Un grande rabbino s’era fermato a insegnare nella piazza del mercato. Quella mattina accadde che un marito trovò la prova dell’adulterio della moglie, e venne una plebaglia che condusse la donna al mercato per lapidarla a morte. (Questa è una versione spicciola della storia, ma un mio amico, un Araldo dei Defunti, mi disse di altri due rabbini che si trovarono di fronte alla stessa situazione. Vi parlerò anche di loro.)
Il rabbino si fece dunque avanti, e andò al fianco della donna. In segno di rispetto i popolani si ritrassero, e attesero con pesanti pietre in mano. — C’è qualcuno fra voi — egli disse loro, — che non abbia mai desiderato fornicare con la moglie di un altro uomo?
Essi mormorarono fra loro, e uno rispose: — Noi tutti conosciamo il desiderio della carne. Ma, Rabbi, nessuno ha ceduto al peccato.
Il rabbino disse: — Allora inginocchiatevi, e ringraziate il Signore di avervi dato la forza. — E prese seco la donna e la condusse fuori dal mercato. Poi, prima di lasciarla andare, le mormorò all’orecchio: — Dì al nobile magistrato chi è stato a salvare sua moglie. Così egli saprà che io sono un suo servo fedele.
Così la donna visse, poiché la comunità era troppo corrotta per proteggersi da sola dal disordine.
Un altro rabbino, un’altra città. Egli andò dalla donna e fronteggiò la plebaglia, come nell’altra storia, e disse: — Chi di voi è senza peccato? Che sia costui a tirare la prima pietra.
I popolani ebbero vergogna, e al ricordo dei loro peccati individuali dimenticarono lo scopo che li aveva uniti. Un giorno, pensarono, io potrei essere al posto di questa donna, e pregherei che mi fosse dato il perdono e la possibilità di redimermi. Dovrò trattare lei come vorrei essere trattato io.
Mentre essi aprivano le mani e lasciavano cadere al suolo le loro pietre, il rabbino ne raccolse una; la sollevò alta sulla testa della donna e la abbatté con tutta la sua forza. Il cranio di lei si spezzò, e le sue cervella si sparsero sul selciato.
— Neppure io sono senza peccato — disse poi alla folla, — ma se aspettassimo l’arrivo di un uomo puro per imporre la legge, questa città perirebbe nel disordine e noi con essa.
Così la donna morì, perché la comunità era troppo rigida per sopportare il suo comportamento.
Entrambe queste storie sono degne di nota soprattutto per essere tanto rare nella nostra esperienza. Molte comunità languono fra la decadenza e il rigor mortis e, quando s’accostano troppo a questi due estremi, esse muoiono. Soltanto un Rabbi osò aspettarsi da noi un equilibrio così perfetto da preservare la legge e nello stesso tempo perdonare il peccato. Perciò, naturalmente, noi lo uccidemmo.
Minha irma. Mia sorella. Quelle parole continuarono a rimbalzare nella testa di Miro finché non riuscì a udire nient’altro. Era il rumore di fondo dei suoi pensieri: a Ouanda è minha irma. Lei è mia sorella. I piedi lo portarono senza che se ne accorgesse fuori dal praça, oltre i campi da gioco e su per la sella fra le due collinette. La più alta era incoronata dalla cattedrale e dal monastero, che da lassù sembravano sorvegliare il cancello come fortezze. Passava da qui Libo quando andava a incontrare mia madre? Si davano appuntamento alla Stazione Xenobiologia? O erano più discreti e andavano a rotolarsi nell’erba delle fazendas come due animali?
Sulla porta della Stazione Zenador si fermò, cercando di pensare a qualche buona ragione per entrare. C’era poco da fare, lì. Non aveva ancora compilato il rapporto del giorno, ma del resto non avrebbe saputo cosa scrivere. Poteri magici, ecco cos’è stato. I maiali cantano agli alberi e i tronchi si fanno a pezzi da soli. Molto meglio della nostra carpenteria. Gli aborigeni sono assai più evoluti di quanto s’era supposto. Uso multiplo per ogni cosa. Ciascun albero è allo stesso tempo un totem, una pietra tombale, e una piccola falegnameria. Sorella. C’è qualcosa che dovrei fare ma non riesco a ricordarlo.
I maiali hanno un sistema più intelligente. Vivere come fratelli, e alla larga dalle femmine. Sarebbe stato meglio anche per te, Libo, questa è la verità… no, dovrei chiamarti papai, non Libo. Peccato che mamma non te l’abbia mai detto, altrimenti mi avresti tenuto sulle ginocchia. Entrambi i tuoi figli maggiori, Ouanda su un ginocchio e Miro sull’altro; non sareste stati orgogliosi di noi? Nati nello stesso anno, a due soli mesi di distanza. Che papai indaffarato eri a quel tempo, sempre a correre su e giù lungo il recinto per accontentare mamãe e Bruxhina. Tutti ti compativano perché da lei avevi solo delle figlie. Nessuno a portare avanti il nome della famiglia. La loro simpatia era sprecata. Traboccavi di figli maschi. E io ho più sorelle di quanto avrei creduto. Una sorella in più di quel che vorrei.
Giunto al cancello alzò lo sguardo verso i boschi dell’altura oltre la quale vivevano i maiali. Non c’è nessuno scopo scientifico in una visita notturna. Perciò ripiegherò su scopi antiscientifici e vedrò se la tribù ha posto per un altro fratello. Probabilmente sono troppo grosso perché mi lascino un giaciglio nella casa di tronchi, così dormirò all’aperto. Non sarò bravo quanto voi ad arrampicarmi sugli alberi, ma so una cosetta o due che non sapete, e adesso non avrò particolari inibizioni nel dirvi tutto ciò che desiderate conoscere.
Poggiò la mano destra sulla piastra d’identificazione e con la sinistra spinse il cancello. Per un secondo non capì cosa stesse accadendo. Poi dalla mano gli salì al cervello una lingua di fiamma, come se gliela stessero segando via con una lima rovente, e balzò indietro con un grido. Mai, da quando l’avevano costruito, il cancello era rimasto attivo dopo che lo scanner era stato toccato dalla mano di uno zenador.
— Marcos Vladimir Ribeira von Hesse, il suo permesso di oltrepassare il recinto è stato revocato. Per ordine del Comitato per l’Evacuazione di Lusitania.
Mai, da quando l’avevano montato, lo scanner del cancello aveva trasmesso una proibizione a uno zenador. Gli occorse qualche istante per capire quel che stava dicendo.
— Lei e Ouanda Quenhatta Figueira Mucumbi dovrete presentarvi al Capo della Polizia Incaricato, Faria Lima Maria do Bosque, che vi arresterà in nome della Federazione Starways e vi farà tradurre su Trondheim per essere processati.
Per un momento si sentì girare la testa e lo stomaco gli si contrasse dolorosamente. Loro sanno. E fra tutte le sere, proprio questa. Tutto è perduto. Perduta Ouanda, perduti i maiali, perduto il mio lavoro, tutto finito. Arrestato. Trondheim. Da dove è venuto l’Araldo, ventidue anni di viaggio, ogni persona cara svanita per sempre, eccetto Ouanda, e lei è mia sorella…
La sua mano tornò irragionevolmente a spingere il cancello; di nuovo la sofferenza gli saettò su per il braccio e ogni nervo urlò, avvolto da un fuoco divorante. Non posso darmi alla macchia. Avranno chiuso il cancello a chiunque. Nessuno andrà dai maiali, nessuno li avvertirà, loro aspetteranno il nostro arrivo e nessuno uscirà mai più dal cancello. Non io, non Ouanda, non l’Araldo, nessuno, e nessuna spiegazione.
Comitato per l’Evacuazione. Ci porteranno via e cancelleranno ogni traccia della nostra presenza qui. Queste sono le procedure, ma c’è di più, non è così? Cos’hanno visto? Come l’hanno scoperto? Li ha informati l’Araldo? Lui è così dedito alla verità. Bisogna che spieghi ai maiali perché non andremo più da loro, devo dirglielo.
C’era sempre un maiale a spiarli, a seguirli fin dal momento in cui entravano nella foresta. Che uno lo stesse osservando in quel momento? Miro agitò le braccia. Ma era già troppo buio. Impossibile che lo vedesse. O forse ci riusciva; nessuno sapeva bene quale fosse la visione notturna dei maiali. I suoi richiami, tuttavia, non approdarono a nulla. E poteva già essere troppo tardi. Se i framlings sorvegliavano il cancello, senza dubbio avevano notificato il suo tentativo a Bosquinha e lei era salita sul suo veicolo dirigendosi subito da quella parte. Sarebbe stata oh-così-dispiaciuta di doverlo arrestare, ma avrebbe fatto il suo lavoro, e sarebbe stato inutile mettersi a discutere su quel che era meglio per gli esseri umani e per i maiali, e sull’assurdità di quella separazione fra le due razze. Lei non era tipo da mettere in discussione la legge; avrebbe ubbidito agli ordini che le erano stati dati. E lui avrebbe dovuto cedere. Non c’era scopo ad opporsi. Dove avrebbe potuto andare a nascondersi, entro il recinto: nel gregge dei cabras? Ma prima di arrendersi avrebbe avvertito i maiali, era suo dovere farlo.
In fretta s’avviò lungo il recinto, allontanandosi dal cancello, e si diresse verso la spianata erbosa dietro la collina della cattedrale, dove non c’erano case e nessuno avrebbe udito la sua voce. Poco più avanti cominciò a chiamare. Non a parole, ma con il lungo e sottile fischio di riconoscimento che lui e Ouanda usavano nella foresta e fra i maiali, per mettersi in contatto quand’erano separati. Loro l’avrebbero sentito, dovevano sentirlo, dovevano capire che lui non poteva oltrepassare il recinto. Avanti, Human, fatti vivo. Avanti, Mangia-Foglie, Mandachuva, Orcio, Calendar, Freccia, tutti quanti, venite fuori, così che possa almeno dirvi che non vi rivedrò mai più.
