e se si dovrà giungere a una crisi, questa avverrà entro dieci giorni al massimo. Su Marte sta succedendo qualcosa, ma non riusciamo a scoprire di che si tratti. La Federazione ha costruito almeno due apparecchi di tipo insolito, e siamo convinti che li stiano collaudando. Disgraziatamente non abbiamo potuto vedere nulla, si tratta solo di voci imprecise. Però abbiamo messo in azione tutto il sistema difensivo. Vi parlo di questo perché possiate avere un’idea di quello che c’è per aria, ma nessuno dovrebbe saperlo e se udiste mai qualcuno parlarne, vorrebbe dire che quel tale può aver accesso alle informazioni più segrete. Ora, per tornare alla vostra lista dei sospetti, vedo che ne fa parte anche Wagnall. Cancellatelo.

— Bene. Lo metterò nella Lista B.

— E inoltre Brown, Lefevre, Tolansky… non hanno certo contatti con persone sospette.

— Come potete esserne così sicuro?

— Ne sono sicuro perché hanno passato le ore libere in occupazioni che non hanno a che vedere con la politica.

— Capisco — rispose Sadler permettendosi un sorriso. — Cancellerò anche loro.

— E a proposito di quel Jenkins del magazzino… perché lo sospettate?

— Non ho prove contro di lui, ma mi pare che sia stato l’unico a lamentarsi della mia attività ufficiale.

— Continueremo a tenerlo d’occhio. Viene spesso in città, ma ha una buona scusa, dal momento che è incaricato di quasi tutti gli acquisti. Con questo, ci restano i cinque nome della lista A, no?

— Sì… e a dire il vero mi stupirei se si scoprisse che la spia è uno di loro. Abbiamo già parlato di Wheeler e di Jamieson dopo la gita al Mare Imbrium, ma io non sono della stessa idea. Tanto più che il progetto lo aveva fatto Wheeler. Poi ci sono Benson e Carlin. Le loro mogli provengono da Marte e tutte le volte che capita l’occasione discutono a più non posso. Benson è elettricista, nel reparto Tecnici di Manutenzione, e Carlin è medico. Si può dire che abbiano un motivo ma è un motivo molto tenue. Inoltre sono troppo palesemente sospetti.

— Ce n’è un altro che dovreste trasferire sulla lista A. Si tratta di Molton.

— Il dottor Molton? — disse Sadler, stupito. — Avete un motivo speciale?

— Niente di serio, ma è stato diverse volte su Marte al seguito di alcune missioni astronomiche e ha parecchi amici lassù.

— Ma non parla mai di politica. L’ho stuzzicato un paio di volte e non ha dimostrato alcun interesse. Non credo che s’incontri con qualcuno a Central City. Mi sembra completamente immerso nel suo lavoro e credo che vada in città solo per tenersi in esercizio in palestra. C’è qualcun altro?

— No… mi dispiace. È ancora un caso molto vago. C’è una falla, da qualche parte, ma potrebbe essere a Central City. Il rapporto sull’Osservatorio può essere una finta. Come dite bene voi, è difficile che il personale trovi il modo di passare informazioni. La censura radiofonica ha scoperto solo qualche innocente messaggio personale non autorizzato.

Sadler chiuse il suo taccuino e se lo rimise in tasca con un sospiro. Abbassò lo sguardo nelle vertiginose profondità sottostanti: gli insetti erano sempre là.

L’uomo in blu sistemò la cinghia dell’apparecchio fotografico, fece un cenno a Sadler e ridiventò un qualunque turista.

— Datemi dieci minuti per allontanarmi — disse — e se per caso torniamo a incontrarci, ricordatevi che non ci conosciamo.

Sadler per poco non si offese a questo ammonimento. Dopo tutto, non era un dilettante: lavorava già da quasi mezza giornata lunare.

Al piccolo caffè della stazione di Igino non c’erano avventori, e Sadler aveva tutto il locale a disposizione. L’incertezza della situazione generale aveva scoraggiato i turisti che si erano affrettati a tornare a casa di corsa. E forse avevano fatto bene, perché se doveva succedere qualcosa sarebbe successa sulla Luna. Nessuno era convinto che la Federazione avrebbe attaccato direttamente la Terra distruggendo milioni di vite innocenti. Simili barbarie appartenevano al passato… così almeno si sperava. Ma come si poteva essere sicuri? Chi sapeva che cosa poteva succedere se fosse scoppiata una guerra? La Terra era così spaventosamente vulnerabile!

