Si stava muovendo, lentamente ma con ritmo costante, verso la parte alta del muro, quando udì il rombo di una moto provenire dal basso. Si guardò alle spalle con un sussulto e vide un viso familiare sorridergli da sopra il manubrio.
— Ehy, Ny! — Guyer Gumble lo salutò con la mano. — Stai fermo lì! — Si precipitò verso di lui.
Gli si fermò accanto e spense il motore. Il suo sorriso divenne ancora più ampio e fiero, assolutamente deliziato. — Cristo, Ny, speravo proprio di trovarti qui fuori. Come diavolo stai?
Si appoggiò alle corde, allontanandosi dal muro, scrollò le spalle e tentò di sorridere. — Sto bene, credo. Almeno sono tutto d’un pezzo — Non si era sentito così dolorante nemmeno il giorno prima, quando era rinvenuto legato al muro; ogni sua parte sembrava essergli stata strappata e poi rimessa insieme e tenuta unita solo dal sacco della sua pelle. Era l’effetto dell’impatto contro il megassassino. Era stato felice quando aveva potuto smettere di sputare il sangue che gli arrivava in bocca.
— Timido figlio di puttana… hai avuto avventure a destra e a manca, non è vero? Hai idea di quanto sei diventato famoso?
Axxter scosse il capo. — Vuoi dire che sono famoso per aver attraversato tutto l’edificio? — La donna doveva aver seguito tutta la storia, immaginò lui, attraverso i programmi d’intrattenimento. Guyer scoppiò in una risata. — Per quello e molte altre cose. Stai andando ai livelli alti?
— Già — Axxter annuì e quel movimento gli fece comparire dei puntini rossi davanti agli occhi. — Devo vedere il mio agente. — Aveva già incontrato una presa e aveva cercato di chiamarlo, ma in cambio aveva ottenuto solo un silenzio mortale. Tutto quel casino doveva aver provocato qualche danno.
— Ti ci vorrà un gran pezzo per arrivare, arrampicandoti in quel modo. Forza, sali; ti darò un passaggio. Anch’io sto andando da quelle parti.
Riuscì ad arrampicarsi nel sidecar e ad allacciarsi le cinture di sicurezza. La sua giacca si sollevò e Guyer intravvide i suoi lividi.
— Stai bene? Sembri un po’ sconvolto.
— Sto bene. — Si sistemò nell’abitacolo. — Più o meno.
La donna mise in moto e si diresse verso l’alto. Axxter si girò a guardare. Aveva fatto ben poca strada da quando era partito. Poteva ancora vedere le corde con cui Lahft, o forse un altro angelo, l’aveva assicurato al muro: era svenuto quando l’avevano aiutato. Forse era diventato lo sport favorito degli angeli quello di afferrarlo ogni volta che cadeva verso le nuvole. Per ben due volte era stato fortunato: non se la sarebbe sentita di fare un terzo tentativo.
— Stai per entrare nel bel mezzo dell’azione, Ny. — Gli urlò Guyer per coprire il rumore del motore e del vento. — Tutto l’edificio è in subbuglio, dalla testa ai piedi. Ogni cosa è sottosopra, ragazzo.
Axxter si sporse verso di lei. — Perché? Che sta succedendo?
La donna sogghignò. — Te ne accorgerai, ragazzo. Quando arriverai là sopra. Il tuo agente ti metterà al corrente di tutto.
La testa gli faceva troppo male per riuscire a fare delle ipotesi. Si appoggiò comodamente allo schienale e chiuse gli occhi.
— Ny, Cristo, che piacere vederti! — Brevis lasciò la sua scrivania per andare a stringere la mano di Axxter. — Non sapevo che diavolo ti fosse accaduto, se tu fossi vivo o morto. Ma ho continuato a sperare.
Axxter lasciò che il suo agente lo facesse accomodare. — Che cazzo sta succedendo qua intorno? — E indicò la porta. — Cos’è, una rivolta o qualcosa di simile? — Non qualcosa di simile, lo sapeva bene: era proprio una rivoluzione. Arrivare dal punto in cui l’aveva lasciato Guyer fino all’ufficio di Brevis era stato più difficile di quanto pensasse: folle urlanti insorgevano e si vedevano fiammate di spari ed esplosioni. Aveva individuato almeno una mezza dozzina di tribù militari impegnate a combattersi a vicenda. Procedere scivolando lungo i muri gli era sembrata la cosa più saggia da fare. C’era qualcosa di molto grosso in ballo, era ovvio.
