Non poté trattenersi dal ridere. Al pensiero di come erano andate le cose e davanti a quella morsa di denti intorno alla sua caviglia.
— Mi dispiace… — Axxter si asciugò gli occhi. La sua risata era riecheggiata selvaggiamente in quello spazio dal soffitto altissimo. — Mi sembra così divertente. Non solo sono seduto sulle informazioni che potrebbero salvarmi l’osso del collo, ma potrebbero anche far andare in mille pezzi tutto quello che c’è dall’altra parte. Voglio dire, roba simile avrebbe l’effetto di una bomba tra l’egemonia dell’Amalgama. Ho tutto chiaro in testa, ma non ho modo di usare queste informazioni. Alla fine, il loro megassassino mi scoverà, mi distruggerà e quella sarà la fine di tutto. Avrei anche potuto non trovare niente e evitare di scoprire cosa stava succedendo.
— È stato così male?
Axxter lo fissò. — Stai scherzando? Non posso chiamare la Folla Devastante e dirglielo, non è vero? Se li chiamassi, il megassassino dell’Amalgama mi localizzerebbe, mi piomberebbe addosso e sarebbe la mia fine… forse avrei il tempo per spiattellare ogni cosa, il che farebbe molto piacere alla Folla, ma a che cazzo mi servirebbe? Se invece salissi su questo mezzo e mi dirigessi direttamente dall’altra parte, senza rivelare alla Folla quello di cui sono venuto a conoscenza, sarebbe il loro megassassino a distruggermi. In qualunque caso, io sono un uomo morto.
— Quello di cui hai bisogno è un modo diverso per chiamare la Folla. Invece della linea telefonica.
Axxter grugnì. — Già, peccato che sia l’unico mezzo di comunicazione.
Una nota ironica nella voce di Sai. — Ne sei certo?
Tutte quelle allusioni lo innervosivano. — Sì, ne sono certo. Il satellite della Piccola Luna non passa da questa parte dell’edificio; staziona solo sulla zona del giorno. Altrimenti avrei potuto trasmettere dei segnali e farli rimbalzare, raggiungendo la Folla in questo modo. Ma siccome la Piccola Luna non orbita da questa parte, non si può fare.
— Cosa ne dici di usare qualcos’altro invece della Piccola Luna per far rimbalzare i segnali?
Axxter sospirò. — Mi stai tirando pazzo… non c’è niente altro.
— Forza, ragazzo… devi pensare alle formiche.
Forse non era lui quello che stava diventando pazzo. — Formiche? Di che cavolo stai parlando?
— Come nelle storie… se tu aiuti le formiche, loro poi ricambiano il favore. Forza, pensa; a chi, una volta che sei riuscito a superare l’egoistico interesse solo per te stesso, hai mai fatto un favore? Eh?
Gli ci volle un attimo per ricordare. — Vuoi dire… l’angelo di gas? È a lei che ti riferisci? A che diavolo potrebbe servirmi?
— Potresti usarla per inviare un messaggio.
— Ah, già, certo; funzionerebbe benissimo. Facciamo fare il postino a un angelo; devi essere fuori di testa. Quanto credi che ci impiegherebbe per muoversi contro le correnti di vento da qui fino all’accampamento della Folla? Non ho tutto quel tempo: il megassassino è sulle mie tracce in questo momento. E poi me la immagino a entrare in quell’accampamento — se mai riuscissi a trovare un modo per farle capire dove si trova — con una mia lettera in mano; sono certo che non riceverebbe una grande accoglienza da quei ragazzi — Axxter scosse il capo disgustato. — Se questa è la tua idea per aiutarmi, puoi scordartela subito.
— Eccoci di nuovo: non stai pensando; non è affatto quello che intendevo. Dimostra un po’ d’immaginazione. Potresti usare l’angelo nello stesso modo in cui useresti la Piccola Luna: come un satellite, qualcosa su cui far riflettere i tuoi segnali per inviarli dove vuoi. Riflettici: la Piccola Luna non è altro che una superficie di metallo riflettente, sospesa nell’atmosfera. L’angelo è la stessa cosa, adesso che le hai innestato il biofoglio; certo, lei non ha tutte le attrezzature per la decodificazione che possiede la Picola Luna, ma il principio è identico. Tutto quello che devi fare è chiederle di stare ferma al posto giusto e sarai in grado di superare la curva dell’edificio e lanciare segnali che la Folla Devastante potrà ricevere. È semplice.
