5

Il mattino seguente, quando Terry si svegliò, il riflesso del sole sull’acqua entrava dall’oblò nella sua cabina. Il giovane rimase a osservare l’ondeggiare dei punti luminosi sulla parete. Appena fu sveglio del tutto, la sua mente andò subito al pensiero che l’aveva assorbito la sera prima fino al momento di addormentarsi. L’uomo con gli occhiali, il dottor Morton, dottore in astronomia non in medicina, aveva detto che Deirdre e suo padre si erano decisi a “reclutarlo” fin da un mese prima. Ma Deirdre era andata nel negozio di “Jimenez y Cia” solo quattro giorni prima. Poteva anche darsi che il tempo in più fosse stato speso a navigare da un posto all’altro. Terry sapeva che l’“Esperance” era arrivato fino ad Alua per procurarsi una pala da richiamo. Per questo, tra andare e venire, avevano certamente impiegato qualche giorno. Inoltre dovevano aver cercato di scoprire qualcosa sugli strani fenomeni notati. A proposito delle eccezionali pesche de “La Rubia”, Davis aveva parlato di “pesci molto strani”. Be’, i pesci abissali nominati da Morton la sera prima, erano certamente strani per una laguna.

Terry rimase disteso immobile sulla cuccetta, esaminando tutti gli altri aspetti dell’avventura. L’“Esperance” si manteneva in costante contatto radio con qualcuno, e Davis si era rivolto nientemeno che a una portaerei per ottenere i pezzi elettronici che lui aveva richiesto. Forse il contatto radio era con la stessa unità americana. Poi c’era la polizia di Manila, che, a quanto pareva, era in ottimi rapporti con Davis. Infine gli uomini della stazione di controllo dei satelliti si erano preoccupati di conservargli alcuni esemplari di pesci.

Insomma, l’impresa dell’“Esperance” non era certo stata improvvisata in quattro e quattr’otto. Era chiaro che tutta quella storia durava già da qualche mese e godeva di notevoli e autorevoli appoggi. Eppure non era ancora stato scoperto niente. Terry aveva aggiunto all’attrezzatura della squadra un nuovo apparecchio, e certamente senza l’aiuto del registratore e del microfono subacqueo si sarebbero fatta un’idea molto diversa degli avvenimenti di qualche notte prima, perché tutto un aspetto del fenomeno sarebbe rimasto ignorato. Nonostante questo Terry non riusciva ancora a trovare una risposta alle sue domande. A sua consolazione c’era comunque il fatto che alcuni erano problemi di nuova impostazione.

Comunque lui aveva risolto un problema minore prima ancora che il problema stesso si ponesse.

Adesso però doveva dimostrare di aver visto giusto.

Si alzò, s’infilò il costume da bagno, un paio di pantaloni di tela, una camicia aperta, e salì sul ponte, Deirdre lo chiamò appena lo vide.

— Buongiorno, Terry — salutò. — Sono andati tutti alla stazione a discutere sul bolide di questa notte. Secondo il radar il corpo celeste è finito a parecchie miglia da qui.

— E invece dove avrebbe dovuto andare? — domandò Terry.

— Scusate la mia ignoranza, ma non me ne intendo di meteoriti. Si tufferanno per cercarla?

— Questo sarà un po’ difficile — rispose la ragazza, ridendo.

— Il bolide è finito nella Fossa di Luzon. — Fece un ampio gesto con la mano. — L’isola è ai margini della Fossa. Credo che intendano calare un batiscafo, quello della nave oceanografica di cui vi ho già parlato. Il batiscafo può scendere a enormi profondità, ma dubito che possa trovare un meteorite in pieno oceano.

— E allora, dal momento che è impossibile ritrovare il meteorite, perché stare a discutere su dove è finito? — ribatté Terry.

