CAPITOLO SETTIMO

Udendo bussare alla porta della cabina, Miles si svegliò da un sonno profondo.

— Milord? — chiamò Roic a bassa voce. — L’ammiraglio Vorpatril vuole parlarle. È sulla comconsolle di sicurezza in quadrato.

Qualunque ispirazione la sua coscienza stesse per far arrivare al suo cervello in quel momento di dormiveglia, svanì senza più alcuna speranza di emergere. Miles grugnì e saltò giù dalla cuccetta. La mano di Ekaterin si tese verso di lui da quella superiore e subito dopo apparve il suo viso che lo guardò con occhi ancora assonnati. Miles le toccò la mano e sussurrò: — Torna a dormire, amore. — Ekaterin borbottò qualcosa in segno di assenso e si voltò dall’altra parte.

Miles afferrò la giacca grigia, se la infilò e uscì in corridoio a piedi scalzi. Mentre la porta stagna si chiudeva dietro di lui, controllò il crono. Siccome lo Spazio Quad non aveva a che fare con scomode rotazioni planetarie, avevano un unico fuso orario che valeva per tutto l’habitat, e al quale, in teoria, Miles ed Ekaterin si erano abituati durante il viaggio verso la Stazione Graf. Non era notte fonda, solo mattina molto presto.

Miles si sedette al tavolo del quadrato ufficiali, si allacciò la giacca, poi toccò il pulsante sul bracciolo della poltrona. Il volto dell’ammiraglio Vorpatril comparve sulla piastra video. Era già vestito, sbarbato, e teneva una tazza di caffè nella mano destra.

Appena lo vide, Vorpatril sbottò: — Come diavolo faceva a saperlo? — chiese in tono imperioso.

Miles strinse gli occhi. — Mi scusi?

— Ho appena ricevuto dal mio ufficiale medico il rapporto sul campione di sangue di Solian. Ebbene sì, era artificiale, prodotto probabilmente nelle ventiquattr’ore precedenti il momento in cui è stato rovesciato sul ponte.

— Oh. — Fiamme dell’inferno. — Che… che brutta notizia.

— Ma che cosa significa? Che Solian è ancora vivo e si nasconde da qualche parte? Avrei giurato che non avesse disertato, ma forse Brun aveva ragione.

Anche gli idioti ogni tanto hanno ragione. — Ci devo pensare. In ogni caso non prova né che Solian sia vivo, né che sia morto. Non prova nemmeno che non sia stato ucciso proprio lì, anche se non gli è stata tagliata la gola.

L’armiere Roic, che Dio lo benedicesse in eterno, posò una tazza di caffè fumante vicino a Miles e si ritirò accanto alla porta. Miles si pulì la bocca, se non la mente, con il primo sorso, e ne prese un secondo per guadagnare un po’ di tempo per pensare.

Vorpatril però aveva un vantaggio su di lui sia in termini di caffè che di riflessione. — Dovremmo riferire la novità al Capo Venn? Oppure… no?

Miles emise un mugolio dubbioso. L’unica leva nel suo compito di diplomatico, l’unica cosa che gli avrebbe dato un’arma per trattare, era stata la possibilità che Solian fosse stato assassinato da un quad sconosciuto. Ma ora pareva più problematico. — Il sangue deve essere stato prodotto altrove. Con l’equipaggiamento giusto, è facilissimo. Trovate tutti i sistemi di sintesi di sangue artificiale che esistono sulla Stazione, o a bordo delle navi in porto: il posto in cui è stato prodotto deve essere uno di quelli. E da lì potremo iniziare le indagini che potrebbero portarci alla persona giusta. È un lavoro di gambe, in un certo senso… — Miles esitò, poi andò avanti — per la polizia locale che è meglio equipaggiata di noi. Ammesso che ci si possa fidare di loro.

— Fidarsi dei quad! Non direi proprio!

— Che motivo avrebbero di mentirci o di sviarci? — Quale, infatti? — Devo lavorare tramite Greenlaw e Venn. Non ho nessuna autorità personale sulla Stazione Graf. — Be’, c’era Bel, ma doveva usarlo con molta cautela o rischiava di bruciare la sua copertura.