— Non hai sentito niente? — Brevis tornò a sedersi dietro alla sua scrivania. — Ah, certo che non hai sentito… visto che eri in viaggio — E indicò il muro con entrambe le mani. — È così Ny: il grande momento. La rivoluzione. Ogni cosa è lì, pronta per essere presa. L’intera struttura di potere del Cilindro è collassata. Alleanze, trattati… è saltato tutto. Ci sarà parecchio casino qui intorno per un po’ — Si appoggiò allo schienale con le mani incrociate dietro alla testa. — Indipendentemente da quello che ti accadrà, Ny, almeno tu avrai la soddisfazione di sapere che in qualche modo quello che hai fatto ha cambiato le cose.
— Io? Cos’ho fatto io? Non ho fatto niente che abbia provocato tutto questo. — Piegò il capo verso la porta: da dietro si potevano udire i rumori della rivolta.
— Non te l’ha detto nessuno? È stata la tua piccola trasmissione, Ny. Voglio dire, è stata un’idea grandiosa usare quell’angelo per riflettere i segnali… quando questi hanno colpito questa zona del Cilindro, tutti si sono chiesti cosa stesse succedendo, così tutti si sono impegnati a ricostruire quello che avevi fatto. E quando dico tutti, intendo proprio tutti; ogni tribù militare che si fosse mai fatta fare dei lavori grafici e chiunque altro avesse accesso a biofogli programmati.
— Di cosa stai parlando?
— Non capisci, Ny? — Brevis sorrise. — Tu non ti sei limitato a inviare la tua trasmissione alla Folla Devastante, l’hai trasmessa a tutti. Il segnale non era codificato secondo i canoni della Piccola Luna… sono i codici a limitare la ricezione dei messaggi solo ai destinatari desiderati. Senza il codice, il tuo segnale è stato trasmesso del tutto liberamente. Ogni pezzo di biofoglio attivo che esista su questa parte dell’edificio ha incominciato a ricevere tutto il materiale che hai messo insieme, quei nastri e tutto il resto. Non si è trattato di un piccolo segreto tra te e la Folla Devastante: tutti hanno visto le prove della cospirazione tra la Folla e l’Atroce Amalgama. Non appena i loro rispettivi alleati e simpatizzanti hanno capito cos’era successo, il gioco è stato fatto. Ecco il perché del casino che c’è là fuori.
— Cristo! — Una strana domanda si agitava in Axxter: tutto quello che aveva tentato di fare era salvarsi l’osso del collo. E per quello era successo un tale macello… — E allora, cosa succederà adesso?
— Oh, emergerà qualche nuovo ordine. Alla fine. È così che vanno sempre le cose. Certo è che non saranno né l’Atroce Amalgama né la Folla Devastante a riprendere le redini del potere. Tra le loro fila c’è stata una defezione di massa e ognuno sta cercando di schierarsi al fianco di qualcun altro. Se ci riusciranno; un sacco di vecchi rancori stanno per essere placati a loro spese.
Probabilmente Cripplemaker ce l’avrebbe fatta, viscido serpente qual era. Ma ad Axxter non fregava niente della sorte del Generale. — Bene… qualunque cosa succeda, incasseremo un bel po’ di soldi, giusto? Adesso che ce l’ho fatta è ora di raccogliere. Quant’è la mia liquidazione?
Il sorriso di Brevis scomparve. Guardò Axxter tristemente. — Non c’è nessuna liquidazione, Ny.
Il suo battito si fermò. — Cosa vuoi dire?
— Niente pagamenti. Niente soldi, niente di niente. Questo è stato l’altro effetto della tua trasmissione. Ricordi? Quello che hai mostrato ha incriminato anche la Chiedi Ricevi. Adesso sono in bancarotta, finiti, kaputt. La validità delle loro informazioni era sempre stata considerata del tutto affidabile, così ora tutti le hanno fatto causa e hanno conti in sospeso con lei. Ma tanto non servirà a nulla, visto che sono già rovinati.
— Ma… e i miei soldi?
— Ny, tu hai ceduto i diritti alla Chiedi Ricevi. Te l’ho detto: hanno fatto bancarotta. I diritti che tu gli hai venduto adesso fanno parte di quei beni su cui gli avvoltoi stanno cercando di mettere gli artigli. Quando ce la faranno e se ce la faranno; ci vogliono un sacco di anni per sistemare un casino come questo… sarai fortunato se ci caverai abbastanza per comprarti un panino.