— Sì, è semplice! È roba da ingenui. Ti stai dimenticando di un piccolo particolare. I segnali che vengono trasmessi dalla Piccola Luna sono cifrati, in modo che raggiungano la persona con cui tu vuoi parlare. Non ci si può limitare a lanciare un segnale nell’aria e sperare che il tuo destinatario lo riceva.
Sai parlò lentamente, con pazienza. — Ma tu non devi fare questo. C’è un altro modo per comunicare con la Folla Devastante. Ricordi il lavoro che hai fatto per loro… tu ne controlli il segnale d’animazione, almeno fino a quando qualcuno come l’Atroce Amalgama non vi si sovrapporrà. E questa non è certo una delle loro preoccupazioni in questo momento. Tutto quello che devi fare è modificare il segnale d’animazione per incorporare, trasmettere e far riflettere sull’angelo il tuo messaggio che s’imprimerà sulle incisioni che hai fatto all’accampamento della Folla. Saranno in grado di leggerlo sul biofoglio; diavolo, potresti addirittura includere qualcuno dei filmati che hai trovato. Chiunque stia indossando il biofoglio su cui hai lavorato, verrà trasformato in uno schermo ricevente.
Axxter restò senza parole per un attimo. — È il piano più assurdo che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Ci sono circa una dozzina di ragioni per cui potrebbe non funzionare. Devo dipendere da un angelo che dovrà restare immobile nella giusta posizione, sospeso nell’aria; la Folla potrebbe aver già sostituito il lavoro che ho fatto per loro — non ne erano rimasti propriamente entusiasti, ricordi? — quindi, anche nel caso in cui io riuscissi a trasmettere il messaggio, potrebbe non esserci nulla di adatto a riceverlo.
— Certo… — Sai non sembrava affatto turbato dalle sue obiezioni. — Non vuoi tentare, d’accordo. Non ti stavo offrendo un piano infallibile. Quello che ti sto dicendo è che si tratta dell’unica opportunità che hai. Certo, diversa dal restare rannicchiato e aspettare che il megassassino ti trovi.
— Sai, sono davvero stufo di gente che mi dice che non ho altra scelta. Mi sembra di averlo già sentito abbastanza.
— Hai un’idea più brillante? Sentiamola, allora.
Non ne aveva. La sua rabbia era che non ne aveva mai una migliore.
Sai aspettò che Axxter parlasse, mentre i secondi passavano lentamente, poi annuì. — D’accordo, ascolta… se davvero vuoi provare, devi muoverti in fretta: il megassassino ha delle grosse difficoltà a individuarti finché stiamo qui dentro, ma sulla superficie ti sarà addosso in un baleno. I suoi sensori sono programmati per questo. Quando usciremo, il messaggio dovrà già essere preparato e pronto a partire, così lo invierai non appena l’angelo sarà nella posizione giusta. Quindi siediti e comincia a elaborarlo immediatamente… sarà il tuo trampolino per la vita. Dev’essere sintetico, ma completo, e includere tutte le prove che hai trovato su quei nastri. Tu occupati di questo e io andrò a controllare il territorio tra qui e la superficie, in modo che non ci sia alcun contrattempo. — Accese la torcia e si allontanò. — Ci vediamo tra un po’.
Axxter osservò il fascio di luce diventare sempre più debole, poi si ritrovò solo nel buio.
— Sei sicuro che quell’essere non sia qui in giro?
— Smettila di preoccuparti — Sai si riparò gli occhi con una mano, guardando attraverso il cielo. — Hai un buon margine. Il megassassino si trova a molti livelli più sotto rispetto alla superficie; anche se ti localizzasse in questo momento, gli ci vorrebbe comunque un po’ di tempo per arrivare fino a qui.
Axxter si morse un labbro. — Sembra che anche noi ci impiegheremo un bel po’.
— Come ti ho già detto, non preoccuparti: arriverà. Ha una cotta per te.
