8. RADIAZIONE; EVAPORAZIONE; ERUZIONE



John e Nancy avanzarono di buona lena verso occidente. Fino a quel momento il loro viaggio non aveva presentato delle difficoltà esorbitanti, anche se gran parte di esso si era svolto su di un territorio non ancora esplorato. Avevano combattuto contro volatori e altri carnivori per un numero ragionevole di volte, avevano mangiato il frutto delle loro vittorie quando avevano avuto abbastanza fame, e avevano parlato più o meno incessantemente. Il discorso si era avviato lungo binari quasi esclusivamente speculativi; avevano scoperto di più sulla natura del loro Maestro negli ultimi giorni che nei precedenti sedici anni, ma quello che avevano appreso pareva semplicemente dare inizio a un’interminabile catena di domande. Erano ancora tanto giovani da potersi sorprendere di questo; perciò la conversazione scorreva fluida, e venne interrotta solo quando raggiunsero una regione che pareva combinare con quella indicata dalla loro mappa.

«Dobbiamo avere seguito bene la nostra direzione,» disse Nancy, dopo avere confrontato le alture che vedeva con quelle indicate sul foglio. «Dovevamo raggiungere questa zona,» disse, indicando la mappa, «e a quanto pare siamo a sole dodici miglia a nord. E stato Oliver a esplorare questo posto; e non è cambiato tanto da renderci dubbiosi. Possiamo dirigerci a sud, e tra qualche miglio ne saremo sicuri.»

«Va bene,» convenne John, «sai, anche se siamo a diverse miglia da entrambe le regioni che dobbiamo perlustrare, sarà meglio tenere gli occhi aperti, per qualsiasi evenienza.»

«Non direi che sia necessario uno sforzo particolare. Se è luminosa come ha detto Fagin, saremo in grado di vedere la macchina a molte miglia di distanza. Direi che sarebbe meglio concentrarsi sulla mappa, per ora, onde assicurarci di essere proprio dove dovremmo essere.»

«Credo che Fagin farebbe qualche obiezione su questo tuo ragionamento,» brontolò John. «Ma immagino che tu abbia ragione. Andiamo avanti.»

Due miglia, venticinque minuti, un breve combattimento, e una scossa di media durata dopo, si trovarono in una zona che diede loro la possibilità di essere sicuri di se stessi. Malgrado l’uniformità della superficie di Tenebra, e la rapidità dei cambiamenti, la regione nella quale si trovavano collimava troppo con la mappa perché questo fosse dovuto a una pura coincidenza. Trascorsero alcuni minuti per decidere se meglio sarebbe stato cominciare a raccogliere legna per la notte che ormai non distava troppo, o se sarebbe stato più opportuno avvicinarsi ulteriormente alla regione prescelta per la loro esplorazione, onde sprecare meno tempo al mattino; scelta la seconda alternativa, proseguirono.

La notte era ancora più vicina, quando essi si fermarono contemporaneamente. Non ebbero bisogno di parlare, dato che apparve chiaro che entrambi avevano visto la medesima cosa. Molto lontano, a sud-ovest, una luce stava brillando.

Per diversi secondi restarono fermi a guardarla. Non era eccessivamente brillante… era semplicemente visibile; ma una luce diversa da quella del sole, su Tenebra, può essere spiegata davvero in pochissimi modi. Così, almeno, supponevano gli allievi di Fagin.

Dopo avere guardato per un momento, tirarono fuori di nuovo le loro mappe e cercarono di individuare la posizione della sorgente di luce. Questo era difficile, però, perché era quasi impossibile giudicare la distanza. La sorgente di luce non era direttamente visibile, si poteva vedere solo il chiarore che nell’atmosfera vischiosa di Tenebra poteva essere provocato solo da Altair, dai fuochi e dai fari delle macchine straniere. La direzione era abbastanza chiara, ma pareva probabile che la sorgente dovesse trovarsi al di là del territorio già esplorato, oppure nella regione piuttosto brulla che Nick aveva percorso durante il viaggio nel quale aveva scoperto il villaggio dei cavernicoli. Sembrava ugualmente probabile che essi non sarebbero riusciti a raggiungere il luogo prima dell’inizio della pioggia, ma dopo una discussione tra le più brevi stabilirono di partire immediatamente.