Voleva la verità. Con una certa ironia si rese conto che avrebbe anche voluto averne il monopolio, o almeno, lo avrebbe voluto fino a quando non avesse escogitato il modo di usarla a vantaggio di Barrayar. Si strofinò il mento ruvido.

— Chiaramente prova che qualunque cosa sia successa in quella stiva di carico, un omicidio o un depistaggio, è stato attentamente pianificato, e non una cosa improvvisata. Mi incaricherò io stesso di parlarne con Venn e con Greenlaw. Parlare con i quad è comunque il mio incarico. — Che mi sono guadagnato per i miei peccati, presumibilmente. — Grazie, ammiraglio, e ringrazi da parte mia anche il suo ufficiale medico.

Vorpatril rispose con un cenno un po’ riluttante di compiacimento, e Miles tolse la comunicazione.

— Maledizione — si lagnò, fissando lo spazio davanti a sé. — Perché nessuno se n’è accorto fin dalla prima analisi? Non è compito mio fare il patologo legale!

— Mi aspetterei… — cominciò l’armiere Roic, e poi si fermò. — Uhm… era una domanda, Milord?

Miles si girò sulla poltrona. — Una domanda retorica, ma tu avresti una risposta, per caso?

— Be’, Milord — rispose Roic, diffidente. — È una cosa che ha a che fare con le dimensioni di questo posto. La Stazione Graf è piuttosto grande per un habitat spaziale, ma in realtà per gli standard di Barrayar è solo una cittadina. E gli spaziali sono persone che osservano le regole della loro Sicurezza. Non credo che accadano molti omicidi, quassù.

— Quanti ne avevate voi ad Hassadar?

La Stazione Graf vantava cinquantamila residenti; la capitale del Distretto Vorkosigan aveva una popolazione che si avvicinava al mezzo milione.

— Uno o due al mese, in media. Ma non regolarmente. Ne capitavano in serie uno dopo l’altro, poi seguiva un periodo tranquillo. Forse di più d’estate che d’inverno, a parte i giorni attorno alla Festa d’Inverno. Allora si registravano un sacco di omicidi multipli. E la maggior parte si essi erano tutto, meno che misteriosi. Ma ad Hassadar non ci sono tanti tipi strani da tenere occupati i nostri esperti legali, capisce. Per lo più i nostri medici sono a part rime, quando c’è bisogno di loro. Se mai succedeva qualcosa di veramente strano, chiamavamo uno degli uomini della squadra omicidi di Lord Vorbohn da Vorbarr Sultana. Loro sono esperti, perché nella loro città succede un omicidio al giorno, hanno un sacco di esperienza. Scommetto che il Capo Venn non ha nemmeno un dipartimento di medicina legale, solo qualche dottore quad che chiama di quando in quando. E quindi non mi aspetto affatto che siano degli esperti all’altezza di, be’, della Sicurezza Imperiale, come lei era abituato, Milord.

— È… un punto di vista molto interessante, Roic. Ti ringrazio. — Miles bevve un’altra sorsata di caffè. — Solian… — disse pensosamente. — Non so niente su quel tipo. Aveva dei nemici? Dannazione, o almeno un amico? Un’amante? Se è stato davvero ucciso, è stato per ragioni personali o professionali? Farebbe una differenza enorme.

Miles aveva dato un’occhiata alla scheda di Solian mentre era in viaggio, e l’aveva trovato normale. Se mai l’uomo fosse già stato nello Spazio Quad, questo non era accaduto dopo essere entrato al servizio dell’Impero, sei anni prima. Aveva compiuto altri due viaggi di scorta militare, con due differenti consorzi di navi, e le sue esperienze, a quanto pareva, non avevano mai incluso nulla di più eccitante di un marinaio ubriaco o di un passeggero a cui era dato di volta il cervello.

Generalmente più della metà del personale militare che componeva una scorta viaggiava con compagni nuovi. Se Solian, a bordo dell’Idris, si fosse fatto degli amici, o dei nemici, nelle settimane successive alla partenza da Komarr, sicuramente sarebbe venuto fuori. Se la sua scomparsa fosse avvenuta subito dopo l’arrivo nello Spazio Quad, Miles avrebbe potuto pensare a questioni professionali, ma essere rimasti fermi dieci giorni in quel porto poteva aver offerto ampie opportunità a un ufficiale della Sicurezza ficcanaso di mettersi nei guai a terra.

