7. Ruote dentro ruote

Questo era davvero troppo per chiunque!

Il tenente Rod Caquer, appartenente alle forze di polizia del Settore Tre, aveva ormai superato ogni limite. Come si può indagare sull’omicidio di un uomo che è stato ucciso due volte? E come dovrebbe comportarsi un poliziotto quando la vittima ricompare viva e vegeta per aiutarvi a risolvere il caso?

Neanche quando sai che in realtà non è il… o se lo è, non è quello che i tuoi occhi ti dicono che sia e non dice ciò che i tuoi orecchi sentono.

C’è un punto al di là del quale la mente umana non può più funzionare come si deve e quando si passa oltre quel punto ogni persona reagisce in modo diverso.

La reazione di Rod Caquer fu di un’improvvisa e cieca collera. Diretta, per mancanza di un miglior obiettivo, contro l’investigatore speciale, ammesso che lo fosse e non si trattasse solo di un fantasma ipnotico che nella realtà non esisteva.

Il pugno di Rod Coquer si avventò fulmineo e si scontrò col mento dell’uomo. Il che non dimostrò niente, eccetto che se l’ometto appena sceso dall’astronave era un’illusione, era un’illusione tangibile. Il pugno di Rod esplose contro quel mento come una bomba e l’ometto barcollò e cadde in avanti. Sempre sorridente, perché non aveva neppure avuto il tempo di mutare espressione.

Cadde a faccia in giù e poi rotolò per terra, con gli occhi chiusi, sorridendo amabilmente al cielo che andava rischiarandosi.

Caquer si chinò tremando sull’uomo e gli posò una mano sul davanti della camicia. Si, il cuore batteva regolarmente. Per un momento, Caquer aveva temuto di avere ucciso quell’uomo con quel pugno.

Poi Caquer chiuse deliberatamente gli occhi e tastò con la mano il volto dell’uomo e il volto rispose al tatto confermandogli che era proprio il viso di Willem Deem. Sotto le dita senti il rilievo del porro sul naso, così come gli era apparso alla vista.

Due uomini erano usciti di corsa dall’ufficio del check-in e attraversavano il campo nella loro direzione. Rod colse l’espressione dei loro visi e poi pensò al piccolo apparecchio a pochi passi da lui. Doveva uscire dalla Città del Settore Tre per avvertire qualcuno di quanto stava succedendo prima che fosse troppo tardi.

Se solo avessero mentito riguardo il raggio d’energia che era stato interrotto nell’emissione verso l’esterno. Con un salto scavalcò il corpo dell’uomo che aveva colpito, salì di corsa a bordo dell’astronave e manovrò i comandi. Ma l’astronave non rispose. No… decisamente non avevano mentito riguardo quel raggio.

Non aveva senso rimanere lì per combattere una lotta che non poteva decidere niente. Allora uscì dalla porta dell’astronave, dalla parte opposta a quella da cui arrivavano i due uomini e corse verso la rete metallica.

Quella rete era elettrificata. Non abbastanza da uccidere un uomo, ma abbastanza da tenerlo attaccato finché non fossero arrivati gli uomini con i guanti di gomma a tagliare il filo e portarlo via. Ma se il raggio d’energia era interrotto, allora probabilmente era stata interrotta anche la corrente della rete.

L’ostacolo era troppo alto per superarlo con un balzo, per cui dovette rischiare. Fortunatamente la corrente era stata tolta. Caquer scavalcò la rete senza intoppi, mentre i suoi inseguitori si fermavano e tornavano indietro per occuparsi dell’uomo caduto accanto all’astronave.

Caquer smise di correre e si mise a camminare, ma continuò senza fermarsi. Non sapeva dove andare, ma sapeva che doveva continuare a muoversi. Dopo un po’ si accorse che i suoi passi lo stavano conducendo verso il limitare della città, sul lato nord, verso Callisto City.

Ma era una follia. Non poteva assolutamente raggiungere Callisto City a piedi in meno di tre giorni. Ammesso sempre che riuscisse anche ad attraversare quel deserto privo di strade. E poi in tre giorni sarebbe stato troppo tardi.