— Perché non è caduto dove doveva — rispose Deirdre. — Quando il radar ha localizzato il corpo celeste, alla stazione hanno subito calcolato la sua traiettoria, ma a quanto pare hanno sbagliato i calcoli. Adesso tentano di correggerli tenendo conto degli effetti del campo magnetico terrestre su un corpo metallico. Tutti quei signori stanno dandosi battaglia a colpi di equazioni. Vi piacerebbe assistere alla lotta?

— Per carità! Ne ho a sufficienza dei pesci — protestò Terry. — Credete che sia possibile procurarsi una barca?

— Non abbiamo mai trovato difficoltà — disse Deirdre. — Fate colazione, intanto. Io andrò in cerca della barca. — Scomparve sottocoperta e tornò pochi secondi più tardi. — Ho la sensazione che stia per accadere qualcosa di importante — dichiarò. — Ci vediamo fra poco. — Balzò agilmente sul molo e si diresse verso la riva. Terry scese nel saloncino e trovò la colazione pronta sul tavolo. Prima di sedersi a tavola prese un libro dalla biblioteca di bordo. Era un volume di oceanografia piuttosto consunto. Un libro evidentemente molto usato.

Cercò il capitolo che riguardava la Fossa di Luzon. L’abisso non era molto esteso in larghezza, appena quindicimila metri, ma per profondità veniva subito dopo la Fossa di Mindanao e s’inabissava fino a ottomila metri. Nel testo era citata anche l’isola di Thrawn, costituita dalla vetta di una delle più alte e scoscese montagne sottomarine. Tutt’intorno all’isola, a una distanza di qualche miglio, c’era una vera e propria trincea d’acqua che raggiungeva un massimo di ottomila e cinquecento metri di profondità.

Dal mare venne il rumore di un fuoribordo. Il rumore si avvicinò e poi tacque. Terry buttò giù alla svelta la sua tazza di caffè e arrivò sul ponte proprio mentre Deirdre assicurava la piccola imbarcazione al fianco dello yacht.

— Tassi, signore? Dove andiamo?

Terry si calò sul fuoribordo, sedette al timone, e puntò verso il largo. A bordo c’era una scatola con le esche, qualche lenza, e due fiocine. Sull’isola la pesca non era sempre un passatempo.

— Voglio arrivare all’imbocco della laguna — disse Terry. — Ho un’idea e intendo controllare se è esatta. Ieri sera ho notato qualcosa quando siamo arrivati.

— Volete mettermi al corrente?

— Preferisco di no — rispose Terry.

Deirdre si strinse nelle spalle senza prendersela per il rifiuto.

La piccola imbarcazione puntò verso il passaggio che portava in mare aperto sollevando due baffi di schiuma ai lati della prua. Alle due estremità della barriera corallina che racchiudeva la laguna, due lingue di terra segnavano l’imbocco naturale e il confine tra le acque calme e le onde dell’oceano. L’isola di Thrawn non era un atollo, ma le sue spiagge erano formate da bianchissima sabbia corallina. Le limpide acque immobili della laguna arrivavano fino alla scogliera. Dall’altra parte della scogliera picchiavano le onde dell’oceano.

Terry diresse verso il mare aperto. Adesso tra il fuoribordo e l’orizzonte c’erano solo la scogliera e l’oceano. Terry rallentò in prossimità della barriera, dove già le acque erano in tumulto. La barca prese a ballare sulle onde. — Aspettate qui — disse Terry. — Arrivo a nuoto fino al lato esterno della scogliera e poi torno.

Sfilò camicia e pantaloni e si tuffò.

Il mondo gli parve strano lì in mezzo alle onde altissime. A volte il cielo si riduceva a una stretta macchia azzurra fra le creste di due ondate alte sopra la sua testa, altre, quando veniva trasportato sul dorso di un’onda, gli pareva immenso e smisurato, più di sempre. E l’unico suono era il fragore del mare contro gli scogli vicini.

