10

Stavano per vincere la loro battaglia. Fino a quel momento erano partiti quattordici uomini. Quattro erano morti. Walker e Petroncelli si erano accampati nella zona E. Altri cinque avevano stabilito una base sussidiaria nella zona F, e tre stavano attraversando l’area controllata dallo schermo deformante, e presto avrebbero raggiunto i compagni. Per questi, il peggio era passato. Dalle informazioni inviate dai ricognitori, era chiaro che la curva del pericolo decresceva bruscamente una volta superata la zona F, e che nelle tre più interne non esistevano praticamente pericoli. Conquistate E ed F, non sarebbe stato difficile arrivare agli anelli centrali, dove Muller, impassibile e silenzioso, aspettava.

Rawlins sentiva di conoscere il labirinto alla perfezione, ormai. Ci era già entrato un centinaio di volte, attraverso gli «occhi» dei ricognitori prima, e le registrazioni degli uomini poi. Di notte, nei suoi sogni agitati, vedeva il dedalo di strade scure, i muri curvi e le torri sinuose. Sempre in sogno, percorreva tutto il labirinto, sfiorando la morte centinaia di volte. Boardman e lui avrebbero sfruttato l’esperienza degli altri, quando sarebbe venuto il loro turno.

E quel momento si avvicinava.

In un freddo mattino, sotto il cielo plumbeo, Ned e Charles si ritrovarono appena fuori del labirinto, presso il terrapieno in salita che correva attorno al margine esterno della città. Durante le settimane trascorse in quel mondo, l’anno si era avviato con rapidità sorprendente verso l’inverno. Il sole, ormai, brillava soltanto sei ore su venti, poi seguivano due ore di un pallido crepuscolo, e l’alba era scura e lunga. Le lune roteanti danzavano continuamente nel cielo, suscitando complicati giochi di ombre.

Sullo schermo si vedeva sempre Muller muoversi nel centro della città. I ricognitori aerei lo controllavano senza sosta, segnando le sue peregrinazioni con una linea mutevole, sulla carta generale del labirinto. Muller non lasciava la zona A dal giorno in cui aveva incontrato il ricognitore, ma durante le ore diurne si spostava spesso, passando da una casa all’altra, come se temesse di dormire nello stesso luogo per due volte.


Boardman diede un colpo leggero allo schermo, e disse: «Oggi pomeriggio si parte, Ned. Passeremo la notte nel campo principale, e domani tu proseguirai per raggiungere Walker e Petroncelli nella zona E. Dopodomani riprenderai il cammino, solo, e ti recherai da Muller.»

«E perché venite anche voi nel labirinto?»

«Per aiutarti.»

«Potreste mantenervi in contatto con me anche restando qui. Non è il caso che rischiate la vita.»

Boardman si accarezzò, pensoso, il mento flaccido. «Tutto è calcolato in modo da correre il minimo rischio.»

«Come?»

«Se, per caso, tu finissi nei pasticci, dovrei venire a darti una mano. Perciò preferisco aspettare nella zona F, che precipitarmi, in caso di necessità, dall’esterno. Dovrei attraversare in tutta fretta la zona più pericolosa. Capisci, ora? Dalla zona F posso raggiungerti rapidamente e senza correre gravi pericoli, ma da qui, no.»

«E che difficoltà potrei incontrare?»

«L’ostinazione di Muller, per esempio. Non c’è ragione alcuna che lo possa convincere né costringere a collaborare con noi, e non è un tipo facile da trattare. Me lo ricordo subito dopo il suo ritorno da Beta Hydri IV. Non avevamo più pace. Non era mai stato un temperamento tranquillo, ma, dopo, diventò un vulcano. Non fraintendermi, Ned; non intendo giudicarlo. Ha tutte le ragioni per essere furibondo con l’Universo intero, ma è insopportabile. Una specie di uccello del malaugurio. Porta sfortuna soltanto ad andargli vicino. Presto non ne potrai più.»

«E perché non volete venire subito con me, allora?»

«È impossibile» disse Boardman. «Se sapesse che ci sono anch’io, tutto andrebbe all’aria. Non dimenticare che sono io quello che l’ha mandato su Beta Hydri IV, e quindi quello che l’ha esiliato su Lemnos. Credo che mi ucciderebbe, se mi vedesse ancora.»