Un puntino apparve nel cielo; s’ingrandì finché non si videro gambe, braccia e la membrana sulle sue spalle. Poi, alla fine, un sorriso radioso rivolto ad Axxter.
— Ciao, ciao — Lahft fluttuava nell’aria a pochi metri dal punto in cui Axxter era assicurato al muro tramite le corde di sicurezza. L’angelo si girò, mostrandogli l’immagine incisa sul biofoglio.
— È un piacere vederti.
Lei rise e la sua risata sembrava il trillo di un campanellino. Axxter guardò la nuova immagine che si stava formando sul biofoglio e che stava trasmettendo: il suo viso. Il sole splendeva oltre la curva metallica della superficie, oscurando i puntini neri composti in modo da formare occhi, naso, mento. Era il primo autoritratto che si fosse mai fatto; dovette resistere alla tentazione di migliorarlo, girandolo su un profilo di tre quarti in modo che non avesse un’espressione così stupida. Come se non corressi il rischio di essere ucciso. Questo sì che significa essere maniaci della precisione.
— Forza! — Sai lo pungolò. — Dille cosa deve fare. Non hai tutto questo tempo.
Axxter non poteva dire se riuscisse a farsi capire dall’angelo, che si limitava ad ascoltare con gli occhi spalancati.
— Hai capito?
Lei piegò la testa, guardando oltre Axxter. Egli pregò che qualcosa si mettesse in moto nella testa dell’angelo. — Qui… ora — Lei annuì, poi indicò il cielo. — Là, dopo ora.
— Già, esatto. Proprio oltre la Fiera Equatoriale; voglio dire, la grande linea. Vai il più lontano possibile. E rimani là. Hai capito?
Lei gli sorrise.
— Oh, Gesù Cristo. — Si rivolse a Sai. — Non c’è speranza. Non funzionerà mai.
— Come fai a saperlo? — Sai ricambiò il sorriso dell’angelo. — È molto più intelligente di quanto tu creda. È solo sintonizzata su una diversa lunghezza d’onda.
Lahft toccò Axxter sulla spalla. — Quando è adesso? Adesso è già adesso?
Ci volle un po’ perché lui decifrasse quel messaggio. — Esatto! Voglio che tu vada subito.
— Adesso, arrivederci — L’angelo si allontanò, ancora sorridendo. Axxter la guardò con un peso sul cuore.
— Potresti anche cominciare a trasmettere. Così verrà riflesso non appena lei raggiungerà la posizione giusta.
Axxter annuì. Richiamò il file che aveva preparato e lo trasmise, dando un comando: RIPETERE FINO A NUOVO ORDINE “INTERRUZIONE”. Al di là di quelle parole, la sagoma dell’angelo si muoveva lentamente nel cielo. — Quanto tempo staremo qui fuori?
Sai si sistemò contro la parete. — Quanto potremo.
Il sole stava tramontando e scomparendo dietro la barriera di nuvole. Axxter guardò l’intenso colore rosso. Le ore di inattività, legato al muro mentre la trasmissione proseguiva ininterrottamente, l’avevano esaurito e gli avevano indolenzito tutti i muscoli.
La mano di Sai sulla sua spalla lo scosse. — Senti?
— Sentire cosa? — Poi capì cosa: un basso rombo che vibrava attraverso il metallo dell’edificio fino dentro alle sue ossa.
— Stai qui. E continua a trasmettere — Sai si arrampicò verso l’entrata del cunicolo. In meno di un minuto fu di ritorno. — Bene, le trasmissioni sono finite. È ora di muoverci.
— È qui? Ci ha trovato?
— Quasi. Forza, andiamo.
Mentre scivolavano nel tunnel, poté sentirne di nuovo l’odore nauseante, quel puzzo d’olio e metallo bollente. Il megassassino era là, da qualche parte nel buio dell’edificio. E si avvicinava sempre più a lui. Dovette resistere all’impulso di fuggire e tornare sulla superficie.
Sai spostò un pannello del muro del tunnel, abbastanza largo perché potessero infilarvisi. Si mise un dito sulle labbra per fargli capire di stare zitto, poi spinse Axxter attraverso l’apertura. Egli si girò e diede un’occhiata dietro alle spalle di Sai, verso l’apertura del cunicolo vuoto.