Il viaggio fu normale, all’inizio, ma gradualmente si fece sempre più duro. Questo concordava con quello che Nick aveva riferito a proposito della sua esplorazione. Ricordarono pure le sue parole sull’esistenza di una forma di vita che albergava nelle fosse e che era sommamente pericoloso avvicinare, ma non ne incontrarono la minima traccia. La luce continuò a farsi più vivida, la qual cosa era incoraggiante, ma per diverse ore non riuscirono a immaginare cosa mai potesse produrla.

Poi cominciarono ad avere l’impressione che la sorgente luminosa dovesse trovarsi in un punto superiore al livello al quale si trovavano, e dopo un’altra mezz’ora furono del tutto certi di questo. Il fatto era difficile da comprendere; Fagin aveva detto che il batiscafo non poteva volare perché era rotto, e non aveva affatto accennato ad una collina… almeno, a niente di speciale a questo proposito… nella descrizione della regione che circondava la macchina.

Poi John ricordò che Nick aveva parlato di un colle assai alto che sorgeva nella zona, e i due estrassero di nuovo le loro mappe. Sembrava possibile, anche se non certo, dopo un attento controllo, che la luce si trovasse sulla collina; ma se così era, pareva eliminata ogni residua possibilità di avere individuato il batiscafo. Dato che l’unica alternativa che essi furono in grado di trovare era costituita dalla possibile presenza della gente di Veloce sulla cima della collina, nacque un piccolo problema.

Tra breve avrebbe cominciato a piovere, e sarebbe stato impossibile viaggiare senza torce. Se la regione che si stendeva davanti a loro era davvero occupata dagli uomini di Veloce, viaggiando con le torce avrebbero semplicemente cercato un’immediata cattura. Naturalmente, il capo avrebbe potuto avere accettato l’offerta di Fagin, rendendo così tecnicamente alleati gli uomini del villaggio e quelli delle caverne; ma da quello che John e Nancy sapevano di Veloce, pareva sconsigliabile correre qualsiasi rischio. Da un certo punto di vista, non c’era alcuna ragione di avvicinarsi, dato che loro stavano cercando il batiscafo, e non spiando le mosse dei cavernicoli; ma questo problema non venne in mente a nessuno dei due. Se fosse accaduto altrimenti, probabilmente avrebbero pensato che forse la luce poteva venire dalla macchina fuori uso, per quello che sapevano. In ogni modo, continuarono a cercare il modo di avvicinarsi alla luce.

Fu Nancy che finalmente trovò una soluzione. John non apprezzò il piano, che non gli dava alcuna fiducia. Nancy affermò sinceramente che lei conosceva la fisica molto più di lui, e che se pure John non avesse capito nulla del suo piano, avrebbe dovuto accettare le sue affermazioni come buone. Lui replicò, con altrettanta sincerità, che lui era un matematico e non un chimico, ma che ne sapeva abbastanza sulla pioggia per non accettare senza discussioni quella proposta. Nancy finalmente fece valere le sue ragioni, avviandosi semplicemente da sola verso la luce, dando a John la scelta tra restare e seguirla. Lui la seguì.

Raeker avrebbe certamente apprezzato quella discussione. Lui aveva battezzato le piccole creature che erano uscite dalle uova rubate in modo alquanto arbitrario, e non aveva ancora la minima idea dell’autentico sesso dei suoi allievi. L’esibizione di un carattere femminile-umano da parte di Nancy sarebbe stata affascinante, anche se non conclusiva.

