7

L’“Esperance” navigava verso nord. Il panfilo sembrava un vascello fantasma in corsa su un mare altrettanto irreale, sovrastato da un cielo azzurrissimo e senza nubi nel quale il sole splendeva alto.

Ma l’“Esperance” non era una visione, e non lo era il Mar della Cina sul cui fondo si nascondeva qualcosa di mostruoso. La furia con cui era stato distrutto il batiscafo faceva pensare alla follia. Ma il ronzìo e gli apparecchi di plastica non erano dovuti a follia.

Davis si unì alla figlia e a Terry. Prima che il padre potesse parlare, la ragazza disse: — Non riesco a trovare una spiegazione che si adatti a tutti gli elementi a nostra disposizione, Terry.

— Quello che è successo oggi supera ogni immaginazione — commentò Davis. — Ammesso che quegli oggetti di plastica abbiano un significato, questo può essere uno solo: servono a trasmettere in profondità ciò che avviene in superficie. Spiegazione semplice, ma non ne vedo proprio altre. Però abbiamo l’episodio del batiscafo rimasto vittima di una forza tanto misteriosa quanto incredibile per potenza e violenza. Un episodio che con la curiosità per i fatti di superficie non ha niente a che vedere.

— Infatti — ammise Terry. — Ma non dimenticate che prima noi avevamo fatto esplodere una specie di bomba sul fondo. Il batiscafo è sceso negli abissi due ore più tardi. Se la cosa che si nasconde negli abissi fosse un essere privo di intelligenza, non avrebbe affatto associato l’esplosione di due ore prima con la discesa del batiscafo. Occorre almeno una certa dose di intelligenza per collegare due oggetti discesi entrambi sul fondo con un pericolo in corso.

Deirdre s’illuminò. — Ma certo! Continuate, Terry!

— La curiosità implica intelligenza — riprese il giovane. — E di solito l’intelligenza sostituisce denti e artigli. A noi non è nemmeno venuto in mente che i pesci addosso ai quali sono stati trovati questi apparecchi li avessero fabbricati loro. Allora perché pensare che ciò che ha attaccato il batiscafo l’abbia fatto di propria iniziativa? Tutti quanti pensiamo che sia qualche entità a provocare la presenza dei pesci di profondità nella laguna di Thrawn, no? Davis annuì.

— Ma se c’è di mezzo un’intelligenza, comincerò veramente ad avere paura — disse Terry. — Noi esseri umani ci spaventiamo sempre di fronte alle strane forme di intelligenza. E se poi si tratta di un’intelligenza non umana… L’arrivo di Nick interruppe il colloquio.

— Ho chiamato la stazione di Thrawn — disse lo studente. — Riferiscono che il ronzìo è cessato per una quarantina d’ore, e poi è ripreso. Hanno richiesto la nostra presenza. Ho risposto che stavamo già dirigendo sull’isola. Sono ancora in ascolto. Devo comunicare qualcosa?

— Arriveremo dopo il tramonto — osservò Davis. — Forse sarà meglio informarli del tentativo del “Pelorus”, e della fine del batiscafo.

— Già fatto — rispose Nick. — Il radiotelegrafista di Thrawn ha fatto un commento… be’, molto poco ortodosso, e poi mi ha spiegato che gli era sfuggito perché sul momento non riusciva a immaginare che cosa diavolo avesse potuto perforare uno scafo di ottimo acciaio dello spessore di dieci centimetri. E confesso che al suo posto non avrei trovato anch’io un commento più adatto del suo!

— Nient’altro da comunicare, allora. Arriveremo laggiù dopo il tramonto — ripeté Davis, — e vedremo se nella laguna ci sono novità.

Nick si avviò verso la sua cabina radio, ma fatti pochi passi si fermò. — Dimenticavo! — esclamò. — Il radiotelegrafista mi ha detto che alla stazione sono tutti scombussolati. Un’ora fa hanno saputo che è stato avvistato un terzo meteorite. Pare che sia stato localizzato a un’altezza superiore alla solita: diecimila metri.

Davis rispose con un cenno, e Nick sparì sottocoperta.

Un branco di focene comparve a poppa dello yacht e ne accompagnò la corsa per qualche minuto, con grandi balzi, poi scomparvero in lontananza. Si comportavano come chi vuoi dar l’impressione di aver fatto qualcosa d’importante.

