2 giugno dell’anno 78. L’inattesa reazione di Sua Eccellenza



Mi ascoltò senza interrompermi, cosa che era di per sé un brutto segno. Provai a consolarmi pensando che la sua insoddisfazione non fosse legata a me, ma a circostanze che nulla avevano a che fare con me. Ma, dopo avermi ascoltato fino in fondo, disse accigliato:

— Con la Glumova non hai combinato quasi niente.

— Avevo le mani legate dalla mia storiella, — risposi freddo.

Non ribatté.

— Cosa pensi di fare adesso? — mi chiese.

— Secondo me, qui non ci torna più.

— Anche secondo me. E dalla Glumova?

— È difficile dirlo. Anzi, non so proprio che dire. Non capisco. Ma naturalmente, la possibilità esiste.

— Secondo te, perché si è incontrato con lei?

— Ecco, questo non lo capisco, Eccellenza. Stando alle apparenze, tutto lascia supporre che si siano amati e abbandonati ai ricordi. Solo che l’amore non era proprio amore e i ricordi non solo ricordi. Altrimenti la Glumova non sarebbe stata in quello stato. Certo, se lui si fosse ubriacato come un maiale avrebbe potuto offenderla… Specialmente se si tiene presente quali strani rapporti avevano avuto nell’infanzia…

— Non esagerare, — berciò Sua Eccellenza. — Non sono più dei bambini. Poniamo così la questione: se lui la chiama di nuovo, oppure va da lei, lei lo accoglie oppure no?

— Non so, — dissi. — Probabilmente sì. Lui è ancora molto importante per lei. Lei non avrebbe potuto trovarsi in uno stato di tale disperazione per un uomo che le fosse indifferente.

— Questa è letteratura, — brontolò Sua Eccellenza e all’improvviso gridò: — Tu dovevi cercare di sapere perché lui l’ha chiamata! Di che cosa hanno parlato! Che cosa lui le ha detto!

Mi arrabbiai.

— Non potevo sapere niente, — dissi. — Lei aveva un attacco isterico. E quando è ritornata in sé, le sedeva davanti un giornalista idiota con la sensibilità di un elefante…

Mi interruppe:

— Devi incontrarla di nuovo.

— Allora permettetemi di cambiare la storiella!

— Cosa proponi?

— Per esempio questo. Sono del COMCON. Su un pianeta è accaduta una disgrazia. Lev Abalkin ne è stato testimone. Ma la disgrazia lo ha così colpito che è scappato sulla Terra e ora non vuol vedere nessuno… La sua salute psichica è rimasta scossa, forse è malato. Noi lo stiamo cercando per sapere che cosa sia avvenuto precisamente…

Sua Eccellenza taceva, evidentemente la mia proposta non gli piaceva. Fissai per un po’ la sua faccia scontenta, calva e lentigginosa, che invadeva io schermo, e poi dissi di nuovo, un po’ sulle mie:

— Cerchi di capire, Eccellenza. Non si può più mentire come prima. Ormai ha avuto il tempo di capire che non sono capitato da lei per caso. Forse sono riuscito a farle cambiare idea, ma se le compaio di nuovo davanti, sarà un chiaro richiamo al suo buon senso! Delle due l’una: o lei ha creduto che sono un giornalista, e allora non ha più nulla da dirmi, e manderà semplicemente al diavolo questo idiota privo di tatto; oppure non ci ha creduto, e allora a maggior ragione lo manda al diavolo. Io al suo posto lo farei. Ma se, invece, sono un rappresentante del COMCON, allora ho il diritto di fare domande, e cercherò di domandare in modo che lei risponda.

Secondo me, tutto ciò suonava abbastanza logico. In ogni caso non riuscivo a farmi venire in mente niente di meglio. Ed inoltre non avevo nessuna intenzione di tornare da lei nella parte del giornalista idiota. In fin dei conti, per Sua Eccellenza era più chiaro cosa fosse più importante. trovare l’uomo o mantenere il segreto sull’indagine.

Chiese senza sollevare la testa:

— Perché stamattina sei andato al museo?

Mi stupii:

— Come perché? Per parlare con la Glumova…

Sollevò lentamente la testa e vidi i suoi occhi. Aveva le pupille iridescenti. Indietreggiai. Evidentemente, avevo detto qualcosa di terribile. Balbettai come uno scolaretto:

— Ma è li che lavora… Dove dovevo parlare con lei? A casa non l’ho trovata…

— La Glumova lavora al Museo delle Civiltà Extraterrestri? — chiese scandendo chiaramente le parole.

— Sì, ma cosa è successo?

— Nel settore specifico degli oggetti di uso sconosciuto, — aggiunse piano. Un po’ chiedeva e un po’ informava. Sentii freddo lungo la spina dorsale, quando vidi l’angolo della sua bocca, le labbra sottili che si storcevano a Sinistra e in basso.

— Sì, — dissi in un sussurro.

Di nuovo non vedevo i suoi occhi. Di nuovo tutto lo schermo era invaso dalla sua calvizie lucente.

— Eccellenza…

— Sta’ zitto! — urlò. Ed entrambi tacemmo a lungo.

— Allora, — disse alla fine con la solita voce. — Ritornatene a casa. Resta a casa e non ti muovere. Posso avere bisogno di te in qualsiasi momento, più probabilmente di notte. Di quanto tempo hai bisogno per tornare?

— Due ore e mezzo.

— Come mai tanto?

— Devo anche attraversare a nuoto il lago.

— Va bene. Torna a casa e fammi rapporto. Sbrigati.

E lo schermo si spense.



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