John guardò il cielo con un certo disagio, mentre procedevano senza soste. Internamente sapeva benissimo che la pioggia avrebbe tardato ancora; ma il fatto stesso che Nancy avesse osato sfidare il fenomeno, lo rendeva ancor più sensibile verso la futura minaccia. Quando le prime gocce apparvero effettivamente in alto, erano ormai molto vicini alla luce, e videro che qualcosa si trovava tra loro e la sorgente luminosa… che splendeva dietro a una barriera, presumibilmente costituita da una collina.

«Dobbiamo salire, o girarle attorno?» domandò John, quando il fatto divenne evidente. «Se saliamo, ci imbatteremo prima nella pioggia.»

«È un’ottima ragione per farlo,» rispose Nancy. «Se si tratta dei cavernicoli, non ci aspetteranno da questa direzione, e prestissimo vedrai che ho ragione. Inoltre, non ho mai scalato una collina davvero alta, e Nick ha detto che questa era alta due o trecento piedi… ricordi?»

«Lo ricordo, ma non sono sicuro quanto te che questa sia veramente la collina di cui parlava.»

«Guarda la tua mappa!»

«Va bene, so che siamo vicini, ma le informazioni che Nick ci ha fornito non erano esaurienti; lo sai meglio che me. Dopo il suo ritorno, non c’è mai stato tempo per fare una mappa decente della regione che lui ha visitato. Da quel momento in poi, non abbiamo fatto altro che spostarci e combattere.»

«Va bene, non c’è bisogno che la tiri così per le lunghe. Andiamo.» Si mise in marcia senza attendere la risposta.

Per un certo periodo non si avvertì la minima ascesa, e tutto parve consueto. Il primo indizio che parve suffragare la teoria di Nancy sulla natura della collina venne fornito da un cambiamento della natura del terreno stesso. Invece della solita roccia granitica ricca di feldspato ed estremamente porosa, il materiale predominante cambiò, diventando una sostanza più scura e più uniforme. Né l’uno né l’altra avevano mai visto della lava recente, dato che Nick non aveva portato con sé dei campioni, e ci volle tempo perché i loro piedi si abituassero alla nuova situazione.

La pioggia ora si stava avvicinando molto alla superficie. Non era difficile evitare le gocce, dato che la luce che veniva dall’alto era superiore a quella fornita da Altair a mezzogiorno; il guaio era che Nancy non si preoccupava minimamente di evitarle. In teoria, le sue ragioni non erano del tutto infondate; le gocce erano ancora oscurate da bolle di ossigeno, e il calore del suo corpo le trasmutava in aria perfettamente respirabile, ma ci volle un certo tempo prima che John si decidesse a seguire l’esempio fornito dalla sua compagna. Le abitudini sono difficili da abbandonare, sia per i tenebriani che per i terrestri.

Gradualmente il declivio composto di roccia nera cominciò a farsi più sensibile. Si trovavano davvero sulle pendici di una collina, e la luce, ora, si trovava abbastanza vicina, davanti a loro. Le rocce si stagliavano contro di essa, a non più di un miglio di distanza. Nancy si fermò, non per la pioggia ma per darsi un’ultima occhiata intorno; e fu allora che entrambi notarono qualcosa d’altro.

In primo luogo, le gocce di pioggia non stavano scendendo perpendicolarmente; si spostavano orizzontalmente durante la discesa, nella stessa direzione verso la quale si stavano avviando i due esploratori. Se si rifletteva sul fenomeno, esso appariva abbastanza logico; avevano sempre saputo dell’esistenza di correnti convergenti e divergenti. Era la velocità a essere notevole; le gocce si dirigevano verso la luce a una velocità di almeno due miglia orarie. La corrente d’aria che le attirava poteva effettivamente essere sentita… e si trattava di un autentico uragano, per Tenebra. Se quello che si trovava davanti a loro era un fuoco, era il più grande fuoco che gli allievi di Fagin avessero mai visto in vita loro.

«Se lo ha acceso Veloce, deve avere disboscato un’intera regione della mappa,» fece notare John.

Nancy si voltò bruscamente verso di lui.

