Il mattino seguente, l’“Esperance” fece vela verso sud, in un mare inondato di sole. A bordo tutti avevano scrutato attentamente la superficie dell’oceano, per miglia e miglia attorno. Niente di insolito. Nessuno fece parola delle vicende notturne. A bordo sembravano tutti stranamente riluttanti a ricordare gli avvenimenti della notte precedente. In pieno giorno, sembrava impossibile esaminare i fatti obiettivamente. Con i gabbiani che stridevano tutto attorno e il mare scintillante sotto il sole, i ponti da lavare, la colazione da consumare e il normale lavoro di bordo, l’avventura del cerchio di mare brulicante di pesci sembrava assurda.
Parlarne seriamente era come raccontare una storia di fantasmi in pieno giorno. Impossibile crederci sotto la luce del sole.
Terry mise mano ai suoi arnesi per apportare una lieve modifica al microfono subacqueo. Si trattava di un microfono orientabile, studiato in modo da localizzare i rumori. Però lui non aveva pensato a renderlo orientabile anche verso il basso, direzione-chiave della notte scorsa. Adesso studiò una sospensione per ovviare all’inconveniente.
Questa era, evidentemente, la tacita ammissione che qualcosa d’insolito era accaduto. Poco dopo arrivò Deirdre.
— A che serve? — domandò, mentre Terry metteva a punto la sospensione.
Lui glielo spiegò. Lei continuò, un po’ esitante: — Ieri quando vi abbiamo chiesto di provare la pala solo in acque basse, siete andato su tutte le furie e avete dichiarato di voler essere sbarcato. Stiamo dirigendo su Barca, dove ci consegneranno un altro aggeggio per mio padre, del tipo di quello che io vi ho chiesto: un apparecchio per dirigere il pesce. Se volete lasciarci, là troverete l’autobus per Manila. Ma spero che abbiate cambiato idea.
— Sì — rispose Terry, — e l’ho detto a vostro padre. Ero irritato perché non rispondevate alle mie domande. Adesso mi sono posto io certi problemi, ed è vostro padre che aspetta una risposta. Cercherò di dargliela.
Deirdre tirò un sospiro di sollievo.
— Ho messo delle foto e un libro sul tavolo della cabina — disse. — Li avete trovati?
Lui annuì.
— E che cosa avete pensato?
— Che li avevate messi là perché li vedessi.
— Era perché vi rendeste conto che non potevamo rispondere a tutte le domande.
— Continuo a pensare che a qualcuna avreste potuto rispondere — osservò Terry. — Ma lasciamo perdere. Barca è un porto poco profondo?
— Da tre a cinque metri, con bassa marea — disse Deirdre. — Ci stanno fabbricando una specie di draga. Un apparecchio che scende sul fondo, preleva campioni e ritorna in superficie. A Manila aspettano una nave oceanografica, con a bordo un batiscafo. Forse con questi mezzi troveremo una risposta al nostro problema. — Poi aggiunse, a disagio: — Ho la sensazione che il batiscafo non sia un mezzo… sicuro. Lui la fissò.
— Gli “ellos”? — Sorrise mentre lei io guardava fisso. Poi domandò: — Quella draga piuttosto. Non è troppo, con una barca di queste dimensioni, pretendere di esplorare il fondo a migliaia di metri?
— È un apparecchio indipendente — spiegò lei. — Scende e riaffiora da solo. Niente cavi. Adesso cosa state facendo?
Terry aveva messo da parte il microfono sottomarino, e si occupava dell’amplificatore subacqueo non ancora collaudato.
— Voglio renderlo orientabile, in modo che proietti i suoni in un raggio a forma di ventaglio. Il raggio conico verrà in seguito. Lei non fece commenti. L’“Esperance” continuava la sua rotta.
— Non avete mai parlato con il comandante de “La Rubia”? — domandò Terry, poco dopo.
Lei scosse il capo.
— Dovreste farlo. È un bugiardo di prim’ordine. Mente automaticamente, spontaneamente. Un uomo simpaticissimo, solo che non riesce a dire una sola verità senza condirla di bugie.