— Si dice che l’intelligenza delle focene sia paragonabile a quella dell’uomo — commentò Terry. — Se è vero, rimpiango che non sappiano parlare. Forse potrebbero raccontare fatti interessanti sul problema che ci ossessiona!

— Io mi occupo di questa faccenda da mesi — mormorò Davis. — Eppure da quando siete arrivato voi ho scoperto più cose incomprensibili di quante potessi immaginare.

Davis si allontanò, pensoso. Deirdre sorrise a Terry.

— Forse non ve ne siete accorto — disse, — ma con quelle parole, mio padre ha voluto esprimervi la sua gratitudine. — Poi aggiunse: — Noi abbiamo sprecato un sacco di tempo. Abbiamo chiacchierato spesso, ma non abbiamo mai parlato di cose importanti.

— Cioè? — domandò Terry.

— La schiuma, ad esempio — rispose Deirdre. — Quei grossi banchi di schiuma che galleggiano sul mare. Anche loro, guarda caso, compaiono nella zona della Fossa di Luzon. Li ha fotografati un aereo meno di un mese fa, e i pescatori li hanno avvistati più spesso di quanto pensiate. Senza contare il veliero letteralmente sprofondato in una di quelle formazioni. Che ne direste di parlarne un po’?

Sedettero sulla ringhiera del boccaporto e cominciarono a discutere dei banchi di schiuma, misteriosi quanto il resto. A un certo punto Deirdre disse che da bambina restava affascinata quando suo padre si faceva la barba. La schiuma del sapone la incantava. Così, a poco a poco, il discorso si spostò dall’argomento iniziale a tutt’altra cosa, e dopo un’ora i due giovani avevano completamente dimenticato l’intenzione di parlare di “cose importanti”, come aveva detto Deirdre.

Più tardi tornò Davis.

— Ho appena parlato con Morton — disse. — È preoccupatissimo per quel bolide avvistato dall’osservatorio di Palomar. Terry aspettò, in silenzio, il seguito.

— Morton vorrebbe che lo fotografassimo quando cadrà — riprese il padre di Deirdre. — Dai suoi calcoli pare che finirà esattamente nel punto in cui si trovava il “Pelorus” questa mattina.

Terry lo guardò, attento. Le stelle cadenti non sono un fenomeno molto raro. Se si osserva il cielo a lungo, in una notte d’estate, può capitare di vederne parecchie. I bolidi sono stelle cadenti di tipo non molto frequente. Ciò nonostante molta gente ne ha visti almeno due o tre nella sua vita. Nessuno però ha mai pensato di osservare da vicino la caduta di un meteorite in mare o sulla terra. Anche perché l’avvicinarsi troppo al punto di caduta potrebbe essere pericoloso.

— Ritorneremo in quel punto e vedremo di fare qualcosa di buono — riprese Davis. Ma era alquanto imbarazzato. — Morton sostiene che in fondo è un’idiozia, e che se anche riuscissimo a scattare delle fotografie nessuno ci crederebbe.

Dal suo tono di voce mi è parso seriamente preoccupato. Mi ha persino chiesto se potevo ottenere che Manila mandasse un aereo per assistere alla caduta del bolide. Vedrò se mi sarà possibile. — Poi, sempre più impacciato, aggiunse: — Naturalmente nessuno mi darebbe retta se spiegassi per quale motivo voglio l’aereo. Dovrò dire che secondo me è il caso di tener d’occhio la zona perché potrebbe accadere qualcosa di insolito. In tal modo la mia richiesta non sembrerà tanto strana, perché il “Pelorus” deve aver riferito che da quelle parti succedono effettivamente cose strane.

Terry diede l’impressione di voler dire qualcosa, ma poi evidentemente ci ripensò.

— Stavate per parlare — osservò Deirdre quando Davis si fu allontanato. — Cosa vi è passato per la mente?