Si allontanò, nuotando. A un tratto sentì un pizzicore sulla pelle, e si fermò per rendersi ben conto della situazione. Era come una lieve scarica elettrica, ma non sgradevole. A una ventina di metri Deirdre lo osservava. Fece ancora qualche bracciata e il pizzicore aumentò.

Si tuffò. La sensazione era la medesima anche sott’acqua. Risalì e si trovò più lontano di quanto non pensasse. Allora si rese conto di aver commesso un’imprudenza. Lì c’erano delle forti correnti e lui si trovava preso in un flusso che lo allontanava a forza dall’isola. Pochi secondi dopo il lieve pizzicore divenne intollerabile. Era come nuotare in mezzo alle fiamme, e Terry non riusciva più a controllare i movimenti dei muscoli per quanto non avesse affatto gli arti contratti. Lottò, disperatamente, per sfuggire al tormento che minacciava di inghiottirlo.

Andò sotto. Ormai non riusciva più a riprendersi, non riusciva a risalire, non riusciva a sfuggire quel tormento insopportabile. Sentì un ronzìo, ma non gli diede alcun significato. Il ronzìo crebbe. Risalì a galla per pochi secondi, annaspando frenetico, poi tornò ad affondare.

Il ronzìo divenne fortissimo, e Terry riaffiorò.

Qualcosa s’impadronì di un suo braccio e lentamente, con fatica, lo tirò su. Da tutto il braccio svanì l’orribile sensazione di essere immerso nell’acqua bollente. La sua mano riconobbe l’orlo della barca. Si aggrappò a quella presa solida e si issò aiutato da mani amiche. E finalmente si trovò sul fuoribordo, ansante e percorso da tremiti.

Deirdre lo fissava, spaventata. Poi, rassicurata in parte, la ragazza mise in moto il fuoribordo dirigendo verso l’isola. L’imbarcazione passò tra le due lingue di terra e fu nelle acque tranquille della laguna.

— State bene? Che cosa vi è successo? Nuotavate e tutt’a un tratto…

Terry deglutì a vuoto. Gli tremavano le mani. Scosse la testa, e rispose, con voce malferma: — Volevo scoprire perché quei pesci di profondità erano finiti nella laguna e l’ho scoperto.

Le onde e la scogliera erano ormai lontane, e Terry trovava molto rassicuranti la calma della laguna e la vicinanza dell’“Esperance”.

— Sì, credo di sapere come sono finiti qui quei pesci — riprese. — Abbiamo sottovalutato ciò che tentavamo di capire… tra un paio di minuti starò benissimo…

Ci volle qualcosa di più di due minuti perché il giovane riuscisse a sorridere a Deirdre senza che il suo sorriso sembrasse una smorfia.

— Avete sentito il ronzìo nell’acqua? — chiese Deirdre. — A me era sembrato di sentirlo, ma non ne ero sicura. Si è trattato di questo?

— Sì. Ma adesso non lo chiamerò più “ronzìo” — rispose Terry. — Adesso so esattamente cosa si prova in mezzo al fuoco!

— Mi avete spaventato! Quando vi ho visto dibattervi in quel modo…

— Questa notte, quando siamo arrivati all’isola — riprese Terry, — avevo sentito quel ronzìo. Eravamo a mezzo miglio da terra e il suono arrivava molto debole perché avevo abbassato l’amplificatore. Ha raggiunto la massima intensità quando abbiamo varcato lo scogliera, ma nessun altro l’ha sentito. Sentendo poi il dottor Morton parlare di quei pesci, ho capito perché erano finiti nella laguna, e questa mattina ho voluto controllare se la mia ipotesi era esatta. Be’, a-desso so che era esatta. Che è esatta!

— Secondo voi da cosa è prodotto quel suono? — domandò Deirdre.

— Non ho dati sufficienti per rispondervi — disse Terry. — Prima voglio scoprire quali altri strani fenomeni si verificano nella zona. Banchi di schiuma sulla superficie del mare, forse. Ma non riesco a capire il rapporto fra le due cose.