«Johnny! Ricordi quello che è accaduto quella notte, quando Nick ha portato via il Maestro dalle caverne? Lui ha acceso diversi fuochi, tanto da coprire un’intera regione! E se fossero sempre quelli? Potrebbero essersi propagati.»

«Non lo so.» John rimase fermo a pensare per qualche minuto. Poi si rivolse alla mappa, che era facilmente consultabile, con quella luce. «Non ne vedo la possibilità,» disse alla fine. «Siamo più vicini alle caverne di quanto non lo fossimo stamattina, ma non siamo poi così vicini. Inoltre, l’acqua limpida della notte deve avere spento tutti i fuochi, se qualcuno non ha pensato a rinfocolarli.»

«Ma se l’incendio era molto esteso, può darsi che abbia provocato delle correnti d’aria ricche di ossigeno… senti questo vento. Hai mai visto nulla del genere?»

«No! Forse hai ragione. Però possiamo andare a vedere; credo ancora che si tratti di Veloce. Hai sempre intenzione di verificare quella tua ipotesi?»

«Ma certo. È ancora meglio, se il vento trascina le gocce a questa velocità.»

«Spero che tu abbia ragione anche in pratica.» I due proseguirono, più lentamente perché era necessario seguire un percorso assai tortuoso per continuare a vedere la loro mèta tra le gocce che continuavano a scendere. Le gocce stavano infatti raggiungendo la superficie in gran numero, restando liquide, con l’eccezione di quelle che venivano esposte al calore del corpo dei due viaggiatori. Così ci volle più tempo del previsto per arrivare a duecento iarde di distanza dalla grande roccia che doveva segnare il culmine della collina, e dietro alla quale si levava il grande chiarore. A questo punto, Nancy decise di por fine agli indugi, e cominciò a mettere in pratica la parte più impressionante del suo piano.

Trovando una goccia di pioggia di dimensioni eccezionali, ed evidentemente ricca di ossigeno, che stava scendendo a non troppa distanza, deliberatamente Nancy si fermò in una posizione che l’avrebbe fatta avvolgere dalla goccia, non appena questa si fosse abbassata a sufficienza. Naturalmente, la base dello sferoide largo cinquanta piedi evaporò subito, a contatto col calore del suo corpo; ma lentamente il resto della goccia discese, nascondendo completamente l’esploratrice. La grossa sfera opaca di liquido cominciò a seguire il percorso già preso dalle sue simili, muovendosi lentamente verso la luce; e Nancy fece del suo meglio per seguirla. Non fu facile come avrebbe potuto sembrare, anche se il gas che la circondava era perfettamente respirabile, dato che non potendo vedere a un centimetro di distanza, era impossibile giudicare la velocità della goccia. Il vento era di qualche aiuto, ma non troppo, e diverse volte John riuscì a distinguere i contorni del corpo di Nancy, quando lei si avvicinava ai margini della goccia. Lui restò dov’era, non considerando un atto di vigliaccheria la sua decisione di vedere il risultato dell’esperimento prima di tentarlo a sua volta.

In un certo senso, l’esperimento fu coronato dal più completo successo; infatti, Nancy rimase cosciente finché la goccia durò. In un altro senso, comunque, qualcosa non andò secondo le previsioni. E cioè la goccia non durò abbastanza. Subendo l’assalto del calore sprigionato all’interno dal corpo di Nancy e all’esterno dall’ancora invisibile sorgente di calore, la cosa ribollendo evaporò del tutto, lasciando Nancy in vista e allo scoperto.

La cosa si rivelò meno catastrofica del previsto. Per tre o quattro secondi, dopo la scomparsa del suo nascondiglio, Nancy rimase perfettamente immobile; poi chiamò il suo compagno, senza tentare di abbassare la voce.

«Johnny! Vieni qui, svelto!»

Il suo compagno arrivò subito, cercando tuttavia di evitare le gocce che stavano scendendo, e si fermò davanti a lei.