— Pensavo al capitano Horta — rispose Terry. — Un brav’uomo, ma senza la più pallida nozione scientifica. Gli esperti non crederebbero una parola di ciò che possiamo raccontare noi, ma se ne parlo con Horta e lo prego di riferirlo a qualcuno che come lui non se ne intende di scienza, sono sicuro che la nostra storia verrebbe ad avere il massimo credito. Ad ogni buon conto avremmo degli ottimi testimoni: nel caso in cui le previsioni di Morton si avverassero. E se Morton si sbagliasse… — Terry si strinse nelle spalle — be’, io non ho una reputazione di scienziato da salvare!

— Magnifico — approvò Deirdre. — Mi occupo subito del vostro progetto.

La ragazza scomparve nel boccaporto. Pochi minuti più tardi l’“Esperance” compiva un’ampia virata e invertiva la rotta puntando nella direzione da cui proveniva. Deirdre rimase assente per parecchio tempo. Tornò infine per dire a Terry che Nick, incollato alla trasmittente, si era messo in contatto con la portaerei di stanza a Manila, la quale a sua volta si era messa in contatto con la centrale di polizia della città, e che stavano cercando il capitano Horta perché lui potesse parlargli.

Era quasi il tramonto quando la voce di Horta risuonò nella cuffia che Terry si era infilato appena sceso nella cabina radio del panfilo.

— Vi devo chiedere un favore — cominciò Terry. — Vorrei che un certo numero di persone di Manila venissero informate che questa notte succederà qualcosa di straordinario in mare. Queste stesse persone verranno in seguito chiamate a testimoniare di essere state informate in precedenza di quello che stava per accadere. Potete farlo?

— C’è bisogno di domandarlo? — ribatté la voce del capitano. — Siamo amici, no? Allora qual è l’avvenimento e a chi lo devo dire?

— L’avvenimento è questo — rispose Terry. — Alle ventuno e dodici un meteorite cadrà in mare esattamente nel punto in cui “La Rubia” va a pescare quando torna stracarica di pesce… No, è meglio che non diciate così. Aspettate un attimo che vi do le coordinate.

Davis, seduto accanto a lui, scrisse su un foglietto i gradi di latitudine e di longitudine comunicatigli da Morton, e glieli passò. Terry lesse le cifre al microfono.

— Avete preso nota, capitano? — chiese poi.

— Certo — rispose Horta, tranquillo come sempre. — Farò in modo che anche gli altri si segnino i dati. A quanta gente lo devo dire? Oh, sentite, ho notizie per voi. Jimenez…

— State bene attento, capitano — lo interruppe Terry. — Dovete farlo sapere a tutti quelli che si sono occupati de “La Rubia”. Mi interessa che qualcuno provi una certa incredulità, in modo da essere tentato di controllare per poter poi cantare vittoria su coloro che si sono dimostrati troppo creduloni.

— Ma allora la faccenda diventa complicata! — ribatté Horta. — Volete ripetere, per favore?

— Alle ventuno e dodici di questa sera — ripeté Terry lentamente, — una specie di stella cadente precipiterà nel mare nella posizione esatta che vi ho comunicato prima, e cioè nel punto in cui va a pescare “La Rubia”.

— Una stella cadente? — chiese Horta. — Ma come si fa a sapere dove cadono, quelle?

— Per questa volta lo si sa. E lo sapete anche voi perché ve l’ho detto io. Allora, vi impegnate a farlo sapere a un certo numero di persone?

— È una pazzia, ma lo farò, ve lo prometto — rispose Horta. La comunicazione finì, senza che Horta, un po’ focoso, potesse terminare il suo discorso a proposito di Jimenez.


Al tramonto Doug preparò le macchine fotografiche, e tenne una vera e propria lezione dal ponte dell’“Esperance”, spiegando a tutti come dovevano puntare l’obiettivo, e in che modo bisognava impugnare la macchina, e qual era la levetta da schiacciare per far girare la pellicola. Lo preoccupava il fatto di non sapere quale fosse la luminosità dell’oggetto, perché senza quel dato non gli era possibile regolare l’apertura dell’obiettivo né stabilire quali flash usare. Un’altra preoccupazione gli veniva dalla velocità del bolide da fotografare. Comunque risolse il problema mettendo il fuoco all’infinito e fissando lo scatto a un centesimo di secondo.