Il fuoribordo accostò all’“Esperance” e il giovane tese la mano a Deirdre per aiutarla. Non tremava più. La ragazza accettò l’appoggio per salire sul molo.

— Andiamo alla stazione di controllo? — chiese.

— Sì… Visto che sono tutti là. Dall’edificio che ospitava l’osservatorio veniva un rumore confuso di voci. Mentre si avvicinavano alla costruzione, Terry si guardò attorno. Su un lato, all’esterno, c’era il complesso delle antenne che permetteva di individuare le piccole lune artificiali in orbita attorno alla Terra mediante la ricezione dei segnali trasmessi automaticamente dai satelliti. I corpi artificiali, sferici, cilindrici, conici, seguivano ognuno la propria orbita e inviavano regolarmente segnali della potenza di una frazione di watt. Le antenne a terra captavano quelle emissioni e ne ricavavano un’infinità di dati. In tal modo era possibile determinare con precisione il percorso dei satelliti che volavano a centinaia di chilometri di altezza. Volando dove le stelle erano semplici punti luminosi e il sole sembrava un disco avvolto in una cornice di fuoco, le piccole lune inviavano sulla Terra informazioni nuovissime per gli uomini. Nel cielo vagavano, ormai muti perché i loro strumenti non funzionavano più, o non avevano mai funzionato, alcuni satelliti ormai inutili. Di quando in quando le antenne registravano il passaggio di alcuni corpi celesti… sconosciuti e misteriosi.

Il bolide della notte prima, ad esempio, era sconosciuto e misterioso.

Appena entrati sull’ampia veranda della sala di ricreazione per il personale dell’osservatorio, Deirdre e Terry sentirono la voce del dottor Morton.

— È fuori discussione — stava dicendo l’astronomo. — D’accordo che sui lanci russi sappiamo solo quello che abbiamo scoperto con i nostri mezzi, ma qui non si tratta di un oggetto terrestre. Se fosse stato un satellite sovietico, i russi l’avrebbero lanciato dal loro territorio. E invece non è così. Questo è tassativo. Se infine volessimo supporre che si trattava di un satellite “vecchio” uscito di orbita, ebbene anche in questo caso noi sappiamo che mai e poi mai avrebbe potuto uscire dal suo apogeo in modo da seguire un simile angolo di caduta!

Deirdre e Terry sedettero mentre qualcuno dichiarava con forza: — Le nostre osservazioni erano sbagliate. Non c’è altra spiegazione! Il campo magnetico terrestre non avrebbe potuto influenzare la velocità di un corpo al di fuori dell’atmosfera. Ora i dati ricavati dalle osservazioni dicono che quel corpo ha rallentato la sua velocità. Questo è impossibile!

In quel momento Davis salutò la figlia e l’elettrotecnico con un gesto della mano, e la discussione venne momentaneamente sospesa per le presentazioni. Tutti conoscevano la ragazza, ma solo Morton aveva avuto l’occasione di conoscere Terry. Quando la discussione riprese, un giovane calvo seduto accanto a Terry gli mormorò: — Si stanno divertendo. Una volta il radar ha segnalato la presenza in orbita del secondo stadio di un missile, e qui ne hanno parlato per giornate intere. Volete birra?

— No, grazie — rispose Terry.

— Mi sentirei molto più tranquillo se l’oggetto della notte scorsa non fosse caduto in quel punto — disse Davis con calore. — Un bolide celeste è un animale che gode di assoluta libertà d’azione — commentò una voce divertita.

La discussione continuò. Deirdre prese a parlare con una donna abbronzatissima, di mezza età e dall’espressione placida. Doug mangiava con impegno un panino che gli era appena stato offerto, Tony ascoltava attento.

