CAPITOLO QUINTO

La Stazione di Sicurezza Numero Tre della Stazione Graf era situata sul confine fra i settori dotati di gravità e quelli in caduta libera, e aveva uscite su entrambi.

Quad in maglietta e calzoncini gialli, e terricoli vestiti in modo simile erano alacremente al lavoro attorno alla principale entrata dal lato della gravità. Miles, Ekaterin e Roic vennero accompagnati da Bel e da un altro dei loro protettori quad, mentre il secondo rimase a fare scontrosamente la guardia al portello della Kestrel. Gli operai si voltarono, con i volti che esprimevano disgusto, nel veder passare i barrayarani.

Attraverso un paio di corridoi scesero di un livello, fino a trovarsi di fronte alla guardiola di controllo dell’area di detenzione del settore a gravità. Un quad e un terricolo stavano montando un nuovo vetro al plasma, probabilmente in sostituzione di quello frantumato durante gli incidenti; all’interno, si poteva vedere un altro quad vestito di giallo che finiva di installare un nuovo gruppo di monitor di sicurezza, mentre un altro quad con l’uniforme e un flottante della Sicurezza lo controllava cupamente.

Davanti alla guardiola, fra una grande quantità di attrezzi da lavoro, trovarono ad aspettarli la Sigillatrice Greenlaw e il Capo Venn, ora anch’essi dotati di flottante. Venn puntigliosamente fece notare a Miles tutte le riparazioni in corso o già completate, illustrando in dettaglio il loro costo approssimativo, e includendo, come appendice, una lista di tutti i quad che erano stati feriti, con tanto di nome, grado, prognosi e il dolore inflitto ai familiari di ognuno di loro.

Miles rispose con borbottii neutrali, e improvvisò una controffensiva riguardo al disperso Solian e alla sinistra suggestione del sangue nella stiva con una breve dissertazione sulla logistica della rapida espulsione del cadavere dal portello e ancor più rapida sua raccolta ed eliminazione da parte di un possibile complice situato all’esterno. Quest’ultimo particolare colpì Venn; il suo volto si contorse come colto da un improvviso crampo addominale.

Mentre Venn andava dall’ufficiale nella guardiola a chiedere l’autorizzazione per l’ingresso dell’Ispettore nel blocco detentivo, Miles guardò Ekaterin e poi l’aspetto poco invitante dell’atrio in cui si trovavano. — Vuoi aspettare qui, o preferisci venire come me?

— Tu vuoi che venga? — rispose Ekaterin con una tale mancanza di entusiasmo nella voce che perfino Miles riuscì a percepirlo. — Se non ci sono motivi che mi sfuggono, non credo di essere necessaria, in questo caso, ti pare?

— Be’, forse no. Ma te l’ho chiesto per non lasciarti da sola ad annoiarti qui fuori.

— Non ho la tua allergia alla noia, amore, ma speravo di poter dare un’occhiatina in giro questo pomeriggio, mentre tu eri impegnato col tuo lavoro. Quello che abbiamo visto arrivando mi è sembrato invitante.

— Ma io ho bisogno di Roic. — Miles esitò, cercando di risolvere queste contrastanti esigenze di sicurezza.

Ekaterin diede un’occhiata curiosa e amichevole a Bel, che stava ascoltando. — Ammetto che sarei contenta di avere una guida, ma pensi che abbia bisogno anche di una guardia del corpo, qui?

Forse c’era la possibilità che qualcuno la insultasse, pensò Miles, anche se la cosa poteva venire solo da parte di un quad che non sapesse di chi fosse moglie. Tuttavia perfino lui doveva ammettere che un’aggressione pareva improbabile. — No, ma…

Bel rivolse alla donna un sorriso. — Se vuole accettare la mia compagnia, Lady Vorkosigan, sarebbe per me un piacere accompagnarla a visitare la Stazione Graf, mentre il Lord Ispettore conduce i suoi interrogatori.

Ekaterin s’illuminò. — Mi piacerebbe moltissimo, sì, grazie, portomastro Thorne. Se le cose vanno bene, come speriamo tutti, potremmo non restare ancora a lungo qui. E credo che dovrei cogliere ogni opportunità che mi si offre.

Bel era più esperto di Roic in tutto, dal combattimento corpo a corpo alle manovre di flotta, ed era di gran lunga meno probabile che l’inesperienza o l’ignoranza lo conducessero a commettere qualche pasticcio.