— Ce ne siamo accorti — disse Deirdre. — Ma non io.
— Posso domandare cos’è successo o è un altro argomento tabù?
— Meglio che vada a preparare il pranzo — disse Deirdre in fretta.
Si alzò e se ne andò. Terry si strinse nelle spalle: il giorno prima si sarebbe inferocito, ma ormai si era rassegnato a rispettare i segreti dei suoi compagni. Inoltre ora aveva in mano abbastanza elementi per lavorare da solo.
A bordo del panfilo la vita proseguiva normale. Davis impartiva ordini in caso di necessità, ma non esisteva una vera e propria disciplina. Terry sentì uno dei giovanotti dare del tu a Deirdre; cosa piuttosto improbabile se si fosse trattato di gente di mare ingaggiata a pagamento; cosa invece abbastanza logica dal momento che i marinai dell’“Esperance” erano dei volontari. Sentì Deirdre rispondere: — Perché non glielo chiedi?
Uno dei giovani, Tony, si accostò a Terry.
— C’è stata una discussione sulla “balena” della notte scorsa — cominciò, senza preamboli.
Terry annuì. L’uso del termine “balena” tradiva il desiderio di considerare normali gli avvenimenti della notte precedente.
— A che velocità andava, secondo voi? — domandò Tony. — Le balene saltano fuori dall’acqua, l’ho visto in un documentario. Ma quella ha raggiunto un’altezza fantastica!
— Non ho calcolato la velocità — rispose Terry.
— Ma avete registrato il rumore — proseguì Tony. — Basta calcolare l’intervallo tra il momento in cui la balena è balzata fuori dall’acqua e lo schianto di quando è ricaduta.
— Sì, certo. Si può fare — rispose Terry.
— Sarebbe interessante saperlo — disse Tony, e aggiunse in fretta: — Ho letto non so dove che le balene raggiungono velocità altissime. Se riusciamo a determinare quanto è durato il balzo, potremo sapere anche la sua velocità.
Terry riflettè un istante, poi si avvicinò al registratore. Fece girare il nastro finché arrivò al punto dove il ronzìo era fortissimo, e cominciava il rumore d’acqua smossa, cioè un istante prima del balzo della cosa fotografata.
Terry guardò il cronometro quando sentì il rumore delle onde smosse, calcolò il tempo in cui il frastuono aumentava fino a diventare un rombo altissimo, un attimo prima di cessare. In quell’istante il corpo misterioso era balzato fuori dall’acqua. Vari secondi dopo si udì lo schianto della ricaduta nell’oceano.
Tony calcolò il balzo, mentre Terry si occupava del registratore. — Dovrebbe metterci lo stesso tempo a balzare in alto e a ricadere — disse Tony buttando giù delle cifre. — In caduta avrà impiegato un po’ di meno per via dell’accelerazione di gravita. Poca roba. Comunque, conoscendo il tempo impiegato nella caduta possiamo calcolare la velocità con cui viaggiava al momento del balzo. — Continuò a moltiplicare e a dividere. — Cento chilometri circa — concluse. — La balena filava a cento chilometri all’ora quando è uscita dall’acqua! Ma è impossibile! Chi può nuotare a una velocità simile?
— Non una balena — rispose Terry.
Tony esitò, aprì la bocca, la richiuse senza parlare e si allontanò.
Terry tornò al suo trasmettitore subacqueo. Il suono sott’acqua presenta certi problemi, e solo conoscendoli si possono ottenere buoni risultati. Un segnale sottomarino è percepibile a migliaia di miglia di distanza, però Terry non aveva mai sentito parlare di pesci imprigionati in una rete sonora.
Sapeva che le onde sonore possono stordirli e anche ucciderli, sapeva di pesci tramortiti dal suo-, no di una campana sottomarina, quindi non era del tutto illogico che certi rumori costituissero una barriera invalicabile per i pesci. Però continuavano ad esserci alcuni particolari, negli avvenimenti della notte prima, privi di una spiegazione razionale. Davis si avvicinò a Terry.