Vuotò la tazza e chiamò il Capo Venn dalla consolle. Anche il comandante della Sicurezza quad, a quanto pareva, era arrivato al lavoro di buon mattino. Il suo ufficio era situato nella zona in caduta libera, ovviamente, quindi comparve fluttuante di lato rispetto a Miles, con un bulbo di caffè stretto nella mano superiore destra. Mormorò un educato — Buongiorno, Lord Ispettore Vorkosigan — ma non estese la sua cortesia fino a raddrizzarsi rispetto a Miles, che dovette esercitare un controllo cosciente su se stesso per evitare di piegarsi sulla sedia. — Che cosa posso fare per lei?

— Molte cose, ma, prima di tutto, una domanda. Quando è avvenuto l’ultimo omicidio sulla Stazione Graf?

Le sopracciglia di Venn guizzarono. — Ce n’è stato uno sette anni fa.

— Ah, e prima di allora?

— Tre anni prima, mi pare.

— Lei era responsabile delle indagini in quei due casi?

— No, successero prima che arrivassi io… sono diventato capo della Sicurezza solo cinque anni fa. Ma non mi sembra che ci fosse molto da indagare. Entrambe le volte i sospetti erano dei terricoli in transito: uno aveva ucciso un altro terricolo, il secondo aveva assassinato un quad per una stupida disputa di denaro. La colpevolezza venne confermata dai testimoni oculari e dall’interrogatorio sotto penta-rapido. Si tratta quasi sempre di terricoli in questi casi, ho notato.

— Quindi lei non ha mai investigato su un omicidio misterioso?

Venn si raddrizzò, apparentemente per rivolgere meglio a Miles un’occhiataccia. — Io e il mio personale siamo perfettamente addestrati in tutte le tecniche necessarie, glielo garantisco.

— Temo che su questo punto dovrò riservarmi di giudicare, Capo Venn. Ho delle novità piuttosto curiose. Ho incaricato l’ufficiale medico della flotta barrayarana di riesaminare il campione di sangue di Solian. Sembra che sia stato prodotto artificialmente, si presume usando un campione del vero sangue di Solian. Forse dovrebbe chiedere ai suoi esperti legali, chiunque siano, di eseguire un nuovo esame su quello che avete prelevato nella stiva di carico, in modo da poterlo confermare.

Il cipiglio di Venn si accentuò — Allora… era un disertore… non è stato vittima di un omicidio! Ecco perché non riuscivano a trovare il corpo!

— Lei corre troppo… e affretta le conclusioni. Glielo concedo, lo scenario è molto confuso. La mia richiesta, dunque, sarebbe che lei localizzasse la presenza di tutti i laboratori della Stazione Graf equipaggiati per una tale sintesi ematica, e controllare se esistono registrazioni di una simile operazione, e per chi è stata eseguita. O se non fosse possibile eseguirla di nascosto. Penso che sia naturale partire dal presupposto che chiunque abbia effettuato la sintesi, Solian o uno sconosciuto, avesse interesse a nascondere le proprie tracce. Il mio ufficiale medico riferisce che il sangue è stato sintetizzato verosimilmente un giorno prima di essere versato, ma l’inchiesta dovrebbe partire dal momento in cui l’Idris ha attraccato, tanto per stare sul sicuro.

— Io… capisco la sua logica, certamente. — Venn si portò il bulbo di caffè alle labbra e lo schiacciò, poi lo trasferì con una mossa distratta alla sua mano inferiore sinistra. — Sì, certamente — ripeté. — Me ne occuperò personalmente.

Aveva dato a Venn la scossa giusta: sufficiente a metterlo in moto senza farlo arroccare sulla difensiva. Miles si sentì soddisfatto di sé. — Grazie.

Venn aggiunse: — Credo che la Sigillatrice Greenlaw desideri parlarle questa mattina, Lord Vorkosigan.