Accasciato e depresso Quim sedeva su uno sgabello, nell’ufficio del vescovo.
— Estevão — disse sottovoce monsignor Peregrino, — qui ci sarà una riunione, fra pochi minuti, ma prima voglio parlarti un momento.
— Non c’è niente da dire — borbottò Quim. — Lei ci aveva avvertiti, ed è successo. È il demonio.
— Estevão, adesso mi starai ad ascoltare, poi tornerai a casa e te ne andrai a letto.
— Non tornerò mai più in quel posto!
— Il Signore divise la mensa con peccatori ben peggiori di tua madre, e li perdonò. Tu sei migliore di lui?
— Nessuna delle adultere che lui perdonò era sua madre!
— Non tutti hanno per madre la Santa Vergine.
— Lei sta dalla sua parte, allora? La Chiesa abbassa la testa davanti all’Araldo dei Defunti? Dovremo abbattere la cattedrale e usarne le pietre per farne un teatro di varietà, dove i nostri morti vengano derisi e svergognati prima d’essere sepolti?
La voce di lui fu un sussurro: — Io sono il tuo vescovo, Estevão. Il vicario di Cristo su questo pianeta, e tu mi parlerai con il rispetto che devi alla mia persona.
Quim strinse i denti, zitto e pallido di rabbia.
— Credo che sarebbe stato meglio se l’Araldo non avesse dato quei fatti in pasto al pubblico. Vi sono cose di cui è bene parlare solo in privato, con calma, per risolverle senza lo sgomento che si prova con mille occhi puntati addosso. È a questo che serve il confessionale, che ci ripara dalla vergogna pubblica mentre lottiamo coi nostri peccati. Tuttavia sii leale, Estevão. Può darsi che l’Araldo abbia agito male, ma ciò che ha detto era la verità. Né?
— È.
— Ora, Estevão, cerchiamo di riflettere. Prima di questa sera, tu amavi tua madre?
— Sì.
— E questa madre che tu amavi, aveva già commesso adulterio?
— Diecimila volte!
— Ho motivo di sospettare che non fosse così lasciva. Ma tu mi dici che l’amavi, benché lei fosse un’adultera. Forse che stasera non è più la stessa persona? È cambiata, da ieri a oggi? O chi è cambiato sei soltanto tu?
— Fino a ieri lei era una menzogna vivente!
— Stai dicendo che, poiché aveva vergogna di confessare l’adulterio ai suoi figli, mentiva anche quando si prendeva cura di voi, quando vi nutriva e vi allevava, quando vi consolava, quando vi insegnava a…
— Non è stata quel che si dice una madre premurosa.
— Se fosse venuta in confessionale e avesse chiesto perdono per il suo adulterio, allora nulla l’avrebbe obbligata a parlarne a voi. Tu saresti invecchiato e morto senza saperlo. Questa non sarebbe stata una menzogna, e dopo la remissione dei peccati lei non sarebbe più stata un’adultera. Ammetti la verità, Estevão: ciò che ti rende furioso non è il suo adulterio. È l’imbarazzo che hai provato quando, dopo esserti giustamente alzato in sua difesa, tutti hanno visto che non avevi nulla da difendere.
— Lei mi sta facendo sentire un idiota.
— Nessuno pensa che tu sia stato un idiota a farlo. Anzi, tutti hanno visto in te un figlio leale. Ma ora, se non vuoi rinnegare gli insegnamenti di nostro Signore, perdonala, e mostrale che la ami più di prima, perché adesso capisci la sua sofferenza. — Il vescovo gettò un’occhiata alla porta. — Stanno arrivando i partecipanti alla riunione, Estevão. Per favore, vai qui dietro in salotto e prega Santa Maddalena che abbia pietà per il tuo cuore incapace di perdono.
Con atteggiamento più miserevole che mai Quim oltrepassò la scrivania del vescovo e scomparve dietro una pesante tenda di velluto scuro.
Il segretario aprì in quel momento la porta che dava in corridoio, lasciando entrare nell’ufficio l’Araldo dei Defunti. Monsignor Peregrino non si alzò. Ma con sua enorme sorpresa l’Araldo poggiò un ginocchio al suolo e chinò brevemente il capo. Era un atto che un cattolico avrebbe compiuto soltanto in una presentazione pubblica a un vescovo, e Peregrino non riuscì a capire che significato avesse. Tuttavia lo straniero rimaneva lì, con un ginocchio al suolo, cosicché lui finì per alzarsi dalla poltrona, gli si avvicinò e gli porse l’anello da baciare. Ma l’Araldo seguitò a restare in quella posizione, finché lui non si decise a dire: — Ti benedico, figlio mio… anche se non sono certo che tu non mi stia schernendo con questo atteggiamento.
Senza sollevare la testa, l’Araldo disse: — Non c’è nessuno scherno in me. — Alzò gli occhi a fissarlo. — Mio padre era cattolico. Fingeva di non esserlo più, per amore del quieto vivere, ma non rinunciò mai alla sua fede.
— Lei è battezzato?
— Mia sorella mi disse che sì, mio padre mi battezzò in modo informale dopo la nascita. Mia madre apparteneva a una fede protestante che deplorava il battesimo in così tenera età, così ebbe un diverbio con lui. — Il vescovo gli stava facendo cenno di alzarsi. L’Araldo ubbidì, poi sorrise. — Immagini: un cattolico e una mormone a litigare aspramente su procedure religiose che in pubblico dichiaravano di aver abbandonato.
Peregrino era scettico. Era un gesto troppo diplomatico, per l’Araldo, metterlo al corrente della sua provenienza cattolica. — Credevo — disse, — che voi Araldi dei Defunti rinunciaste a ogni religione prima di dedicarvi alla vostra, diciamo così, vocazione.
— Io non so cosa facciano gli altri. Non ci sono regole in merito… certo non ce n’erano quando io divenni un Araldo.
Monsignor Peregrino sapeva che gli Araldi non mentivano mai, ma questo certamente gli appariva evasivo. — Araldo Andrew, nei Cento Mondi non ci sono luoghi dove un cattolico sia costretto a nascondere la sua fede, e non ce ne sono stati da tremila anni. Questa è stata la grande benedizione dei viaggi nello spazio, che rimossero le terribili restrizioni legate al controllo delle nascite sulla Terra sovraffollata. Lei mi sta dicendo che suo padre viveva sulla Terra tremila anni fa?
— Le sto dicendo che mio padre volle che io fossi un cattolico battezzato, e che per amor suo io ho fatto ciò che lui non poté mai fare in vita. È stato per lui che ho voluto inginocchiarmi davanti a un vescovo a attendere la sua benedizione.
— Ma io ho benedetto lei. - E stai ancora evitando la mia domanda. Questo implica che quanto ho detto sull’epoca in cui è vissuto tuo padre è vero, ma che non vuoi parlarne. Dom Cristão ha detto che in te c’è più di quel che vede l’occhio.
— Ne sono lieto — disse l’Araldo. — Io ho bisogno della sua benedizione più di mio padre, visto che lui è morto, e che mi trovo con non pochi gravi problemi da risolvere.
— La prego, si sieda. — L’Araldo scelse uno degli sgabelli di legno addossati a una parete. Il vescovo tornò alla sua grossa poltrona dietro la scrivania. — Vorrei che oggi lei non avesse parlato. Inoltre è successo in un brutto momento.
— Nulla poteva farmi prevedere l’iniziativa della Federazione.
— Ma lei sapeva che Miro e Ouanda hanno violato la legge. Bosquinha me l’ha detto.
— L’ho scoperto solo poche ore prima dell’elegia. Le sono grato per non aver chiesto il loro arresto.
— La questione non è di pertinenza della curia. — Il vescovo la spazzò da parte con un gesto della mano. Ma entrambi sapevano che, se lui avesse insistito, Bosquinha avrebbe eseguito gli ordini del Comitato e li avrebbe arrestati senza curarsi del parere contrario dell’Araldo. — La sua elegia ha causato molta angoscia.
— Più del solito, temo.
— Così… la sua responsabilità finisce qui? Infligge le ferite, e poi lascia che gli altri le guariscano?
— Non ferite, monsignore. Chirurgia. E se posso aiutare a lenire il dolore che ne consegue, allora sì, rimango e aiuto. Io non uso l’anestesia, ma cerco di evitare infezioni post-operatorie.
— Lei avrebbe potuto diventare un bravo sacerdote, sa?
— Ai figli più giovani si aprivano due sole scelte, il sacerdozio e la vita militare. I miei genitori avevano già scelto la seconda per me.
— Il figlio più giovane. Ma lei aveva una sorella. E viveva in un’epoca in cui il controllo delle nascite proibiva a una coppia di avere più di due figli, a meno che il governo non desse uno speciale permesso. Un bambino simile era chiamato un Terzo, vero?
— Lei conoscerà certo la storia.
— Dov’è nato? Sulla Terra, prima del volo interstellare?
— Quel che ora ci preoccupa, monsignore, è il futuro di Lusitania, non la biografia di un Araldo dei Defunti la cui età soggettiva è comunque sui trentacinque anni.
— Il futuro di Lusitania riguarda me, Araldo Andrew, non lei.
— Il futuro degli esseri umani di Lusitania riguarda lei, monsignore. A preoccupare me è quello dei maiali, diciamo.
— Non mettiamoci a litigare su chi ha la preoccupazione più grande.
Il segretario aprì di nuovo la porta, e nell’ufficio entrarono Bosquinha, Dom Cristão e Dona Cristã. Bosquinha spostò più volte lo sguardo dall’Araldo al vescovo.
— Non c’è sangue sul pavimento, se è questo che cerca — la informò quest’ultimo.
— Stavo solo controllando la temperatura dell’aria — disse Bosquinha.
— Il tepore del rispetto reciproco, spero — osservò l’Araldo. — Non il caldo torrido dell’ira, né il gelo dell’ostilità.
— L’Araldo è un cattolico per battesimo, anche se non per fede — disse il vescovo. — Così l’ho benedetto, nella speranza di renderlo più malleabile.