— Be’… va bene, perché no? Divertitevi. — Miles accennò al suo comunicatore da polso. — Vi chiamerò quando avrò finito. Magari potete andare a far compere. — Fece un gesto, sorridente. — Ma non mi riportate a casa delle teste mozzate. — Alzò lo sguardo e vide che Venn e Greenlaw lo fissavano in modo strano. — Ah… è solo un modo di dire familiare — spiegò, imbarazzato. Ma i loro sguardi non si addolcirono.

Ekaterin restituì il sorriso, e se ne andò appoggiandosi al braccio che Bel cavallerescamente le aveva offerto. A Miles venne in mente solo allora che i gusti sessuali di Bel erano notoriamente indifferenziati, e che forse avrebbe dovuto avvertire Ekaterin di non farsi scrupolo a essere educata nel respingere eventuali avance. Ma di certo Bel non avrebbe… d’altra parte, forse si sarebbero semplicemente alternati nello stesso camerino a provarsi abiti.

Tornò, con una certa riluttanza, a rivolgere l’attenzione al suo compito.

I prigionieri barrayarani erano alloggiati a tre per tre in celle che avrebbero dovuto ospitare solo due occupanti, circostanza che indusse Venn un po’ a lamentarsi e un po’ a scusarsi. Il Posto di Sicurezza Tre, fece capire a Miles, non era preparato a un tale afflusso di terricoli recalcitranti. Miles mormorò qualcosa, cercando di sembrare comprensivo ma senza esagerare, e si guardò bene dal rivelare che le celle dei quad erano di gran lunga più ampie delle cabine da quattro cuccette della Prince Xav.

Miles iniziò con l’interrogare il comandante della squadra mandata da Brun. L’uomo era così sorpreso di dover subire l’interrogatorio di un Ispettore Imperiale, che per reazione espresse la sua versione degli eventi in un rigido gergo militare. L’immagine che Miles ricavò da espressioni tipo: ’penetrazione del perimetro’ o ’la massa delle forze nemiche’ gli fecero accapponare la pelle. Ma anche tenendo conto del diverso punto di vista, la sua testimonianza non contraddiceva sostanzialmente la versione degli eventi fatta dalle autorità della Stazione. Purtroppo.

Miles confrontò quello che gli aveva detto il comandante con quello che gli raccontarono altri ragazzotti, i quali aggiunsero dettagli sgradevoli, ma non sorprendenti. Erano i membri di una squadra della Prince Xav, nessuno di loro conosceva il tenente Solian, che era di stanza sull’Idris.

Miles uscì dal reparto di detenzione e si rivolse alla Sigillatrice Greenlaw, che era rimasta fuori ad attenderlo. — È molto scorretto da parte vostra continuare a tenere in cella questi uomini. Se i loro ordini fossero stati di saccheggiare, stuprare o massacrare dei civili quad, avrebbero avuto l’obbligo legale, secondo la legge militare, di disobbedire, ma in realtà avevano ricevuto ordini specifici di non uccidere, quindi si sono trovati fra l’incudine e il martello.

— Prenderò in considerazione questa osservazione — disse Greenlaw asciutta, lasciando che restasse molto chiaramente sospeso in aria un ’la terrò presente per circa dieci secondi, dopo la scaraventerò fuori dal più vicino portello stagno’.

— Non potete certo alloggiare nelle vostre celle questi uomini indefinitamente — continuò Miles — sono sicuro che sarebbe molto meglio se quando partiamo da qui ve li togliessimo… — e riuscì aconvertire velocemente un ’dai coglioni’ in: — dalle mani.

L’espressione di Greenlaw divenne ancora più asciutta; Venn emise uno sconsolato piccolo grugnito. Miles comprese che Venn sarebbe stato felicissimo se l’Ispettore Imperiale si fosse portato via tutti gli uomini seduta stante, ed erano solo considerazioni politiche che gli impedivano di spedirglieli dietro con un calcio. Miles non insistette, ma mise da parte questa intuizione per il futuro. Per un attimo accarezzò la felice idea di scambiare Brun con il resto dei suoi uomini, e lasciarlo lì, con un netto vantaggio per l’Esercito Imperiale.