— Benissimo. Può trasferire a lei la mia chiamata?

Greenlaw doveva essere una persona mattiniera, evidentemente, o forse aveva già finito di bere il suo caffè. Apparve sulla piastra video, vestita in un diverso ma altrettanto elaborato costume, severa e del tutto sveglia. Forse più per abitudine alla diplomazia che per altro, ebbe l’accortezza di raddrizzarsi per orientarsi come Miles.

— Buongiorno, Lord Ispettore Vorkosigan. In risposta alle loro numerose petizioni, ho provveduto a fissarle un appuntamento con i passeggeri della flotta komarrana per le ore dieci. Potrà incontrarli e rispondere alle loro domande presso il più grande dei due alberghi dove sono alloggiati. Il portomastro Thorne la scorterà sul posto.

Miles reagì con uno scatto della testa a quel disinvolto disporre del suo tempo e della sua attenzione. Per tacere della mossa scoperta per metterlo sotto pressione. D’altra parte questo gli procurava una stanza piena di soggetti sospetti, esattamente quelli che voleva studiare. Divise la sua reazione fra l’irritazione e l’impazienza e disse con calma: — È stato carino da parte sua informarmi. Che cosa s’immagina che possa dir loro, esattamente?

— Questo lo lascio a lei. Questa gente è arrivata con voi barrayarani; sono una vostra responsabilità.

— Signora, se fosse così, sarebbero tutti già partiti da tempo. Non ci può essere responsabilità senza potere. Sono le autorità dell’Unione che li hanno messi agli arresti, e sono quindi le autorità dell’Unione che li devono liberare.

— Non appena avrete pagato le multe, i costi, le ammende che i vostri hanno accumulato, saremo felicissimi di farlo.

Miles fece un sorriso tirato, e intrecciò le mani sulla superficie del tavolo. Se solo l’unica carta che aveva da giocare quella mattina fosse stata meno ambigua. Comunque, comunicò alla donna che il sangue di Solian era stato prodotto artificialmente, condendo abbondantemente il suo racconto con lamentele perché la Sicurezza quad non aveva scoperto prima quello strano particolare. Greenlaw immediatamente rimandò la palla nel suo campo, come aveva fatto Venn, interpretando la novità come prova di diserzione piuttosto che di omicidio.

— D’accordo — disse Miles. — Allora, che la Sicurezza quad lo faccia saltare fuori. Un terricolo straniero che se ne va a zonzo per lo Spazio Quad non può essere tanto difficile da localizzare per una polizia competente. Sempre che stia tentando di farlo.

— Lo Spazio Quad — rispose Greenlaw alzando un po’ il mento — non è uno Stato totalitario. Come forse il vostro tenente Solian ha avuto modo di osservare. Qui salvaguardiamo la libertà di movimento e la riservatezza delle persone, e forse proprio questo lo ha convinto a separarsi dai suoi commilitoni.

— Allora come mai non ha chiesto asilo politico, come il guardiamarina Corbeau? No, temo che non si tratti di un disperso, ma di un cadavere occultato. I morti non possono reclamare giustizia; è dovere dei vivi farlo per loro. E questa è una mia responsabilità, signora, per la mia gente.

Su questa nota conclusero la conversazione; Miles poteva solo sperare di avere reso cupa la mattinata della Sigillatrice quanto lei aveva reso la sua. Chiuse la comunicazione e si massaggiò il collo. — E così sono sistemato per il resto della giornata, ci scommetto. — Alzò lo sguardo su Roic, che era passato dall’attenti al riposo, con le spalle appoggiate alla parete. — Roic.

Roic immediatamente si raddrizzò. — Milord?

— L’hai mai condotta, un’indagine di polizia?