— Lo sono per principio, verso le autorità — disse lui.
— Lei è quello che minacciava di trasformarsi in un truce commissario federale — gli ricordò Peregrino. Con un sorrisetto.
L’Araldo annuì, divertito. — E lei è quello che ha proibito alla gente di parlarmi, affermando che sono l’Anticristo.
Vedendo che il vescovo e l’Araldo si scambiavano cauti sogghigni, gli altri ridacchiarono nervosamente. Poi sedettero e attesero.
— È la sua riunione, Araldo — osservò Bosquinha.
— Scusate — disse lui. — Ho invitato un’altra persona. Sarà più semplice se attendiamo anche il suo arrivo.
Ela aveva trovato sua madre fuori casa, non lontano dal recinto. La lieve brezza che piegava appena l’erba capim le portava ciocche di capelli davanti al viso, e alla ragazza era occorso qualche istante per capire cosa vedeva d’insolito nel suo aspetto: da anni Novinha non si scioglieva i capelli. Sembravano stranamente liberi, e dal modo in cui si piegavano dopo esser stati così a lungo stretti a concio li si sarebbe detti increduli di esserlo. Fu allora che in Ela si solidificò quel pensiero: l’Araldo aveva ragione. Mamma avrebbe accettato il suo invito. Qualunque cosa avesse causato in lei, vergogna o dolore, ora l’aveva spinta all’aperto nella penombra in cui s’accendevano le stelle, lo sguardo perduto verso le colline dei maiali. O forse stava solo esaminando il recinto, ma senza vederlo, trascinata dai ricordi dell’uomo che un tempo incontrava da qualche parte fra gli alti steli di capim, nascondendosi a tutti per rivelarsi l’uno all’altra. Per amarsi. Sempre nell’ombra, sempre in segreto. Mamma è felice, pensò Ela, d’aver visto rivelare a tutti che Libo era il suo vero marito, che Libo era il nostro vero padre. Mamma ne sembra orgogliosa… ebbene, anch’io lo sono.
Novinha non si volse a guardarla, anche se doveva aver sentito i passi di lei avvicinarsi nell’erba secca. Ela si fermò prima di raggiungerla.
— Mamma — la chiamò.
— Oh, non era un gregge di cabras, allora — disse Novinha. — Sei così rumorosa, Ela.
— L’Araldo. Vuole il tuo aiuto.
— Ah, sì.
Ela le ripeté ciò che l’Araldo le aveva detto. Novinha ascoltò senza voltarsi. Quando la ragazza ebbe finito, lei restò immobile ancora alcuni secondi e poi si avviò in fretta verso la sella fra le due alture. Ela le corse dietro e si affiancò a lei. — Mamma… — chiese. — Mamma, vai a parlargli della Descolada?
— Sì.
— Perché adesso? Dopo tutti questi anni? Perché a me non l’hai detto?
— Perché lavoravi meglio facendo da sola, senza il mio aiuto.
— Sapevi quel che stavo facendo?
— Tu sei la mia apprendista. Avevo accesso a tutte le tue registrazioni, e non lasciavo tracce. Che maestra sarei stata, se non avessi sorvegliato il tuo lavoro?
— Ma…
— Ho anche letto le note che hai nascosto sotto il nome di Quara. Tu non sei mai stata madre, e non hai pensato che tutte le attività computerizzate dei bambini sotto i dodici anni vengono riportate ai genitori ogni settimana. Quara stava facendo ricerche scientifiche piuttosto notevoli! Bene, tanto vale che tu venga con me. Così sentirai anche tu, quando ne parlerò all’Araldo.
— Stai andando dalla parte sbagliata — la informò Ela.
Novinha si fermò. — La sua casa non è accanto al praça?
— La riunione è nell’ufficio del vescovo.
Per la prima volta sua madre si volse a guardarla in viso. — Cosa state cercando di farmi, tu e l’Araldo?
— Quello che vogliamo è salvare Miro — disse Ela. — E Colonia Lusitania, se potremo.
— Portandomi nella tela del ragno, voi…
— Il vescovo dovrà stare al nostro fianco, oppure…
— Il nostro fianco! Così, quando dici noi, vuoi dire tu e l’Araldo, vero? Pensi che io non me ne sia accorta? Tutti i miei figli, l’uno dopo l’altro, lui vi ha sedotti e…
— Non ha sedotto tutti!
— Ha sedotto te, con il suo modo di dire proprio quel che vuoi sentirti dire…
— Lui non fa l’adulatore — replicò Ela. — Non ci ha mai detto quello che ci piaceva sentire. Ci dice quel che noi sappiamo che è vero. Non ha conquistato il nostro affetto, ma la nostra fiducia, mamma.
— Qualunque cosa voi gli abbiate dato, non l’avete mai data a me.
— Tu non chiedevi la nostra fiducia. Non te ne sentivi degna?
Ela non cedette davanti alla luce che balenò negli occhi di lei. Fu Novinha, invece, a distogliere lo sguardo, faticando a trattenere le lacrime. — Avrei voluto dirtelo — mormorò. Ela capì che non si riferiva alle registrazioni. — Quando vedevo come lo odiavate, ero tentata di dirvelo: lui non è vostro padre. Vostro padre è un uomo buono e gentile…
— Che non ha avuto il coraggio di rivelarsi a noi.
Novinha la fissò rabbiosamente. — Lui voleva. Gliel’ho impedito io.
— Ti dirò una cosa, mamma. Io amavo Libo, nel modo in cui tutti a Milagre lo amavano. Ma lui s’era trasformato in un ipocrita, e così tu, e senza che nessuno lo capisse erano le vostre bugie ad avvelenarci tutti. Io non biasimo te, mamma, né lui. Ma ringrazio Dio per l’Araldo. Lui ci ha detto la verità, e la verità ci rende liberi.
— È facile dire la verità — sussurrò Novinha, — quando non ami nessuno.
— È questo ciò che pensi? — disse Ela. — Una cosa credo di saperla, mamma: non si può comprendere la verità su qualcuno, a meno che non lo si ami un poco. Credo che l’Araldo abbia voluto bene a papà, a Marcão, voglio dire. Credo che lui lo abbia capito e gli abbia voluto bene per questo, prima di parlarne.
Novinha non rispose, perché sapeva che era vero.
— E so che vuol bene a Grego, a Quara, a Olhado, a Miro, e perfino a Quim. E a me. lo so che mi vuol bene. E quando me lo dimostra, so che è vero, perché lui non ha bisogno di mentire.
Novinha non fu capace di trattenere ancora le lacrime. Le scivolarono giù per le guance.
— E io ho mentito, a te e a tutti gli altri — disse. La sua voce suonò così stanca e rauca. — Ma tu devi credermi, però, quando dico che ti voglio bene più che a me stessa.
Ela si gettò nelle sue braccia, e per la prima volta da anni sentì una calda emozione nella risposta di lei. Perché fra loro non pesava più alcuna menzogna. L’Araldo aveva spazzato via quella barriera, e ora non c’era nulla a renderle incerte o caute.
— Anche adesso stai pensando a quel dannato Araldo, è così? — mormorò sua madre.
— E tu lo stesso — rispose Ela.
I loro corpi furono scossi entrambi dalla risata di Novinha. — Sì — ammise. Poi tornò seria e si scostò, guardando Ela negli occhi. — E lui dovrà essere sempre fra noi?
— Perché no? — disse Ela. — Ma sarà fra noi come un ponte, non come un muro.
I maiali erano ancora a mezza strada sul lungo pendio che dalla boscaglia scendeva fino al recinto, quando Miro li vide. Nella foresta sapevano essere silenziosi, ma correndo negli spazi aperti facevano frusciare rumorosamente il capim. O forse, allarmati dal richiamo di Miro, non si curavano di nascondersi troppo. Lui li riconobbe quasi subito: Human, Mandachuva, Freccia, Orcio e Mangia-Foglie. A qualche metro dal recinto rallentarono, poi si fermarono a guardarlo in silenzio. Nessuno zenador aveva mai chiamato i maiali all’aperto, prima d’allora. L’assoluta immobilità dei loro corpi rivelava ansia e preoccupazione.
— Io non potrò più venire da voi — disse Miro.
I cinque tacquero, aspettando una spiegazione.
— I framlings hanno scoperto tutto di noi. L’infrazione alla legge. Hanno sigillato il cancello.
Mangia-Foglie si grattò il mento. — Sai cos’è che i framlings hanno visto?
Miro ebbe una risata secca. — C’è bisogno di dirlo? Soltanto un framling è mai venuto con noi.
— No — disse Human. — La Regina dell’Alveare ha detto che non è stato l’Araldo. La Regina ha detto che lo hanno visto dal cielo.
I satelliti? — Cosa potevano vedere dal cielo?
— Forse la caccia — rispose Freccia.
— Forse la tosatura dei cabras — disse Mangia-Foglie.
— Forse i campi di amaranto — disse Orcio.
— Tutto questo — aggiunse Human, — e forse hanno visto che le mogli hanno lasciato nascere trecentoventi figli, dal tempo del primo raccolto di amaranto.
— Trecento!
— E venti — precisò Mandachuva.
— Hanno deciso che ora c’è molto cibo — disse Freccia. — Adesso siamo sicuri di vincere la prossima guerra. I nostri nemici saranno piantati in nuove grandi foreste su tutta la pianura, e le mogli metteranno alberi-madre in ognuna di loro.
Lo scoramento di Miro peggiorò. È a questo che sono serviti i nostri sacrifici e tutto il lavoro che abbiamo fatto? fu sul punto di dire. Libo non è morto perché voi poteste conquistare il mondo. Ma il suo addestramento ebbe la meglio, e non poté impedirsi di chiedere: — Dove sono tutti questi nuovi figli?
— Nessuno dei piccoli fratelli viene con noi - spiegò Human. — Abbiamo troppo da fare, a imparare da te e ad insegnare alle altre case-amiche. Non possiamo educare anche i piccoli fratelli. — Poi aggiunse, orgogliosamente: — Dei trecentoventi, metà sono figli di mio padre Rooter.
