Ma Sandra non si decise a dirlo.
Mangiò pochissimo. Non si rifiutava di parlare, ma i suoi discorsi erano concisi e generici. Durante i primi due giorni, per quasi quarantotto ore, rimase ritta, tesa, ad ascoltare, senza prestare attenzione ai suoi compagni di viaggio, e neppure a se stessa.
— Stiamo sprecando tempo — protestò Jorgenson. — Dovremmo proseguire verso nord. Il Caos. Se ci troveremo il Caos, qualunque cosa sia, forse ci dirà qualcosa. Non possiamo restare arenati qui in eterno.
— Io non voglio andare a nord — strillò Melissa. — Ho paura del Caos.
— Sei dispettosa e nevrotica — disse Jorgenson. — Non sai neppure che cos’è, e ne hai paura.
— Con tutti questi discorsi non concluderemo nulla — disse Lansing. — È inutile litigare. Dobbiamo parlare, certamente, ma non strillare fra noi.
— Non possiamo andarcene e lasciare Sandra — disse Mary. — È stata con noi fin dall’inizio, e non intendo abbandonarla.
— Il nord non è l’unica direzione che possiamo prendere — disse Jurgens. — Ci è stato detto che là troveremo qualcosa chiamato Caos; ma se proseguissimo, potremmo trovare altre cose, più ad ovest. Alla prima locanda abbiamo sentito parlare del cubo e della città, e niente di più. Alla seconda, si è parlato della torre e del Caos. I locandieri non sono troppo prodighi d’informazioni. Abbiamo una mappa, ma non serve a nulla. Indica la strada dalla città alle maleterre, ma niente di più. Non mostra la seconda locanda, e neppure la torre.
— Forse — disse Lansing, — le mappe ci dicono tutto quello che sanno.
— Può darsi che sia così — ammise Jurgens. — Ma non possiamo fidarcene.
— Ben detto — commentò Jorgenson. — Dovremmo andare sia a ovest che a nord.
— Non voglio lasciare Sandra — disse Mary.
— Forse, se parlassimo con lei… — Propose Jorgenson.
— Ho tentato — disse Mary. — Le ho spiegato che non possiamo restare qui. Le ho detto che potremo ritornare, e che allora potrà ascoltare la torre. Ma non penso che mi abbia badato.
— Potresti restare con lei — disse Jorgenson. — E noi ci dividiamo. Due andaranno a ovest, due a nord. E vedremo cosa riusciremo a trovare. Accordiamoci per ritrovarci tutti qui, fra quattro o cinque giorni.
— Non credo che sia opportuno — protestò Lansing. — Non mi va di lasciare Mary qui sola. E anche se fossi disposto a farlo, ritengo che non dovremmo dividerci.
— Finora non c’è stato nessun pericolo. Nessuna vera minaccia di pericoli fisici — disse Jorgenson. — Andrà tutto bene. Lasciamo qui Mary, e compiamo una rapida esplorazione. Non ho molte speranze, ma c’è sempre la possibilità che troviamo qualcosa.
— Forse potremmo trasportare Sandra — suggerì Jurgens. — Se riusciremo ad allontanarla dalla musica, forse ridiventerà normale.
— Penso che potremmo farlo — disse Lansing. — Ma con ogni probabilità lei si opporrebbe. Non è padrona di sé. E anche se non si opponesse, se non dovessimo far altro che rimorchiarla, ci farebbe rallentare. È un territorio poco piacevole. Ci sono lunghi tratti privi d’acqua. Qui l’acqua c’è, ma l’ultima che avevamo trovato, prima, era a due giorni di marcia.
— Prima di partire, riempiremmo le borracce — disse Jorgenson. — E berremmo poco. Andrà tutto bene. Più avanti, dovremmo trovare altra acqua.
— Penso che Jorgenson potrebbe avere ragione — disse Mary. — Non possiamo abbandonare Sandra. Resterò con lei. Sembra che non ci siano pericoli. La zona è completamente priva d’esseri viventi… c’è solo il Fiutatore, ed è come uno di noi.
— Non voglio lasciarti qui sola — disse Lansing.
— Potremmo lasciare Jurgens — propose Jorgenson.
— No — ribatté Mary. — Sandra mi conosce meglio. Si è sempre rivolta a me. — Poi parlò a Lansing: — Non possiamo restare qui tutti quanti. Stiamo perdendo tempo. Dobbiamo scoprire che cosa c’è a nord e a ovest. Se non c’è niente, allora lo sapremo con certezza e faremo altri piani.