— Temo di aver perduto moltissimi dati informativi, per mancanza di un ricevitore subacqueo, le volte precedenti — disse. — Forse c’erano suoni diversi che noi non abbiamo potuto sentire.
— Può darsi — convenne Terry.
— Siamo come selvaggi di fronte a un fenomeno incomprensibile — riprese Davis. — E quel che abbiamo visto la notte scorsa è per noi misterioso come il tuono per un selvaggio: solo che un selvaggio l’attribuirebbe senz’altro ai demoni, o a chi sa che.
— Agli “ellos” — disse Terry.
— Sì… un selvaggio immaginerebbe forse un essere vivente dietro al fenomeno… Un selvaggio ignora le leggi naturali.
— Le leggi naturali! Conoscerne l’esistenza a volte non serve. Nel nostro caso, per esempio — commentò Terry.
— È per questo che temo di mettermi a pensare come i selvaggi. Vorrei proprio evitarlo.
— Sono d’accordo con voi. Dove vi dirigete adesso?
— A Barca: dobbiamo ritirare una draga.
— I fenomeni che vi interessano sono subacquei?
— Sì — rispose Davis. — Nell’area della Fossa di Luzon.
— Allora proverò il mio apparecchio nel porto di Barca. Mi hanno detto che lì il fondale è basso. E cercherò di non arrabbiarmi quando mi direte di non intralciare le vostre ricerche abissali.
— Grazie — disse Davis dirigendosi verso Nick che proprio in quel momento stava arrivando sul ponte con una striscia di carta in mano. Solo allora Terry si ricordò che a intervalli precisi di un’ora qualcuno scendeva sottocoperta: probabilmente il panfilo si teneva in collegamento radio con Manila. Del resto ne avevano accennato la notte prima, a proposito della posizione dell’“Esperance”.
Le ore del pomeriggio trascorsero calme. A oriente, mentre il cielo si andava colorando dei rossi del tramonto, apparve una striscia di terra punteggiata di alberi. L’“Esperance” virò di bordo e seguì la linea costiera tenendosi a qualche miglio di distanza. Scese la notte. E il panfilo proseguì la sua corsa regolare.
Dopo cena Davis rimase sottocoperta nella speranza di captare musica trasmessa da Los Angeles. Da prora, dove si erano riuniti i ragazzi, giungeva di tanto in tanto l’eco di qualche discussione.
Terry e Deirdre salirono sul ponte.
— Mio padre mi ha detto che ormai voi due v’intendete alla perfezione — disse la ragazza. — L’idea che non siate più offeso con noi gli piace molto. Dice che le vostre idee sono diverse dalle sue, ma che le conclusioni sono più o meno le stesse e che perciò devono essere giuste.
Terry fece una smorfia. — La mia conclusione è che non ho abbastanza elementi per giungere a una conclusione — rispose.
— Proprio come mio padre — ribatté Deirdre.
Rimasero seduti in silenzio. Era bello starsene sul ponte di un magnifico panfilo che filava sulle onde nere illuminate dalle stelle, ma Terry si rendeva conto di essere sempre consapevole della presenza della ragazza. Indubbiamente Deirdre gli era simpatica. Ma tante altre persone gli erano simpatiche, uomini e donne, senza che per questo lui fosse costantemente conscio della loro vicinanza fisica. Essendo una donna, e quindi più sensibile di un uomo alla particolare atmosfera che la circondava, Deirdre avvertiva la strana tensione di Terry, e il suo stato di perenne ansia e di profondo interesse per la sua persona. Il silenzio fra i due giovani si protrasse a lungo. Poi una stella cadente attraversò il cielo e scomparve.
— Sapete una cosa strana? — disse Deirdre. — Me l’ha fatta ricordare quella stella cadente. Nel Kansas è caduta una grande quantità di meteoriti, assai più che in altre parti del mondo. Ma sarebbe ridicolo pensare che volessero finire proprio nel Kansas, no?
Terry annuì senza nemmeno aver sentito bene ciò che la ragazza diceva.
