PRESENTAZIONE

Edgar Pangborn è morto improvvisamente lo scorso anno, il 1 febbraio 1976, per un attacco cardiaco. Era nato nel 1909 a New York e conduceva vita ritirata, senza prendere parte a quel “giro” di raduni e di incontri annuali che caratterizzano il mondo degli appassionati e degli scrittori americani di fantascienza. Abitava con la sorella in una casa di campagna, nello stato di New York, poco lontano dalla cittadina di Woodstock, e intratteneva rapporti con qualche altro scrittore, ma in un modo piuttosto schivo, senza farsi pubblicità: come dice egli stesso in questo romanzo, “negli americani c’è la tendenza a muoversi, anche senza sapere dove si vuole andare, come se il muoversi in se stesso fosse già una caratteristica positiva.Ebbene, Edgar Pangborn non ha mai condiviso questa tendenza.

Pangborn ha sempre svolto la professione di scrittore: oltre alle sue opere di fantascienza, ha scritto alcuni romanzi storici e numerosi romanzi gialli, sotto lo pseudonimo Bruce Harrison. Il suo primo giallo è del 1930, il più noto è The Trial of Callista Blake, pubblicato nel 1961. Nel campo della fantascienza, la sua prima opera apparve sulla rivista «Galaxy» nel 1951: il romanzo breve Angel’s Egg. Probabilmente, la persona che avvicinò Pangborn alla fantascienza fu il direttore di «Galaxy», H.L. Gold, che proveniva dall’ambiente dei romanzi gialli. Gold cercava per la sua rivista scrittori capaci di scrivere a un buon livello stilistico, e Angel’s Egg mostra tutte le caratteristiche delle opere scritte da autori provenienti dall’esterno della fantascienza: ha un tema molto semplice, e la sua attenzione è rivolta soprattutto ai personaggi, e non alle «trovate» spicciole. Il romanzo è la cronaca dell’incontro tra un uomo e una creatura aliena, ma non contiene nulla che lo riallacci alla fantascienza americana dei periodici specializzati (astronavi, meraviglie scientifiche ecc.): descrive dei personaggi, e non dei marchingegni, dei gadget.

Questa separazione tra Pangborn e la tradizione americana della fantascienza (il filone dei periodici specializzati) ricorda la posizione di altri scrittori che sono approdati alla fantascienza in modo autonomo: ad esempio Stapledon, C.S. Lewis, Lem. Il Pangborn di Angel’s Egg si collega ai «padri fondatori» della fantascienza, non a coloro che scrivevano fantascienza negli stessi anni. Angel’s Egg è più vicino a racconti di Wells come The Crystal Egg che non alle opere di Asimov o Heinlein, o anche alla fantascienza «sociologica» di quegli anni.

Negli anni successivi, Pangborn scrisse una mezza dozzina di racconti e due romanzi, West of the Sun (1953) e A Mirror for Observers (1954). In questi compaiono temi della fantascienza moderna (nel primo il viaggio nello spazio, nel secondo la presenza di colonie di marziani nascoste in mezzo a noi), ma sempre trattati alla maniera di Pangborn, cioè con attenzione ai personaggi e non alle macchine. A Mirror for Observers venne giudicato il miglior romanzo di fantascienza dell’anno: vinse il premio International Fantasy (un premio che precedette per alcuni anni il premio Hugo, e che spesso venne assegnato a opere collocate a metà tra la fantascienza e la letteratura). I racconti scritti da Pangborn in quegli anni sono raccolti in un volume che è stato anche tradotto in italiano: Dentelungo e altri estranei («Urania» N. 639).