Mandachuva annuì gravemente. — Le mogli hanno un grande rispetto per le cose che ci avete insegnato. E confidano molto nell’Araldo dei Defunti. Ma quello che ora ci dici è assai spiacevole. Se i framlings ci odiano, cosa possiamo fare?
— Non lo so — disse Miro. Faticava a digerire l’informazione che aveva appena avuto. Trecento nuovi giovani. Un incremento esplosivo della popolazione. E Rooter, chissà in che modo, padre di metà di loro. Fino al giorno prima aveva ritenuto assurde quelle dichiarazioni sulla paternità di Rooter e sul loro sistema di totem. Ma dopo aver visto un albero sezionarsi da solo in risposta a una canzone, era pronto a revisionare tutte le sue vecchie teorie.
Ma vedere sgombra la strada della conoscenza adesso a cosa gli serviva? Era un’altra quella che lo stavano costringendo a percorrere. E mentre lui avrebbe viaggiato su un’astronave, per decenni, il suo lavoro sarebbe stato portato avanti da qualcun altro. O, peggio ancora, da nessuno.
— Non essere triste — disse Human. — Vedrai… l’Araldo dei Defunti farà in modo che vada tutto bene.
— L’Araldo, già. Penserà lui a sistemare le cose, certo. — Come ha fatto per me e per Ouanda. Mia sorella.
— La Regina dell’Alveare dice che lui insegnerà ai framlings ad amarci.
— Insegnare ai framlings — sbottò Miro. — Allora farà meglio a sbrigarsi. Per Ouanda e me, comunque, è già tardi. Fra poco saremo arrestati e portati via da questo pianeta.
— Sulle stelle? — domandò Human, eccitato.
— Sì, sulle stelle, per essere processati. Saremo puniti per avervi aiutato. Ci vorranno ventidue anni soltanto per arrivare là, e non ci lasceranno tornare mai più.
Ai maiali occorsero alcuni secondi per digerire quell’informazione. Bene, pensò Miro, vedendo che si riunivano a parlottare fra loro. Chiedetevi pure come farà l’Araldo a risolvere le cose per voi. Anch’io confidavo in lui, e guardate con che risultato.
Human si staccò dal gruppetto e venne più vicino al recinto. — Noi ti nasconderemo.
— Nella foresta non ti troveranno mai — dise Mandachuva.
— Hanno macchine che possono rintracciarmi come a fiuto — borbottò Miro.
— Ah! Ma la legge non proibisce loro di mostrarci qualunque macchina? — domandò Human.
Miro scosse il capo. — Questo poco importa. Il cancello è stato chiuso. E io non posso oltrepassare il recinto.
— Ma tu hai l’erba capim, lì da te — disse Freccia.
Miro guardò l’erba, stupidamente. — E con ciò?
— Masticala — disse Human.
— Perché? — chiese Miro.
— Abbiamo visto altri umani masticare il capim — disse Mangia-Foglie. — L’altra notte, sul fianco della collina, abbiamo visto l’Araldo e uno degli uomini-tonaca che masticavano il capim.
— E molte altre volte — aggiunse Mandachuva.
La loro premura era frustrante. — Cos’ha a che fare questo con il recinto?
Di nuovo i maiali si consultarono, con un’occhiata. Poi Mandachuva staccò uno stelo di capim alla radice, lo arrotolò accuratamente in un batuffolo compatto, se lo mise in bocca e cominciò a masticarlo. Dopo un poco si sedette a terra. Gli altri presero a colpirlo con schiaffetti, leggeri calci nelle gambe, pizzicotti e ditate, e lui parve non farci molto caso. Infine Human gli sferrò un violentissimo pugno in testa, e quando fu chiaro che Mandachuva non aveva sentito niente i compagni gli dissero, nella Lingua dei Maschi: — Pronto. Ora puoi andare. Adesso. Pronto.
Mandachuva si alzò, vacillando appena un poco. Poi corse al recinto e si arrampicò senza difficoltà, ne scavalcò la cima e atterrò a quattro zampe accanto a Miro.
Il giovane s’era precipitato avanti con un grido di protesta, ma la voce gli s’era mozzata in gola prima ancora che il maiale terminasse l’impresa. Mandachuva si rialzò in piedi e si spazzolò via la polvere di dosso.
— Tu… non puoi far questo! — ansimò Miro. — Il recinto stimola tutti i nervi del corpo. Non può essere scavalcato.
— Oh! — borbottò Mandachuva.
Dall’altro della recinzione Human sfregava insieme i cuscinetti cornei all’interno delle cosce. — Lui non lo sa! — esclamò. — Gli umani non lo sanno!
— È un anestetico — disse Miro. — Evidentemente vi impedisce di sentire il dolore.
— No — disse Mandachuva. — Io ho sentito il dolore. Molto forte. Il dolore più terribile del mondo.
— Rooter dice che il recinto è ancor peggio della morte — spiegò Human. — Dolore da tutte le parti.
— Ma non ve ne curate. — Miro annuì.
— Succede all’altro te stesso — disse Mandachuva. — Succede al te stesso-animale. Ma al te stesso-albero non importa. Ti fa diventare il te stesso-albero.
In quel momento Miro ricordò un particolare della morte di Libo che s’era confuso fra l’orrido e grottesco insieme degli altri. La bocca del cadavere era stata riempita con un malloppo di capim. Lo stesso era stato fatto anche ai maiali uccisi dai compagni. Anestetico. La cosa lo aveva indotto a pensare a una ripugnante forma di tortura, e tuttavia il suo scopo non era il dolore. Dunque usano un anestetico. Qualunque risultato si prefiggano, non ha a che fare con la sofferenza.
— Avanti — disse Mandachuva. — Mastica l’erba e vieni con noi. Ti nasconderemo.
— C’è Ouanda — disse Miro.
— Oh, andrò a cercarla io — propose Mandachuva.
— Tu non sai dove abita.
— Sì, lo so — replicò Mandachuva.
— Noi facciamo questo molto spesso — spiegò Human. — Sappiamo dove abitano tutti.
— Ma nessuno vi ha mai visto — si stupì il giovane.
— Sappiamo agire in segreto — disse Mandachuva. — E poi non c’è nessuna sorveglianza.
Miro cercò d’immaginare dozzine di maiali che si muovevano furtivi nelle notti di Milagre. Poca gente aveva necessità di andare in giro a tarda ora, e dopo la chiusura dei locali pubblici la guardia notturna andava a dormicchiare nel suo ufficio davanti a uno schermo televisivo. I maiali, inoltre, erano piccoli, capaci di sparire acquattandosi nel capim. Non c’era da meravigliarsi che sapessero molte cose sul metallo e sulle macchine, a dispetto di ogni precauzione presa per tenerli all’oscuro. Senza dubbio avevano visto le miniere, la zona d’atterraggio delle navette, gli impianti esterni delle fabbriche, e i fazendeiros all’opera nei campi di amaranto mutato. Ecco dove nascevano le loro domande.
Quanto siamo stati stupidi a illuderci di poterli tenere alla larga dalla nostra cultura. Sono stati i maiali a nasconderci i loro segreti, invece, mentre diguazzavano nei nostri. Alla faccia della superiorità culturale.
Miro si chinò a strappare un po’ di capim.
— No — disse Mandachuva, levandogli l’erba di mano. — Non devi prendere la parte della radice. Se prendi la radice, non ti serve a niente. — Gettò via gli steli e ne raccolse un altro, spezzandolo a una decina di centimetri dal suolo. Lo arrotolò, glielo porse, e Miro se lo mise in bocca. Aveva un sapore acre e forte.
Mandachuva cominciò a dargli colpetti e pizzicotti.
— Lascia perdere questo — bofonchiò lui. — Vai a prendere Ouanda. Possono arrestarla da un momento all’altro. Vai. Coraggio, muoviti.
Mandachuva interrogò i compagni con lo sguardo. Poi, come a un invisibile segnale di consenso, corse via lungo il recinto verso i pendii di Vila Alta, dove abitava la ragazza.
Miro continuò a masticare. Dopo un po’ si diede un pizzicotto. Come avevano detto i maiali sentì il dolore, ma non gliene importò niente. Tutto ciò che gli importava era il fatto di avere una via d’uscita, il modo di restare su Lusitania. Restare, forse, con Ouanda. Dimenticare le leggi e le usanze. Esse non avrebbero più avuto nessun potere su di lui, una volta uscito dalla comunità umana ed entrato nella foresta dei maiali. Sarebbe diventato un ribelle, come già lo accusavano d’essere, e lui e Ouanda avrebbero potuto lasciarsi alle spalle gli assurdi pregiudizi umani e vivere come volevano, avere dei figli e allevarli con nuovi valori morali, conoscere i segreti di quella natura, imparare dai maiali. Allora ci sarebbe stato qualcosa di nuovo nei Cento Mondi, e la Federazione non avrebbe potuto far niente per fermarli.
Corse al recinto, afferrò le maglie e si tirò su con ferrea determinazione. Il dolore era quello che aveva già sperimentato, violentissimo, ma non gliene importò e si arrampicò verso la cima. Tuttavia ad ogni istante la sofferenza aumentava, e cominciò a trovarla insopportabile, cominciò a sentirla, e cominciò a comprendere anche che il capim non aveva il benché minimo effetto anestetico su di lui. Quando se ne rese conto era già alla sommità del recinto. Poi il dolore gli avvolse il corpo e la mente in una sola fiamma, bruciando via i suoi pensieri. Il peso del torace lo fece piegare in avanti, sopra il bordo metallico, ma non bastò a farglielo scavalcare del tutto. Ogni sua cellula era un animale urlante nel fuoco che lo divorava e lo trascinava nel nulla.
I Piccoli guardavano inorriditi. Là in bilico sul recinto, mezzo dentro e mezzo fuori, il loro amico sembrava un pezzo di carne privo di vita, scosso da strani tremili convulsi. D’un tratto si riscossero, gridando, e balzarono avanti per cercare di afferrarlo e tirarlo giù. Ma poiché non avevano masticato il capim non osarono sfiorare il reticolato.