Arrivarono finalmente nel punto in cui il ‘“Pelorus” aveva immerso il batiscafo. Il battello non c’era più. Il suo equipaggio doveva essere rimasto sconvolto dalla distruzione del preziosissimo apparecchio di profondità il cui prezzo superava di gran lunga il costo di qualsiasi altra attrezzatura per ricerche oceanografiche. Chissà in che modo avrebbero giustificato la perdita?

Lo yacht si diresse nel punto esatto in cui al mattino si era fermata la nave-laboratorio. Deirdre servì il pranzo sul ponte. Appena calato il sole il cielo si riempì di stelle eccezionalmente scintillanti. Tony portò su la chitarra e a bordo dell’“Esperance” esplose un’allegria contagiosa, dovuta più che altro alla tensione nervosa, e in parte all’idea che i nove decimi almeno dell’umanità li avrebbero davvero considerati pazzi se avessero anche solo lontanamente sospettato quali erano i loro progetti per quella sera.

Affascinante, però, l’appuntamento con una stella cadente. Appuntamento al quale si erano recati per un atto di cortesia professionale “di matti verso altri matti” pensava Terry.

Così, a bordo dell’“Esperance” si chiacchierava, si suonava e si cantava. Qualcuno accennò persino a ballare.

Infine Nick tornò giù dalla sua radio, pronto a ricevere qualsiasi chiamata. Doug ricontrollò per l’ennesima volta le macchine fotografiche.

Dopo un certo tempo Nick si sporse dall’oblò. — Il dottor Morton continua a tempestarci di chiamate — gridò. — Il bolide ha compiuto quattro giri orbitali, e al prossimo dovrebbe penetrare nell’atmosfera. Il dottor Morton dice che la caduta avrà luogo alle ventuno, dodici minuti e diciassette secondi. Gli ho detto che siamo pronti.

La testa del giovane scomparve. — Non dimenticate — disse ansiosamente Doug. — Una volta inquadrato l’oggetto nell’obiettivo, non lo perdete di vista. E siate pronti a premere la levetta per girare la pellicola!

Terry provò a impugnare la sua macchina fotografica: pareva proprio un fucile. E di colpo non credette più a niente: le ricerche dell’“Esperance”, i fenomeni osservati, le ipotesi fatte. Era pura pazzia! Provò una forte irritazione contro se stesso per essersi impegolato in una faccenda così ridicola!

Deirdre gli si accostò, e si protese a sussurrare: — Terry, ho appena avuto un attacco di buon senso! Cosa stiamo facendo qui? Dobbiamo essere impazziti!

Il giovane le strinse una mano, e il lieve contatto gli diede una sensazione straordinaria.

— A volte essere pazzi è una cosa bellissima — mormorò lui. — Dovremo riparlarne.

— Sì… — disse la ragazza.

Poi Davis comunicò le coordinate perché le macchine fotografiche venissero puntate nella giusta direzione. Il bolide avrebbe dovuto arrivare seguendo un angolo di trecentocinquanta gradi, da nord a sud. Il punto di caduta previsto era poco oltre la posizione del panfilo, ma poteva variare leggermente da est a ovest. Morton aveva bisogno di quante più fotografie fosse possibile e nelle quali si vedessero le stelle.

A un tratto dall’aria venne un rombo continuo, e poco dopo si videro le luci di alcuni aerei. Sembravano stelle in movimento. Nick tornò di corsa sul ponte. — Gli apparecchi ci hanno chiamato — riferì. — Hanno l’ordine di osservare qualunque fenomeno insolito che si verifichi tra le ventuno e le ventiquattro, ora di Manila. Traducendo in linguaggio comune ne risulta che il governo delle Filippine li ha spediti a dare un’occhiata.

— Bene — brontolò Davis. E dopo aver guardato il cronometro aggiunse: — Adesso sono le nove e cinque.

La prua dell’“Esperance” si alzava e si abbassava seguendo i movimenti delle onde, e sotto la cupola nera spruzzata di stelle risuonava ininterrotto il rombo degli aerei che sorvolavano la zona. I minuti passarono, lentissimi. Alle nove, dodici primi, ventidue secondi, nel cielo, in direzione nord, apparve una luce, che andò aumentando d’intensità. Raggiunto il massimo splendore cominciò a diminuire. Ma dopo alcuni secondi riprese vigore.