— Sull’isola di Thrawn, da quando è stata installata la stazione di controllo del satellite, i radar a lungo raggio hanno individuato un enorme numero di bolidi celesti, grosse meteoriti, finite tutte nella Fossa di Luzon, in numero anche maggiore che nel Kansas o altrove. Mio padre se n’è interessato semplicemente perché si trattava di un fenomeno riguardante la Fossa che lo preoccupa tanto.
— Vorrei farvi qualche domanda, Deirdre — disse Terry, quasi senza rendersene conto. — Domande personali. Qual è il vostro piatto preferito? Quale genere di musica amate? Dove vi piacerebbe vivere? Quando…
Deirdre lo guardò sorridendo.
— Mi sono chiesta qualche volta se mi consideravate soltanto come qualcuno alla ricerca di qualcosa o se vi eravate accorto che sono anche una donna. Be’, a Manila c’è un ristorante dove sono abilissimi a preparare proprio il genere di bistecche che mi piace. E…
— La prossima volta che saremo a Manila, ci andremo — disse Terry. — Io conosco un posticino…
L’“Esperance” proseguiva lungo la sua rotta. Sorse la luna e la sua luce illuminò le onde sotto lo sguardo freddo delle stelle che sembravano fissare il piccolo panfilo in corsa sull’oceano. E due persone, un uomo e una donna, stavano intenti a parlare di cose che non avrebbero mai creduto tanto interessanti.
Quando finalmente andò a dormire, Terry si sentiva molto soddisfatto con se stesso per essersi lasciato convincere ad unirsi alla spedizione dell’“Esperance”.
Spuntò l’alba. Terry era già sul ponte quando il panfilo entrò nel piccolo porto: palmizi e tipiche costruzioni delle Filippine. Al centro sorgevano grandi case in mattoni e intonaco. La periferia era un agglomerato caotico di povere capanne cadenti. Alcune barche da pesca scendevano in mare con due soli uomini a bordo. Da qualche punto veniva lo scoppiettio di una vecchia automobile che tentava di affrontare un nuovo giorno di lavoro. Forse era il traballante autobus per Manila. Ma ormai Terry non aveva più intenzione di servirsene.
Il panfilo buttò le ancore e si dondolò, pigro, agli ormeggi, mentre gli uomini facevano colazione e sul ponte si svolgevano le solite faccende del mattino. Poi comparve Deirdre in un abito estremamente femminile. Anche Davis si era vestito in modo diverso dal solito.
— Noi andiamo all’arsenale — disse Davis a Terry. — Se volete venire anche voi…
— Ho da fare a bordo — rispose Terry.
Due dei quattro studenti calarono in mare la scialuppa, e la compagnia puntò verso terra. Terry prese il registratore, il microfono subacqueo e l’amplificatore, e sistemò il tutto per una prova. Tony salì sul ponte e si mise a guardare. Poi si accostò.
— Se posso essere utile… — disse, in tono speranzoso.
— Perché no! — rispose Terry. — Ma sentiamo prima che cosa stanno combinando i pesci.
Calò in mare il microfono, e azionò l’apparecchiatura in modo che trasmettesse i suoni captati in acqua senza registrarli. Udirono lo sciabordio lieve delle onde del porto, il battere dei remi di una barca che si affrettava dietro le altre imbarcazioni già al largo, e dei borbottii. Questi erano i pesci. Terry ascoltava con espressione attenta, e Tony con vivo interesse. Poi Terry mise mano alla pala da richiamo. E stavolta mise in funzione il registratore per poter poi risentire con calma i suoni provocati dal battere della pagaia.
— Battetela sull’acqua — disse a Tony, — e sentiamo un po’ che effetto fa.
Tony scese qualche gradino della scaletta, e batté sulla superficie del mare qualche colpo. Nell’acqua si allargarono rapidi cerchi e a una decina di metri dallo scafo presero a turbinare alcuni mulinelli. Tre o quattro pesci si affacciarono in superficie.
— Niente male! — esclamò Tony. — Devo continuare?