Mandachuva era già lontano un centinaio di metri, ma sentendoli urlare tornò indietro di corsa. Nel suo corpo era rimasto abbastanza anestetico, così poté arrampicarsi e spingere il pesante corpo dell’umano oltre il bordo. Miro precipitò al suolo con un tonfo sordo e restò accartocciato sull’erba, con un braccio contro ii recinto. Quando i maiali lo trascinarono via videro che aveva gli occhi rovesciati nelle orbite e i denti scoperti in un terribile rìctus d’agonia.
— Presto! — gridò Mangia-Foglie. — Prima che muoia, dobbiamo piantarlo!
— No! — si oppose Human, spingendo via Mangia-Foglie dal corpo rigido del giovane. — Noi non sappiamo se sta morendo! Il dolore è solo un’illusione, lo sapete, e lui non ha ferite. Il dolore se ne andrà e…
— No, non se ne va — disse Freccia. — Guardalo!
Miro aveva i pugni stretti, le caviglie intrecciate, il corpo inarcato all’indietro. Benché traesse respiri corti e secchi, regolari, il suo volto sembrava distorto da una sofferenza sempre maggiore.
— Prima che muoia — disse Mangia-Foglie, — dobbiamo dargli radici.
— Chiamiamo Ouanda — disse Human. Si volse a Mandachuva. — Subito! Vai a dirle che Miro sta morendo. Dille che il cancello non si apre, che Miro è qui fuori, e che sta morendo.
Mandachuva scattò via di corsa.
Il segretario aveva aperto la porta, ma Ender non si rilassò finché non vide entrare Novinha. Quando aveva mandato Ela a chiamarla era stato sicuro che sarebbe venuta; tuttavia, in quegli interminabili minuti d’attesa, aveva cominciato a dubitare dell’opinione che s’era fatto di lei. Il suo arrivo, dunque, lo sollevò soprattutto perché spazzava via questa incertezza. Notò subito che portava i capelli sciolti, lisci e nerissimi, e per la prima volta dal suo atterraggio su Lusitania Ender riuscì a sovrapporre il volto di lei a quello della fanciulla che aveva lanciato la sua chiamata per ansible, meno di due settimane prima, più di ventidue anni prima.
Appariva tesa, preoccupata, ma questo era dovuto solo in parte al fatto d’essere lì, nell’ufficio dell’autorità religiosa di Lusitania, subito dopo che la sua reputazione era crollata a pezzi davanti a tutti i concittadini. Ela doveva averle detto di Miro, ed era questo a renderla così ansiosa. Ender lo capì, però c’erano altre cose in lei: il passo più lungo e rilassato, lo sguardo che non faticava a sostenere quello degli altri, erano atteggiamenti che rivelavano una maggiore disponibilità al contatto, erano il dono che lui aveva sperato d’essere riuscito a farle, e di cui forse lei stessa non s’era ancora accorta. Io non ero venuto per farti del male, Novinha, e sono felice di vedere che la mia elegia non ti ha dato soltanto la vergogna, ma anche qualcosa che avevi perduto.
Novinha si fermò a un paio di metri dalla scrivania, guardando il vescovo. Se Peregrino, conoscendola, s’era aspettato uno sguardo di sfida, fu sorpreso di vedere in lei soltanto una tranquilla dignità. Rispose al suo saluto con uguale cortesia e la invitò a sedersi. Dom Cristão fece per alzarsi e offrirle il suo sgabello, ma lei scosse il capo con un sorriso e andò a sedersi sulla poltroncina vuota accanto a Ender. Ela rimase in piedi con una mano poggiata sullo schienale, dietro la madre, e in parte anche dietro allo stesso Ender. Come una figlia fra i suoi genitori, pensò lui. Poi scacciò quella riflessione, imbarazzato. C’erano cose ben più pressanti a cui volgere la mente.
— Vedo — gli disse Bosquinha, — che lei ci ha preparato una riunione più interessante del previsto.
— Penso che di questo dovremmo ringraziare la Federazione, e non l’Araldo — osservò Dona Cristã, di malumore.
— Suo figlio — disse monsignor Peregrino, — è accusato di aver commesso un grave delitto contro…
— So di cosa è accusato — lo interruppe Novinha. — Non l’ho saputo fino a questa sera, quando mia figlia me l’ha detto, ma non ne sono sorpresa. Anche mia figlia Elanora ha infranto certe regole che sua madre aveva stabilito per lei. Entrambi sono molto più fedeli alla loro coscienza che alle regole imposte loro da altri. È un grave difetto, se lo scopo delle regole è di mantenere l’ordine; ma quando una persona si propone la conoscenza, è una virtù.
— Non siamo qui per mettere suo figlio sotto processo — la placò Dom Cristão.
— Vi ho chiesto di riunirvi qui — intervenne Ender, — perché è necessario decidere se adeguarci o meno agli ordini della Federazione Starways.
— Non abbiamo molta scelta — disse monsignor Peregrino.
— Vi sono molte scelte — affermò Ender, — e molte ragioni per scegliere. Voi ne avete già fatta una: quando avete visto minacciate le vostre memorie computerizzate avete deciso di salvarle. E avete deciso di fidarvi di me, uno straniero. La vostra fiducia non sarà delusa: io vi restituirò queste registrazioni quando vorrete, senza alterazioni, e senza averle lette.
— Grazie — disse Dona Cristã. — Ma questa è una cosa che abbiamo fatto prima di sapere la reale gravità della situazione.
— Intendono evacuarci — aggiunse Dom Cristão.
— Loro controllano tutto — disse il vescovo.
— L’ho già informato di questo — spiegò Bosquinha.
— Loro non controllano tutto — replicò Ender. — Voi siete sotto controllo soltanto tramite il collegamento ansible.
— Non possiamo tagliare l’ansible — disse monsignor Peregrino. — E il nostro unico mezzo di comunicazione con il Vaticano.
— Non suggerisco di staccarci dalla rete ansible. Vi dirò solo ciò che io posso fare per voi. E nel dirvelo mi affiderò a voi esattamente come voi vi siete affidati a me. Perché se lo rivelaste ad altri questo costerebbe assai caro a me e… e a qualcun altro, che io amo molto e da cui dipendo profondamente.
Li guardò negli occhi l’uno dopo l’altro, e ciascuno di loro gli rispose con un grave cenno d’assenso.
— Io ho un’amica. Un’amica che ha il controllo, assoluto e completo, sull’intera rete ansible che collega i Cento Mondi… e la cui esistenza è del tutto sconosciuta e insospettata. Io sono l’unico che sa chi è e che cosa può fare. E lei mi ha assicurato che, se io lo chiederò, può fare in modo che i framlings credano che noi, qui su Lusitania, siamo tagliati fuori dalla rete ansible. E tuttavia potremo continuare, se vogliamo, a mandare messaggi non intercettabili a qualunque destinatario, sia esso il Vaticano, sia la sede centrale dei Figli della Mente di Cristo. Nello stesso tempo potremo leggere registrazioni e intercettare comunicazioni sull’intera rete ansible-computer. In breve, noi avremo gli occhi e gli altri saranno ciechi.
— Tagliare l’ansible, o anche farlo credere, sarebbe un atto di ribellione. O addirittura di guerra. — Il tono di Bosquinha era duro e severo, ma Ender intuì che l’idea la attraeva, anche se cercava di resisterle con tutte le sue forze. — Devo dire, comunque, che se fossimo abbastanza pazzi da decidere di ribellarci, quel che l’Araldo ci offre sarebbe un chiaro vantaggio. E avremo bisogno di tutti i vantaggi che possiamo ottenere… se facessimo questa follia, voglio dire.
— Da una ribellione non abbiamo niente da guadagnare — disse il vescovo, — e tutto da perdere. Mandare Miro e Ouanda sotto processo su un altro pianeta è una tragedia che io depreco, soprattutto perché sono tanto giovani. Ma senza dubbio la corte terrà conto di questo e darà loro le attenuanti del caso. E inchinandoci agli ordini del Comitato risparmieremo maggiori sofferenze alla comunità.
— Non pensa che anche il dover evacuare questo mondo causerà loro molta sofferenza?
— Sì, sì, sarà inevitabile. Ma la legge è stata infranta, e la condanna dovrà essere sopportata.
— Anche nel caso che la legge sia basata su una premessa ingiusta, e che la condanna sia sproporzionata rispetto all’infrazione?
— Non tocca a noi ergerci a giudici di questo — disse il vescovo.
— Noi ne siamo i giudici. Se ubbidiamo agli ordini della Federazione, con ciò affermiamo che la legge è giusta e la condanna meritata. E forse al termine della nostra riunione voi deciderete proprio questo. Ma prima vi sono alcune cose che dovrete sapere. Alcune ve le riferirò io, altre ve le possono dire solo Ela e Novinha. Vi prego di non decidere in un senso o nell’altro finché non le avrete apprese.
— Io sono sempre lieto di avere più elementi possibile — disse il vescovo. — Ma ovviamente la decisione finale è di pertinenza del governatore, Bosquinha, e non mia…
— La decisione finale ricadrà sulle spalle di tutti voi, che siete le autorità civili, religiose e intellettuali di Lusitania. Se uno di voi si pronunciasse contro la ribellione, essa diverrebbe inattuabile. Senza il supporto della Chiesa, Bosquinha non può governare. Senza l’appoggio del governatore, la Chiesa non ha poteri legali.
— Ma noi non abbiamo poteri — disse Dom Cristão. — Soltanto opinioni.
— Ogni adulto di Lusitania guarda a voi come esempi di saggezza e lucidità mentale.
— Dimentica un quarto potere — disse monsignor Peregrino. — Lei stesso.
— Io sono un framling, qui.