Mentre beveva un caffè, Sadler meditò sulle informazioni che il suo sconosciuto collega gli aveva dato. Ma erano di scarso valore, e lui continuava a brancolare nel buio. L’allusione a Molton l’aveva stupito sinceramente, e lui non l’aveva presa molto sul serio. Gli era davvero impossibile pensare all’astrofisico come a una spia. Sadler sapeva benissimo che era fatale fidarsi di simili impressioni, ma qualunque fossero i sentimenti che nutriva per Molton, avrebbe raddoppiato l’attenzione nei suoi riguardi. Però scommise tra sé che non avrebbe approdato a niente.

Chiamò a raccolta tutto quanto sapeva e ricordava sul capo del reparto Spettroscopia: sapeva già che Molton era andato tre volte su Marte. L’ultima volta c’era stato un anno prima, mentre lo stesso direttore c’era andato più di recente. Inoltre, nella confraternita interplanetaria degli astronomi non c’era forse un solo membro anziano che non avesse amici su Marte o su Venere.

Che cosa c’era di strano in Molton? Niente, per quanto Sadler poteva sapere, se si eccettuava la scontrosità dello scienziato, che contrastava con la sincera benevolenza del suo animo. C’era anche, naturalmente, la sua passione ridicola e un po’ commovente per i fiori, ma se doveva mettersi a indagare su manie innocue come quella, chissà dove sarebbe andato a finire!

Tuttavia c’era una cosa che valeva la pena di sondare. Avrebbe preso nota del negozio dove Molton andava a rifornirsi (era l’unico locale che frequentava, oltre la palestra) affidando le indagini a un suo collega di Central City. Compiaciuto dell’idea e con la soddisfazione di non lasciare niente d’intentato, Sadler pagò la consumazione e uscì nel breve corridoio che univa il caffè alla stazione deserta.

Tornò a Central City con la linea secondaria attraversando la zona impervia di Triesnecker. La linea ferroviaria era fiancheggiata per quasi tutto il suo percorso dalla funivia che trasportava carrelli di minerale da Igino e riportava indietro quelli vuoti. Poco dopo comparvero le cupole di Central City, e la funivia mutò direzione, svoltando a destra.

Sadler non si sentiva più straniero nella città e vagabondò da una cupola all’altra con la disinvoltura del viaggiatore esperto. Prima tappa, e necessaria, fu dal barbiere. Poi gli restò un quarto d’ora per fare un giro di centrifuga alla palestra.

Come il solito, il locale era affollato da membri del personale dell’Osservatorio. Sadler notò alquanto divertito che erano presenti due sospetti della lista A, Wheeler e Molton, e per lo meno sette della B. Ma su quest’ultimo punto non c’era da meravigliarsi perché il novanta per cento del personale era su quella lista che avrebbe potuto portare per titolo: “Elenco delle persone abbastanza intelligenti e attive per poter essere delle spie, ma riguardo alle quali non c’è prova di nessun genere”.

La centrifuga conteneva sei persone ed era munita di un congegno speciale per cui non poteva mettersi in moto prima che il carico non fosse perfettamente equilibrato. Si rifiutò pertanto di agire finché un grassone alla sinistra di Sadler non ebbe cambiato posto con un omino striminzito che gli sedeva di fronte. Poi il motore cominciò a prendere velocità, e l’enorme tamburo col suo carico umano prese a ruotare sul proprio asse. Man mano che la velocità aumentava, Sadler sentiva crescere il proprio peso.

Respirò profondamente e provò con cautela a vedere se riusciva a sollevare le braccia. Ma gli parve che fossero fatte di piombo.

L’uomo che stava a destra di Sadler si alzò barcollando e cominciò ad andare su e giù badando a non uscire dalle righe bianche che delimitavano il pezzo di pavimento di cui poteva disporre. Anche tutti gli altri facevano la stessa cosa, e faceva un effetto stranissimo vederli in piedi su una superficie verticale. Ma vi erano tenuti saldi da una forza sei volte superiore alla debole gravità lunare, una forza uguale al peso che avrebbero avuto sulla Terra.

Non era una sensazione piacevole, e Sadler non riusciva quasi a capacitarsi come fino a pochi giorni prima fosse potuto vivere in un campo gravitazionale di quella forza. Certo ci si sarebbe riabituato, ma per il momento si sentiva debole come un micio appena nato. Fu proprio contento quando la centrifuga cominciò a rallentare, e lui poté strisciare lentamente giù dalla macchina nella piacevole delicata gravità della Luna.

Mentre si allontanava sulla monorotaia di Central City si sentiva stanco e scoraggiato. Perfino la vista del nuovo giorno, col Sole ancora invisibile che illuminava le guglie delle montagne, a ovest, non lo rincuorò.

Ormai era sulla Luna da oltre dodici giorni terrestri, e la lunga notte lunare era finita. Ma aveva paura di pensare a quello che avrebbe potuto portare il giorno.

Загрузка...