— Be’… io ho fatto servizio in strada, per lo più. Ma ho affiancato i colleghi più anziani in un paio di casi di frode e aggressione. E anche in un rapimento. Siamo riusciti a salvare la ragazza, fra l’altro. Poi ho indagato su diversi casi di persone scomparse. Oh, e una dozzina di omicidi, anche se come ho detto, non c’era granché di misterioso in quei fatti. E poi c’è stato quel caso del piromane…

— D’accordo. — Miles alzò una mano per frenare quella slavina di ricordi. — Voglio che tu scopra per me tutti i dettagli su Solian. Prima di tutto, i tempi. Voglio che tu ricostruisca ogni passo di quell’uomo di cui sia rimasta una traccia documentale. Quando faceva rapporto, dov’era in ogni momento, cosa mangiava, quando dormiva, e con chi, dal momento della sua scomparsa, retrocedendo nel tempo il più possibile. Specialmente tutti i suoi movimenti fuori dalla nave, e qualunque buco nei suoi tempi tu riesca a trovare. E poi voglio le impressioni personali: parla con l’equipaggio e con il capitano dell’Idris, cerca di scoprire tutto quello che puoi su quell’uomo. Suppongo di non doverti fare il predicozzo sulla differenza fra i fatti, le congetture e i sentito dire, vero?

— No, Milord. Ma…

— Vorpatril e Brun ti daranno tutto l’aiuto possibile, te lo prometto. Altrimenti, fammelo sapere. — Miles fece un sorriso un po’ sinistro.

— Non è questo, Milord. È che… chi si occuperà della sua sicurezza personale a bordo della Stazione Graf se io devo andare in giro a ficcare il naso nella flotta dell’ammiraglio Vorparril?

Miles riuscì a inghiottire un disinvolto Non ho bisogno di una guardia del corpo, riflettendo sul fatto che secondo la teoria che in quel momento privilegiava, un omicida disperato era libero sulla Stazione. — Avrò con me il capitano Thorne.

Roic fece una smorfia dubbiosa. — Non posso dire di approvare, Milord. Lui… insomma, non è nemmeno barrayarano o barrayarana. Cosa ne sa, in realtà, del portomastro?

— Moltissimo — lo rassicurò Miles. Appoggiò le mani sul tavolo e si alzò. — Solian, Roic. Trovami Solian. O almeno delle briciole di tracce. Trovami qualcosa.

— Proverò, Milord.


Di ritorno in quello che cominciava a considerare come il loro armadio, Miles incontrò Ekaterin vestita di nuovo in calzamaglia e tunica rossa. Riuscirono a manovrare fino a mettersi in posizione per un bacio, poi Miles le disse: — Mi sono procurato degli impegni contro la mia volontà. Devo andare subito sulla Stazione.

— Ti ricorderai di mettere ì pantaloni, vero?

Miles abbassò gli occhi sulle sue gambe nude. — Be’, avevo intenzione di farlo, sì.

Gli occhi di sua moglie danzavano. — Hai un’aria così distratta che ho pensato fosse più sicuro ricordartelo.

Miles ridacchiò. — Mi chiedo quanto stranamente potrei comportarmi prima che i quad mi dicano qualcosa.

— A giudicare da alcune storie che mi raccontava lo zio Vorthys sugli Ispettori Imperiali delle passate generazioni, direi molto più di così.

— No, temo che sarebbero solo ì nostri leali sudditi barrayarani che si morderebbero la lingua. — Le prese la mano e la accarezzò. — Vuoi venire con me?

— A far che? — chiese Ekaterin, con sospetto.

— Per dire ai passeggeri della flotta commerciale che non c’è proprio nulla che posso fare per loro, e che rimarranno bloccati fino a che Greenlaw non decide di ammorbidirsi, grazie a tutti, arrivederci.

— Non suona molto gratificante.

— L’ho intuito, sì.

— Una contessa ha per legge e tradizione il ruolo di assistente del conte, ma la moglie di un Ispettore non è una assistente ispettrice — argomentò Ekaterin con tono fermo che ricordò a Miles sua zia, la professoressa Vorthys, lei stessa sposa di un Ispettore da parecchio tempo e quindi dotata di maggiore esperienza. — Con Nicol e Garnet Cinque avremmo deciso di visitare gli orti dei quad. Se non ti dispiace, andrò con loro. — E addolcì quel ragionevole rifiuto con un bacio.

Miles, colto da una fitta di senso di colpa, fece una smorfia. — La Stazione Graf non è esattamente quello che avevamo in mente come luna di miele, vero?