Nancy si era fermata a circa cinque iarde di distanza dal bordo di un pozzo dalle pareti quasi verticali, e largo almeno due miglia. Aveva passato i suoi primi secondi di silenzio pensando a quanto era stata fortunata, poiché la goccia non era durata un secondo in più; poi la vampata di calore radiante che si sprigionava dal fondo del cratere le aveva fatto capire che non si era trattato di fortuna. Da quella posizione era evidente che nessuna goccia si avvicinava a quella zona, tranne quelle che venivano da fuori, lungo le pendici della collina. Il fondo del cratere, a circa cento piedi di profondità, brillava in maniera vivida, e numerose chiazze erano addirittura accecanti. Queste ultime somigliavano pericolosamente a sostanze liquide, anche se questo liquido possedeva una superficie più che definita.

Raeker, e perfino Easy, avrebbero riconosciuto immediatamente un vulcano; ma il fenomeno era completamente estraneo all’esperienza e all’educazione degli allievi di Fagin. Raeker aveva notato, di passaggio, il riferimento che Nick aveva fatto a suo tempo a proposito della forma conica della grande collina che aveva avvistato; anche i geologi vi avevano prestato una certa attenzione, e anzi l’avevano addirittura inserito nell’elenco dei fenomeni sui quali sarebbe stato opportuno indagare in seguito; ma le cose, forzatamente, si erano fermate a questo punto. Nick non aveva detto nulla a proposito di un’eventuale attività del vulcano… o meglio, non aveva detto nulla di probante per la mentalità degli uomini che lo avevano ascoltato; Nick aveva effettivamente menzionato il vento. Ma certo questo vento non era stato così intenso, quando Nick era passato da quelle parti, non meno di tre mesi terrestri prima. E così, solo la forma e le dimensioni della collina erano stati degni di nota.

«Sai,» disse John, dopo alcuni minuti di silenzio, «questo sarebbe un posto magnifico per un villaggio. Non avremmo bisogno dei fuochi.»

«Ma il cibo?» ribatté Nancy. «Le piante che crescono su questa roccia nera sono diverse da quelle che conosciamo; può darsi che il bestiame non possa mangiarle.»

«Questo sarebbe abbastanza semplice da scoprire…»

«Comunque, non è affar nostro, per il momento. Quella luce non era l’oggetto della nostra ricerca, benché debba ammettere che è molto interessante. Sarà meglio che continuiamo il nostro lavoro.»

«Sta piovendo,» fece notare John. «E nessuno ci ha detto di cercare la macchina anche di notte. Per lo meno, questo mi sembra un ottimo posto per dormire.»

«Non hai tutti i torti…» L’ammissione di Nancy fu bruscamente interrotta. A trecento iarde dal punto in cui si trovavano, un segmento dell’orlo del pozzo, lungo almeno cinquanta iarde e alto quindici, si spaccò con un ruggito assordante e cadde nella fornace. Con quella gravità neppure l’atmosfera di Tenebra era un freno efficace, e almeno quindicimila tonnellate di detriti vulcanici ben cementati piombarono nella lava fusa che ribolliva in fondo al cratere. I risultati di questa caduta non lasciarono adito a dubbi sullo stato liquido del materiale più caldo… o meglio, non ne avrebbero lasciati se i due esploratori si fossero fermati a guardare. Ma così non fu; prima che la massa di roccia si fosse completamente staccata, i due furono già sulle pendici della collina, e corsero verso il punto dal quale erano venuti. Mentre correva, John pensò che era stato fortunato, visto che l’incidente era accaduto soltanto dopo che Nancy si era dichiarata d’accordo con lui sulla bontà di quel luogo come campeggio per la notte. È inutile aggiungere che egli non disse questo ad alta voce; John stavolta non si curava neppure di evitare le gocce, e così non perdeva certo tempo in chiacchiere irrilevanti.