— Un framling decisamente fuori dell’ordinario — osservò il vescovo. — In pochi giorni lei ha catturato la fantasia di questa gente più di quanto avrei potuto temere e prevedere. Ora propugna una ribellione che potrebbe costarci tutto. Lei è pericoloso come il diavolo. E tuttavia se ne sta qui, sottomesso alla nostra autorità, come se non fosse libero di salire sulla navetta e lasciare il pianeta quando la sua astronave tornerà a Trondheim con i nostri due giovani criminali a bordo.
— Io mi sottometto alla vostra autorità — precisò Ender, — perché non voglio essere un framling, qui. Desidero essere un vostro concittadino, con pari diritti e doveri.
— Come Araldo dei Defunti? — lo interrogò il vescovo.
— Come Andrew Wiggin. Ho anche altre capacità che potrebbero esservi utili. Specialmente se vi ribellerete. E ho anche un altro compito, che non potrei portare a termine se gli uomini dovessero evacuare Lusitania.
— Noi non dubitiamo della sua sincerità — disse Peregrino. — Ma ci scusi se esitiamo ad affidarci a un concittadino che comunque è un nuovo venuto.
Ender annuì. Il vescovo non avrebbe potuto dir altro, finché non lo avesse conosciuto meglio. — Intanto lasciate che vi dica quello che so. Oggi, questo pomeriggio, sono uscito nella foresta con Miro e Ouanda.
— Lei? Anche lei ha infranto la legge! — Il vescovo si alzò a mezzo dalla poltrona.
Bosquinha alzò le mani e gli accennò di calmarsi. — L’intrusione nei nostri banchi di dati risale a ben prima di questo pomeriggio. Gli ordini emessi dal Consiglio non possono essere collegati alla sua infrazione.
— Ho infranto la legge — disse Ender, — perché i maiali hanno chiesto la mia presenza. O meglio, esigevano di vedermi. Avevano visto atterrare la navetta. Sapevano che ero qui. E, bene o male, avevano letto La Regina dell’Alveare e l’Egemone.
— Chi ha dato ai maiali quel libro? — sbottò il vescovo.
— Gli hanno dato anche il Nuovo Testamento — disse Ender. — Ma sono certo che non la sorprenderà sapere che i maiali hanno trovato d’avere più punti in comune con la Regina dell’Alveare. Lasciate che vi riassuma quel che mi hanno detto i maiali. Mi hanno supplicato di convincere i Cento Mondi ad abrogare le leggi che li tengono isolati qui. Vedete, i maiali non vedono il recinto con i nostri occhi. Per noi è una misura che protegge la loro cultura dalle disgregatrici influenze umane. Per loro è la barriera che gli impedisce d’imparare tutti i nostri meravigliosi segreti. I maiali immaginano le nostre navi che volano da stella a stella, colonizzando, esplorando; e pensano che fra cinque o diecimila anni, quando finalmente scopriranno da soli le scienze che ora gli nascondiamo, lasceranno questo pianeta soltanto per accorgersi che abbiamo occupato tutto lo spazio cosmico. Senza lasciargli neppure un angoletto. Pensano al recinto come a una forma di assassinio razziale: noi li teniamo su Lusitania come animali in uno zoo, mentre la razza umana si espande e popola il resto dell’universo.
— È un controsenso — disse Dom Cristão. — Questa non è affatto la nostra intenzione.
— Non lo è? — ritorse Ender. — Perché siamo così ansiosi di tenerli lontani dall’influenza della nostra cultura? Non è solo nell’interesse della scienza. Non è solo per una corretta procedura xenologica. Vi prego di non dimenticare che la scoperta dell’ansible, del volo stellare, del controllo della gravità e perfino delle armi che usammo per distruggere gli Scorpioni, furono il risultato del nostro contatto diretto con quella razza. Apprendemmo tali tecnologie dai macchinari che essi lasciarono negli avamposti abbandonati del sistema solare. Li usavamo ancora prima di capirli. E alcuni, come l’effetto filotico, non li comprendiamo neppure adesso. Noi siamo nello spazio proprio a causa dell’impatto con la tecnologia superiore di un’altra cultura. E non abbiamo scordato che in poche generazioni perfezionammo le loro macchine, li superammo, e poi li distruggemmo. Ecco cosa significa quel recinto: abbiamo paura che i maiali facciano lo stesso con noi. E anche loro sanno quel che significa. Sanno cos’è quella barriera, e la odiano.
— Non abbiamo affatto paura di loro! — esclamò il vescovo. — Per l’amor del cielo, sono selvaggi…
— Per Pipo e Libo — disse Ender, — e per Miro e Ouanda, non sono selvaggi. Sono diversi da noi, certo, molto più diversi dei framlings. Ma sono anche individui, ramans, non varelse. Perciò, quando Libo vide che i maiali stavano morendo di fame e che preparavano la guerra per diminuire la popolazione, non agì da scienziato. Non restò a guardare, per prender nota della violenza e del dolore. Agì da cristiano. Si procurò dei campioni sperimentali di amaranto, che Novinha aveva giudicato inadatti all’uso umano perché troppo aderenti alla biochimica lusitana, e insegnò ai maiali come coltivarli per ricavarne cibo. Non ho dubbi che i campi di amaranto e l’aumento della popolazione indigena siano ciò che la Federazione Starways ha visto e condannato. Non una mera violazione della legge, ma un atto di amore e compassione.
— Come può definire «cristiano» un atto di disubbidienza? — domandò il vescovo.
— Qual è l’uomo, fra voi, che quando suo figlio ha fame e chiede pane, gli getta una pietra?
— Il diavolo può anche citare le scritture, per i suoi scopi — disse il vescovo.
— Io non sono il diavolo — disse Ender, — e neppure lo sono i maiali. I loro piccoli avevano fame, e Libo diede loro del cibo perché non morissero.
— E guardi cos’hanno fatto a lui!
— Sì, guardiamolo pure. Lo hanno messo a morte. Esattamente nel modo in cui usano mettere a morte i loro compagni più onorati. Questo non avrebbe dovuto dirci qualcosa?
— Ci ha detto che sono pericolosi. Esseri senz’anima — rispose il vescovo.
— Ci ha detto che per loro la morte è qualcosa di completamente diverso. Se si è convinti che qualcuno ha un’anima nobile, monsignore, così perfetta che vivere un altro solo giorno sulla terra non otterrebbe che farla divenire meno perfetta, ucciderlo e mandarlo direttamente in paradiso non sarebbe rendergli un servizio?
— Non ci prenda in giro. Lei non crede nel paradiso.
— Ma voi sì! Che mi dice dei martiri, monsignore? Non sono stati accolti con gioia in paradiso?
— Naturalmente. Ma gli uomini che li uccisero erano bestie. Uccidere i santi non ha santificato loro, bensì ha condannato le loro anime all’inferno.
— Ma se i morti non andassero all’inferno? Che penserebbe lei, se vedesse i morti risorgere a nuova vita proprio davanti ai suoi occhi? Cosa accadrebbe se, quando un maiale muore, gli altri predisponessero il suo corpo in modo da fargli mettere radici e lasciarlo trasformare in qualcos’altro? E se diventasse un albero, atteso da una vita della durata di cinquecento o cinquemila anni?
— Ma di cosa sta parlando? — si accigliò il vescovo.
— Lei mi vuol dire che i maiali subiscono una qualche specie di metamorfosi, trasformandosi in piante? — domandò Dom Cristão. — Biologicamente, sembra a dir poco improbabile.
— O addirittura impossibile — annuì Ender. — Ma è per questo che così poche specie viventi sopravvissero all’agente che causa la Descolada, quando esso si sviluppò su Lusitania. Poche furono in grado di compiere la metamorfosi. Quando i maiali uccidono un loro compagno, esso si trasforma in un albero. E quest’albero mantiene almeno una parte della sua intelligenza. Oggi io stesso ho visto i maiali comunicare a voce con un albero, cantando, e senza che nulla lo sfiorasse l’albero si è staccato dalle radici, ha lasciato cadere i suoi rami, si è spogliato della corteccia, e da solo si è sezionato in assi e in attrezzi di legno esattamente della forma e della misura che i maiali gli chiedevano. Non è stata un’allucinazione. Miro e Ouanda hanno visto ciò che ho visto io, hanno sentito quelle canzoni, hanno toccato il legno, e hanno pregato per l’anima di quella creatura che abbandonava la vita.
— Questo cos’ha a che fare con la nostra situazione? — domandò Bosquinha. — Va bene, la foresta è fatta di maiali morti. Ma questo riguarda gli scienziati.
— Vi sto dicendo che quando uccisero Pipo e Libo erano convinti di aiutarli a compiere la metamorfosi verso il loro successivo stadio di esistenza. Non erano mossi da intenti bestiali. Erano ramans che conferivano i più alti onori a due amati benefattori.
— Ancora la chirurgia della coscienza, eh? — brontolò il vescovo. — Proprio come ha fatto con la sua elegia, mostrandoci Marco Ribeira da un diverso punto di vista, ora vuole farci vedere i maiali come esseri nobili ed etici? E va bene, siano pure nobili. Ma io non posso favorire una ribellione contro la Federazione, con tutta la sofferenza che ne seguirebbe, solo perché i nostri scienziati insegnino ai maiali a costruire frigoriferi.
— Per favore — disse Novinha.
Gli altri si volsero a guardarla.
— Avete detto che hanno cancellato le nostre memorie computerizzate? E che le hanno lette?
— Sì — rispose Bosquinha.
— Allora sanno tutto ciò che c’era nel mio archivio. Anche le informazioni e gli studi sulla Descolada.
— Sì — disse ancora Bosquinha.
Novinha strinse forte le mani in grembo. — Non ci sarà nessuna evacuazione.
— Anch’io ero di questo avviso — disse Ender. — Ecco perché ho mandato Ela a chiamarla.
— E perché non ci sarà evacuazione? — chiese Bosquinha.
— A causa della Descolada.
— Sciocchezze — disse il vescovo. — I suoi genitori hanno scoperto come curare la malattia.
— Non l’hanno curata — disse Novinha. — L’hanno messa sotto controllo. Le hanno impedito di diventare attiva.
