2. Terrore di notte

Questo era il quadro che si presentava davanti a Rod Caquer e nessuno poteva biasimarlo se cominciava a desiderare che si trattasse di un semplice caso di omicidio.

Qualche ora fa gli era sembrato odioso che il record di zero delitti di Callisto fosse saltato, ma adesso il caso appariva ancora peggiore. Non sapeva ancora, però, che sarebbe peggiorato ancora e che quello era solo l’inizio.

Erano le otto di sera adesso e Caquer era ancora nel suo ufficio con una copia del Modulo 812 davanti a sé, sulla superficie in duroplast della scrivania. C’erano delle domande su quel modulo, in apparenza molto semplici.


Nome del deceduto: Willem Deem

Professione: Proprietario di negozio libri e bobine

Residenza: Appart. 8250, S.T., Cisto

Luogo di lavoro: Negozio 9364, S.T., Cisto

Ora del decesso: Ore 15 circa, Tempo Std? Cisto

Causa della morte:


Sì, le prime cinque domande erano state facilissime. Ma la sesta? Era un’ora ormai che la stava fissando come ipnotizzato. Un’ora di Callisto, non lunga quanto quella della Terra, ma abbastanza lunga quando si fissa una domanda del genere.

Ma, maledizione!, doveva pur scrivere qualcosa.

Invece allungò la mano verso il pulsante del visifono e un istante dopo Jane Gordon lo fissò dallo schermo. Anche Rod Caquer la fissò, perché in effetti la ragazza era qualcosa che meritava di essere guardata.

— Ciao, Ghiacciolo, — le disse. — Temo proprio che stasera non mi sarà possibile venire. Mi perdoni?

— Naturalmente, Rod. Che c’è? La faccenda Deem?

Rod annuì tristemente. — Scartoffie. Un sacco di moduli e rapporti che devo compilare per il Coordinatore di Settore.

— Oh. Com’è stato ucciso, Rod?

— Il paragrafo 65 del regolamento, — le rispose con un sorriso, — vieta di fornire a un civile i particolari di un crimine ancora irrisolto.

— Al diavolo il paragrafo 65. Papà conosceva bene Willem Deem e Deem è stato spesso nostro ospite. Praticamente era un amico di famiglia.

— Praticamente? — indagò Caquer. — Allora mi pare di capire che non ti era simpatico, Ghiacciolo?

— Be’… direi di no. Era interessante da ascoltare, ma era anche un mostriciattolo sarcastico, Rod. Penso che avesse un pervertito senso dell’umorismo. Come è stato ucciso?

— Se te lo dico, prometti di non fare altre domande? — chiese Caquer con un sospiro.

Gli occhi di lei si illuminarono bramosi. — Naturalmente.

— Gli hanno sparato, — rispose Caquer; — con un’arma da fuoco e con un disintegratore. Qualcuno gli ha spaccato il cranio con una spada, gli ha tagliato via la testa con un’ascia e con un raggio disintegratore. Poi, dopo che era già stato steso sulla barella di quelli del Servizio Sanitario, qualcuno gli ha rimesso la testa a posto perché quando l’ho visto io la testa l’aveva attaccata al busto. E gli ha otturato il foro della pallottola e…

— Rod, smettila di dire fesserie, — lo interruppe la ragazza. — Se non vuoi dirmelo, sta bene.

Rod le sorrise. — Non arrabbiarti. Dimmi, come sta papà?

— Molto meglio. Adesso dorme ed è decisamente in fase di ripresa. Credo che per la settimana prossima tornerà all’università. Rod, hai l’aria stanca. Per quando devi consegnate quei moduli?

— Entro ventiquattro ore dal crimine. Ma…

— Ma, niente. Vieni subito qui. Potrai compilare quei dannati moduli domattina.

Lei gli sorrise e Caquer si sentì più debole. Non stava ottenendo niente, no?

— D’accordo, Jane, — disse. — Ma prima devo passare dal centro pattuglie. Ho fatto passare al pettine l’isolato in cui è avvenuto il delitto e voglio sentire il rapporto.

Ma il rapporto che trovò ad attenderlo non lo illuminò affatto. L’isolato era stato passato al pettine ma non si erano ottenute informazioni degne di sorta. Nessuno era stato visto entrare o uscire dal negozio di Deem prima dell’arrivo di Brager e nessuno dei vicini di Deem sapeva dire se aveva avuto nemici. Nessuno aveva sentito spari.


Rod Caquer grugni e si ficcò i rapporti in tasca e si chiese, mentre andava dai Gordon, come avrebbe proseguito le indagini. Cosa doveva fare un investigatore per risolvere un delitto?