— Oh, ma io mi sto divertendo moltissimo. Sei tu quello che deve avere a che fare con persone difficili. — Ekaterin fece una piccola smorfia, e a Miles venne di nuovo in mente che quando si sentiva sopraffatta, sua moglie si rifugiava dietro una grande riservatezza. O almeno così gli era sembrato ultimamente. Per lui era stato un piacere vederla acquistare fiducia in se stessa e nel ruolo di Lady Vorkosigan.

— Se per ora di pranzo sarai libero, potremmo incontrarci e così potrai sfogarti con me — si offrì Ekaterin, con il tono di chi propone uno scambio di ostaggi. — Ma non se devo ricordarti continuamente di masticare prima di inghiottire.

— Mi asterrò dal rosicchiare solo la tovaglia. — Scherzò Miles con una risatina; poi le diede un bacio ed entrò nell’armadio per fare una doccia. Era stato fortunato che Ekaterin avesse acconsentito di accompagnarlo in quel viaggio nello Spazio Quad. Però, rifletté, tutti gli altri, a cominciare da Vorpatril fino a Greenlaw erano molto più fortunati.


Gli equipaggi delle navi commerciali komarrane bloccate nelle loro culle d’attracco per l’occasione erano stati riuniti in un grande salone, e tenuti lì sotto chiave.

In precedenza le autorità quad avevano finto di non imporre alcun obbligo ai passeggeri, una variopinta mistura di uomini d’affari galattici che, con le proprie merci, si erano uniti al convoglio come metodo più economico per raggiungere le proprie destinazioni. Ma naturalmente non potevano lasciarli a bordo di navi prive di equipaggio, e quindi erano stati trasferiti in due alberghi.

In teoria erano liberi di circolare per la Stazione senza altre imposizioni che registrare l’uscita e il rientro presso le due guardie della Sicurezza quad (armate solo di storditori, notò Miles) che sorvegliavano l’ingresso degli alberghi. I passeggeri avrebbero anche potuto, del tutto legalmente, lasciare lo Spazio Quad, se non fosse stato per le loro merci ancora sequestrate a bordo delle navi. Perciò restavano prigionieri. Il fatto che si trattasse di alberghi di lusso, si traduceva in un’altra fonte di lucro per i quad, visto che anche se obbligato, il soggiorno veniva messo in conto alla corporazione della flotta komarrana.

L’atrio dell’albergo era terribilmente kitsch, con un alto soffitto a cupola che simulava un cielo mattutino completo di nuvolette in lento movimento, e probabilmente durante il ciclo diurno si alternavano alba, tramonto e notte.

Miles si chiese quali costellazioni comparissero nel cielo notturno, se erano quelle di un pianeta in particolare o venivano adattate agli ospiti presenti. L’ampio spazio dell’atrio era circondato da una balconata, un piano più su, dove c’erano il bar, il ristorante e un salottino dove gli ospiti si potevano incontrare. Al centro della sala, una serie di colonne di marmo rastremate sostenevano uno spesso vetro su cui poggiava una complicata decorazione floreale. Chissà dove sulla Stazione Graf riuscivano a coltivare quei fiori. Magari Ekaterin, proprio in quel momento, stava visitando il luogo di provenienza.

Oltre ai soliti ascensori a levitazione, un’ampia scalinata portava al piano dove si trovavano le sale per riunioni. Bel accompagnò Miles nel salone affollato da un’ottantina di individui di tutte le razze, tutte le mode, tutte le nazionalità e tutti i generi del Complesso Iperspaziale, e tutti furibondi.

Mercanti galattici con un senso molto preciso del valore del proprio tempo e senza la minima traccia di soggezione culturale barrayarana di fronte a un Ispettore Imperiale, scatenarono su Miles la loro ira, accumulata in diversi giorni di frustrazione. Quindici lingue venivano tradotte da diciannove diversi traduttori automatici, alcuni dei quali dovevano essere stati acquistati a prezzo di realizzo da fabbricanti che stavano per chiudere bottega. Non che le sue risposte a quel fuoco di sbarramento di domande mettesse a dura prova i traduttori, visto che per il novanta per cento consistevano in: ’Non lo so ancora’, oppure ’dovete chiederlo alla Sigillatrice Greenlaw’. Quest’ultima risposta di Miles venne accolta da un irritato coro unanime: — Glielo abbiamo chiesto, ma ha risposto di rivolgersi a lei.