— Sì, certo — annuì Bosquinha. — È per questo che mettiamo nell’acqua potabile l’additivo. Il Colador.
— Ogni essere umano di Lusitania, eccetto forse l’Araldo che potrebbe non averla ancora presa, è portatore della Descolada.
— L’additivo non è costoso — disse il vescovo. — Ma forse potrebbero metterci in quarantena. Sì, anzi possiamo darlo per scontato.
— Non esiste un posto abbastanza isolato per questo — disse Novinha. — L’agente della Descolada è infinitamente mutevole. Attacca ogni tipo di materiale genetico. L’additivo può esser dato agli esseri umani. Ma i Cento Mondi potrebbero darlo a ogni stelo d’erba? A ogni uccello? A ogni pesce? A ogni cellula di plankton negli oceani?
— Potrebbero esserne contagiati tutti? — si stupì Bosquinha. — Questo non lo sapevo.
— Io non l’ho detto a nessuno — continutò Novinha, — ma ho inserito la protezione in ogni pianta passata dal mio laboratorio. L’amaranto, le patate, tutto quanto… il difficile non era fornire alla colonia proteine utilizzabili, ma di mettere l’organismo vegetale in grado di produrre il proprio blocco contro la Descolada.
Bosquinha era sbigottita. — Ma allora, dovunque noi andassimo…
— Innescheremmo la distruzione dell’intera biosfera.
— E lei ha tenuto questo segreto? — ansimò Dom Cristão.
— Non c’era bisogno di renderlo pubblico. — Novinha abbassò lo sguardo sulle sue mani. — Qualcosa, in questi dati, aveva indotto i maiali a uccidere Pipo. Li tenni segreti perché nessun altro rischiasse la stessa sorte. Ma ora, grazie a ciò che Ela ha studiato in questi ultimi anni, e a quel che l’Araldo ha detto stasera, ora… io so cosa fu che Pipo comprese. L’agente della Descolada non si limita a spaccare la molecola genetica, impedendole di riformarsi e duplicarsi normalmente. La induce anche a collegarsi con molecole genetiche del tutto estranee. Ela ha lavorato su questo contro la mia volontà. Tutte le forme native di Lusitania esistono in coppia pianta-animale. I cabras con l’erba capim. I serpenti d’acqua con l’erba grama. I succiamosche con le canne. Gli uccelli xingadora con il tropeço rampicante. E i maiali con gli alberi della foresta.
— Sta dicendo che gli uni diventano gli altri? — Dom Cristão era inorridito e affascinato allo stesso tempo.
— I maiali possono essere unici in questo fatto di trasformare il corpo di uno di loro in un albero — disse Novinha. — Ma forse i cabras diventano fertili grazie al polline del capim. Forse le mosche nascono dai tasselli delle canne fluviali. La cosa andrebbe chiarita. Io avrei dovuto dedicarmi a studiarla, in tutti questi anni.
— Ed ora — chiese Dom Cristão, — la Federazione l’ha appreso dal suo archivio?
— Avranno bisogno di tempo per analizzare tutti i dati. Ma entro i prossimi venti o trent’anni, prima che le loro astronavi siano qui, sapranno tutto — disse Novinha.
Bosquinha si tormentava nervosamente le mani. — Non potranno farci evacuare Lusitania. Dovunque andassimo porteremmo la Descolada con noi, e nei Cento Mondi non ci sarebbero abbastanza xenobiologi da salvare un singolo pianeta dalla devastazione. Prima che altri framlings arrivino qui, la notizia sarà risaputa.
— Bene, allora — disse il vescovo. — Questo risolve i nostri problemi. Se li mettiamo al corrente fin d’ora, non manderanno neppure le loro navi per portarci via.
— No, monsignore — disse Ender. — Una volta saputo ciò che la Descolada può fare, si accerteranno che nessuno lasci mai più questo pianeta.
Il vescovo sbuffò. — Cosa? Sta suggerendo che potrebbero distruggere Lusitania? Avanti, Araldo, non ci sono altri Ender nella razza umana. Il peggio che potranno fare sarà di dichiararci in quarantena e…
— In questo caso — disse Dom Cristão, — perché dovremmo sottometterci al loro controllo? Possiamo mandar loro queste notizie sulla Descolada, informandoli che noi non lasceremo il pianeta, ed essi non verranno qui. E la faccenda sarebbe chiusa.
Bosquinha scosse il capo. — Crede che il Consiglio non direbbe: «I lusitani, semplicemente visitando un altro pianeta, possono distruggerlo. Hanno un’astronave, sono già piuttosto ribelli, hanno quei maiali assassini. La loro esistenza è una minaccia.»
— Chi oserebbe spingersi a tanto? — protestò il vescovo.
— Non il Vaticano — disse Ender. — Ma i membri del Consiglio non sono altrettanto propensi alla pietà e alla comprensione.
— E forse avrebbero ragione — brontolò Peregrino. — Lei stesso ha detto che i maiali vogliono il volo interstellare. E dovunque andassero, questo avrebbe le stesse conseguenze. Perfino su pianeti disabitati, no? Ciò che farebbero sarebbe di… di creare duplicati di questo panorama così povero: foreste di un solo tipo di albero, praterie di una sola erba, con nient’altro che i cabras a pascolare e gli xingadora a volare nel cielo.
— Forse un giorno o l’altro troveremo un modo migliore per tenere sotto controllo la Descolada — disse Ela.
— Non possiamo ancorare il nostro futuro a una possibilità così aleatoria — replicò il vescovo.
— È per questo che dovremo ribellarci — disse Ender. — Perché il Consiglio della Federazione farà questo stesso ragionamento. Proprio come accadde tremila anni fa, prima dello Xenocidio. Oggi tutti condannano quell’episodio poiché segnò la distruzione di una razza aliena che in seguito si scoprì innocua e pacifica. Ma nei giorni in cui sembrava che gli Scorpioni fossero determinati a sterminare l’umanità, la gente non vide altra scelta che battersi a morte contro di loro. Noi stiamo mettendoli di fronte allo stesso dilemma. Sono già ostili ai maiali. E quando capiranno i pericoli della Descolada, ogni desiderio di proteggere questa razza sarà abbandonato. Ci distruggeranno, in nome della salvezza dell’umanità. C’è il caso che risparmino almeno il pianeta. Come lei ha detto, oggi non ci sono più Ender. Ma annienteranno Milagre, i suoi abitanti, e tutti gli indigeni sospettati d’aver avuto contatto con noi. Poi metteranno in orbita un servizio di sorveglianza con lo scopo di tenere i maiali allo stato primitivo. Al loro posto, voi non fareste lo stesso?
— Un Araldo dei Defunti dice questo? — chiese Dom Cristão.
— Lei c’era — disse il vescovo. — Lei era là a quel tempo, vero? Allorché gli Scorpioni furono sterminati.
— Quella volta non avevamo il modo di parlare con gli Scorpioni, né di sapere che erano ramans e non varelse. Stavolta siamo qui. Sappiamo che non causeremo la distruzione di altri pianeti. Sappiamo che non lasceremo Lusitania finché non avremo una garanzìa contro l’espandersi della Descolada. Stavolta — disse Ender, — possiamo mantenere in vita i ramans, così che, chiunque scriverà la storia dei maiali, esso non sia un Araldo dei Defunti.
Il segretario spalancò improvvisamente la porta, e Ouanda si precipitò dentro. — Monsignore! — ansimò. — Sindaco! Dovete venire. Novinha…
— Che succede? — chiese il vescovo.
— Ouanda, ti devo arrestare — disse Bosquinha.
— Mi arresti più tardi — esclamò lei. — Si tratta di Miro. S’è arrampicato sul recinto.
— Ma non può farlo — disse Novinha. — Potrebbe restare ucciso e… — Poi, inorridita, si rese conto di quel che Ouanda aveva detto. — Portatemi da lui!
— Bisogna chiamare Navio — disse Dona Cristã.
— Voi non capite! — gridò Ouanda. — Non possiamo andare da lui. È dall’altra parte del recinto!
— Allora cosa si può fare? — chiese Bosquinha.
— Spenga il recinto — disse Ouanda.
Bosquinha guardò gli altri, impotente. — Non ho il modo di farlo. È il Comitato che lo controlla, per ansible. Loro non lo spegneranno mai.
— Allora Miro è come fosse morto — disse Ouanda.
— No! — gridò Novinha.
Il quel momento nell’ufficio entrò un’altra figura. Piccola, pelosa, con una rozza veste di fibre. Nessuno di loro, salvo Ender e Ouanda, aveva mai visto un maiale in carne e ossa, ma lo riconobbero all’istante.
— Scusatemi — disse il maiale. — Questo significa che adesso possiamo piantarlo?
Nessuno si preoccupò di chiedergli come avesse fatto a scavalcare il recinto. Erano troppo occupati a domandarsi cosa diavolo intendeva dire col fatto di piantare Miro.
— No! — ansimò Novinha.
Mandachuva la guardò, sorpreso. — No?
— Penso — gli disse Ender, — che non dovrete più piantare gli umani.
Mandachuva s’irrigidì come una statua.
— Perché gli ha detto questo? — chiese Ouanda. — Adesso lo ha sconvolto.
— Prima di domani avrà ben altri motivi per essere sconvolo. — Ender si avviò alla porta. — Andiamo, Ouanda, portaci da Miro.
— E a che servirà, se non possiamo oltrepassare il recinto? — volle sapere Bosquinha.
— Occorre l’assistenza di Navio — disse Ender.
— Lei dimentica che la rete di comunicazioni è fuori uso — disse Dona Cristã. — Andrò a chiamarlo io.
— Ho detto, a cosa servirà? — ripeté Bosquinha.
— Come vi ho spiegato — disse Ender, — se decidete per la ribellione possiamo staccarci dalla rete ansible. E in tal caso potremo spegnere il recinto.
— Sta cercando di usare la vita di Miro per forzarmi la mano? — disse il vescovo.