La parte più fredda e distaccata di sé ammirava quella rigorosa efficienza: per raccogliere i soldi per tornare indietro, aveva dovuto distruggere l’organizzazione che l’avrebbe pagato. Davvero meraviglioso. Perfetto nel suo genere.
Si alzò dalla sedia.
— Ehi! Dove stai andando?
Il frastuono dell’esterno lo travolse appena aprì la porta. — Sto andando a fare una passeggiata. Ci vediamo più tardi.
Nessuna risposta. Spinse di nuovo il campanello della porta di Ree, ma in risposta ebbe solo un altro silenzio. I settori orizzontali erano sempre immersi nel silenzio, così distanti dalle sommosse del verticale. Le cose erano sempre identiche sull’orizzontale.
— Non è qui, amico.
Axxter si girò e vide una donna alle sue spalle. Aveva i capelli scuri ed era piuttosto carina; non l’aveva mai vista prima. — Sai dov’è andata?
La donna sorrise. — Penso che se ne sia andata a star meglio, amico. Si è sposata.
— Oh! — Per qualche ragione, non si sarebbe mai aspettato una cosa simile.
— Ny… — La donna si appoggiò alla parete del corridoio e lo osservò. — Non sai chi è questa? Non sai chi sono?
La donna conosceva il suo nome. E poi la sua voce, dal tono basso e l’ironia di quelle parole. — Fellonia…?
Lei annuì. — Hai indovinato. Sono qui dentro, almeno. Questo è il corpo che tengo da queste parti.
— Non sapevo se ti avrei mai rivista…
— Ho fatto qualche domanda qui intorno e ho deciso di venire a trovarti; ho immaginato che saresti passato di qua. I tuoi vecchi vicini mi hanno indicato questo posto. Volevo solo vedere come stavi, dopo tutto quello che hai passato.
Axxter le sorrise. — Come mi trovi?
Lei fece spallucce. — Come prima, mi sembra. A proposito, Sai mi ha detto di salutarti. È ancora un po’ sottosopra, ma fondamentalmente sta bene.
— Ne sono davvero felice.
Fellonia puntò il dito verso la porta. — La tua ragazza ti ha lasciato?
Axxter annuì. — Penso che avesse già qualcun altro e abbia deciso di andare con lui quando ha capito che non avrei fatto i soldi.
— Be’… ho fatto qualche ricerca in giro per conto mio; era materiale pubblico. Tieni, dai un’occhiata. — Tirò fuori un foglio di carta piegato e glielo diede. — È un documento preso dal registro pubblico.
Egli si ritrovò a leggere la data del matrimonio di Ree. Gli ci volle un attimo per capire. — Oh! Ma è successo mentre io ero ancora là. Nella zona della sera.
— Esatto. Prima di sapere se ce l’avresti fatta, se saresti tornato indietro vivo o morto. Carino, no?
Accartocciò quel pezzo di carta e lo buttò via. Tutte le porte del corridoio erano chiuse, silenziose. — Immagino che sia logico. Lei è proprio quel tipo di persona.
— Dunque, non hai subito nessuna perdita, non è vero? — Fellonia si scostò dal muro. — Devo correre; ho un sacco di cose da fare. Abbi cura di te, d’accordo?
— Certo — La guardò allontanarsi, senza voltarsi a guardarlo.
Camminò, camminò, camminò, finché non ci fu più nessun luogo in cui andare. Fino a quando non fu di nuovo fuori. Sul verticale.
Fumo, fiamme e urla lontane provenivano dall’alto: ecco cosa lo circondava mentre attraversava la piccola uscita. La prima a cui era arrivato.
Le corde dei suoi stivali scattarono e si bloccarono alla superficie del muro non appena si trovò fuori. Dritto, perpendicolare alla pelle d’acciaio dell’edificio; piegò il capo per guardare il cielo e la barriera di nuvole al di sotto. Le sue mani sfiorarono la cintura, ma si ritrassero, lasciando che le corde di sicurezza che aveva in vita rimanessero nella loro piccola rete. Non ne aveva bisogno in quel momento.
Era in piedi sul muro, la vecchia paura e la nausea erano scomparse. Era in piedi e guardava verso il basso, oltre il territorio deserto e curvo del mondo verticale. Mentre respirava, un vento freddo e penetrante gli sferzava il viso, pungendogli la gola e i polmoni. Le nubi erano argentee e la loro luce lo accecava.
Allargò le braccia come se volesse abbracciare l’aria.
Gli ci era voluto molto per arrivare fino a lì, ma finalmente era a casa.