Si trovava in un piccolo parco vicino al confine nord quando si rese conto di quanto fosse futile proseguire in quella direzione. E nello stesso tempo scoprì di avere i muscoli duri e stanchi, oltre a un terribile mal di testa, per cui non gli sarebbe stato possibile proseguire a meno di avere davanti a sé una meta possibile e valida.

Si lasciò cadere su una panchina del parco e per un po’ rimase con la testa stretta tra le mani. Non trovò nessuna risposta.

Dopo un certo tempo sollevò lo sguardo e vide qualcosa che lo affascinò. C’era una girandola in cima a un bastone piantato nell’erba del parco, che girava vorticosamente al vento. Ora forte, ora adagio, a seconda di come tirava il vento.

La girandola ruotava in tondo, come la sua mente. E non poteva andare altrimenti la mente di un uomo quando questi non era più in grado di distinguere la realtà dall’illusione? In tondo come la Ruota di Vargas.

In tondo.

Ma doveva esserci una via d’uscita. Un uomo con la Ruota di Vargas non era completamente invincibile, altrimenti come poteva il consiglio essere riuscito alla fine a distruggere le poche ruote che erano state costruite? È vero che poteva darsi che i possessori delle ruote potevano essersi distrutti a vicenda, almeno fino a un certo punto, ma doveva pure esserci stata un’ultima ruota in mano a qualcuno. In possesso di qualcuno che voleva controllare il destino del sistema solare.

Ma le ruote erano state eliminate.

Quindi voleva dire che si poteva farlo. Ma come? Come si poteva, se non si vedevano? E soprattutto come si poteva farlo, quando bastava che un uomo le vedesse per finire totalmente sotto controllo, a tal punto da non poterla più vedere dopo il primo barlume perché ormai la sua mente era stata completamente catturata?

Doveva eliminare la ruota. Quella era l’unica risposta. Ma come?

Per quanto ne sapesse lui, poteva anche darsi che quella girandola fosse la Ruota di Vargas, messa lì per creare l’illusione che fosse il giocattolo di un bambino. O forse il suo possessore, col casco in testa, stava in quel momento sul sentiero proprio davanti a lui e lo osservava, invisibile, perché alla mente di Caquer era stato ordinato di non vedere.

Ma se l’uomo era lì, lo era veramente, e se Rod si fosse messo a vibrare fendenti con la daga, il pericolo sarebbe scomparso, no? Ma certo.

Ma come trovare una ruota che non poteva vedere? Che non si poteva vedere perché…

E poi, mentre fissava la girandola, Caquer intravide una possibilità, remota, ma che forse poteva funzionare.

Gettò una rapida occhiata all’orologio e vide che erano le nove e trenta, mezz’ora prima della dimostrazione in piazza. E la ruota e il suo possessore sarebbero certo stati lì.

Dimenticando i dolori ai muscoli, il tenente Rod Caquer, prese a correre per tornare verso il centro della città. Le strade erano deserte. Erano tutti andati in piazza, naturalmente. Così era stato loro ordinato di fare.

Dopo qualche isolato si trovò senza fiato e dovette rallentare l’andatura, riducendola a una rapida camminata, ma avrebbe avuto il tempo di arrivare là prima che fosse tutto finito, anche se gli fosse sfuggito l’inizio.

Sì, poteva andare là. E se l’idea funzionava…

Erano quasi le dieci quando passò davanti all’edificio che ospitava il suo ufficio e continuò per la sua strada. Qualche porta più avanti svoltò e entrò in un palazzo. L’uomo dell’ascensore era scomparso ma Caquer azionò lui stesso l’ascensore e un minuto dopo aveva forzato una porta con dei ferri che aveva sempre con sé ed era entrato nel laboratorio di Perry Peters.

Anche Peter non c’era, naturalmente, ma gli occhialoni erano lì, gli occhialoni speciali coi tergilenti da usarsi nelle miniere di radite.