Terry si trovò a guardare nel riquadro della macchina fotografica quasi senza rendersene conto. Scattò una fotografia e girò la pellicola, scattò ancora e ancora azionò la levetta.

La luce diventò ancora più fulgida, tanto da permettere di vedere le connessure nell’impianto del ponte dell’“Esperance”. Dopo un’altra vampata ancora più splendente la luminosità del bolide parve stabilizzarsi di nuovo. “Missile a più stadi?” pensò Terry. Infine la luce incandescente lasciò il posto a una luminosità rosso cupo. Terry puntò ancora la macchina fotografica e azionò il grilletto. La luce passò sopra lo yacht e finì nel mare, due miglia dietro l’“Esperance”. Pochi secondi dopo le onde d’urto causate dall’impatto si infransero contro le fiancate del panfilo mentre dal mare si levava una nuvola di vapore.

Poi più niente tranne il ronzìo degli aerei che sorvolavano l’oceano. Infine un rumore di tuono che rotolò lontano in direzione nord: il rombo del bolide in corsa che arrivava quando il corpo che l’aveva prodotto era sparito in mare.

A bordo dello yacht erano ammutoliti tutti. Nick fece una corsa giù in cabina e risalì poco dopo.

— Gli aerei riferiscono di aver notato il fenomeno — disse. — Domandano se devono continuare a sorvolare la zona nel caso che succeda qualcos’altro.

— Niente in programma per il momento — rispose Davis, in tono ironico.

— Avvertili che lo spettacolo è finito. Lo yacht riprese il suo viaggio e Davis scese in cabina radio per mettersi in contatto con Morton.

Terry e Deirdre cercarono un angolo tranquillo dove poter chiacchierare indisturbati. Fu un discorso molto importante il loro, ma non aveva niente a che fare né con pesci né con meteoriti né con oggetti strani di plastica. Fu comunque un colloquio soddisfacente per entrambi, almeno a giudicare dalle loro espressioni del mattino seguente quando il panfilo entrò nelle acque calme della laguna di Thrawn.

Nick fermò le macchine e l’“Esperance” accostò dolcemente al molo. Gli uomini della stazione-osservatorio erano tutti lì ad aspettarli, e il dottor Morton salì subito a bordo. Il suo umore era chiaramente pessimo.

— Un bel guaio — disse a Davis. — Ho previsto di nuovo con esattezza il punto di caduta del bolide! Ho dovuto usare un altro valore di rallentamento per far quadrare i calcoli, e adesso naturalmente mi vengono chieste spiegazioni! Come faccio a dire a Washington che conoscevo già il punto di caduta e che mi sono limitato a calcolare il tempo?

— Scendiamo a esaminare le foto, poi ne discuteremo — rispose Davis.

I due amici scomparvero sottocoperta. Terry aveva già visto le fotografie scattate la sera prima. Doug le aveva sviluppate e stampate con la massima cura variando i tempi di sviluppo e i liquidi per il fissaggio a seconda dell’esposizione dell’oggetto luminoso. In complesso c’erano una ventina di buone fotografie del bolide, da quando era comparso nel cielo fino al momento della sua caduta in mare. Doug aveva anche fatto qualche ingrandimento delle meglio riuscite. In quasi tutte il meteorite appariva un po’ confuso, effetto dovuto anche all’alone di luce che l’accompagnava. Una sola fotografia era quasi perfetta. Ed era la meno convincente di tutte. Vi si vedeva la parte anteriore di un oggetto conico rivolto con la punta in avanti. Nessuno avrebbe creduto che quello fosse un meteorite. Aveva troppo l’aria di essere stato costruito.

Sul ponte, Terry e Deirdre assistevano alle animate discussioni del personale dell’osservatorio. Dal loro punto di vista quello della notte prima era stato senz’altro l’avvenimento più sensazionale di tutta la storia. Informando il capitano Horta, Terry era riuscito a far sì che la faccenda dei bolidi si diffondesse sino ad arrivare ai membri più importanti del governo, i quali se n’erano interessati immediatamente, tant’è vero che dietro loro richiesta la portaerei americana aveva inviato sul posto alcuni apparecchi con ordini che erano rimasti incomprensibili finché il corpo misterioso non aveva fatto la sua comparsa all’orizzonte. A questo punto tutti gli equipaggi degli aerei avevano capito perché mai erano stati inviati nella zona. Chiaro perciò che il dottor Morton, il quale aveva previsto l’avvenimento, era l’uomo che ne sapeva più di tutti sui meteoriti. Le sue dichiarazioni avevano quindi acquistato un immenso valore, e tutta Thrawn partecipava al suo trionfo professionale. Comunque la notizia non sarebbe apparsa sui giornali.

