7

Farr vide gli altri passeggeri solo quando Andrei Simic era già nello spazio e il capitano fece adunare tutti nella sala comune per leggere, secondo il solito, il regolamento di bordo. C’erano sette Iszici, nove Terrestri, i tre saggi Monagi, tre monaci Codaini che facevano un pellegrinaggio rituale in diversi mondi, cinque appartenenti a pianeti diversi, quasi tutti arrivati su Iszm con la stessa astronave. Fatta eccezione per Omon Bozhd, gli Iszici ostentavano le strisce nere e oro dei rappresentanti dei piantatori, uomini austeri di casta superiore, di cui almeno due o tre — così parve a Farr — dovevano essere Szecr. I Terrestri comprendevano un paio di studenti ciarlieri, gli Anderview, Ralf e Willeran, e Carto e Maudel Wlewska, una giovane coppia in viaggio di piacere.

Farr studiò il gruppo, cercando di immaginarsi ciascuno dei componenti nelle vesti di un assassino potenziale, e giunse alla conclusione che nessuno ne era il tipo. Credette opportuno dover eliminare automaticamente dalla lista dei sospetti i due che erano già a bordo dell’astronave prima dell’atterraggio su Iszm, e così pure i tre monaci Codaini e gli angelici Monagi. Era assurdo sospettare gli Iszici, quindi restavano più o meno i Terrestri… ma perché una di quelle persone avrebbe dovuto desiderare di fargli del male? E perché doveva temere di essere ucciso da qualcuno di loro? Si grattò la testa perplesso, irritando così la ferita ancora fresca, ricordo della sua caduta nel troncocella.

Le giornate di viaggio erano tutte uguali, monotone, interrotte solo dai pasti e dai periodi di riposo scelti, a volontà, da ciascun passeggero. Per scacciare la noia, o forse perché la noia non gli offriva altro da pensare, Farr incominciò un innocente flirt con la signora Anderview. Il marito, occupatissimo a stendere un voluminoso rapporto sui risultati ottenuti dalla sua missione a Dapa Coory, sul pianeta Mazen, si faceva vedere solo all’ora dei pasti, lasciando la signora Anderview in balia di se stessa… e di Farr. Era una donnina graziosa, con una bella bocca e un sorrisetto provocante. Farr limitò i suoi approcci a qualche occhiata e a qualche frase gentile, e rimase assai stupito quando una sera si vide capitare in cabina la signora Anderview, di cui ancora ignorava il nome di battesimo, che sorrideva con timida impudenza.

Farr si alzò stupefatto.

— Posso entrare?

— Siete già entrata.

La signora fece un grazioso cenno con la testa, e richiuse alle sue spalle il pannello scorrevole. Farr notò subito che era molto più carina di quanto non avesse osservato in precedenza, e che intorno a lei aleggiava un profumo di una dolcezza indefinibile: aloe, cardamomo, limonano.

— Mi annoio talmente! — si lamentò lei sedendoglisi accanto. — Merritt non fa che scrivere giorno e notte. Non pensa che al suo libro. E io… a me piace divertirmi.

L’invito non avrebbe potuto essere più esplicito. Farr esaminò gli aspetti della situazione, poi si schiarì la gola, mentre la signora Anderview, che teneva gli occhi fissi su di lui, arrossiva un poco.

Qualcuno bussò alla porta e Farr balzò in piedi, sentendosi assurdamente colpevole. Fece scorrere il pannello. Fuori c’era Omon Bozhd.

— Farr Sainh, posso parlarvi un momento? Mi fareste. Un grande favore.

— Be’, adesso avrei da fare.

— Si tratta, credetemi, di una cosa molto importante.

— Scusate un momento — disse allora Farr alla signora Anderview. — Torno subito.

— Fate presto! — rispose lei, che pareva molto impaziente, e Farr la fissò stupito, aprendo la bocca per rispondere.

— Sss — lo ammonì la signora e Farr, con un’alzata di spalle, uscì nel corridoio.

— Che cosa succede? — domandò a Omon Bozhd.

— Farr Sainh, avreste piacere di salvarvi la vita?

— Ma sicuro! Che cosa…

— Lasciatemi entrare nella vostra cabina — lo pregò Omon Bozhd, facendo un passo avanti.

— C’è poco posto, e inoltre…

— Capite la manovra, vero? — fece l’Iszico.

— No, temo proprio di no.

— Dovete mettere da parte la galanteria — dichiarò Omon Bozhd. — Entriamo in cabina. C’è poco tempo.

Fece scorrere il pannello ed entrò seguito da Farr, che lo giudicava pazzo… ma non sapeva ancora perché.

La signora Anderview balzò in piedi arrossendo più che mai. — Oh! Signor Farr!

Farr spalancò le braccia in un gesto d’impotenza. La signora Anderview fece per uscire dalla cabina, ma Omon Bozhd le sbarrò il passo.

— Vi prego, signora, non andatevene, la vostra reputazione non corre rischi.