Miles riuscì a farsi indicare discretamente da Bel tutti coloro che avevano cercato di corromperlo perché permettesse loro di recuperare la merce e andarsene con altri mezzi. Poi chiese a tutti i passeggeri dell’Idris che avevano incontrato Solian di restare e raccontargli le loro esperienze. Quest’ultima iniziativa sembrò dare l’illusione che le Autorità-Stessero-Dandosi-Da-Fare, così la gente se ne uscì borbottando, ma in buon ordine.

Tutti salvo un individuo che Miles identificò, dopo un momento di incertezza, come un ermafrodita betano. Era troppo alto per essere un ermafrodita, l’età suggerita dai suoi capelli argentei era smentita dal suo portamento eretto e dai movimenti elastici. Se fosse stato barrayarano, Miles lo avrebbe classificato per un sessantenne sano e atletico, ma per un betano probabilmente voleva dire che aveva raggiunto il secolo di vita. Era di bell’aspetto, il volto aquilino, gli occhi scuri e acuti. Possedeva un’eleganza straordinaria che Miles credette di riconoscere, ma non riuscì a mettere a fuoco il vago senso di familiarità che l’ermafrodita gli ispirava.

Maledetta criogenia… non poteva nemmeno dire se si trattava di una memoria confusa dal trauma neurale del processo di risuscitamento, oppure di un falso ricordo.

— Lei è il portomastro Thorne? — chiese l’ermafrodita con una morbida voce di contralto.

— Sì? — anche Bel, naturalmente, studiò il suo compatriota betano con un interesse particolare. Nonostante la dignitosa anzianità dell’ermafrodita, non era possibile non ammirarne la bellezza, e Miles notò con divertimento che gli occhi di Bel fissarono il tradizionale orecchino betano. Purtroppo era dello stile che proclamava: Sentimentalmente impegnato, non in cerca di compagnia.

— Temo di avere un problema con la mia merce. — Disse il betano avvicinandosi a Miles.

L’espressione di Bel si tese, in attesa di sentire raccontare un’altra pietosa storia, condita o meno da tentativi di corruzione.

— Sono un passeggero dell’Idris. Trasporto diverse centinaia di feti di animali geneticamente modificati in replicatori uterini che richiedono manutenzione costante. E adesso è il momento di effettuarla. Non posso aspettare. Se non vengono prese le misure del caso, molte di quelle creature potrebbero essere danneggiate o perfino morire. — Si tormentava le mani dalle lunghe dita. — Peggio ancora, molte stanno per arrivare a termine. Non mi aspettavo un tale ritardo nella tabella di marcia. Se vengono trattenute qui ancora a lungo, dovranno essere estratte dai replicatori e distrutte, così perderò tutto il valore della mia merce e del mio tempo.

— Che genere di animali sono? — chiese Miles, curioso.

L’ermafrodita gli gettò un’occhiata dall’alto. — Pecore e capre, soprattutto. E alcuni esemplari speciali.

— Già! Potrebbe minacciare i quad di lasciarli liberi sulla Stazione. Mi immagino l’effetto che farebbero diverse centinaia di agnellini sguinzagliati per i condotti di comunicazione… — Questa frase ironica attirò un’occhiata particolarmente asciutta dal portomastro Thorne, tuttavia Miles continuò senza battere ciglio: — Ma spero che non dovremo arrivare a tanto.

— Farò presente le sue difficoltà al Capo Watts — disse Bel. — Posso sapere il suo nome, onorevole erm?

— Ker Dubauer.

Ben fece un piccolo inchinò. — Mi aspetti qui. Sarò di ritorno fra poco.

Mentre Bel si allontanava per andare a fare una chiamata video in privato, Dubauer, con un pallido sorriso, mormorò:

— Grazie mille per l’interessamento, Lord Vorkosigan.

— È stato un piacere. — Aggrottando la fronte, Miles aggiunse: — Ci siamo già incontrati?

— No, Milord.