Il colloquio con i due uomini della polizia militare mandati a recuperare Corbeau lo fece ancora più innervosire. Erano entrambi intimiditi dal suo rango di Ispettore Imperiale per rendere un resoconto franco e completo, anche se espresso in borbottìi. Ma la comparsa di espressioni infelici come: ’Non volevo rompere il braccio a quella puttana mutante, stavo solo cercando di tenerla ferma contro il muro, ma tutte quelle mani che mi agguantavano come bisce mi facevano venire la pelle d’oca’, convinse Miles che sarebbe stato meglio non farli parlare, soprattutto se ad ascoltarli fossero stati dei quad. Comunque, fu in grado di accertare il fatto importante che, al momento dello scontro, anche loro erano convinti che il tenente Solian fosse appena stato assassinato da uno sconosciuto quad.

Terminato l’interrogatorio, uscì dalla cella e disse a Venn: — Penso che sarebbe meglio se parlassi con il guardiamarina Corbeau in privato. Può trovarci un luogo appartato?

— Corbeau è già in una cella tutta per sé — lo informò Venn freddamente. — Lo abbiamo messo da solo dopo aver sentito le minacce che gli indirizzavano i suoi compagni.

— Ah. Allora, se non le dispiace, mi porti da lui.


La porta della cella scivolò di lato e Miles vide un giovane alto che sedeva in silenzio sulla branda, gomiti sulle ginocchia, testa fra le mani. I circoletti metallici dei contatti di un impianto neurale da pilota iperspaziale, visibili sulle tempie e in mezzo alla fronte, fecero di colpo triplicare a Miles la stima di quanto era costato il suo addestramento nell’Esercito Imperiale. Il giovane alzò lo sguardo e si accigliò, perplesso. Era un barrayarano abbastanza tipico: capelli scuri, occhi castani, pelle olivastra resa pallida dalla lunga permanenza nello spazio. I suoi lineamenti regolari ricordarono a Miles suo cugino Ivan com’era stato alla stessa irresponsabile età. Un grosso livido, che ormai volgeva al gialloverde, gli circondava un occhio. La camicia dell’uniforme era aperta sulla gola, le maniche arrotolate. Si vedevano sulla pelle scoperta alcune cicatrici irregolari, rosa, che stavano impallidendo, segno che il giovane aveva sofferto qualche anno prima dell’epidemia del verme sergyano. Evidentemente era cresciuto, o perlomeno aveva risieduto, nella più lontana delle colonie barrayarane durante il periodo di quella peste, prima che venissero trovati gli antidoti orali.

Venn disse: — Guardiamarina Corbeau, questo è l’Ispettore Imperiale barrayarano Lord Vorkosigan. Inviato come rappresentante diplomatico ufficiale, perché tuteli i suoi interessi nella disputa con l’Unione. Desidera conferire con lei.

Corbeau schiuse le labbra, allarmato, e si alzò precipitosamente, chinando nervosamente la testa verso Miles. La loro differenza di altezza ne fu improvvisamente sottolineata, e Corbeau apparve ancora più confuso.

Venn aggiunse, non tanto per pietà quanto per amore di precisione: — Date le accuse ancora pendenti contro di lei, e la sua richiesta di asilo, la Sigillatrice Greenlaw non permetterà in nessun caso all’Ispettore di sottrarla dalla nostra custodia, almeno per il momento.

Corbeau esalò un lieve sospiro, ma continuò a guardare Miles con l’aria di qualcuno a cui è appena stato mostrato un serpente velenoso.

Venn aggiunse, con una punta sardonica: — Ha anche promesso di non ordinarle di spararsi.

— Grazie, Capo Venn — disse Miles. — Posso procedere io, se non le dispiace.

Venn colse l’allusione e se ne andò. Roic si mise silenziosamente di guardia alla porta della cella, che si chiuse con un lieve sibilo.

— Si sieda, guardiamarina — lo invitò Miles indicando la branda. Poi lui stesso si sedette sulla cuccetta di fronte, osservando per un momento il giovane. — Può smettere di iperventilare — aggiunse.

Corbeau ansimò e riuscì a dire, con cautela: — Sì, Milord.

Miles intrecciò le dita. — Sergyano, vero?

Corbeau abbassò lo sguardo sulle sue braccia e fece il gesto di abbassarsi le maniche. — Non ci sono nato, Milord. I miei genitori sono emigrati quando avevo cinque anni. — Con un’occhiata al silenzioso Roic e alla sua uniforme marrone e argento, aggiunse: — Lei è… — e poi inghiottì qualunque cosa avesse avuto intenzione di dire.