— Non ho tempo da perdere — fece lei brusca, e Farr si accorse allora che non era affatto graziosa, che aveva la faccia a chiazze e gli occhi adirati e duri.

— Vi prego — insisté Omon Bozhd — non ancora. Sedetevi, per favore.

Si udì bussare violentemente, e una voce roca e furibonda gridò: — Aprite! Aprite subito!

— Certo — rispose Omon Bozhd, e spalancò il pannello. Sulla soglia c’era Anderview, con gli occhi fuori della testa. Impugnava una pistola e gli tremavano le mani. Vedendo Omon Bozhd, parve afflosciarsi.

— Scusatemi se non vi invito a entrare — disse Farr — ma stiamo già un po’ stretti.

— Che cosa succede qui dentro? — tuonò Anderview, tornato furibondo.

La signora sgattaiolò nel corridoio. — Niente, niente — sussurrò, allontanandosi in fretta. — Non avete niente da fare, qui — disse Omon Bozhd ad Anderview con aria noncurante. — È meglio che raggiungiate vostra moglie.

L’altro si voltò allontanandosi.

Farr si sentiva tremare le ginocchia. C’erano profondità che non riusciva a sondare, abissi e vortici di motivi e scopi… Si lasciò cadere sul lettino, avvampando al pensiero della figura da sciocco che aveva fatto.

— Pretesto eccellente per eliminare qualcuno — osservò l’Iszico. — Se non altro si accorda con le abitudini terrestri.

Farr gli lanciò un’occhiata, intuendo un sottofondo ironico nelle sue parole. — Pare che mi abbiate salvato la pelle… almeno qualche pezzetto — disse ingrugnito.

Omon Bozhd agitò una mano con noncuranza. — Roba da niente.

— Non per me — ribatté Farr. — Ci tengo, alla mia pelle.

L’Iszico fece per andarsene.

— Ancora un minuto. Desidero sapere che cosa sta succedendo.

— Mi pare che i fatti si spieghino da soli.

— Può darsi che io sia un po’ tardo.

L’Iszico lo guardò pensoso. — Forse siete troppo addentro alla situazione per vederla nel suo insieme.

— Siete uno Szecr?

— Tutti gli agenti all’estero sono Szecr.

— Be’, dunque, che succede? Perché gli Anderview ce l’hanno con me?

— Vi hanno soppesato, e hanno valutato la vostra utilità contro il pericolo che rappresentate.

— Ma è pazzesco!

Omon Bozhd lo guardò fisso, e disse come un oracolo: — Ogni minuto della nostra esistenza è un miracolo. Provatevi a prendere in considerazione le innumerevoli variazioni e possibilità che ci aspettano ogni secondo che passa… pensate a esse come strade aperte sul futuro. Noi ne seguiamo una, ma dove portano le altre? Questa è l’eterna meraviglia, la magnifica incertezza del secondo che verrà, mentre il passato è come un tappeto già disteso di cui si conosce il disegno.

— Già, già…

— La nostra mente resta obnubilata di fronte alle meraviglie della vita, per la sua grandezza e importanza. — Omon Bozhd distolse lo sguardo. — Sotto tale prospettiva, l’affare in cui siete coinvolto ha un interesse puramente intrinseco, come il respirare.

— Posso respirare come e quanto voglio — rimbeccò Farr seccato — però posso morire una volta sola e mi pare che ci sia una bella differenza. Mi sembra del resto che la pensiate così anche voi, e ammetto di esservi debitore. Ma… perché?

— Il modo di ragionare degli Iszici è naturalmente diverso da quello terrestre. Nondimeno abbiamo in comune alcuni istinti, come il rispetto per la vita e l’impulso ad aiutare le persone che conosciamo.

— Capisco — disse Farr. — Il vostro modo di agire è dunque determinato unicamente da un impulso amichevole?

— Consideratelo pure a questo modo — convenne Omon Bozhd con un inchino. — E adesso vi auguro una buona notte — e uscì dalla cabina.

Farr rimase seduto sul letto, completamente disorientato. In pochi istanti, gli Anderview si erano trasformati da una coppia di missionari gentili e riservati in due crudeli assassini. Ma perché? Perché?

Farr scosse la testa perplesso. Il vicecomandante Szecr aveva parlato di una spina e di una bibita avvelenate: evidentemente i missionari erano responsabili anche di quei tentativi di omicidio. Farr balzò irosamente in piedi, si avviò alla porta, l’aprì, e guardò nel corridoio. Il nastro di vetro grigio si stendeva lucido a destra e a sinistra; un nastro uguale, sul ponte di sopra, conduceva alle cabine superiori. Farr uscì senza far rumore e arrivò in fondo al corridoio, per sbirciare nella sala, dall’arcata. I due giovani studenti, l’ingegnere e un paio di Iszici stavano giocando a poker.

Farr tornò indietro, per salire la scala che portava al ponte superiore. Tutto era immerso nel silenzio, rotto solo dai rumori dei motori di bordo, delle pompe, dei condotti dell’aria condizionata.