— Sì! — ribatté Ender. — Fa parte del suo gregge, no? Perciò lasci le altre novantanove pecore, pastore, e venga con noi a salvare quella che si è smarrita.
— Cosa sta succedendo? — chiese Mandachuva.
— Ci farai da guida fino al recinto — disse Ender. — In fretta, per favore.
L’ufficio del vescovo si svuotò, e tutti sfilarono svelti giù per le scale. Ender poté sentire il segretario del vescovo, alle sue spalle, sussurrare qualcosa in tono allarmato, e monsignor Peregrino brontolare qualcosa sull’efferatezza di chi cita le scritture per servire i suoi interessi.
Per far prima attraversarono la navata della cattedrale, con Mandachuva alla testa. Tutti si segnarono frettolosamente, e Ender notò che il vescovo si fermava davanti all’altare, con gli occhi fissi sulla creatura pelosa che precedeva gli umani verso l’uscita. Fuori dalla chiesa Peregrino lo raggiunse. — Mi dica, Araldo — ansimò. — Tanto per ipotesi, se abbattessimo il recinto, se ci ribellassimo contro la Federazione Starways, questo metterebbe fine a tutte le regole preposte al contatto con i maiali?
— Così spero — disse Ender. — E spero che non ci saranno più barriere artificiali fra noi e loro.
— Allora — disse il vescovo, — dovremmo essere liberi d’insegnare la religione cristiana ai Piccoli, è così? Non ci sarebbero impedimenti legali.
— Certamente — annuì Ender. — Convertirli potrà forse essere difficile, ma nulla impedirà ai suoi sacerdoti di mettersi un vestito da lavoro e andare nella foresta a fare almeno un tentativo.
— Dovrò pensarci — disse il vescovo. — Ma forse, mio caro infedele, questa ribellione aprirà la porta verso la conversione di una grande nazione. Forse è stata la mano di Dio a condurla fra noi, dopotutto.
Quando Ender, il vescovo e Dom Cristão giunsero al recinto, trovarono già lì le tre donne, che avevano seguito di corsa Mandachuva. Dal modo in cui Ela fronteggiava sua madre, tenendola lontana, e dal tremito che scuoteva le mani di Novinha, Ender capì che la donna aveva già tentato di arrampicarsi sullo sbarramento per raggiungere il figlio. Stava piangendo, e con gli occhi fissi sul suo corpo gemeva: — Miro! Miro! Come hai potuto far questo, come hai potuto essere così pazzo… — mentre Ela cercava di parlarle e di calmarla.
In piedi dall’altra parte della recinzione quattro maiali fissavano gli esseri umani, sbalorditi.
Ouanda tremava di paura per la vita di Miro, ma ebbe abbastanza presenza di spirito da spiegare a Ender: — Questi sono Orcio, Freccia, Human e Mangia-Foglie. Mangia-Foglie cercava di convincere gli altri a… a piantarlo. Penso di sapere cosa significa questo, adesso. Ma ormai non c’è pericolo. Human e Mandachuva hanno convinto gli altri a non farlo.
— Questo però non ci spiega niente — disse Ender. — Perché Miro ha fatto questa sciocchezza?
— Mandachuva ha detto qualcosa, mentre ci portava qui. I maiali masticano il capim, che ha un effetto anestetico. Così possono scavalcare il recinto quando vogliono. Evidentemente lo hanno fatto per anni. Credevano che noi non lo facessimo per ubbidienza alla legge. Ora sanno che il capim non ha lo stesso effetto su di noi.
Ender si avvicinò al recinto. — Human — chiamò.
Human si fece avanti.
— Abbiamo la possibilità di spegnere il recinto. Ma se lo facciamo, saremo in guerra con gli umani di tutti gli altri mondi. Lo capisci questo? Gli umani di Lusitania e i maiali, insieme, contro tutto il resto della razza umana.
— Oh! — disse Human.
— Possiamo farlo — disse Ender, — e possiamo anche non farlo.
— Tu ci darai la Regina dell’Alveare? — chiese Human.
— Prima dovrò incontrarmi con le mogli — disse Ender.
I maiali s’irrigidirono.
— Di cosa state parlando? — volle sapere il vescovo.
— Devo incontrare le mogli — spiegò Ender ai maiali, — perché dobbiamo fare un trattato. Un accordo. Un insieme di regole di comportamento reciproco. Capite? Gli umani non possono vivere secondo le vostre leggi, e voi non potete vivere con le nostre, ma se dobbiamo stare in pace, senza alcun recinto fra noi, e se io dovrò portare fra voi la Regina dell’Alveare e insegnarvi, bisogna che facciate alcune promesse e che le manteniate. Mi avete compreso?
— Io comprendo — disse Human. — Ma incontrare le mogli… tu non sai cosa stai chiedendo. Loro non sono intelligenti nel modo in cui lo sono i fratelli.
— Loro prendono tutte le decisioni, non è così?
— Naturalmente — disse Human. — Loro sono quelle che accudiscono le madri, no? Ma ti avverto, è pericoloso parlare con le mogli. Specialmente per te, perché ti onorano moltissimo.
— Per poter eliminare il recinto dovrò prima parlare alle mogli. Se non me lo permetterete, il recinto continuerà a separarci, e Miro morirà, e noi dovremo eseguire gli ordini della Federazione che vuole portare via tutti gli umani da Lusitania. — Ender non rivelò che i lusitani sarebbero stati probabilmente uccisi. Diceva la verità, ma qualche volta non la diceva tutta.
— Io ti condurrò dalle mogli — decise Human.
Mangia-Foglie venne accanto a lui e con fare derisorio gli accarezzò l’addome. — Ti hanno dato il nome giusto — disse. — Tu sei un umano, non uno di noi. — Fece per correre via, ma Freccia e Orcio lo afferrarono.
— Ti condurrò io — disse Human. — Ora ferma il fuoco del recinto e salva la vita di Miro.
Ender si volse al vescovo.
— Non guardi me — disse Peregrino. — È Bosquinha che decide.
— Io ho giurato fedeltà alla Federazione Starways — disse Bosquinha. — Ma per la vita della mia gente posso anche diventare spergiura. Ordino che il recinto sia spento, e che si tenti di raggiungere con ogni mezzo l’indipendenza di Lusitania.
— A patto che si possa predicare ai maiali — disse il vescovo.
— Glielo domanderò, quando parlerò con le mogli — disse Ender. — Più di questo non posso prometterle.
— Monsignore! — gridò Novinha. — Sono già morti Pipo e Libo, al di là di quel recinto!
— Abbattetelo, allora — disse Peregrino. — Non voglio veder morire questa colonia con il lavoro di Dio ancora tutto da fare. — Ebbe un sogghigno storto. — Ma sarà meglio che gli Os Venerados vengano fatti santi quanto prima. Avremo molto bisogno del loro aiuto.
— Jane — mormorò Ender.
— È per questo che ti voglio bene — disse Jane. — Riesci sempre a fare il gioco dei tre bussolotti… finché sotto il tavolo ci sono io a darti una mano.
— Isola l’ansible e spegni il recinto, per favore.
— Fatto — disse lei.
Ender non ebbe alcuna difficoltà ad arrampicarsi, e scese dall’altra parte della recinzione. Con l’aiuto dei maiali sollevò poi il corpo rigido di Miro e lo calò all’interno, fra le braccia del vescovo, del sindaco, di Dom Cristão e di Novinha. Mentre scendeva di nuovo fra i maiali vide due ombre stagliarsi contro le luci lontane di Milagre; Navio e Dona Cristã, che arrivavano in fretta. Tutto ciò che poteva esser fatto per Miro, loro l’avrebbero tentato.
Ouanda si stava arrampicando sul recinto.
— Scendi da lì — cercò di fermarla Ender. — Resta accanto a lui.
— Lei sta andando a vedere le mogli — replicò Ouanda. — Avrà bisogno del mio aiuto. Verrò con lei.
Ender non seppe cosa rispondere. La ragazza saltò giù agilmente e lo raggiunse.
Navio aveva deposto una lampada accanto a Miro e gli stava esaminando il polso e la pupilla. — Lo ha scavalcato? — esclamò. — Non esistono precedenti clinici. Credevo che fosse impossibile. Nessuno ha tanta resistenza al dolore da restare a contatto di un campo oscillante.
— Vivrà? — lo interrogò Novinha.
— Come possa saperlo? — Con gesti impazienti Navio aprì i vestiti di Miro, per applicargli i biosensori. — Quando ho studiato medicina non c’era una casistica su questo genere di incidenti.
Ender si accorse che il recinto vibrava e si volse. Ela si stava arrampicando. — Santo ciclo, non ho bisogno anche del tuo aiuto!
— È tempo che qualcuno che sappia qualcosa di xenobiologia vada a vedere cosa succede — replicò lei.
— Torna di là e pensa a tuo fratello — disse Ouanda.
Ela la fissò con aria di sfida. — È anche tuo fratello — disse. — Ora facciamo in modo che, se muore, non sia morto per niente.
Ender e le due ragazze si allontanarono con Human e gli altri maiali verso la foresta.
Bosquinha e il vescovo li seguirono con lo sguardo, nel vago chiarore lunare. — Questa mattina, alzandomi dal letto — disse la donna, — non avrei mai pensato che stavo uscendo di casa per mettermi a capo di una ribellione.
— E io non avrei immaginato che l’Araldo sarebbe diventato il nostro ambasciatore presso i maiali — borbottò il vescovo.
— Mi domando — disse Dom Cristão, — se la gente riuscirà mai a capire, e a perdonare, quello che facciamo.
— Crede che stiamo commettendo un errore? — si accigliò il vescovo.
— No, affatto — disse Dom Cristão. — Penso che abbiamo fatto un passo verso qualcosa di meraviglioso. Ma l’umanità non perdona mai la vera grandezza.
— Per fortuna — disse il vescovo, — non è l’umanità il giudice che conta. E ora voglio pregare per questo ragazzo, dato che la medicina è evidentemente al limite della sua competenza.