Di colpo Terry si sentì fuori dalla realtà. Appena mezz’ora prima era in mezzo alle torture e si era salvato solo per merito di Deirdre. A bordo dell’“Esperance” il comportamento dei pesci l’aveva talmente assorbito da fargli dimenticare tutto il resto del mondo. E lì, adesso, una dozzina di persone si stavano accapigliando per i movimenti di un meteorite. Difficile trovare argomento meno interessante per i non iniziati. Fuori di lì, nel resto del mondo, la gente discuteva di calcio, di macchine, di politica.

Doug chiese scusa e si allontanò. Poco dopo Terry lo raggiunse. Il giovane fumava una sigaretta guardando le palme e il cielo. — Discussione impegnativa — disse Terry.

— Ne ho fin sopra i capelli — commentò Doug. — Là dentro mi sono sentito terribilmente solo, e mi è venuta in mente la mia ragazza. A lei piacciono le discussioni del genere, ed è proprio per questo che… — s’interruppe.

— Sull’“Esperance” c’è un respiratore, vero? — domandò Terry.

— Certo. Ne abbiamo due o tre. Il signor Davis pensa che ci serviranno. Perché me l’avete chiesto?

— Vorrei esplorare il fondo della laguna — rispose Terry. — Volete essere della partita?

— Volentieri — disse Doug. Salirono a bordo e Doug andò a prendere due respiratori. Controllarono valvole, serbatoi, pressione e tubi. Lo studente prese anche due fucili ad aria compressa. Mezz’ora più tardi i due giovani erano sul fuoribordo, diretti verso il punto in cui secondo Doug la laguna era più profonda. Arrivato sul posto, prima di immergersi Terry saggiò l’acqua con la punta delle dita. Poi scartò il fucile e prese una delle fiocine che a quanto pareva facevano parte della normale attrezzatura di un pescatore, su quell’isola. Doug rimase a bordo, a osservare.


L’idea di Terry di cercare nel punto più profondo della laguna si rivelò esatta. Nel giro di un’ora arpionò cinque pesci, cinque pesci di quelli che solitamente vivono oltre i duemila metri. Trascurati i normali abitanti delle acque basse, prese per primo un esemplare rosso scuro, colore predominante tra gli abitanti degli abissi e inesistente altrove. E quando non aveva il riferimento del colore, si accaniva sui pesci con occhi eccezionalmente piccoli, o estremamente grandi, caratteristica questa propria agli animali che vivono in acque molto profonde. Ne catturò cinque in tutto.

Doug esaminò il bottino mentre il fuoribordo tornava a riva.

— Che strani pesci — commentò lo studente. — Non mi piacerebbe trovarmeli nel piatto.

— Neanche a me — disse Terry. — Ma in un certo senso mi sono simpatici. Questi pesci e io abbiamo vissuto la stessa esperienza.

Ed era così. Non poteva essere altrimenti. Quei pesci non si sarebbero mai trovati in un ambiente così diverso dal loro se qualcosa non li avesse costretti a emigrare dalle tenebre profonde nelle quali avevano sempre vissuto. E Terry aveva il ricordo recentissimo di ciò che doveva aver spinto fin lì quelle creature degli abissi.

Portò i pesci sulla tolda dell’“Esperance” e mentre Doug riponeva i respiratori cercò in cambusa un coltello affilato. Quando tornò sul ponte lo studente guardò con disgusto il lavoro che Terry stava facendo.

— Vi piace? — domandò.

— Nemmeno per sogno, ma è una necessità — rispose Terry.

Doug se ne andò poco dopo, e lui finì il suo spiacevole lavoro.

Aveva appena smesso di lavare il ponte, che arrivò Deirdre. Quando la ragazza salì sul ponte lui era intento al registratore.

— Speravo di poter parlare a mio padre del ronzìo all’imbocco della laguna — disse la ragazza, — ma era talmente preso dalla discussione sul meteorite che non sono nemmeno riuscita ad avvicinarlo.