Rod Caquer se li infilò sugli occhi, si infilò in tasca la batteria motrice e toccò il pulsante sul lato dell’apparecchio. Gli occhialoni funzionavano. Riusciva a vedere qualcosa mentre i tergilenti oscillavano avanti e indietro. Ma un minuto dopo si fermarono.

Naturale. Peter l’aveva avvertito che gli alberini di trasmissione si surriscaldavano e si dilatavano dopo un minuto di funzionamento. Be’, forse non avrebbe avuto importanza. Un minuto poteva essere più che sufficiente e ora che avrebbe raggiunto la piazza, il metallo si sarebbe raffreddato.

Ma doveva riuscire a variare la velocità. Fortunatamente tra le varie cose che ingombravano il banco di lavoro riuscì a trovare un piccolo reostato che collegò con del nastro adesivo a uno dei fili che andava dalla batteria agli occhiali.

Era il meglio che potesse fare. Non c’era tempo per provare l’apparecchio adesso. Rialzò gli occhialoni sulla fronte e corse fuori in corridoio, dove prese l’ascensore per scendere al livello stradale. Un momento dopo correva verso la piazza pubblica a due isolati di distanza.

Quando vi arrivò, si trovò ai bordi della folla raccolta davanti al palazzo della Reggenza che guardava in alto verso i due balconi dell’edificio. Su quello più in basso c’erano parecchie persone che riconobbe subito: il dottor Skidder, Walter Johnson. Non mancava neppure il tenente Borgesen.

Sul balcone superiore il Reggente Barr Maxon era solo e parlava alla folla in basso. La sua voce sonora elaborava eleganti frasi che inneggiavano alla potenza dell’impero. A poca distanza da sé, in mezzo alla folla, Caquer scorse i capelli grigi del professor Gordon e la bella testa bionda di Jane accanto a lui. Si chiese se anche loro erano sotto l’effetto ipnotico. Ma certo dovevano essere anche loro sotto controllo, altrimenti non sarebbero stati lì. Si rese conto, allora, che non sarebbe servito niente parlar loro per informarli di quanto stava per fare.

Il tenente Caquer si fece scivolare gli occhialoni sugli occhi e rimase momentaneamente accecato perché i bracci del tergilenti erano nella posizione sbagliata. Ma le sue dita trovarono il reostato, lo regolarono sullo zero, poi cominciarono a spostarlo lentamente sul massimo.

Infine quando i tergilenti iniziarono la loro frenetica danza e accelerarono riuscì a vedere nebulosamente. Si guardò attorno attraverso le lenti ad arco. Sul balcone inferiore non vide nulla di insolito, ma su quello superiore la figura del Reggente Barr divenne improvvisamente indistinta.

C’era un uomo in piedi sul balcone superiore e in testa aveva uno strano casco con dei fili e, in cima, una ruota di dieci centimetri con specchi e prismi.

Una ruota che appariva ferma per via dell’effetto stroboscopico degli occhialoni meccanici. Per un istante la velocità dei tergilenti sì sincronizzò con la rotazione della ruota, cosicché ogni volta che la ruota compariva era sempre nella stessa posizione e all’occhio di Caquer era immobile, e quindi poteva vederla.

Poi gli occhiali si bloccarono.

Ma ormai non ne aveva più bisogno.

Ormai sapeva che Barr Maxon, o chiunque si trovasse là sul balcone, era colui che portava la ruota.

Silenziosamente e cercando di attrarre la minore attenzione possibile, Caquer fece il giro della folla e raggiunse la porta secondaria del palazzo della Reggenza.

C’era una guardia lì.

— Mi spiace, signore, ma nessuno…

Poi cercò di scansarsi, ma era, troppo tardi. Il piatto della daga del tenente di polizia Rod Caquer lo colpì alla testa.

L’interno dell’edificio sembrava deserto. Caquer salì di corsa le tre rampe di scale che l’avrebbero portato al piano del balcone superiore e si infilò nel corridoio in direzione del balcone.