Miles sapeva bene come riempire quel silenzio. — Sì, sono il figlio del Viceré e della Viceregina Vorkosigan.

Corbeau non riuscì a frenare una sommessa esclamazione di sorpresa, e la sua espressione di paura non mutò.

— Ho appena interrogato due soldati della pattuglia che è stata mandata per farla rientrare dalla… licenza. Ma mi piacerebbe sentire la sua versione. Tuttavia prima… vorrei chiederle se conosceva il tenente Solian, l’ufficiale della Sicurezza komarrano di stanza sull’Idris.

I pensieri del pilota dovevano essere tanto concentrati sulla sua situazione che gli ci volle un momento per capire il senso della domanda. — L’ho incontrato qualche volta in occasione degli scali delle nostre navi, Milord, ma non posso dire di conoscerlo. Non sono mai salito a bordo dell’Idris.

— Ha qualche idea a proposito della sua scomparsa?

— No… nessuna.

— Il capitano Brun ritiene che possa avere disertato.

Corbeau fece una smorfia. — Be’, è quello che a Brun viene logico pensare.

— E come mai a Brun in particolare?

Le labbra di Corbeau si mossero, poi si fermarono; sembrò sprofondare ancora di più nello sconforto. — Non sarebbe appropriato che io criticassi un mio superiore, Milord, o facessi dei commenti.

— Brun ha dei pregiudizi sui komarrani.

— Non ho detto questo!

— È quello che io ho osservato, guardiamarina.

— Oh!

— Be’, lasciamo da parte questa storia, per ora. Torniamo ai suoi problemi. Come mai non ha obbedito all’ordine, inviato tramite il suo comunicatore, di ritornare a bordo?

Corbeau si toccò il polso sinistro: tutti i comunicatori dei barrayarani erano stati confiscati dai quad. — Me l’ero tolto e l’avevo lasciato in un’altra stanza. Si vede che dormivo, e non l’ho sentito. Ho saputo dell’ordine di tornare a bordo solo quando quei due, quei due… — Per un attimo cercò di controllarsi, poi continuò amaramente — quei due cialtroni sono arrivati e hanno cominciato a prendere a calci la porta dell’alloggio di Garnet Cinque. Poi, una volta dentro l’hanno strapazzata come se…

— Si erano identificati come da regolamento e le avevano comunicato chiaramente gli ordini?

Corbeau fece una pausa, e il suo sguardo puntato su Miles divenne più tagliente. — Lo ammetto, Milord — disse lentamente. — Quando il sergente Touchev ha urlato: ’Andiamo, fotti-mutante, la festa è finita’, il significato che ne ho tratto non era esattamente ’L’ammiraglio Vorpatril ha ordinato a tutto il personale barrayarano di tornare alla propria nave’. Almeno non è suonata così alle mie orecchie. Mi ero appena svegliato, dopo tutto.

— Si sono identificati?

— Non… non verbalmente.

— Hanno mostrato la loro identificazione?

— Be’… avevano l’uniforme della polizia militare.

— Li ha riconosciuti come polizia della flotta, o ha pensato che fosse una visita privata, non so, due suoi commilitoni che volevano offendere lei e Garnet Cinque?

— Io… be’… ecco… le due cose non si escludono a vicenda, Milord. Da come ho vissuto la cosa.

Il ragazzo questo l’ha già capito, purtroppo.

Miles prese fiato. — Ah!

— Ero ancora intorpidito, mi ero appena svegliato. Quando hanno cominciato a spingermi verso la porta, Garnet Cinque ha pensato che mi stessero assalendo. Vorrei che non avesse tentato di difendermi. Non ho colpito Touchev fino a che non l’ha buttata fuori dal suo flottante. A quel punto… a quel punto le cose sono andate di male in peggio. — Corbeau si guardò torvo i piedi, imprigionati nei cerchi velcro.

Miles cercò una posa più comoda sulla branda. Questo ragazzo sta per andare a fondo. Gettagli un salvagente. Con molta dolcezza, disse: — Sai, non è ancora detto che la tua carriera sia finita. Tecnicamente non sei nemmeno un disertore, non più di quanto lo sia la pattuglia mandata da Brun, fintanto che le autorità della Stazione Graf ti trattengono qui contro la tua volontà. Per il momento sei solo coinvolto in un pasticcio legale. E se non ne usciamo, la cosa rappresenta una perdita molto onerosa per Komarr, visto quanto è stato speso per farti diventare un pilota e per la chirurgia per gli impianti. Se fai le mosse giuste, puoi ancora uscirne bene.