Ma restò vuoto solo per un secondo: un’ombra nera, chinata sotto il soffitto, riempiva tutto lo spazio. Si fermò e i pistoni delle sue braccia si contrassero: continuava ad aprire e chiudere i pugni.
L’enorme testa si girò e due luci rosse, due piccole chiazze di sangue, si fissarono negli occhi di Axxter.
— Muoviti! — Urlò Sai, spingendolo avanti. — Corri! — Dietro di sé sentì il rumore del muro metallico che veniva squartato. Quando raggiunse lo spazio con il soffitto più alto, proseguì camminando a carponi. Per un attimo, tutto quello che riuscì a fare fu sollevare la testa tentando di riprendere fiato. Oltre al battito accelerato del suo cuore, vicino al suo orecchio poteva sentire il respiro di Sai, che cercava di farlo rialzare.
— Devi farcela, amico. Prendi il treno e vai.
— Come… come funziona?
— È già programmato… ha una sola velocità e può seguire un’unica strada. Devi solo premere il bottone verde e sarai fuori di qui… Dove stai andando?
Axxter si diresse sull’altro lato del treno. In uno spazio un po’ illuminato trovò la moto che aveva visto prima.
— Gh, Cristo! Non hai tempo per giocare con quella adesso…
— La voglio — Axxter tolse la moto dal cavalletto e la spinse verso il treno. — Devo avere qualcosa quando arriverò di là. — Era troppo pesante per spingerla da solo nella cabina di guida. — Forza, dammi una mano con quest’affare!
— Tu hai davvero perso il lume della ragione… — Malgrado le sue proteste, Sai si spostò dietro la moto e la spinse, mentre Axxter la issava dall’alto. Alla fine riuscirono a infilarla nello stretto spazio dietro al pannello dei comandi del treno.
Ansimando per lo sforzo, Sai rimase fuori dalla cabina, aggrappato alla porta del treno. — Sei contento adesso? Come ti ho detto, l’unica cosa che devi fare è…
Poi scomparve. Una mano di metallo, larga come una cassa toracica, lo spinse via, mandandolo a gambe all’aria. La figura del megassassino riempiva il vano della porta d’entrata.
— Merda… — Axxter fece qualche passo indietro. La moto si rovesciò e lo bloccò contro la parete della cabina. Mentre il megassassino ghignava al pensiero d’averlo raggiunto, la mano di Axxter riuscì ad arrivare al pannello dei comandi. Con le dita tastò qualcosa di rotondo e lo schiacciò.
Il treno fu scosso da una vibrazione. Sentì il motore mettersi in moto sotto di lui mentre il megassassino gli aveva già tolto la moto di dosso. Il serbatoio si sollevò dal suo torace, ma vi ricadde immediatamente, non appena il treno acquistò velocità, lasciandosi dietro il megassassino. Un urlo di frustrazione risuonò nel cunicolo, mentre le dita di metallo del megassassino graffiavano il treno.
La velocità del mezzo aumentò e il rombo del motore era musica per le orecchie di Axxter. La moto si spostò di nuovo e il suo peso gli fece battere violentemente la testa contro la parete. Per qualche secondo ancora, mentre la cabina cominciava a girare e a diventare scura, Axxter continuò a sentire in lontananza il grido di rabbia del megassassino.
Una piccola luce rossa si accendeva a intermittenza. La scorse con la coda dell’occhio, prima di vedere qualsiasi altra cosa, prima ancora di rendersi conto che poteva vedere. Quella pulsazione rossa s’ingoiava a poco a poco la grigia nebbia che lo avvolgeva.
Axxter sollevò la testa: anche quella pulsava. Il dolore eliminò tutta la nebbia, fino a quando non vide chiaramente l’intera cabina del treno. Afferrò la moto che lo bloccava in un angolo; lentamente riuscì a togliersi di dosso il peso del veicolo.
Dovette appoggiarsi al pannello dei comandi con entrambe le mani per non cadere. La luce rossa era un piccolo rettangolo al cui centro erano impresse alcune parole: FINE DELLA CORSA. Continuò a lampeggiare mentre Axxter si raddrizzava e si dirigeva barcollante verso la porta.