Farr trovò la porta su cui era scritto MERRITT E ANTHEA ANDERVIEW e si mise in ascolto, esitante. Non si udivano né voci né rumori. Posò la mano sulla maniglia, poi si fermò. Ricordava la dissertazione di Omon Bozhd sulla vita, le infinite strade del futuro. Lui, adesso, poteva bussare, o tornarsene nella sua cabina. Bussò.

Nessuno rispose. Farr guardò a destra e a sinistra lungo il corridoio. Poteva ancora tornarsene in cabina. Invece spinse la porta, che si aprì. Il locale era al buio. Accese la luce. Merritt Anderview sedeva rigido su una seggiola e lo guardava con occhi aperti e vuoti.

Farr capì subito che era morto. Anthea Anderview giaceva invece nella cuccetta inferiore, composta e rilassata. Farr non si avvicinò per guardarla più da vicino, ma capì che pure lei era morta. Una pistola a scossa, capace di vibrare a bassissima intensità, aveva omogeneizzato il loro cervello; anche i pensieri e i ricordi si erano fusi in un tutto unico: le loro strade aperte sul futuro, si erano improvvisamente interrotte. Farr rimase immobile. Cercò di trattenere il respiro, ma sapeva che ormai il guaio era fatto. Arretrò e richiuse la porta. I camerieri avrebbero trovato i cadaveri… Intanto… Farr aveva la mente sconvolta. Potevano averlo visto. Il suo sciocco flirt con Anthea Anderview era certo già diventato di dominio pubblico, e forse si parlava anche del litigio con Merritt Anderview. Avrebbero potuto stabilire con facilità che lui era stato nella loro cabina. Avrebbero trovato una traccia delle sue esalazioni sopra tutti gli oggetti della stanza. Ciò costituiva una prova decisiva, in tribunale, se fosse stato provato che nessun’altra persona a bordo avesse il suo tipo di esalazione.

Farr si recò nella sala comune, dove nessuno fece caso alla sua presenza. Salì poi la scaletta e bussò alla porta del comandante.

Il capitano Dorristy, un uomo tozzo con penetranti occhi neri, aprì la porta scorrevole. Dietro a lui, c’era Omon Bozhd. Farr vide che gli si irrigidivano i muscoli delle guance, e la sua mano si mosse come se stesse agitando un invisibile occhialetto.

Farr si sentì improvvisamente a suo agio. Qualunque tiro stesse macchinando Omon Bozhd, l’aveva prevenuto. — Sono morti due passeggeri — comunicò. — Gli Anderview.

Omon Bozhd gli lanciò un’occhiata fredda e malevola.

— Interessante — rispose Dorristy. — Entrate.

Farr varcò la soglia, e Omon Bozhd distolse lo sguardo.

— Bozhd mi stava proprio dicendo che voi avete ucciso gli Anderview — disse ironico il comandante con voce melata.

Farr si voltò verso l’Iszico. — È il più gran bugiardo che ci sia a bordo. È stato lui a ucciderli.

Dorristy sorrise, guardando dall’uno all’altro. — Dice che voi facevate la corte alla signora.

— Mi sono limitato a essere gentile con lei. Il viaggio, almeno fino a questo momento, era piuttosto noioso.

— Che cosa avete da dire, Omon Bozhd? — domandò il capitano.

— Qualcosa di più di una semplice amicizia ha indotto la signora Anderview a recarsi nella cabina di Farr — rispose l’Iszico.

— E qualcosa di diverso dall’altruismo ha spinto Omon Bozhd nella mia cabina per evitare che Anderview mi sparasse contro — ribatté Farr.

— Tutte menzogne. Io non ne so nulla — asserì Omon Bozhd fingendosi stupito.

Dominando a stento l’ira, Farr si volse al capitano. — Gli credete?

— Non credo a nessuno.

— Ecco che cos’è successo. È difficile crederlo, ma è la verità. — Farr narrò l’accaduto. — … dopo che Bozhd se ne fu andato, rimasi solo a pensare. Bisognava che andassi a fondo della cosa, in un modo o nell’altro, perciò decisi di andare a parlare con gli Anderview. Bussai, e poiché nessuno rispondeva, aprii la porta della loro cabina. Erano morti tutti e due. Poi, sono venuto direttamente qui.

Dorristy non fece commenti, ma fissava Omon Bozhd, che, agitando con fare noncurante il suo inesistente occhialetto, si decise infine a dire: — La versione di Farr mi ha colpito per la sua franchezza. Credo quindi di essermi sbagliato. Non dev’esser stato lui a commettere il delitto. Ritiro le mie accuse — e uscì dalla cabina. Farr lo seguì con lo sguardo, furibondo ma trionfante.

— Dunque, non li avete uccisi voi? — domandò Dorristy.

— No di certo!

— Chi è stato?

— Secondo me, uno degli Iszici. Ma perché, non lo so.

Dorristy assentì, poi disse: — Be’, vedremo quando faremo scalo a Barstow. Vi prego di non far parola con nessuno su quanto è successo.

— Non ne avevo la minima intenzione — lo rassicurò Fair.

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