Il volto di Corbeau si contorse. — Io non… — Si fermò.

Miles emise un mormorio d’incoraggiamento.

Corbeau esplose: — Non me ne importa niente della mia carriera. Non voglio più avere niente a che fare con… — a corto di parole, fece un gesto disperato — con questa… idiozia.

Sopprimendo una parole di comprensione, Miles chiese: — Quaì è il tuo status? Quanto ti resta della ferma?

— Ho firmato per cinque anni, con l’opzione di rinnovare la ferma o andare nella riserva per i successivi cinque. Ho fatto tre anni, me ne mancano due.

A ventitré anni, ricordò Miles, due anni sembrano ancora un’eternità. Corbeau non poteva essere molto di più di un apprendista pilota, anche se il fatto che fosse stato assegnato alla Prince Xav faceva pensare che le sue note di valutazione fossero molto buone.

Corbeau scosse la testa. — Ora vedo le cose in modo completamente diverso. Atteggiamenti che davo per scontati, scherzi, battute, il modo in cui si fanno certe cose… adesso non li sopporto più. Non li sopporto più. Gente come il sergente Touchev, il capitano Brun… Dio. Ma siamo sempre stati così?

— No — disse Miles. — Eravamo molto peggio. Questo te lo posso garantire per esperienza personale.

Corbeau lo guardò con curiosità.

— Ma se allora tutti quelli che la pensavano diversamente si fossero chiamati fuori, nessuno dei cambiamenti cui ho assistito nel corso della mia vita sarebbero avvenuti. Siamo cambiati, e possiamo cambiare ancora. Non da un giorno all’altro, questo no. Ma se tutte le persone per bene se ne vanno e rimangono solo gli idioti a mandare avanti la baracca, non sarà certo un bene per il futuro di Barrayar. E al futuro di Barrayar io ci tengo. — Lo stupì rendersi conto di quanto ultimamente fosse diventata vera quell’affermazione. Pensò ai due replicatori nella loro stanza sorvegliata e protetta a Casa Vorkosigan. Ho sempre pensato che i miei genitori avrebbero finito per risolvere ogni problema. Invece adesso è venuto il mio turno.

— Non immaginavo nemmeno che un posto come questo esistesse — il gesticolare scattante di Corbeau indicava lo Spazio Quad. — Non potevo immaginare che esistesse una donna come Garnet Cinque. Io voglio restare qui.

Miles si rese conto che aveva di fronte un giovane disperato che stava per prendere decisioni affrettate che avrebbe pagato per il resto della sua vita. A una prima occhiata la Stazione Graf era attraente, certo, ma Corbeau era cresciuto in aperta campagna, era abituato alla gravità, all’aria aperta… si sarebbe adattato, o avrebbe finito per essere vittima di una tecnoclaustrofobia strisciante, di lì a qualche anno? E la giovane per la quale stava per gettare la sua vita alle ortiche, era degna di quel sacrificio, oppure considerava Corbeau il capriccio di un giorno, e magari, col tempo, un errore di cui pentirsi? Diavolo, si conoscevano da poche settimane… nessuno poteva prevedere come sarebbero andate le cose, tantomeno Corbeau e Garnet Cinque.

— Voglio andarmene — disse Corbeau. — Non ne posso più.

Miles tentò di nuovo: — Se ritiri la richiesta di asilo politico all’Unione prima che i quad la rifiutino, si può ancora farla sparire, senza pregiudicare la tua carriera, grazie al fatto che legalmente siamo in terra di nessuno. Ma se non la ritiri, l’accusa di diserzione finirà per caderti addosso e causarti un sacco di guai.

Corbeau alzò lo sguardo e chiese ansiosamente: — Questo fatto che la pattuglia di Brun e la Sicurezza dei quad si siano sparati addosso, non la rende diserzione sotto il fuoco nemico? Il medico di bordo della Prince Xav dice di sì.