Il lato del treno era tutto sfregiato e dove il megassassino era riuscito ad afferrarlo, il metallo era divelto. Axxter si guardò intorno. Sembrava un posto malridotto e trascurato: c’erano grovigli di fili e altri detriti abbandonati in giro. Un odore di bruciato riempiva l’aria.
Dopo qualche ricerca, trovò quello che stava cercando, segnalata dagli anelli concentrici gialli. Infilò il dito nella presa e stabilì il contatto.
Chiamò l’accampamento della Folla Devastante; quando disse chi era, gli passarono immediatamente il Generale Cripplemaker.
— Axxter… sono felice di sentirti! — La voce del Generale sembrava sinceramente compiaciuta.
— Avete ricevuto il mio messaggio? — Si appoggiò al muro.
— Forte e chiaro! Davvero intelligente da parte tua… all’inizio non capivamo che diavolo stesse succedendo. Poi, quando abbiamo visto cosa stavi trasmettendo e quegli spezzoni di filmati… be’, posso assicurarti che il parere di molta gente qui intorno è molto cambiato nei tuoi confronti. Ti devo personalmente delle scuse, ragazzo mio.
— Già, già… è grandioso… meraviglioso… Quello che voglio sapere è se posso uscire. In superficie. Voglio dire, sono arrivato fino a qui, ma devo sapere se è sicuro per me là fuori.
Cripplemaker rise. — Non devi più preoccuparti… dopo quello che ci hai rivelato, sei diventato una specie di eroe da noi. Abbiamo organizzato una festa di benvenuto per te.
Axxter tirò un sospiro di sollievo, appoggiando la testa al muro. — Be’, non sono molto in forma per la vostra festa adesso; dovrete aspettare ancora un po’. Ma credo che ci vedremo molto presto.
Chiuse la comunicazione e tolse il dito dalla presa. Mentre tornava al treno, si rese conto che le sue gambe erano ancora deboli. Qualche metro oltre il muso del treno, trovò l’apertura che portava dall’interno dell’edificio al settore orizzontale. Si arrampicò su un mucchio di macerie e guardò dall’altra parte. Per un attimo pensò si trattasse una scena già vissuta, uscita per caso dal suo archivio: il settore bruciato, coperto di cenere e ossa. Visto da una nuova angolazione, però: una lunga inquadratura di distruzione, dove le parti più affilate del metallo erano state levigate dal tempo e la decadenza aveva ormai distrutto qualsiasi cosa i guerrieri si fossero lasciati alle spalle. E in lontananza un brandello di cielo blu.
Qualcosa lo tratteneva. Tutto quello che doveva fare era arrampicarsi e dirigersi verso il cielo e sarebbe stato là, di nuovo nella zona conosciuta. C’era ancora odore di morte nell’aria di quel settore; rimaneva per molto tempo dòpo, lo sapeva. Tutti sarebbero stati in grado di avvertirlo, come se fosse penetrato nelle pareti metalliche.
Un movimento, vicino all’uscita; Axxter lo vide. Sarebbe stato difficile non notarlo, era così grande…
Scivolò dalla barriera. Il trauma di vedere un megassassino al di là di quel settore lo aveva colpito come un pugno nello stomaco. — Cristo… che diavolo ci fa qui? — Non poteva essere quello che lo aveva inseguito prima, nella zona della sera; l’aveva lasciato dietro a sé. E anche se fosse arrivato lì in qualche modo — se si fosse aggrappato al treno — non avrebbe potuto superare la barriera aggirando il settore bruciato; sarebbe rimbalzato davanti alla cabina di guida una volta che il treno si fosse fermato, l’avrebbe raggiunto, tirato fuori e gli avrebbe schiacciato la testa.
Con prudenza Axxter sbirciò dal bordo piegato. Quell’affare era ancora là. Non gli voltava più le spalle, e la sua massa oscurava quasi tutta la luce del sole. I due punti rossi degli occhi guardavano diritti nei suoi; l’aveva individuato.
Non si mosse. Axxter era paralizzato, aspettando che il megassassino si precipitasse verso di lui, con le braccia metalliche rotanti.