Terry fece scorrere all’indietro i pochi metri di nastro inciso, e riascoltò attentamente la registrazione dei battiti. Tony risalì sul ponte. I colpi di pagaia non producevano solo un rumore sordo di urti come si sentiva a orecchio. In realtà l’effetto predominante era una specie di ronzìo. Terry, soddisfatto, sostituì il nastro con la registrazione della notte precedente, e azionò l’apparecchio fino a ritrovare il punto esatto relativo alla ricaduta in mare dell’oggetto misterioso. Ritirò a bordo il microfono e vi applicò l’amplificatore. Quindi tornò a calare tutto in mare, e azionò il registratore. Il nastro cominciò a scorrere trasmettendo i suoni direttamente nel microfono che li riprodusse sott’acqua rimandandoli al ricevitore rimasto sul panfilo. I suoni ne sgorgarono molto più forti di come erano stati ricevuti la notte prima dal microfono dell’“Esperance”. Rimbalzando tra la superficie e il fondo, nelle acque del porto, risuonavano come colpi battuti con violenza in una stanza chiusa.
Nel porto di Barca i pesci impazzirono. La superficie del mare cominciò a ribollire di creature di tutte le dimensioni. Alcuni piccoli pesci volanti balzarono dal mare con furia.
Terry staccò il registratore. Immediatamente tornò la calma. Dalla riva dove alcuni bambini guazzavano in pochi centimetri d’acqua vennero delle grida acute, e i ragazzini scapparono via strillando: si erano sentiti pungere sulle gambe da milioni di aghi.
Qualcosa cadde pesantemente sul ponte dell’“Esperance”. Tony corse a vedere. Un grosso pesce balzato fuori dall’acqua era ricaduto al di qua del parapetto del panfilo.
Tony lo ributtò in mare.
— Mi pare che non ci siano dubbi — disse a disagio.
— A che proposito? — domandò Terry.
— Be’… avevo fatto delle ipotesi.
— E quali sarebbero? Tony esitò.
— Forse sarà meglio non parlarne — rispose, a disagio. Lo studente non disse altro, e rimase a guardare, con espressione infelice, Terry che ritirava a bordo le sue apparecchiature.
Il tempo passava. Davis e Deirdre erano a terra ormai da un’ora. Infine Terry vide la piccola barca allontanarsi dalla riva e puntare sul panfilo. Poco dopo padre e figlia risalivano a bordo mentre i due giovani marinai si incaricavano di recuperare la scialuppa.
— La draga non è ancora pronta — disse Davis. — Il lavoro è ben fatto, ma ci vorranno ancora un paio di giorni perché sia finito. Deirdre, che aveva osservato attentamente Terry, domandò: — È successo qualcosa, vero?
Terry le disse dell’esperimento. Davis ascoltò con attenzione. Anche Tony volle parlare, e aggiunse il particolare del pesce caduto sul ponte del battello.
— Dopo aver assistito allo spettacolo dell’altra notte, immagino benissimo la scena — disse Davis. — Ma… — esitò a lungo, prima di aggiungere: — Questo è un altro caso sul quale ho costruito parecchie ipotesi sempre nella speranza di sbagliarmi. E come per il resto scopro adesso che le mie prime deduzioni erano sbagliate, ma che le nuove mi piacciono ancora meno. Comunque sono contento che abbiate fatto la vostra prova qui nel porto, e una sola volta. Adesso dirigeremo sull’isola di Thrawn. Là potrete riprovare in laguna, dopo aver fatto un esperimento con la draga. I nostri tentativi potrebbero essere un colpo violento per quel qualcosa in cui non crediamo completamente. Quindi preferisco che il primo colpo non sia molto grave.
Davis si allontanò. Nick scese sottocoperta a occuparsi delle macchine, mentre altri due marinai levavano l’ancora e il quarto si metteva al timone. Veloce, l’“Esperance” si diresse verso il mare aperto.
Pranzarono mentre il panfilo puntava a nord. Più tardi nel pomeriggio, Deirdre trovò modo di parlare ancora a Terry dell’isola di Thrawn.