— Non voglio andare a nord — disse Melissa. — Non voglio andarci e basta.
— Allora io e te andremo a ovest — disse Jorgenson. — E Lansing e Jurgens andranno a nord. Viaggeremo leggeri e alla svelta. Tra pochi giorni saremo di ritorno. E forse allora Sandra sarà di nuovo normale.
— Io spero ancora — disse Mary, — che stia apprendendo qualcosa, che ascolti qualcosa d’inafferrabile per tutti noi. La soluzione, o una parte della soluzione, può essere qui, e lei è l’unica in grado di trovarla.
— Restiamo insieme — insistette Lansing. — Non dobbiamo dividerci.
— Sei ostinato — disse Jorgenson.
— Sì, sono ostinato — disse Lansing.
Prima di sera, Sandra abbandonò la posizione eretta e cadde in ginocchio. Ogni tanto si trascinava carponi, avvicinandosi alla torre che cantava.
— Sono preoccupato per lei — disse Lansing a Mary.
— Anch’io — rispose Mary. — Ma sembra che non stia male. Parla, non molto, ma parla. Dice che deve restare. Dice che noialtri dovremmo proseguire, ma lei non può muoversi. Dice che dovremmo lasciarle un po’ di viveri e d’acqua: le basteranno. Stasera ha mangiato qualcosa e ha bevuto qualche sorso d’acqua.
— Ti ha spiegato quel che sta succedendo?
— No, non me l’ha spiegato. Gliel’ho chiesto, e non ha voluto o non ha saputo dirmelo. Credo che non abbia potuto. Forse neppure lei sa ancora che cosa sta succedendo.
— Sei convinta che stia succedendo qualcosa? Che non sia semplicemente affascinata dalla musica?
— Non posso esserne certa, ma penso che stia succedendo qualcosa.
— È strano — disse Lansing, — che non riusciamo a ricavare informazioni significative dalla torre. Qui non c’è nulla, assolutamente nulla cui possiamo afferrarci. È come il cubo. Tutti e due. Non abbiamo ricavato nulla dall’uno e dall’altra. E sono due strutture. Qualcuno le ha costruite per uno scopo.
— Ne ha parlato anche Jorgenson. Secondo lui, sono false piste. Per confonderci.
— La sindrome del labirinto. Una corsa in un labirinto. Una specie di prova per selezionarci.
— Lui non ha detto proprio così, ma è quello che intende.
Erano seduti in disparte dagli altri, un po’ lontano dal fuoco.
Jurgens stava per conto suo, e non faceva nulla: stava semplicemente lì. Gli altri due erano accanto al fuoco e ogni tanto si parlavano, ma quasi sempre restavano in silenzio.
Mary prese la mano di Lansing. — Dobbiamo fare qualcosa, — disse. — Non possiamo restare così ad attendere Sandra. L’oste della prima locanda ha parlato dell’inverno. Ha detto che d’inverno chiudeva. Può darsi che qui l’inverno sia tremendo. Forse non abbiamo molto tempo. È già autunno. Forse autunno inoltrato.
Lansing la cinse con un braccio e l’attirò più vicina. Mary gli appoggiò la testa sulla spalla.
— Non posso lasciarti qui — disse lui. — Non posso lasciarti sola. Soffrirei troppo.
— Devi farlo — disse Mary.
— Potrei andare a nord da solo. Lasciare Jurgens qui con te.
— No, voglio che Jurgens ti accompagni. Qui sono al sicuro; a nord può esserci qualche pericolo. Non capisci? È necessario.
— Sì, lo so. È logico. Ma non posso abbandonarti.
— Devi farlo, Edward. Dobbiamo sapere. Quello che stiamo cercando potrebbe essere a nord.
— Oppure a ovest.
— Sì, è vero. Potrebbe anche essere qui, ma non ne siamo sicuri. Sandra non rappresenta un appoggio molto solido. C’è una possibilità che possa rivelarci qualcosa, ma è una possibilità remota. Non è il caso di restare ad attendere.
— Sarai prudente? Rimarrai qui? Non correrai rischi?
— Te lo prometto — disse Mary.
L’indomani mattina lei gli diede un bacio di commiato e disse a Jurgens: — Abbi cura di lui. Conto su di te perché lo protegga.
Jurgens rispose in tono d’orgoglio: — Ci proteggiamo a vicenda.