— Ci sono altre novità — annunciò Terry. — Mi sono immerso con un respiratore. Ero con Doug — aggiunse interrompendo la protesta di Deirdre. — Ho preso alcuni pesci che non avrebbero dovuto trovarsi lì e li ho sezionati. Hanno la vescica natatoria perforata in modo da poter sopravvivere anche in acque molto meno profonde di quelle a cui sono abituati. Ed ecco qui la cosa più importante.

Tese la mano. Sul palmo c’era un minuscolo oggetto di plastica del diametro di due centimetri e mezzo. All’interno si vedeva un complicato intrico di lamine e fili metallici. La sfera aveva l’aspetto misterioso degli apparecchi tecnicamente più complessi.

— Era applicato alla pinna di uno di quei pesci — riprese il giovane. — Ho anche scoperto a cosa serve, almeno in parte. Quando è immerso in acqua, se viene colpito da un’onda sonora emette un sibilo. Come soffiare sulle corde di un piano.

Deirdre lo guardò, sbalordita.

— Sto dicendo che questa sfera capta un suono e ne rinvia un altro — disse Terry. — Ma vorrei sapere che scopo ha di preciso! Per il resto preferisco non domandarmi chi l’ha fabbricato e perché!

— Che cosa… che cosa avete intenzione di fare, adesso? — domandò Deirdre.

— Non lo so — rispose lui. — Ho la sensazione che la cosa migliore da fare sarebbe quella di ributtare in mare questo aggeggio, ritirarsi in qualche posto tranquillo, e dimenticare tutta la faccenda. Forse se smetto di pensare al problema, questo si annulla da sé!

— Vado a cercare mio padre per metterlo al corrente — disse Deirdre.

— Ditegli che ho intenzione di provare il mio amplificatore, e che vorrei avere qualche testimonio — raccomandò Terry. — Se dobbiamo raccontare a qualcuno tutte queste pazzie sarà meglio avere delle prove ben precise. Voglio provare a radunare in un punto tutti i pesci della laguna, per vedere quanti sono gli esemplari di pesci abissali, e quanti di questi hanno addosso simili apparecchi-spia.

Deirdre si allontanò, ma fatti pochi passi si girò di scatto.

— Avete detto apparecchi-spia?

— Mi è sfuggito — brontolò Terry. — Non fateci caso, è stato così per dire.

Informate soltanto vostro padre che sono impaziente di radunare tutti i pesci e che dovrebbe venire ad aiutarmi. Deirdre lo guardò in modo strano, poi scese sul molo e si allontanò in cerca del padre.

Terry incominciò a passeggiare su e giù per la tolda dell’“Esperance”. Pochi minuti più tardi comparve Davis, con Deirdre e i quattro studenti. Ma non erano soli. Dietro di loro venivano i tecnici e gli scienziati dell’osservatorio momentaneamente non in servizio. Terry riconobbe il dottor Morton e il giovanotto che gli aveva offerto la birra.

— Mi hanno sentito parlare della storia di radunare il pesce — spiegò Deirdre, — e vogliono assistere allo spettacolo. Hanno persino dimenticato il meteorite di ieri sera per venire ad assicurarsi un posto in platea. Non avete niente in contrario?

Terry si strinse nelle spalle. Registratore ed amplificatore erano pronti. Il, nastro era quello con i suoni captati nel cerchio luminoso. Appena messo in funzione l’apparecchio, dall’amplificatore scaturì una specie di rombo assordante. Terry calò in acqua il trasmettitore che scomparve sotto la superficie.

Immediatamente i pesci della laguna parvero impazzire. L’intero specchio d’acqua ribollì di migliaia e migliaia di pesci frenetici. Terry regolò il suo strumento in modo che il raggio d’azione del suono si restringesse a poco a poco ottenendo così l’effetto di una enorme rete che viene ritirata. Pigiati entro una zona sempre più compressa i pesci continuarono a guizzare e saltare sempre più agitati mentre il resto della laguna ritornava calmo di colpo. Poi anche entro il raggio sonoro le acque si quietarono: i pesci prigionieri erano riusciti a scappare.