La ’diserzione sotto il fuoco nemico’, secondo il codice militare barrayarano, era punibile con la pena di morte. Anche in tempo di pace, la diserzione poteva comportare lunghi periodi di detenzione in carceri militari estremamente dure. Considerato tutto, entrambe le cose sembravano a Miles, in quel momento, un terribile spreco. — Credo che ci vorrebbero notevoli contorsioni legali per considerare questo episodio una battaglia. E poi, chiamarla tale andrebbe direttamente contro l’esplicito desiderio dell’Imperatore di mantenere delle relazioni pacifiche con un porto commerciale molto importante. Però… se trovi una corte marziale rigida e hai un avvocato difensore incapace… Non credo che sia saggio rischiare la corte marziale in questo momento, se si può in qualche modo evitarlo. — Miles si passò un dito sulle labbra. — Eri ubriaco, per caso, quando il sergente Touchev è venuto a prenderti?

— No!

— Uhm. Peccato. L’ubriachezza è sempre una buona difesa. Suppongo che tu non sia disposto a sottoporti a…?

Corbeau comprese cosa intendesse Miles e strinse le labbra, indignato. Il suggerimento di mentire sulla composizione chimica del suo sangue al momento dell’arresto non lo avrebbe mai accettato, intuì Miles. Il che aumentò la sua stima sul giovane ufficiale. Ma non rese le cose più facili.

— Voglio andarmene — ripeté Corbeau, testardo.

— Temo che i barrayarani non siano molto simpatici ai quad, questa settimana. Fare affidamento sul fatto che ti concedano asilo per toglierti dal tuo dilemma mi sembra un grave errore. Ci devono essere almeno una dozzina di modi migliori per risolvere i tuoi problemi, se tu conservassi un minimo di apertura mentale e volessi considerare altre possibilità tattiche. In effetti, qualunque alternativa sarebbe migliore.

Corbeau scosse il capo, muto.

— Be’, pensaci su, guardiamarina. Ritengo che la situazione rimarrà confusa fino a che non scoprirò cosa è successo al tenente Solian. A quel punto spero di dipanare questa matassa il più in fretta possibile, e la tua possibilità di cambiare idea su decisioni molto poco sagge potrebbe svanire in un batter d’occhio.

Si alzò in piedi stancamente. Corbeau, dopo un attimo d’incertezza, si alzò e salutò. Miles rispose con un cenno del capo, poi fece un gesto a Roic, il quale mormorò qualcosa nell’interfonico, e lo fece uscire dalla cella.

Una volta fuori, Miles trovò il Capo Venn. — Voglio Solian, maledizione — brontolò al suo indirizzo. — Questa sparizione misteriosa non dimostra che i suoi servizi di sicurezza siano più efficienti dei nostri, sa?

Venn gli rivolse un’occhiataccia, ma non lo contraddisse.

Miles sospirò e azionò il comunicatore per chiamare Ekaterin, la quale insistette perché la raggiungesse alla Kestrel, e lui fu lietissimo di avere la scusa per togliersi dalla deprimente atmosfera del Posto di Sicurezza Tre. Non poteva chiamarla ambiguità morale, purtroppo. Peggio ancora, non poteva chiamarla nemmeno ambiguità legale. Era chiarissimo da che parte stesse la ragione: solo che non era dalla sua, dannazione.

Trovò Ekaterin nella loro minuscola cabina, intenta ad appendere l’uniforme marrone e argento. Si voltò e lo abbracciò con inusitato trasporto.

— Allora, com’è andata la tua visita nello Spazio Quad con Bel? — chiese quando ebbe di nuovo abbastanza fiato per poter parlare.

— Benissimo. Se a Bel venisse voglia di cambiare lavoro, credo che dovrebbe dedicarsi alle pubbliche relazioni. Credo di avere visto tutte le meraviglie della Stazione Graf che potevano essere visitate nel poco tempo che avevamo. Viste spettacolari, ottimo cibo, storia… Mi ha portato giù in fondo al settore a gravità zero a vedere le parti rimaste della vecchia astronave iperspaziale. Ne hanno fatto un museo, e quando siamo arrivati era pieno di scolaretti quad che rimbalzavano sulle pareti. Letteralmente. Erano incredibilmente carini. Mi ha ricordato il santuario degli antenati barrayarani. — Si voltò e indicò una grossa scatola decorata con schemi e vivaci illustrazioni a colori che occupava metà della cuccetta. — Nel negozio del museo ho trovato questa, per Nikki. È un modello in scala del D-620 Superjumper, modificato con la configurazione ad habitat orbitale, quello con cui fuggirono gli antenati dei quad.