A quanto pareva quelli dell’isola non si preoccupavano più dei pesci. Avevano ben altro a cui pensare, adesso! Il loro capo aveva calcolato esattamente il punto e il momento di caduta di una massa meteorica proveniente dallo spazio, e l’aveva fatto quando ancora il bolide si trovava a novemila metri di altezza. Un successo straordinario dal punto di vista tecnico-scientifico.

Infine Davis e Morton risalirono per sbarcare subito insieme con i quattro studenti. Terry e Deirdre restarono a bordo con il radiotelegrafista dell’osservatorio.

— Ci sarà un ricevimento, con champagne e discorsi — disse il marconista.

— Ci verrete?

— Certo — rispose Terry. — Prima però voglio fare una nuotata. Non abbiamo più avuto occasione di fare un bagno in mare dall’ultima volta che siamo stati qui.

— Torneremo in tempo per il ricevimento — assicurò Deirdre, e scese in cabina a cambiarsi.

Il radiotelegrafista fece un ultimo tentativo per interessare Terry alla preparazione degli eccezionali festeggiamenti, poi sbarcò anche lui. Terry lo accompagnò a riva per procurarsi il fuoribordo già usato la volta precedente.

Poco dopo la leggera imbarcazione si staccò dal fianco dell’“Esperance” e scivolò via sulle acque tranquille della laguna.

Dalla scogliera ancora invisibile arrivava il rombo della risacca, unico rumore che turbava la quiete. Le palme muovevano appena le grandi foglie sotto l’effetto di un lieve vento.

— Dove andiamo a nuotare? — chiese Deirdre. — La laguna è tutta bella. Un posto vale l’altro… Terry spense il motore.

— C’è un punto abbastanza profondo, quello dove ho arpionato quei pesci. Meglio non avvicinarci troppo — disse.

Deirdre lo rassicurò con un gesto e si tuffò. Terry scivolò in acqua dietro di lei. La ragazza tornò a galla in mezzo a un gorgoglio di bolle.

— Tutto bene, Terry! Di cosa ti preoccupi?

— Quel bolide aveva una destinazione precisa: la Fossa di Luzon — disse lui.

Deirdre scosse le spalle e tornò a tuffarsi. Questa volta il giovane la seguì. Il fondo era splendido e sembrava luccicare sotto il riflesso del sole attraverso l’acqua limpida. Tornata a galla, Deirdre disse: — Che buffo!

— È finito nella Fossa con uno scopo — riprese Terry. — Ne erano già caduti altri nello stesso punto, Deirdre. Non c’è niente di buffo!

— Non pensavo al bolide — ribatté Deirdre. — Mi riferivo a un minuto fa, nell’acqua… Cos’è quello?

A una decina di metri da loro, sul pelo dell’acqua, si era formato un vortice. Non il solito mulinello provocato da un pesce che affiora. Era molto più grande, come se qualcosa di molto grosso si muovesse sott’acqua. Terry pensò a una focena. O forse si trattava di uno squalo arrivato nella laguna con l’alta marea e rimasto poi intrappolato lì dentro. Ma il vortice, a pensarci bene, era troppo grosso anche per creature di quelle dimensioni. Scomparve, poi lo si rivide.

— Sali in barca — gridò Terry.

— Presto!

Mentre Deirdre si issava a bordo senza protestare, lui si immerse tenendo gli occhi bene aperti. Sotto il gorgo l’acqua era torbida: il limo del fondo era stato smosso. Terry riusciva a distinguere a malapena i colori dei coralli, le spugne, e i pesciolini che guizzavano qua e là.

Risalì. Deirdre aspettava ansiosa, sporgendosi dal bordo dello scafo.

— Che cos’è? — domandò.

— Non lo so ancora — rispose lui. — Passami una fiocina, presto.