— Temo che non sarà molto divertente — disse Terry. — Dovrò muovere il raggio attraverso la laguna fino a costringere tutti i pesci in una zona molto ristretta. Strano, ma si sentiva a disagio mentre procedeva con il suo esperi-mento. Non riusciva a dimenticare la sensazione provocata dal suono e ne conosceva i terribili effetti.

Fece ruotare lentamente il raggio. E ancora ci furono i sobbalzi improvvisi. Il raggio tornò e l’acqua venne percorsa da un fremito rabbioso. I suoni continui costituivano una barriera impenetrabile, un muro davanti al quale tutte le creature della laguna fuggivano in preda al panico. E infine, troppo densi in troppo poco spazio, i pesci presero a balzare fuori dall’acqua.

— Un notevole passo avanti da parte dell’uomo civile — commentò il dottor Morton. — Con l’invenzione dei fucili gli uomini hanno già distrutto bufali e piccioni. Adesso voi state facendo del vostro meglio per spopolare i mari.

Terry non rispose. Dal molo e dal ponte dell’“Esperance” una ventina di persone osservavano interessate la scena mentre il registratore continuava a trasmettere il ronzìo ossessionante che dilagava nell’acqua senza che nessuno dei presenti lo potesse sentire.

I pesci adesso si erano ammassati in un’insenatura della riva, e se ne vedevano parecchi saltare nell’aria e poi ricadere addosso agli altri.

— Così dovrebbe bastare — disse Terry. Provava un certo disgusto per ciò che aveva fatto. — Non posso certo buttarli sulla riva.

Il fuoribordo si staccò dal fianco dello yacht e raggiunse la zona dove l’acqua pareva ribollire sotto l’agitarsi dei pesci. Dall’imbarcazione Terry e gli altri scrutavano attentamente le onde. Poi lo scafo tornò indietro.

— Sono laggiù, e talmente fitti che ci si potrebbe camminare sopra — esclamò Davis. — Ho visto parecchi esemplari di acque fonde. Bisognerebbe prenderli.

— Poco fa ne ho presi cinque — disse Terry. — Addosso a uno ho trovato questo. — E gli tese l’oggetto di plastica. Per qualche secondo nessuno parlò. Poi il dottor Morton disse bruscamente:

— Prendiamo le fiocine e cerchiamo di catturarne il maggior numero possibile. Chi sa maneggiare bene un arpione? Si offrì Davis. Avrebbe usato le due fiocine che facevano parte dell’attrezzatura del fuoribordo. Dal molo altri addetti all’osservatorio partirono alla ricerca di imbarcazioni. A bordo dell’“Esperance” rimasero soltanto Deirdre e Terry. Era indispensabile che qualcuno restasse a manovrare il registratore.

Poco dopo la laguna si animò di barche. Un robusto giovanotto che faceva parte del personale dell’osservatorio si affrettò lungo la riva.

— Avevate ragione — disse Deirdre. — Siete riuscito a convogliarli in un sol punto.

— Avrei preferito aver torto — ribatté Terry.

— Perché?

— Non mi piace pensare a ciò che stanno provando quelle povere bestie. Vi ho detto prima per quale motivo i pesci delle profondità non muoiono in acque basse come queste. Resta da domandarsi per quale scopo quei pesci sono stati mandati qui. Possiamo anche dare un tono più scientifico alla domanda. Quale sarà la conseguenza dì questi fatti che qualche eminente biologo può anche considerare favorevoli?

— Non lo so — rispose Deirdre.

— Spero di non saperlo mai nemmeno io — commentò Terry.


Non era di buon umore. In quei giorni aveva fatto troppe congetture del genere a cui Davis aveva alluso, e la speranza che fossero sbagliate continuava a diminuire.