Prima di fermarsi, percorsero almeno un miglio. La luce era ancora sufficiente, così poterono consultare le mappe, e ci vollero solo pochi minuti perché i due si convincessero che si trattava davvero dell’alta collina conica che Nick aveva menzionato nel suo rapporto. Una volta stabilito questo, però, i due si trovarono indecisi sul da farsi. L’impulso più naturale era quello di tornare immediatamente al campo per riferire il fenomeno a Fagin; contro questo impulso, però, giocava il fatto che essi avevano un’altra missione da svolgere, nella quale era in gioco una questione di vita o di morte.

«Non possiamo aspettare un giorno, possiamo accamparci qui per la notte, perlustrare le nostre zone domani, e poi tornare indietro come stabilito. Non possiamo lasciare perdere tutto per una nuova scoperta.»

«Credo di no,» ammise Nancy, non senza riluttanza. «Ma non possiamo certamente accamparci qui. Su questa pietra nera non c’è abbastanza combustibile per passare la notte; e le gocce d’acqua cominciano a schiarirsi.»

«Lo avevo notato,» replicò John. «Allora sarà meglio muoversi. Un momento; qui c’è abbastanza materiale per farci una torcia. Accendiamone una; dopo potremmo non averne il tempo.»

Nancy si dichiarò d’accordo, e dieci minuti dopo ripresero il cammino, con John che trasportava una torcia fiammeggiante, e Nancy che trasportava il materiale per farne ancora un paio. Si diressero verso una regione le cui colline, secondo la mappa, erano leggermente più alte dell’usuale, in modo di evitare di trovarsi in un lago prima dell’alba. Cominciavano a provare un certo disagio, malgrado il successo che Nick aveva ottenuto in precedenza, durante i suoi viaggi notturni; ma prima di preoccuparsi davvero furono ancora una volta distratti dal verificarsi di nuovi eventi.

Davanti a loro si mostrò di nuovo una luce. Era più difficile da scorgere, dato che la luce che veniva dal vulcano era tuttora grande, ma senza dubbio un fuoco stava ardendo sulla cima delle colline verso le quali erano diretti.

«Hai intenzione di arrivare laggiù nello stesso modo di prima?» domandò John.

Nancy guardò le gocce d’acqua che erano ormai pericolosamente limpide, e non rispose alla domanda. Siccome il suo compagno se lo era aspettato, dopo qualche istante formulò una domanda più sensata.

«E la nostra torcia? Se possiamo vedere quel fuoco, quelli che stanno laggiù possono vedere noi. Vuoi spegnere la torcia?»

Nancy guardò in alto… o meglio, spostò in quella direzione la sua attenzione grazie a una lieve alterazione delle sue scaglie visive, che agivano quasi come una stazione radio, ed erano sensibili a un’enorme gamma di lunghezze d’onda.

«Sarà meglio,» rispose lei. «C’è molta luce, possiamo evitare lo stesso le gocce.»

John si strinse nelle spalle, ovviamente solo mentalmente, e gettò il pezzo di legno ardente sotto una goccia che si stava posando. I due avanzarono verso la luce.

Stavolta si trattava di un fuoco normale, come poterono vedere avvicinandosi. Sfortunatamente, non si vedeva nessuno nelle sue vicinanze, e la vegetazione non era tanto folta da nascondere un corpo, a meno che il possessore di questo corpo non intendesse usarla a questo proposito. Questo lasciava prevedere la possibilità di qualche guaio, e i due esploratori girarono intorno alla collina sulla quale ardeva il fuoco con la massima cautela, cercando le tracce di chi vi era giunto nelle ultime ore. Non possedendo l’abilità di cercatori dei cavernicoli, non trovarono il minimo segno della presenza di creature intelligenti. Dopo due interi giri del colle, e dopo un breve scambio di impressioni, furono costretti a concludere che le possibilità si riducevano a due: o colui che aveva acceso il fuoco si trovava ancora sulla collina, e si era nascosto a regola di arte, oppure il fuoco si era acceso per qualche motivo che per il momento era impossibile indovinare. La seconda ipotesi non sarebbe forse venuta in mente ai due esploratori se non fosse stato per la precedente esperienza del vulcano. Sembrava comunque impossibile concludere qualcosa in virtù del solo ragionamento. Era necessaria una indagine più ravvicinata e, aspettandosi in continuazione di udire la secca voce di Veloce, i due cominciarono a salire. Salirono con estrema cautela, esaminando ogni arbusto.