Quando vi irruppe di corsa, il Reggente Maxon si voltò. Maxon adesso non aveva più il casco in testa. Caquer aveva perso gli occhialoni, ma sia che li vedesse o no, Caquer sapeva che casco e ruota erano ancora là e funzionavano perfettamente. Non aveva altra scelta.

Maxon si girò e vide il viso del tenente Caquer e la daga sguainata.

Poi, bruscamente la figura di Maxon svanì. A Caquer sembrò che la figura davanti a lui fosse quella di Jane Gordon, ma sapeva bene che non era così. Jane lo guardava supplicante e gli parlava in tono straziante.

— Rod, non… — cominciò a dire.

Ma sapeva che non era Jane. Il manipolatore della Ruota di Vargas aveva semplicemente diretto contro di lui un pensiero per difendersi.

Caquer sollevò la daga e l’abbassò con violenza.

Ci fu uno spicinìo di vetri e il tintinnìo di metallo contro metallo, mentre la sua spada spaccava in due il casco.

E naturalmente adesso non c’era più Jane… solo un uomo morto steso a terra, col sangue che filtrava dalla fenditura di uno strano e complicato casco ora del tutto a pezzi. Un casco che ora tutti potevano vedere come lo vedeva il tenente Caquer.

Così come tutti, compreso Caquer, ora riconobbero l’uomo che l’aveva indossato.

Un ometto segaligno, con un antiestetico porro a lato del naso.

Sì, era proprio Willem Deem. E questa volta, Rod Caquer sapeva che era veramente Willem Deem…


* * *

— Credevo, — disse Jane, — che saresti partito per Callisto City senza neanche salutarci.

Rod Caquer gettò il cappello verso il gancio.

— Oh, per quello, — disse, — non sono neppure sicuro che riuscirò ad avere la promozione a coordinatore di polizia laggiù. Ho una settimana per decidere e per tutto questo tempo rimarrò in città. Tu come va, Ghiacciolo?

— Benissimo, Rod. Siediti. Papà rientrerà a casa presto e so che ha un sacco di cose da chiederti. Sai, è dal giorno di quella manifestazione di massa che non ci siamo più visti.

Strano come a volte può essere ottuso anche un uomo intelligente.

Ma del resto le aveva fatto tanto spesso la sua proposta ed era sempre stato respinto che non era poi tutta colpa sua.

Si limitò a guardarla.

— Rod, nei notiziari non hanno mai fornito una versione completa dei fatti, — disse Jane. — Lo so che dovrai ripeterla ancora tutta per mio padre, ma intanto che lo aspettiamo, perché non mi anticipi qualcosa?

Rod sorrise.

— Non c’è sotto niente di particolare, Ghiacciolo, — le disse. — Willem Deen aveva messo le mani su un libro dell’Indice Nero e aveva scoperto come costruire una Ruota di Vergas. Così se ne è costruita una e questa gli ha messo in testa delle idee.

— La prima è stata quella di uccidere Barr Maxon e prendere il suo posto di Reggente, regolando il casco in modo da apparire lui come Maxon. Poi ha messo il corpo di Maxon nel suo negozio e si è divertito con la messa in scena del suo omicidio. Aveva un distorto senso dell’umorismo e si è divertito un mondo a farci correre in tondo.

— Ma come ha fatto a fare tutto il resto? — chiese la ragazza.

— Be’, era là come Brager e ha finto di scoprire il proprio corpo. Poi ha fornito una descrizione delle cause della morte e ha indotto Skidder, me e quelli del Servizio Sanitario a vedere ognuno il corpo di Maxon in modo diverso. Niente di strano che per poco non siamo ammattiti tutti quanti.

— Ma Brager ricordava anche lui di essere stato là, — obbiettò la ragazza.

— Brager in quel momento era all’ospedale, ma Deem l’ha visto più tardi e gli ha impresso nella mente il ricordo di avere scoperto il corpo di Deem, — le spiegò Caquer. — Così naturalmente Brager era convinto di essere stato là.