Un’ora più tardi tre barche fecero ritorno dall’insenatura dove si era ammassato tutto il pesce della laguna. Terry fermò il registratore e ritirò l’altoparlante. Il giovanotto grande e grosso avanzava lentamente lungo la spiaggia, sotto il peso di una grande quantità di pesce commestibile. Era il cuoco dell’osservatorio e aveva effettuato la sua pesca da riva. Gli uomini delle barche avevano catturato una sessantina di esemplari abissali. Sottoposti a controlli si scoprì che avevano tutti la vescica natatoria forata. La ferita, appena percettibile, si era perfettamente cicatrizzata attorno al minuscolo foro che si dilatava solo per lasciar uscire l’aria in eccedenza.

Prima di mezzogiorno furono trovati altri sette congegni di plastica inseriti nelle pinne degli esemplari pescati. Tre erano identici a quello trovato da Terry, due, di diverso tipo, erano però uguali tra loro, i rimanenti due appartenevano a due modelli differenti ancora. Solo i tre piccoli apparecchi identici a quello trovato da Terry risultarono sensibili ai suoni e in grado di trasformarli in suoni diversi con una frequenza superiore ai ventimila chilocicli. Degli altri nessuno ci capì niente.

Nel pomeriggio arrivarono notizie che distrassero l’attenzione degli uomini dell’osservatorio dal pesce lagunare. Il radiotelegrafista arrivò di corsa sul molo con un messaggio. In quel momento il ponte dell’“Esperance” non presentava un bello spettacolo, insozzato com’era dai resti dei pesci che Jug stava coscienziosamente buttando fuori bordo.

Il radiotelegrafista salì a bordo e consegnò il messaggio al dottor Morton che lo lesse subito.

— C’è un’altra novità — annunciò poi a voce alta. — Il radar a lungo raggio ha localizzato un nuovo corpo celeste il quale probabilmente farà un giro attorno alla Terra prima di penetrare nell’atmosfera e incendiarsi. Secondo i dati dovrebbe passare proprio qui sopra. Ci chiedono di tenerlo sotto controllo! — Agitò in aria il foglio di carta. — Forza, mettiamoci al lavoro. Mi sbaglierò, ma torna a galla la storia del bolide della notte scorsa e del perché è caduto dove è caduto. Vediamo un po’ se questa volta riusciamo a fare i calcoli esatti!

Sbarcò e si diresse all’osservatorio seguito dagli altri già tutti presi dal fatto nuovo. Bisognava fare dei calcoli e verificarli tenendo conto di tutti i possibili effetti del magnetismo terrestre.

— Bisogna portare questi oggetti a Manila e confrontarli con gli altri — disse Davis. — Ma credo che sia meglio fermarci ancora un po’ e vedere questo nuovo bolide.


Alla stazione dell’isola erano ricominciate le discussioni. Dal dottor Morton al cuoco, tutti facevano supposizioni e predizioni. Secondo i calcoli ufficiali di Washington, basati sull’altezza e la velocità del corpo celeste, il bolide sarebbe caduto in un punto dell’oceano Pacifico meridionale. Secondo il dottor Morton sarebbe finito nel Mar della Cina, esattamente al numero “X” di miglia dall’isola di Thrawn.

Alle otto e quattordici della sera, con un lieve anticipo sui calcoli ufficiali, ma in perfetta coincidenza con quelli del dottor Morton, il bolide passò sopra le loro teste. Fu uno spettacolo straordinario. Il meteorite si lasciava dietro una lunga scia fiammeggiante. Dieci minuti più tardi la radio informò che il bolide era finito in mare. La caduta era stata osservata da un aereo che sorvolava la zona dove l’“Esperance” aveva incontrato lo strano cerchio scintillante. L’aereo si trovava sul posto per controllare se il fenomeno si ripeteva, ma non aveva osservato nulla di strano tranne la caduta del meteorite, sprofondato nel mare fra nuvole di vapore e ondate altissime. Era anche stato notato che il bolide non era più di un bianco incandescente come quando aveva sorvolato l’isola, ma di un rosso cupo.

L’oceano, in quel punto, aveva una profondità di ottomila metri.

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