— Oh, gli piacerà da impazzire. — Nikki, a undici anni, non aveva ancora perso la passione per ogni tipo di nave spaziale, ma soprattutto per quelle iperspaziali. Era ancora troppo presto per capire se questo entusiasmo si sarebbe trasformato in vocazione o si sarebbe sbiadito e sarebbe stato dimenticato con la fine dell’infanzia. Miles osservò il disegno sulla scatola. L’antica D-620 era stata un’enorme e goffa nave, e l’illustratore non aveva potuto fare di meglio che mostrarla come una specie di piovra spaziale che stringeva una serie di barattoli. — Questo modellino non è un po’ grosso?

Ekaterin guardò la scatola, dubbiosa. — Non particolarmente. Era una nave enorme. Forse sarebbe stato meglio prendere la versione più piccola? Ma non si apriva come questa. Adesso che l’ho portata qui non so proprio dove metterla.

Ekaterin, lasciata ai suoi slanci di madre, per amore di Nikki sarebbe stata capacissima di dividere la cuccetta con quell’oggetto per tutto il viaggio di ritorno.

— Il tenente Smolyani le troverà un posto.

— Davvero?

— Te lo garantisco. — Le fece un mezzo inchino, una mano sul cuore. Si chiese, visto che erano ancora lì, se non sarebbe stato il caso di comprarne un altro paio per i piccoli Aral Alexander ed Helen Natalia, ma probabilmente non era il caso di far ripetere un’altra volta a Ekaterin la sua teoria sui giocattoli appropriati per ogni età. — Di che cosa avete parlato, tu e Bel?

Ekaterin fece un sorrisetto. — Di te, soprattutto.

La risposta di Miles si manifestò sotto forma di un innocuo e allegro: — Oh?

— Bel voleva sapere come ci siamo incontrati, ed era abbastanza evidente che stava cercando disperatamente un modo di chiederlo in modo educato. Mi ha fatto pena, e così gli ho detto qualcosa del nostro incontro su Komarr, e su quello che è successo dopo. Tacendo su tutte le parti segrete, il nostro corteggiamento gli sarebbe apparso strano, non ti pare?

Miles concordò con una malinconica scrollatina di spalle.

— È vero che la prima volta che vi siete incontrati, hai sparato a Bel con uno storditore?

— Be’, sì. È una lunga storia. Una vecchia storia.

Gli occhi azzurri della moglie brillarono divertiti. — Certo, l’ho capito. Dicono tutti che da giovane eri un pazzo furioso. Mi chiedo che effetto mi avrebbe fatto incontrarti allora, se mi avresti affascinato o riempito di orrore.

Miles ci pensò sopra. — Non lo so nemmeno io.

Gli occhi di Ekaterin brillarono come se celassero una sorpresa. Miles la seguì mentre apriva una borsa dalla quale tirò fuori un vestito nuovo di pesante stoffa di un azzurro che si accompagnava meravigliosamente ai suoi occhi: era una tuta confezionata con un materiale vellutato molto arricciato ai polsi e alle caviglie, tanto che i pantaloni sembravano delle maniche. Se la tenne contro il corpo.

— Ti piace? — chiese con una certa apprensione.

— Questa sì che è nuova — disse Miles con approvazione.

— Grazie, e così posso essere all’ultima moda in un campo gravitazionale e opportunamente vestita in caduta libera. — Appoggiò il vestito sulla cuccetta, accarezzando delicatamente la stoffa serica.

— Devo arguire che Bel abbia evitato qualunque contrattempo sgradevole riguardo al fatto che sei barrayarana, mentre eravate fuori assieme?

Ekaterin si raddrizzò. — Be’, io non ho avuto alcun problema. Bel è stato avvicinato da un tipo dall’aspetto molto strano… aveva le mani e i piedi più lunghi che abbia mai visto. C’era qualcosa di strano anche nel suo torace, come se fosse sproporzionatamente grande. Mi sono chiesta se fosse una modifica genetica o chirurgica. Suppongo che qui, alla periferia del Complesso Iperspaziale, si veda gente di tutti i tipi. Questo ha insistito con Bel per sapere quando sarebbe stato permesso ai passeggeri di tornare a bordo, riferendogli che girava la voce che ad alcuni di loro era stato concesso di sbarcare la merce. Bel gli ha risposto con molta fermezza che nessuno era stata autorizzato a tornare sulle navi da quando erano state messe sotto sequestro. Credo che fosse uno dei passeggeri della Rudra, preoccupato per la sua merce. Ha insinuato che temeva che i portuali quad frugassero o anche rubassero della merce, e la cosa ha irritato Bel.

