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Da almeno due secoli l’uomo esplorava le stelle senza trovare traccia di altri esseri viventi. Aveva scoperto molti pianeti, parecchi dei quali potenzialmente abitabili e simili alla Terra. Nella nostra galassia, la Via Lattea, molte stelle del tipo F o del tipo G sono dotate di pianeti alcuni dei quali ritengono l’atmosfera consentendo così l’evoluzione della vita. E, in effetti, la vita, in specie e forme infinitamente diverse, abbonda dappertutto e la galassia è la delizia degli zoologi.

Tuttavia nella sua disordinata espansione fuori del proprio sistema, l’uomo aveva trovato soltanto le tracce di specie intelligenti che lo avevano preceduto. Quelle più spettacolari erano nel labirinto di Lemnos, ma anche su altri mondi si erano trovate rovine di città, fondamenta corrose dal tempo, cimiteri. E così lo spazio era diventato anche il paradiso degli archeologi. I collezionisti di animali sconosciuti e di antichità avevano un bel da fare, ed erano nate perfino nuove discipline scientifiche. Civiltà scomparse prima ancora che le piramidi egizie fossero concepite, ora venivano ricostruite.

Sembrava che una curiosa ventata di estinzione fosse passata su tutte le altre specie intelligenti della galassia. Evidentemente erano vissute in tempi lontanissimi, e si erano spente, scomparendo completamente. Un’analisi attenta aveva rivelato che le più giovani culture intelligenti extra-solari si erano estinte ottomila anni prima.

Ma la galassia è vasta, e l’uomo aveva continuato a cercare, spinto da un malsano connubio di curiosità e di timore. Anche se ormai disponeva di mezzi di trasporto veloci per tutti i punti dell’Universo, non c’erano personale e navi sufficienti per condurre a termine un’esplorazione tanto vasta. E così, nonostante fossero trascorsi parecchi secoli da quando era entrato nella galassia, l’uomo scopriva ancora i mondi… a volte, vicino a casa sua. Infatti, solo recentemente si era accorto che uno dei sette pianeti della stella Beta Hydri, precisamente il quarto, era abitato da una specie intelligente.

Non erano stati effettuati atterraggi. Dopo aver preso in esame le possibili conseguenze della scoperta, erano state predisposte misure di sicurezza per evitare sconfinamenti clamorosi che avrebbero potuto avere sviluppi imprevedibili. L’esplorazione di Beta Hydri IV era stata portata a termine da dietro lo strato di nubi che l’avviluppava. Dispositivi sensibilissimi avevano misurato l’attività che si svolgeva al di là della massa grigia. La produzione di energia era conosciuta con un’approssimazione di alcuni milioni di chilowatt ed era stata tracciata una carta dei centri urbani. Infine era stato calcolato il livello dello sviluppo industriale attraverso uno studio delle radiazioni termiche. Laggiù fioriva una civiltà aggressiva, potente, in fase di sviluppo, probabilmente paragonabile, quanto a livello tecnico, a quella del ventesimo secolo sulla Terra. C’era soltanto una differenza significativa: gli Hydrani non si erano ancora avventurati nello spazio. Questo dipendeva dallo strato di nubi che li circondava: un popolo che non ha mai visto le stelle come può desiderare di raggiungerle e conquistarle?

Muller era al corrente delle frenetiche consultazioni seguite alla scoperta degli Hydrani. Conosceva le ragioni per cui erano stati messi «in quarantena» e si rendeva conto che soltanto motivi assai più importanti dovevano aver portato alla decisione di sospenderla. Non sapendo se sarebbe stata in grado di intavolare un dialogo con esseri non-umani, la Terra aveva saggiamente preferito attendere ancora un poco: ora, invece, tutto era cambiato.

«Che cos’è successo?» chiese Muller. «C’è in vista una spedizione?»

«Sì.»

«Quando?»

«Entro l’anno prossimo.»

Muller si irrigidì. «E chi la guiderà?»

«Forse voi, Dick.»

«Perché «forse»?»

«Potreste rifiutare.»

«Quando avevo diciotto anni» disse Muller «me ne andai con una ragazza in una foresta della California. Le dissi che volevo fare grandi scoperte nello spazio, che gli uomini mi avrebbero ricordato come ricordavano Colombo, Magellano, e i primi astronauti. In quella notte concepii le mie più grandi ambizioni.» Rise e aggiunse: «Ci sono cose che si dicono a diciott’anni, e che poi si dimenticano.»

«Ci sono anche cose che si possono fare a diciott’anni e poi più» disse Boardman. «Ebbene, Dick, superate la cinquantina, ora, se non sbaglio. Avete camminato tra le stelle. Vi sentite una divinità?»