In effetti quando qualche anno prima era ancora uno studente sulla Terra, aveva letto che di solito un investigatore intrappolava il colpevole scoprendo una discrepanza tra le sue varie dichiarazioni. E generalmente questo avveniva anche in maniera piuttosto drammatica.

C’era Wilder Williams, il più grande di tutti gli investigatori narrativi, che poteva guardare un uomo e dedurne l’intera storia della sua vita dal taglio dei vestiti e dalla forma delle mani. Ma Wilder Williams non si era mai trovato sul gobbo una vittima che era stata uccisa in tanti modi quanti erano i testimoni che l’avevano vista.

Il tenente passò una piacevole, anche se futile, serata con Jane Gordon, le chiese di nuovo di sposarlo e di nuovo ottenne un rifiuto. Ma ormai ci era abituato. Quella sera la ragazza era un po’ più fredda del solito, probabilmente perché si era seccata per la sua riluttanza a parlarle di Willem Deem.

Poi a casa, a letto.

Fuori dalla finestra del suo appartamento, una volta spenta la luce, poteva vedere la mostruosa palla di Giove incombere bassa nel cielo verde-nero di mezzanotte. Rod, steso sul Ietto, la fissò finché gli parve di riuscire ancora a vederla dopo che aveva chiuso gli occhi.

Willem Deem, deceduto. Cosa avrebbe fatto al riguardo? Ci girò attorno finché alla fine non emerse dal caos un pensiero ben preciso.

L’indomani mattina avrebbe parlato col Medico. Senza menzionare la ferita di spada alla testa, avrebbe chiesto a Skidder del foro di pallottola che Brager sosteneva di aver visto nella zona del cuore. E se Skidder avesse continuato a sostenere che la bruciatura di disintegratore era l’unica ferita di Deem, allora avrebbe chiamato Brager e l’avrebbe messo a confronto col Medico.

E poi… Be’, si sarebbe preoccupato del da farsi quando sarebbe stato il momento. Altrimenti non sarebbe mai riuscito a prendere sonno.

Pensò a Jane e si addormentò.


Dopo un po’, cominciò a sognare. Ma era davvero un sogno? Se così, sognava di essere sdraiato sul letto, quasi, ma non del tutto sveglio, e che dagli angoli della stanza provenivano dei sussurri. Sussurri dalle tenebre.

Perché il mastodontico Giove si era spostato in cielo adesso. La finestra formava un riquadro scuro appena evidente e il resto della stanza era immersa in un buio totale.

Sussurri!

— …uccidili!

— Tu li odi, tu li odi, tu li odi.

— …uccidili, uccidili, uccidili!

— Il Settore Due ha tutti i vantaggi e il Settore Tre fa tutto il lavoro. Loro sfruttano le nostre piantagioni di Corla. Loro sono malvagi. Uccidili, prendi il sopravvento.

— Ti li odi, tu li odi, tu li odi.

— Il Settore Due è composto tutto di pappemolle e usurai. Hanno nel sangue la tara dei marziani. Versalo, versa sangue marziano. È il Settore Tre che dovrebbe governare Callisto. Il tre è un numero mistico. Noi siamo destinati a governare Callisto.

— Tu li odi, tu li odi.

— …uccidili, uccidili, uccidili.

— Sangue marziano di malvagi usurai. Tu li odi, tu li odi, tu li odi.

Sussurri.

— Andiamo… adesso… adesso.

— Uccidili, uccidili.

— Trecento chilometri attraverso distese pianeggianti. Arrivate in un’ora a bordo di monocar. Attaccate di sorpresa. Adesso.

E Rod Caquer si trovò a scendere dal letto, brancolando alla cieca alla ricerca degli abiti da indossare, senza accendere la luce perché questo era un sogno e i sogni avvengono nelle tenebre.

La sua daga era nel fodero appeso alla cintura, la tirò fuori e ne saggiò il filo e il filo era tagliente e pronto a versare il sangue del nemico che avrebbe ucciso.

Adesso era pronta a sollevarsi in archi di morte rossa, la sua daga che ancora non aveva conosciuto il sangue, l’anacronistica spada che era il suo distintivo di autorità, l’emblema del suo ufficio. Non aveva mai sguainato la daga in un impeto di collera, un tozzo simbolo di spada, lunga neanche mezzo metro, sufficiente però per arrivare al cuore… dieci centimetri per arrivare al cuore.

I sussurri continuarono.

— Tu li odi, tu li odi, tu li odi.

— Versa il sangue malvagio; uccidi, versa, uccidi, versa.