Un sorriso. Se un gatto potesse sorridere quando ha intrappolato un topo in un angolo…
Il torace del megassassino si aprì: i pannelli metallici scorsero lentamente. E sopra al cuore alimentato a benzina scorse l’icona di morte, la cui immagine si muoveva a spirale dalla gola all’inguine. La vide. Il suo lavoro. Quello che aveva fatto, la commissione del generale Cripplemaker. Nero nel nero, un’oscurità così profonda da potervi affondare. Il lavoro che lui stesso aveva creato si era trasformato in gloria affascinante.
È la mia. Non riusciva a distogliere gli occhi dall’immagine mentre i pensieri gli turbinavano in testa. Se quella era la sua creazione, allora quelli per cui aveva fatto il lavoro… È loro! È il megassassino della Folla Devastante… L’avevano mandato ad aspettarlo. Aspettare lui che sarebbe uscito di lì tranquillo e fischiettante, credendo che tutte le sue preoccupazioni fossero finite; quello era il loro benvenuto. Cripplemaker gli aveva detto che avevano organizzato qualcosa per lui.
Non aveva senso. Cripplemaker aveva detto di aver ricevuto il suo messaggio… avrebbero dovuto richiamare il loro megassassino, farlo tornare dove si trovava di solito. Invece di lasciarlo lì ad aspettare che arrivasse. E poi aveva aperto il torace, mostrando l’icona di morte… quello esplicitava chiaramente il suo compito, l’unico per cui fosse mai stato ideato. Appena non avesse più trovato divertente la sua faccia incredula, che non aveva alcun luogo in cui nascondersi, si sarebbe lanciato lungo il settore devastato, oltrepassando la barriera… e avrebbe portato a termine il suo lavoro.
La vista della sagoma del megassassino che si stagliava all’entrata del settore gli ricordò qualcosa. Un altro momento…
Si spostò dalla barriera. Nel buio dell’edificio richiamò due file che aveva registrato dai filmati di scarto. Fece avanzare velocemente il nastro fino a quando trovò quello che stava cercando. I due megassassini che avevano partecipato all’incursione del settore. L’icona che caratterizzava uno di loro era ben visibile e apparteneva all’Atroce Amalgama; esaminò tutte le angolazioni della telecamera, cercando di avere un’immagine frontale dell’altro.
Niente; era stato inquadrato solo di spalle, mentre uccideva con le grandi mani rotanti. Al di là si vedevano i volti terrorrizzati delle sue vittime, che si contorcevano di fronte all’icona di morte, l’ultima cosa che avrebbero mai visto…
Fermò il nastro e ingrandì l’immagine, zumando su un povero sfortunato, condannato a essere ridotto in polpette. Si concentrò sul viso dell’uomo; ingrandì ancora, inquadrando un occhio.
Eccolo. Un riflesso, curvato dalla superficie tonda dell’occhio, ma molto chiaro. L’icona di morte. Axxter la riconobbe; gli sembava di sapere in anticipo quello che avrebbe visto. La stessa che aveva già visto, là all’accampamento della Folla, quella che aveva sostituito con la propria creazione.
Il che significava — d’un tratto tutto gli fu chiaro — che quello era il megassassino della Folla Devastante. L’altro megassassino della registrazione, quello che aveva partecipato all’incursione nel settore. L’artefice non era stata solo l’Atroce Amalgama; anche la Folla Devastante vi era invischiata.
Figli di puttana. Axxter cancellò il file e restò immobile a fissare il buio davanti a sé. Erano d’accordo; lo erano sempre stati. Un’altra di quelle verità ritenute universali si era rivelata una farsa. L’Atroce Amalgama e la Folla Devastante non si contendevano il potere… erano alleate. Era logico, una volta che se ne seguiva l’evoluzione: perché limitarsi a ridurre la Chiedi Ricevi a una buffonata? Una Volta che la più affidabile fonte d’informazione era stata corrotta, non c’era modo di scoprire le frodi o le cospirazioni che potevano essere ideate. A meno che non arrivasse qualche povero scemo che casualmente inciampava in qualcosa che non avrebbe mai dovuto vedere… ma quelli erano facili da eliminare. Il suo intelligente messaggio a Cripplemaker era solo servito a confermare il fatto che aveva scoperto troppo. Così, ovviamente, il Generale gli aveva detto di tornare immediatamente indietro. Dove l’avrebbe atteso un piccolo comitato di ricevimento.