L’ascesa si rivelò assai simile a un esperimento scientifico, perché sul momento il suo compimento eliminò entrambe le precedenti ipotesi, e li lasciò privi di qualsiasi idea in merito. Comunque, fu solo per un momento; quando i due si fermarono davanti al fuoco, che evidentemente era stato acceso da mani di esseri intelligenti, venne un grido dalla cima del più vicino colle, che sorgeva a trecento iarde di distanza.

«John! Nancy! Da dove venite?» Gli sbalorditi investigatori riconobbero simultaneamente la voce di Oliver e il fatto di essere stati alquanto frettolosi nell’eliminare delle possibilità; ovviamente non avevano visto una pista, perché né Oliver né Dorothy erano in grado di volare. Non parlarono di questo, comunque; ma in cuor loro decisero che la responsabilità dell’accaduto doveva risalire alla vegetazione, che in quella zona era completamente dissimile» da quella alla quale erano abituati.

Quando Oliver e la sua compagna ritornarono accanto al fuoco che avevano abbandonato alla vista della torcia di John, per rifugiarsi sulla collina più vicina, venne rapidamente alla luce il fatto che anch’essi avevano visto le fiamme del vulcano ed erano andati a vedere la natura del fenomeno. Le loro avventure erano state assai simili a quelle vissute da John e Nancy, con una sola differenza: essi non avevano cercato di nascondersi nelle gocce di pioggia. Oliver e Dorothy erano giunti con un’ora di anticipo sugli altri, così avevano avuto modo di accumulare una buona riserva di legna da ardere, ed erano perciò in possesso del necessario per trascorrere la notte.

«Scommetto che Jim e Jane ci raggiungeranno prima di giorno,» disse Nancy, quando le due coppie ebbero terminato il loro scambio d’informazioni. «Le loro zone di ricerca erano ancor più vicine a questo posto che le vostre, Oliver, e a meno che non abbiano sbagliato grossolanamente strada, devono avere scorto a loro volta la grande luce.»

«Forse hanno pensato che era meglio portare a termine la loro missione,» fece notare John.

«L’investigare sulle grandi luci non fa parte della missione?» fu la risposta della sua compagna. «Secondo me, se non li vedremo nel giro di due ore, comincerò a preoccuparmi seriamente per la loro sorte. La collina di fuoco non può essere ignorata, e voi lo sapete.»

Nessuno aveva una risposta ragionevole da opporre alla sua dichiarazione, ma nessuno fu particolarmente impressionato dal suo ragionamento, dato che tutti avevano passato del tempo a discutere prima di dirigersi verso il vulcano. In ogni modo, le ore passarono senza che gli altri due si mostrassero. Se Nancy se ne preoccupò, non lo diede a vedere; e gli altri non erano affatto in pensiero. Fu una notte molto tranquilla, senza alcuna preoccupazione. Le ore stavano trascorrendo, ma questo era normale; la luce si faceva più intensa, ma quella strana collina giustificava il fenomeno; la pioggia stava scemando d’intensità, ma anche di questo poteva venire imputata la collina. Il fuoco stava consumando la legna con insolita rapidità, ma c’era legna a sufficienza. Senza dubbio la colpa era del vento… nessuno di loro aveva mai conosciuto un vento così intenso, e una corrente d’aria capace di farsi sentire era certamente in grado di provocare ogni sorta di fenomeni strani. I quattro esploratori restarono accanto al fuoco e riposarono, mentre il vento stava aumentando d’intensità.



Загрузка...