— Non vorrai…

— Preferisco avere un’arma in mano — interruppe Terry, in tono impaziente.

Prese la fiocina che Deirdre gli porgeva e riscomparve sott’acqua. Qualcosa si muoveva nel punto più profondo della laguna. Era un movimento brusco, come se la creatura, o le creature nascoste là sotto, cercassero di sfuggire alla luce che penetrava le onde.

Terry risalì a galla per riprendere fiato.

— C’è qualcosa di strano, ma non capisco cosa possa essere — disse, e si rituffò.

Con cautela si avvicinò al punto che aveva attirato la sua attenzione. Si trovava a pochi metri dalla zona in cui l’acqua era più torbida, quando vide spuntare qualcosa dal fango: una specie di verme gigantesco. Pareva la proboscide di un elefante. Si contorceva con movimenti fluidi e terminava in una punta arrotondata. La strana appendice vermiforme, del diametro di trenta centimetri, sì allungò dal fango per un metro, poi due, poi cinque, brancolando alla cieca nell’acqua torbida.

Terry tornò in fretta verso la barca, ma appena lui si mosse il tentacolo si drizzò di colpo spazzando l’acqua. Nella parte inferiore comparvero ben visibili delle specie di dischi biancastri. Sembravano enormi ventose. Il tentacolo cercava Terry, guidato dallo spostamento dell’acqua causato dai suoi movimenti.

Il giovane rabbrividì. Deirdre si mosse sul fuoribordo, provocando altre di quelle onde che servivano da guida alla creatura cieca degli abissi.

Il mostruoso tentacolo si mosse verso il nuovo rumore senza più occuparsi di Terry che pure era più vicino. Il giovane si mantenne immobile. La parte visibile del tentacolo superava già in lunghezza il fuoribordo. Se si fosse posato sull’orlo dello scafo l’avrebbe rovesciato immediatamente!

Non c’erano dubbi che la creatura stesse cercando di localizzare la barca. E l’avrebbe raggiunta entro pochi secondi.

Terry scattò in avanti ed immerse la fiocina nel tentacolo, che si dibatté con forza. Immediatamente altre appendici uguali spuntarono dal fango alla caccia di chi aveva osato l’attacco.

Terry riemerse. Per un attimo si sentì sfiorare da qualcosa di orribile. Fortunatamente non era stata la parte con le ventose. Terry s’aggrappò al bordo della barca per issarsi. La cosa tornò ad attaccarlo, e gli sfiorò la gamba. Questa volta il giovane sentì un bruciore intenso nel punto in cui era stato sfiorato.

— Metti in moto — gridò a Deirdre. — Fa’ presto!

Si udì un tonfo contro la prua del fuoribordo. La ragazza manovrò la leva d’avviamento.

— Sali! — ansimò. — Svelto!

Poi si accorse che Terry tendeva i muscoli per resistere alla forza, che l’aveva afferrato. Il tentacolo si tendeva cercando di rafforzare la presa, gli scivolava attorno al corpo come un rettile. Deirdre vide lo sguardo disperato del giovane. Afferrò la seconda fiocina e colpì con tutta la sua forza. Il tentacolo ebbe un sussulto.

Lei colpì ancora, e ancora, singhiozzando di orrore e di paura. Un colpo dopo l’altro, senza smettere, nella carne del mostro, e finalmente Terry riuscì a scavalcare il bordo dell’imbarcazione e rotolò sul fondo. Subito si rialzò e corse al motore. Un urto contro la chiglia. Terry manovrò l’avviamento e il motore rombò. Ma il fuoribordo non si mosse. Uno scatto rabbioso. Le pale dell’elica avevano tagliato un tentacolo. Nell’acqua tutt’attorno si scatenò l’inferno.

Infine il fuoribordo partì. Serrando i denti Terry spinse alla massima velocità saettando fra i mulinelli che affioravano.

Virò disperatamente per allontanarsi da una massa viscida che era affiorata in superficie, e filò via a zig zag. Un tentacolo si sollevò nell’aria. Nella carne del mostro era conficcata una fiocina. La piccola imbarcazione compì uno scarto, si raddrizzò, sembrò volare sull’acqua verso la salvezza offerta dalla riva.

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