— È la stazione di controllo dei satelliti nel Mar della Cina — gli spiegò. — Mio padre ha degli amici tra il personale tecnico. L’isola si trova proprio ai margini della Fossa di Luzon, e non è altro che la vetta di una montagna sottomarina. Ci sono colline, all’interno, una barriera corallina, e una laguna. La costa è molto scoscesa e frastagliata. Potrete provare il vostro apparecchio finché vorrete, senza allarmare i pescatori locali.
— Ma allora ci siete già stata — disse Terry.
— Certo! Vi ho detto che nella laguna hanno pescato un pesce con addosso uno strano oggetto di plastica. È stato quando hanno costruito l’osservatorio, e il personale della stazione pescava per divertimento nelle ore libere. Adesso continuano a farlo, sperando sempre di trovare qualche altra cosa strana.
L’“Esperance” veleggiava tranquillo. L’equipaggio intavolava discussioni senza fine, e svolgeva il solito lavoro di bordo. Terry si sentiva inutile. Una volta, tanto per far qualcosa, il giovane elettrotecnico calò fuori bordo il suo ricevitore sottomarino e azionò il trasmettitore in modo da sentire chiaramente solo i suoni ben precisi. E sentì di nuovo il muggito profondo avvertito nel punto del cerchio luminoso. Ma anche questa volta Terry non riuscì a indovinare la causa del rumore. I pesci emettono suoni per mezzo della vescica natatoria. Ma per produrre un suono prolungato il pesce deve essere di notevoli dimensioni. A grande profondità poi, una cavità di gas, come appunto la vescica natatoria dei pesci, per emettere suoni sotto la pressione di tonnellate per centimetro quadrato, deve addirittura essere… Terry francamente non riusciva a crederci. Comunque non risentì più il muggito. Gli altri suoni del mondo subacqueo erano talmente comuni da non meritare interesse. Sul ponte, attorno a lui, si incrociavano discorsi sulla meccanica delle onde, sui pregi del Dixieland, e sulla possibilità di vita, sugli altri pianeti, e altro ancora. I ragazzi passavano le vacanze come marinai a bordo dell’“Esperance”, e discutevano di tutto un po’, come tutti gli studenti universitari, sciorinando il loro sapere.
Passò il pomeriggio e scese la notte, e durante la cena ci fu una nuova ondata di discussioni su argomenti diversi. Più tardi Terry prese il timone, e Deirdre gli si sedette accanto a chiacchierare di cose molto meno intellettuali. In quei pochi giorni i due giovani si erano accorti di nutrire vivo interesse l’uno per l’altro, ma erano entrambi convinti che si trattasse solo di una buona amicizia.
Si alzò la luna. Era quasi mezzanotte quando Nick salì sul ponte ad annunciare che il panfilo era stato avvistato dal radar dell’isola di Thrawn, e che la loro rotta era esatta. Mezz’ora più tardi all’orizzonte comparve una luce. L’“Esperance” puntò dritta sul faro. Poco dopo avvistarono le luci di segnalazione, il motore cambiò ritmo e il battello prese a beccheggiare più del solito. Poi furono di nuovo in acque tranquille, dove l’aria era impregnata dei profumi delle piante. Rettangoli di luce diventarono visibili a occhio nudo: le finestre illuminate dell’osservatorio dell’isola.
Furono abbassate le vele e lo yacht avanzò verso le luci con la sola forza del motore. Nessun segno di vita sulla riva, per quanto Nick avesse parlato con l’isola via radio.
Finalmente si accese il raggio di un riflettore, una striscia di luce bianchissima, che sventagliò da destra a sinistra e alla fine si stabilizzò sul molo proteso verso il mare aperto. L’“Esperance” mise la prua in quella direzione, con i motori al minimo. Ma ancora nessun indizio di vita, tranne le finestre illuminate.
Nick spense il motore, e il panfilo accostò lentamente al molo. Jug e Tony balzarono a terra tenendo in mano le cime per fissare l’imbarcazione.
— Strano — disse Davis, guardando la riva. — Eppure sapevano che stavamo arrivando.