— ’Fanculo! — La sua voce risuonò nel buio. Non aveva più paura; la sua mascella tremava per la rabbia, che era più forte di qualsiasi altra emozione. — E adesso affrontiamo anche questa.
Tornò verso la barriera. Con le mani formò una specie di megafono intorno alla bocca e urlò: — Dammi solo dieci minuti, d’accordo? Pensi di potertelo permettere? Poi sarò da te. — Ebbe l’impressione di vedere il megassassino sorridere; comunque fosse, questo non si mosse dall’entrata del settore. Axxter annuì e si diresse verso il treno.
Gli ci vollero meno di dieci minuti; non c’era molto da fare. Aveva trovato un saldatore nel reparto di manutenzione del treno; quello e i cavi ingarbugliati di cui era coperta quella zona, facilitarono le cose.
Un punto della barriera distrutta era abbastanza basso perché la moto potesse oltrepassarlo. Il bordo metallico era fuso e levigato in modo che niente potesse tranciare lo spesso cavo d’acciaio che aveva saldato da un capo all’intelaiatura della moto. Fece passare il cavo sulla barriera e poi indietro, verso il punto in cui aveva saldato l’altro capo a una delle sporgenze del telaio del treno. Si guardò alle spalle: il megassassino stava ancora aspettando là, osservando divertito le sue stravaganze. Non aveva fretta.
Il rombo del motore riecheggiò per tutto il settore mentre Axxter, a cavalcioni sulla moto, attivò l’accensione. In lontananza, il megassassino chinò il capo mentre i punti rossi degli occhi non smettevano di guardarlo. Axxter inserì la marcia e diede gas. Si girò per controllare che il cavo metallico si svolgesse dietro alla ruota; poi si chinò il più possibile, sotto il livello del manubrio, per ripararsi dal vento che gli colpiva il viso. I suoi occhi erano fissi in quelli del megassassino quando spalancò le braccia, pronto ad affrontare l’impatto. In quegli ultimi secondi gli apparve tutto enorme, mentre le rovine del settore sfrecciavano al suo fianco come un’enorme muraglia, una muraglia con occhi e un’immagine nera a spirale, oscurità dentro all’oscurità. Poteva già vedersi schiacciato, ridotto in ossa e brandelli; ma gli andava bene, ogni cosa che fosse successa sarebbe andata bene, era stanco di gingillarsi, doveva far succedere qualcosa…
Poi ci fu l’impatto. Per un attimo sentì le dita del megassassino intorno alla schiena, mentre la ruota anteriore della moto si schiantava sul petto di quell’essere. Fu circondato dalla luce e dall’aria: il vento gli accarezzava le braccia e le gambe ed egli capì di essere sfuggito alla presa del megassassino. Questo ululò ed egli lo udì; non era un urlo di rabbia, ma di paura e spavento mentre cadeva, sbalzato via dall’entrata del settore. Aveva sempre creduto di essere immortale.
Davanti agli occhi di Axxter tutto divenne rosso; alcuni pezzi di metallo si staccarono dalla moto e gli colpirono le sopracciglia. Ma tenne duro, aggrappandosi al serbatoio. La moto mantenne la propria direzione ancora per un po’, volando nello spazio, distante dall’edificio.
Poi si girò e Axxter poté vedere il Cilindro. Lentamente, il cavo si tese al massimo. Per un attimo divenne una linea retta, una perfetta linea nera che solcava l’aria. Si aggrappò ancora più forte alla moto, le gambe e le braccia si strinsero ai pezzi di metallo. Se fosse riuscito a tener duro, se il cavo non si fosse spezzato, se fosse sopravvissuto al viaggio di ritorno verso il muro…
Con una nota acuta, più alta del rombo del vento, il cavo si ruppe.
Lasciò andare la moto. Il megassassino era sparito, caduto tra le nuvole. Ora voleva liberarsi di qualunque cosa. Spalancò le braccia e reclinò il capo all’indietro: in cuor suo provò un’improvvisa ondata di gioia. Un’altra figura, la cui sagoma si stagliava in un fascio di luce, uscì dalle nuvole e si diresse verso di lui. Axxter tentò di raggiungerla, ma era troppo lontana, e proseguì la sua caduta.