— Quindi ha ucciso il segretario particolare di Maxon, perché questi, essendo così vicino al Reggente, doveva aver sospettato che c’era qualcosa di storto anche se non riusciva a capire cosa. E questo è stato il secondo cadavere di Willem Deem, il quale cominciava davvero a divertirsi sul serio quando ci ha tirato quello scherzo.

— E naturalmente non aveva mai inviato alcun messaggio a Callisto City con la richiesta di un investigatore speciale. Aveva solo voluto divertirsi alle mie spalle, facendomi credere di incontrarlo e facendo poi saltare fuori che il tizio era ancora una volta Willem Deem. Credo che in quel momento ci sia mancato poco che diventassi davvero pazzo.

— Ma, Rod, come mai non eri anche tu sotto la completa influenza della ruota, come gli altri… mi riferisco alla faccenda di conquistare Callisto e tutto il resto? — chiese Jane. — Tu eri libero da quella parte di ipnosi.

Caquer si strinse nelle spalle.

— Forse perché ho perso il comizio televisivo di Skidder, — suggerì. — Naturalmente non si trattava di Skidder, ma di Deem col suo dannato casco. E forse mi ha lasciato deliberatamente fuori, perché da buon psicopatico si stava divertendo troppo vedendo che mi accanivo a cercare di indagare sugli omicidi di due Willem Deem. È difficile dirlo. Forse la tensione mi aveva alterato psicologicamente e per quella ragione ero parzialmente refrattario all’ipnosi di gruppo.

— Credi che volesse davvero cercare di governare su tutta Callisto, Rod? — chiese la ragazza.

— Purtroppo non sapremo mai con certezza fin dove volesse o si aspettasse di arrivare. Dapprima voleva solo compiere degli esperimenti con i poteri dell’ipnosi per mezzo della ruota. Quella prima notte ha fatto uscire la gente di casa, mandandola per le strade, e poi l’ha rimandata indietro, facendole dimenticare tutto quanto era successo. Indubbiamente si trattava solo di un test.

Caquer fece una pausa e aggrottò la fronte pensieroso.

— Era chiaro che si trattava di uno psicopatico, però, e non osiamo neppure immaginare quali fossero i suoi piani, — continuò. — Tu sai come funzionavano gli occhiali che hanno neutralizzato la ruota, vero Ghiacciolo?

— Credo di sì. Quella è stata un’idea davvero brillante, Rod. È come quando riprendi su film una ruota che gira, vero? Se la cinepresa si sincronizza con la velocità di rotazione della ruota, così che ogni successiva immagine la mostra dopo una rivoluzione completa, allora sembra che nel film la ruota sia immobile.

Caquer annuì.

— Proprio così, — disse. — È stato davvero un colpo di fortuna avere avuto la possibilità di mettere le mani su quegli occhiali. Solo per un secondo ho potuto vedere sul balcone un uomo con in testa un casco… ma è quanto mi bastava sapere.

— Ma Rod, quando sei corso sul balcone non avevi più gli occhiali. Perché Deem non ti ha fermato con l’ipnosi?

— Be’, non c’è riuscito. Penso che non abbia avuto il tempo di mettermi sotto controllo. Così mi ha proiettato solo un’immagine. Non è stato né Barr Maxon né Willem Deem quello che mi sono trovato davanti all’ultimo momento. Sei stata tu, Jane.

— Io?

— Sì, tu. Penso che sapesse che sono innamorato di te e quella è stata la prima cosa che gli è balenata nella mente, che non avrei mai osato adoperare la spada se pensavo di avere te di fronte. Ma io sapevo che, nonostante ciò che mi dicevano gli occhi, quella non eri tu e ho colpito.

Caquer rabbrividì leggermente ricordando lo sforzo di volontà che aveva dovuto fare per abbassare la daga.

— La cosa peggiore è stata che ti ho visto lì davanti a me come ho sempre desiderato vederti… con le braccia protese verso di me e negli occhi un’espressione innamorata.

— Così, Rod?

E questa volta il tenente Rod Caquer non fu troppo ottuso per non capire al volo.

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