Rawlins respinse quell’idea. «Non può essere diventato un barbaro!»

«Non lo conosci. Non sai com’era e com’è diventato.»

«Ma se, come dite voi, ha cento diavoli in corpo, come potrò guadagnarmi la sua fiducia?»

«Avvicinati a lui con aria fiduciosa e serena. Non hai bisogno di fingere per questo, Ned: sei fiducioso e sereno per natura. Digli che sei qui per una missione archeologica senza lasciargli capire che l’avevamo individuato fin dal principio. Tu l’hai riconosciuto perché lui e tuo padre erano amici. Digli che tuo padre è morto e che questa è la tua prima spedizione nello spazio. Cerca di risvegliare la sua comprensione, Ned. Porta alla luce quello che di paterno c’è in lui… Se c’è.»

L’altro scosse la testa. «Non prendetevela con me, ma devo dirvi che questa storia non mi piace. Queste sono menzogne.»

«Menzogne?» Gli occhi di Boardman lanciarono fiamme. «Menzogne? È una menzogna dire che sei figlio di tuo padre? Che questa è la prima volta che vai nello spazio?»

«E che sono un archeologo?»

Boardman si strinse nelle spalle. «Vorresti forse dirgli che fai parte di una spedizione venuta qui apposta per rintracciare Richard Muller? Questo ti aiuterebbe a conquistare la sua fiducia? Pensa allo scopo che ci siamo prefissi, Ned.»

«Già. La solita storia: il fine e i mezzi… Lo so.»

«Davvero?»

«Siamo venuti qui per avere la collaborazione di Muller, perché siamo convinti che soltanto lui può salvarci da un pericolo terribile» disse Rawlins, freddo, senza espressione. «Perciò dobbiamo fare tutti i passi necessari per assicurarci questa collaborazione.»

«Esatto. Ma vorrei che non lo dicessi con quel tono.»

«Scusate. Ma non mi va l’idea di ingannarlo.»

«Abbiamo bisogno di lui.»

«Va bene.»

«E ho bisogno anche di te» aggiunse Boardman. «Se potessi fare da solo, lo farei. Ma se mi vede, mi ammazza. Sensa esitazioni. Ai suoi occhi sono un mostro. E come me, tutti quelli che hanno avuto a che fare con la sua carriera passata. Ma tu sei diverso. Di te, potrebbe anche fidarsi. Sei giovane e hai un’aria maledettamente onesta, e poi sei figlio di un suo amico. Tu puoi farcela.»

«E imbottirlo di bugie, per poterlo poi mettere in trappola.»

Boardman chiuse gli occhi, dominandosi a stento.

«Piantala, Ned.»

«Su, avanti. Ditemi che cosa dovrò fare dopo che l’avrò avvicinato.»

«Fartelo amico. Prendi le cose con calma e fa’ in modo che desideri le tue visite.»

«E se non riesco a sopportare la sua presenza?»

«Non lasciarglielo capire. Fingi di poter tollerare la sua compagnia. Tenta. Chiacchiera con lui e lasciagli capire chiaramente che stai rubando tempo al tuo lavoro scientifico: quegli zotici bastardi che sono a capo della spedizione non vogliono che tu abbia a che fare con lui, ma tu ti senti come attratto da lui, per stima, forse per affetto, e non permetterai che ti mettano i bastoni tra le ruote… Raccontagli tutto di te: le tue ambizioni, la tua vita amorosa, i tuoi svaghi, tutto quello che ti verrà in mente. Parla liberamente, servirà a rafforzare l’immagine del giovane ingenuo.»

«Dovrò parlargli anche dei galattici?»

«Non di proposito. Infilali nel discorso in qualche modo, come per ragguagliarlo sugli avvenimenti recenti. Ma non dirgli troppo. Soprattutto non accennare alla minaccia che rappresentano. E, silenzio assoluto sul bisogno che abbiamo di lui, mi raccomando. Se appena intuisce il nostro interesse nei suoi confronti, è finita. Per noi, e forse anche per te.»

«Come farò a convincerlo a uscire dal labirinto, se non gli dico che abbiamo bisogno di lui?»

«Lasciamo da parte questo particolare, per ora» disse Boardman. «Ti spiegherò la seconda parte del piano quando sarai riuscito a guadagnarti la sua fiducia.»