«Qualche volta sì.»

«Volete andare su Beta Hydri IV?»

«Lo sapete che voglio.»

«Solo?»

Muller si sentì mancare la terra sotto i piedi, come quando era partito la prima volta per lo spazio e gli era sembrato di sprofondare nell’Universo. «Solo?» ripeté.

«Abbiamo programmato l’impresa con la massima cura. Mandare laggiù un gruppo di uomini adesso, sarebbe un grosso sbaglio. Gli Hydrani non hanno accolto favorevolmente gli «occhi» lanciati dal ricognitore. L’avete visto anche voi. Non possiamo, inoltre, sondare la loro psicologia, perché è la prima volta che ci troviamo di fronte a menti diverse dalla nostra. Così, riteniamo che la cosa migliore sia quella di mandare un solo ambasciatore, un uomo con intenzioni pacifiche, abile, capace, temprato da altre avventure, e che sappia trovare il modo giusto per intraprendere rapporti amichevoli. Quell’uomo potrebbe essere fatto a pezzi trenta secondi dopo l’atterraggio, ma se riesce a sopravvivere, avrà compiuto un gesto unico nella storia umana. Sta a voi scegliere.»

Irresistibile! Ambasciatore del genere umano presso gli Hydrani! Andare avanti solo, e portare il saluto dell’umanità ai vicini cosmici…

Era la garanzia dell’immortalità: il suo nome sarebbe stato scritto per sempre tra le stelle.

«Quante probabilità ci sono di non lasciarci le penne?» chiese.

«Una su sessantacinque di tornare indietro tutto intero, Dick. Tenuto conto che non si tratta di un pianeta molto simile alla Terra, e che potreste ricevere un’accoglienza ostile. Una su sessantacinque.»

«Non è poi tanto male.»

«Io non accetterei mai di correre un rischio del genere» disse Boardman ridendo.

«Voi no, ma io forse sì.» Vuotò il suo bicchiere. Un’impresa simile gli avrebbe assicurato la fama. E anche nel caso di un insuccesso, finire per mano degli Hydrani non era una morte da tutti. Aveva vissuto bene. C’erano morti peggiori di quella che si può incontrare piantando la bandiera dell’umanità su un mondo straniero. L’orgoglio inquieto, la sete di gloria, la brama puerile d’immortalità che l’avevano sempre spronato, lo spingevano a tentare.

Quando Marta tornò, era tutta gocciolante d’acqua, col corpo lucido, e i capelli incollati al collo flessuoso. Guardandola Muller pensò che poteva benissimo avere quattordici anni. Boardman le gettò un «fono». Lei premette il pulsante ed entrò nel campo di luce gialla, fece un giro su se stessa, poi prese il suo peplo dallo scaffale e si rivestì senza fretta. «Era magnifico» disse. Per la prima volta, dopo il suo ritorno, i suoi occhi incontrarono quelli di Muller. «Dick, che ti è successo? Hai un’aria strana… Ti senti bene?»

«Benissimo.»

«Che cos’è successo?»

«Il signor Boardman mi ha fatto una proposta.»

«Potete dirglielo, Dick. Non abbiamo intenzione di mantenere la cosa segreta. Invieremo subito la notizia a tutta la galassia.»

«Sta per essere effettuato un atterraggio su Beta Hydri IV» disse Muller con voce dura. «Un uomo solo. Io. Quali sono i particolari, Charles? Una nave resterà nell’orbita di parcheggio e io scenderò in una capsula speciale, attrezzata per un successivo ritorno?»

«Sì.»

«È una pazzia, Dick! Non farlo!» disse Marta.

«Se le cose non andranno come dovrebbero, sarà una morte rapida, Marta. Ho corso rischi peggiori.»

«No, ascoltami! Spesso io ho delle premonizioni…» Rise nervosamente e il suo atteggiamento sofisticato si sgretolò improvvisamente. «Se andrai lassù, sono certa che morirai. Di’ che non andrai… Dillo, Dick!»

«Ufficialmente, non avete ancora accettato, Dick» disse Boardman.

«Lo so» disse Muller. Si alzò, toccando quasi col capo il soffitto basso della sala, si avvicinò a Marta e le mise un braccio attorno alla vita, stringendola forte a sé. Lei lo fuardò, spaventata. Dick le aciò la punta del naso e il lobo dell’orecchio sinistro. Marta si staccò da lui, inciampò e finì tra le braccia di Boardman, che la tenne saldamente.

«La mia risposta può essere una sola» disse Muller.


Quel pomeriggio, uno dei ricognitori raggiunse la zona F. Mancava ancora poco, ma ce l’avrebbero fatta. Muller era certo che presto sarebbero arrivati nel cuore del labirinto.

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