Verso il 1960, Pangborn iniziò un vasto progetto: una serie di opere ambientate entro una stessa cornice futura. È un tipo di progetto che aveva già richiamato l’attenzione di altri scrittori di fantascienza, fin dal 1930 con Taine e Stapledon, e che aveva trovato la massima fioritura negli anni ’40 (la «storia futura)) di Heinlein, il ciclo della «Fondazione» di Asimov, le «Città in Volo» di Blish). Per Pangborn, verso la fine del nostro secolo scoppia una guerra atomica che distrugge la civiltà; poi per alcuni secoli c’è la graduale ricostruzione di vari tipi di società: alcune comunità sono orientate verso la ricostruzione dei modi di vita dei secoli XIX e XX, altre comunità cercano nuovi valori e nuovi modi di vita. Il problema che interessa a Pangborn è quello di trovare forme di convivenza che non diano luogo ad altre distruzioni, ma Pangborn non cerca di risolverlo da scienziato: cerca di vederlo da romanziere. Cioè, non ha nessuna risposta bell’e pronta: la scopre di volta in volta nei propri personaggi.

I primi episodi di questa cronistoria del futuro sono apparsi nel 1962 sulla rivista «Fantasy S.F. » sotto forma di due racconti. Nel 1964, Pangborn li ha inseriti entro una narrazione più vasta, il romanzo Davy, insieme con altro materiale inedito. Davy è a tutt’oggi l’opera di Pangborn maggiormente nota; per alcuni aspetti è la sua opera più avventurosa, ma è soprattutto la descrizione di un mondo e di un personaggio che lo scopre gradualmente, e uguale attenzione è dedicata ai turbamenti di Davy, il protagonista, e alla società che lo circonda.

A Davy fece seguito The Judgment of Eve («Galassia» N. 133), ambientato nel secolo XXI. Altri episodi più brevi comparvero alla spicciolata, tra il 1965 e il 1975, su antologie e riviste, tra cui il romanzo che presentiamo, La Compagnia della Gloria. Questo romanzo collega il nostro secolo con l’inizio della barbarie e della ricostruzione, e la morte di Pangborn ha impedito che venisse riempito il periodo tra di esso e Davy: probabilmente Pangborn intendeva seguire anche lo sviluppo della società fondata dalla Compagnia dopo la morte di Demetrios.

Tuttavia, anche se ormai non potremo più avere le partì mancanti, è chiaro l’indirizzo di Pangborn: da una parte le società come la «Repubblica del Re», ferme sulla ricostruzione della civiltà antica, dall’altra le nuove società costruite faticosamente, ma gioiosamente, su basi di fratellanza, di amore libero da possesso. È questa la caratteristica che distingue il ciclo di Pangborn dagli altri romanzi del «dopobomba» che abbiamo visto nella fantascienza. Per chiarire questo punto, si può prendere il più noto di questi romanzi, cioè Il giorno dei trifidi di John Wyndham. Entrambi sono fondamentalmente lo stesso tipo di romanzo: crollo della civiltà e ricostruzione di essa. Wyndham si mostra alquanto moderato, rispetto ad altri autori, ma tende sempre al romanzesco. Sia in Wyndham sia negli scrittori americani, c’è sempre la tendenza a costruirsi qualche alibi. La civiltà crolla, si, ma a causa di qualche avvenimento fuori della normalità: i satelliti che danno la cecità e che sì mettono a funzionare inopinatamente, oppure il microbo che distrugge i cereali e cosi via; in fondo, pochi sono disposti a pensare che la distruzione possa venire pianificata per pura malvagità. E come reagiscono i personaggi? In maniera romanzesca: la prima cosa che fanno, è quella di procurarsi armi o di raccattare generatori elettrici, alla maniera di Robinson Crusoe. (Per questi personaggi romanzeschi, evidentemente, l’azione è sempre di per se stessa positiva.) Se si guarda bene, però, questa non è una risposta: anche riuscendo a ricostruire una civiltà industriale, la loro nuova civiltà corre il vecchio rischio dì venire distrutta.

Invece i personaggi di Pangborn cercano di adattarsi al cambiamento dell’ambiente, i suoi trascinatori, come Demetrios, sono spinti all’azione dagli avvenimenti e dai compagni, più che da un proprio impulso interiore all’azione. E forse resta questa la migliore chiave interpretativa per La Compagnia della Gloria considerarlo in riferimento alle altre opere del «dopobomba» presentate dalla fantascienza Si viene in tal modo a scoprire che raramente la fantascienza ci ha dato un’opera scritta con altrettanta sincerità d’intenzioni.


Riccardo Valla

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