«Questo significa che avete intenzione di farmi commettere un’enormità tale da non avere il coraggio di parlarmene, per paura che me ne lavi le mani e vi pianti in asso!»

«Ned…»

«Scusatemi. Ma sentite un po’, perché dobbiamo proprio farlo uscire con un inganno? Perché non possiamo dirgli che l’umanità non può fare a meno di lui e obbligarlo a venire fuori?»

«E credi che questo sarebbe più normale di un inganno?»

«Se non altro, più pulito. Detesto i complotti. Preferirei aiutarvi a catturarlo e a portarlo fuori dal labirinto di peso, piuttosto che fare quello che mi chiedete.»

«Non possiamo costringerlo a uscire. È troppo pericoloso: potrebbe trovare il modo di uccidersi nel momento stesso in cui si accorgesse che vogliamo prenderlo.»

«Potremmo addormentarlo con un’ipno-pistola. Ci penserei io. Basta avvicinarsi, sparare, portarlo fuori, e quando si sveglia gli si spiega…»

Boardman scosse la testa. «Ha avuto nove anni di tempo per conoscere quel labirinto. Non sappiamo quali trucchi abbia imparato e quali tranelli abbia preparato per difendersi. Può darsi persino che abbia programmato le cose in modo che tutto salti in aria non appena uno preme il grilletto di una pistola. No, bisogna che venga fuori di sua volontà, Ned, e questo significa che dobbiamo ingannarlo con false promesse. Lo so che la faccenda puzza, ma tutto l’Universo puzza, qualche volta. Non te ne sei mai accorto?»

«Non deve puzzare!» disse Rawlins brusco, alzando la voce. «È questa la lezione che avete imparato in tanti anni? Non è l’Universo che puzza, è l’uomo! E preferisce puzzare piuttosto che mandare buon odore. Non dobbiamo mentire. Non dobbiamo ingannare. Decidiamo una volta per tutte di comportarci con onore, decentemente…» S’interruppe e aggiunse, in tono diverso: «vi sembro maledettamente giovane, vero?»

«È giusto che tu faccia degli sbagli. Essere giovani significa proprio questo.»

«Ma voi credete, sinceramente, in una maligna forza cosmica che regola il meccanismo dell’Universo?»

Boardman premette una contro l’altra le dita tozze. «Non imposterei il problema in questo modo» disse. «Non esiste una forza personale del male, come non esiste una forza personale del bene: l’Universo è un’enorme macchina anonima. Naturalmente, tende a forzare maggiormente alcune parti meno importanti e queste si logorano, ma a lui non gliene importa niente, perché può generare parti di ricambio. Non c’è niente d’immorale in questo logorio, bisogna riconoscere che dal punto di vista delle parti interessate, la cosa ha l’aspetto di uno sporco affare. Quando Dick Muller atterrò sul pianeta degli Hydrani, due parti dell’Universo cozzarono una contro l’altra. Noi dovevamo mandarlo là, perché fa parte della nostra natura scoprire cose nuove, e loro gli fecero quello che gli fecero, perché l’Universo, come ti ho detto, spesso sacrifica alcune delle sue parti. Il risultato fu che Muller se ne venne via in pessime condizioni. Era stato attirato nell’ingranaggio dell’Universo, ed era stato distrutto. Ora si sta verificando un altro urto, inevitabile, e dobbiamo gettare nuovamente Muller in quell’ingranaggio. Probabilmente verrà maciullato una seconda volta. E la cosa puzza, come dici tu. Per fare in modo che questo possa accadere, tu e io dobbiamo macchiare un poco le nostre animucce. Anche questo puzza, ma non abbiamo alternative. Se non ci compromettiamo e non inganniamo Muller, rischiamo di dare il via a un nuovo movimento della grande macchina universale che distruggerà l’intera umanità. E questo puzzerebbe anche di più! Ti ho chiesto di commettere un’azione ignobile per un motivo nobile.»

«E dov’è mai il posto del libero arbitrio, in questo vostro Universo meccanico?»

«Non esiste. Ecco perché l’Universo «puzza».»

«Siete sempre stato convinto di quello che dite adesso?»

«Per la maggior parte della mia vita, almeno.»

«Fin da quando avevate la mia età?»

«Anche da prima.»

Rawlins guardò lo schermo. «Andiamo» disse «sono stanco di aspettare.»

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