— Ehm. E mi dica, quando era a bordo dell’Idris, ha mai incontrato il tenente Solian?

— Quel giovane maschio che tutti credevano avesse disertato, e adesso sembra sia stato ucciso? L’ho intravisto, ma non gli ho mai parlato.

Miles fu tentato di raccontargli la novità del sangue sintetico, ma poi decise di non farlo. Era ancora possibile che ci fossero modi migliori di usare quell’informazione.

Nel frattempo, altri passeggeri dell’Idris si erano avvicinati, a Miles, per riferirgli le proprie informazioni sul tenente disperso. Ma le notizie che riuscì ad avere furono di dubbia utilità. Un omicida sicuro di sé avrebbe certamente mentito, ma un assassino furbo semplicemente non si sarebbe fatto avanti. Tre di loro furono prudenti e laconici, ma molto precisi; gli altri si dimostrarono zelanti e pieni di ipotesi fantasiose, nessuna delle quali, però, compatibile col fatto che il sangue trovato nella stiva fosse un depistaggio. A quel punto Miles considerò seriamente la possibilità di sottoporre a interrogatorio sotto penta-rapido equipaggio e passeggeri dell’Idris al completo. Un’altra cosa che Venn, o Vorpatril, o entrambi, avrebbero già dovuto fare, maledizione. Ma, ahimé, i quad avevano delle rigorose regole su quei metodi invasivi di indagine, così a Miles non sarebbe stato permesso di utilizzare le tecniche di interrogatorio più efficaci dei barrayarani. E il personale militare barrayarano, di cui Miles avrebbe potuto disporre, per il momento non era nella lista dei sospetti. Con i civili komarrani invece sarebbe stata un’altra cosa, ma essendo attualmente su suolo quad (be’, suolo) erano sottoposti alla giurisdizione quad.

Bel tornò da Dubauer, che attendeva in silenzio su un lato della stanza stringendosi nervosamente le mani, e gli disse:

— Posso scortarla personalmente a bordo dell’Idris, così potrà effettuare gli interventi sui replicatori non appena il Lord Ispettore avrà finito di parlare con i passeggeri.

— Io ho finito — gli confermò Miles, dando un’occhiata al suo crono da polso. Ce l’avrebbe fatta a incontrare Ekaterin per pranzo? Era già tardi, ma se sua moglie si era attardata nella serra dei vegetali quad, probabilmente potevano ancora vedersi.

I tre uscirono dalla sala conferenze e salirono sulla scalinata che portava all’atrio. Miles e Bel, dopo anni e anni di sgradevoli esperienze, sapevano che prima di entrare in un nuovo ambiente dovevano verificare se non ci fossero pericoli: qualsiasi nascondiglio poteva celare un cecchino. E fu così che entrambi, contemporaneamente, videro una figura sulla balconata che impugnava uno strano oggetto. Dubauer seguì il loro sguardo, e i suoi occhi si dilatarono di stupore.

La loro reazione fu immediata: afferrarono insieme le braccia del betano e si buttarono a terra, mentre sulle loro teste passava un nugolo di scintille subito seguite da un’esplosione. Nel cadere Dubauer si ferì a una guancia dalla quale sgorgò del sangue, ma non era il momento di guardarlo, perché sulle loro teste passò qualcosa che faceva il rumore di uno sciame di api furiose. Tutti e tre rotolarono sui loro corpi, andando a mettersi al riparo dietro delle colonne di marmo. Lo sciame sembrò seguirli; schegge di vetro esplosero in tutte le direzioni, e frammenti di marmo si aprirono attorno a loro come il getto di una fontana. Una potente vibrazione si propagò per la stanza, scuotendo l’aria, mentre da ogni parte si levavano urla e grida.

Miles tentò di alzare la testa per vedere cosa stesse succedendo, ma venne schiacciato a terra da Bel che, scavalcando il betano, atterrò su di lui con una presa soffocante. Quello che accadde poi, Miles poté solo udirlo: tra le urla, percepì un tonfo pesante.

Subito dopo sentì la voce di una donna che piangeva e singhiozzava nell’improvviso silenzio, e che poi si smorzava in singulti.

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