All’improvviso apparve in cielo un punto luminoso mobile: una sfera di fuoco, una insolita stella cadente, rossastra, che passò sulle cime degli alberi, altissima verso lo zenith, lasciandosi dietro una scia luminosa. Sembrava che rallentasse a poco a poco. La luce divenne sempre più vivida finché si oscurò di colpo, e la sfera infuocata parve tuffarsi verso il mare, piccolo punto rosso in movimento. Scomparve tra gli alberi dietro la punta dell’isola. O per lo meno così parve, ma in realtà doveva essere finita a miglia e miglia di distanza. La caduta del corpo celeste fu accompagnata da un suono tra il rombo e il sibilo, che si spense in lontananza.
Stelle cadenti così luminose sono alquanto insolite. Per lo più le meteoriti hanno dimensioni trascurabili, e solo l’attrito con l’atmosfera, incendiandole, le rende visibili. Di solito appaiono a una altezza di dodicimila metri, ma spesso dopo una caduta di cinquemila si dissolvono, oppure esplodono, e solo minuscoli frammenti cadono sulla terra. Minuscoli parlando in termini astronomici, naturalmente, poiché alcune meteoriti, conficcandosi nella superficie terrestre, aprono dei crateri di notevoli dimensioni. Molte finiscono in mare. Ma ancor prima che si possa sentire il rumore che ne accompagna la caduta, sono affondate di migliaia di metri. Dall’edificio dell’osservatorio uscì un uomo che mosse verso il molo tenendo in mano una torcia elettrica. Arrivato a metà strada, chiamò: — Davis?
— Sì — rispose Davis. — Dove eravate, tutti?
— Stavamo osservando quel bolide — disse l’uomo da riva.
— Il radar lo ha segnalato circa due ore fa, ma pensavamo che sarebbe caduto più lontano.
— Era molto grosso? — domandò Davis mentre la luce della torcia si avvicinava.
— Se ne sono visti di più grandi, ma non molti. — L’uomo con la pila raggiunse l’orlo del molo.
— Mi fa piacere rivederti, Davis. Abbiamo pescato qualche pesce per te. Li troverai nel congelatore. Se vuoi i nomi esatti, quelli che fanno colpo, ti dirò che si tratta di un Macrourus Violaceus, e di un Gonostoma Polypus. Così dicono le didascalie sotto le illustrazioni di un libro importante. Cosa intendi farne?
— Ma è impossibile che abbiate preso pesci del genere! — esclamò Davis incredulo. — Non sono un esperto ittiologo, ma quelli che hai nominato sono pesci abissali. Se ne trovano soltanto a una profondità di due o tremila metri!
— Eppure li abbiamo pescati proprio qui, nella laguna, di notte, con una semplice lenza. Forza, scendi a terra! Ti stanno aspettando tutti.
— Non crederò alla tua storia finché non avrò visto quei pesci — protestò Davis. L’uomo saltò sul ponte dello yacht.
— Per convincerti non avrai che da guardare nel congelatore. Il nostro cuoco si lamenta perché occupano troppo spazio, e nessuno vuoi provare se sono commestibili per liberargli il frigorifero. Ti dirò che hanno un aspetto assai poco invitante. Abbiamo sentito la vostra mancanza — disse, rivolto a Deirdre. Poi salutò i ragazzi.
Deirdre presentò Terry.
— Dunque sono riusciti ad arruolarvi? — domandò l’uomo. — Ne parlavano fin da un mese fa. Immagino che abbiate risolto il problema. E che adesso risolverete subito quello che riguarda gli strani pesci che invece di trovarsi nella Fossa di Luzon sono finiti nella nostra laguna. Appena avrete un momento libero, me lo spiegherete!
— Mi ci proverò — rispose Terry, senza compromettersi.
L’uomo scese nella cabina di poppa, e Davis lo seguì.
— Il dottor Morton è molto simpatico — commentò Deirdre. — Ma non prendetelo sul serio, Terry. Tormentare la gente è il suo passatempo preferito. Adesso non vi lascerà pace finché non gli direte come possono essere finiti qui dei pesci abissali. Vi prego di non prendervela.
— State tranquilla — rispose Terry. — Ma credo che domani sarò in grado di dirglielo. Penso di sapere come sia successo, ma prima voglio controllare.