— Adesso, adesso, adesso, adesso.

Con la spada sguainata in pugno, ora Caquer scivolava in silenzio verso la porta, giù per le scale, passando davanti alle porte degli altri appartamenti.

Anche altre porte si aprivano. Non era solo nelle tenebre. Altre figure si muovevano accanto a lui nel buio.

Scivolò fuori della porta nelle fredde tenebre della strada, in quella strada che avrebbe dovuto essere illuminata in modo brillante. Ecco un’altra prova che si trattava tutto di un sogno. Quei lampioni non erano mai spenti dopo il tramonto. Dal tramonto all’alba non erano mai spenti.

Ma Giove, sospeso là sopra l’orizzonte, forniva abbastanza luce da vedere in giro. Era simile a un tondo drago dei cieli e la macchina rossa assomigliava a un maligno occhio rosso.

Sussurri esaltati nella notte, sussurri tutt’attorno a lui.

— Uccidi… uccidi… uccidi…

— Tu li odi, tu li odi, tu li odi.

I sussurri non provenivano dalle figure oscure attorno a lui. Come lui, anch’esse tirarono avanti.

I sussurri venivano dalla notte stessa, sussurri che ora cominciarono a cambiare tono.

— Aspetta, non stasera, non stasera, non stasera, — dicevano.

— Torna indietro, torna indietro, torna indietro.

— Torna indietro a casa tua, torna nel tuo letto, torna a dormire.

E le figure attorno a lui rimasero immobili, irresolute quanto lui adesso, poi, quasi simultaneamente, anch’esse cominciarono a ubbidire ai sussurri. Si voltarono e ritornarono da dove erano venuti, e altrettanto silenziosamente…


Rod Caquer si svegliò con un legger mal di testa e una chiara sensazione di doposbronza. Il sole, minuscolo, ma brillante, era già ben alto nel cielo.

L’orologio gli mostrò che era un po’ più in ritardo del solito, ma prese tempo per stare a letto ancora qualche minuto, ricordando il sogno senza capo né coda che aveva fatto. I sogni erano così; bisognava pensarci immediatamente appena svegli, altrimenti si dimenticavano totalmente.

Era stato un sogno ben stravagante. Un sogno folle e senza senso. Un ritorno di atavismo, forse? Un ritorno ai giorni in cui la gente passava metà del tempo a scannarsi, un ritorno ai giorni delle guerre, dell’odio e della lotta per la supremazia.

Tutto questo avveniva prima che il Consiglio Solare, che si era riunito prima su un pianeta disabitato, poi su un altro, avesse portato l’ordine con il suo arbitrato, e poi l’unione. Le parti abitate dal sistema solare, la Terra, Venere, Marte e le lune di Giove, erano tutte sotto un unico governo.

Ma in quei lontani giorni di sangue, la gente doveva aver provato quella sensazione che aveva provato anche lui nel suo sogno atavico. Quei lontani giorni in cui la Terra, unita dalla scoperta del volo spaziale, aveva soggiogato Marte, l’unico altro pianeta già abitato da una razza intelligente e poi aveva seminato colonie ovunque l’Uomo aveva potuto posare stabilmente il piede.

Alcune di quelle colonie avevano voluto l’indipendenza e, dopo, la supremazia. I secoli di sangue, ecco come venivano ora chiamati quei tempi.

Mentre scendeva dal letto per vestirsi, vide qualcosa che lo confuse e lo turbò. I suoi abiti non erano ben ripiegati sullo schienale della sedia accanto al letto come li aveva lasciati. Invece erano disseminati sul pavimento, come se si fosse svestito in fretta e sbadatamente al buio.

— Per la Terra! — pensò. — Ieri sera sono forse andato in sonnambulo? Mi sono veramente alzato e sono sceso in strada quando ho sognato di averlo fatto? Quando me l’hanno detto quei sussurri?

— No, — si disse, poi. — Io non ho mai camminato nel sonno prima d’ora e ieri non è stato diverso. Devo essere stato semplicemente distratto quando mi sono svestito. Infatti pensavo al caso Deem e non mi ricordo di avere effettivamente piegato gli abiti sulla sedia.

Così indossò rapidamente la sua uniforme e si affrettò a raggiungere l’ufficio. Alla luce del mattino fu facile riempire quei moduli. Alla voce — Causa della morte, — scrisse, — Il Medico Capo riferisce che la morte è stata provocata da shock, dovuto a scarica di disintegratore.

Questo lo tolse dall’impaccio; lui non aveva detto qual era la causa della morte, ma solo ciò che sosteneva il Medico Capo.

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