— Lo immagino. — Fu d’accordo Miles.

— Poi quel tizio ha chiesto che provvedimenti avrebbero preso i barrayarani, e Bel gli ha risposto che avrebbe fatto meglio a fissare un appuntamento con te, tramite la Sigillatrice Greenlaw. Il tizio non è parso molto soddisfatto e stava per incalzarlo con altre domande, quando lui, infastidito, lo ha minacciato di farlo scortare al suo albergo dalla Sicurezza della Stazione e di metterlo agli arresti domiciliari se non la smetteva di insistere. E così lo ha liquidato.

— Buon per Bel. — Miles sospirò. — Credo che anch’io dovrò andare a parlare con Greenlaw, adesso.

— No, neanche per sogno — sbottò Ekaterin, con tono deciso. — Per tutto il giorno non hai fatto altro che stare con loro. Ti sei mai fermato, da questa mattina, per mangiare o riposarti un po’?

— Ehm… be’, no.

Ekaterin si limitò a sorridere. — Allora il suo prossimo impegno, mio caro Lord Ispettore, è una simpatica cena in compagnia di sua moglie e dei suoi amici. Bel e Nicol ci portano a mangiare fuori. E poi, andremo al balletto quad.

— Ah sì?

— Sì.

— Sì, forse hai ragione, suppongo che dovrò mangiare prima o poi, ma assentarmi nel bel mezzo di un caso, per, ehm, andare a divertirmi, non farà certo piacere a tutti quelli che si aspettano che risolva questo inghippo. A cominciare dall’ammiraglio Vorpatril e dal suo staff.

— Però farà piacere ai quad. Sono orgogliosissimi del corpo di ballo Minchenko, e non può che giovare alle tue relazioni se vedono che mostri interesse per la loro cultura. La troupe si esibisce solo un paio di volte la settimana, a seconda della stagione… ma hanno stagioni qui? Be’, diciamo del momento dell’anno… e quindi potremmo non avere una seconda occasione. — Sorrise con aria da cospiratrice. — In realtà i biglietti per lo spettacolo di questa sera erano esauriti, ma Bel ha chiesto a Garnet Cinque di muovere qualche sua conoscenza, e lei è riuscita a ottenere un palco. Naturalmente sarà con noi.

Miles sbatté le palpebre. — Lei vuole che io interceda per Corbeau, vero?

— È quello che penso. — Di fronte al naso arricciato di Miles, aggiunse: — Oggi ho scoperto qualcosa su di lei. È una persona famosa sulla Stazione Graf, una celebrità. L’aggressione della pattuglia barrayarana nel suo appartamento ha indignato la gente. Lei è un’artista, e rompendole il braccio le hanno impedito di lavorare per un bel po’. Oltre a essere stata un’azione demenziale, per i quad si è trattato di un insulto particolarmente offensivo.

— Oh, ma che meraviglia! — Miles si massaggiò le tempie: gli era venuto un forte mal di testa.

— Sì — continuò la moglie, — perciò ho pensato che se la gente vede Garnet Cinque che chiacchiera amichevolmente con l’inviato barrayarano, potrebbe giovare al tuo lavoro.

— Ah-ha! Speriamo che non se ne vada sbattendo furibonda la porta davanti al pubblico, dal momento che ancora non le posso promettere niente, per il suo Corbeau. È una situazione delicata, e il ragazzo è un testardo e non si comporta nel modo migliore per facilitarmi.

— A sentire Bel, è una donna intelligente. Non credo che Bel avrebbe organizzato quest’incontro se avesse pensato che potesse causare un disastro in pubblico; ma forse tu hai delle ragioni per pensarla in modo diverso?

— No…

— In ogni caso, sono sicura che sarai in grado di lavorarti senza problemi quella ragazza. Basta che tu sia affascinante come sai essere.

L’opinione che Ekaterin aveva di lui non era esattamente obiettiva. Grazie al cielo. — È tutto il giorno che cerco di affascinare i quad, e non mi sembra di avere avuto successo.

— Se dimostri chiaramente a qualcuno che ti piace, è molto difficile resistere alla tentazione di non ricambiare. E Nicol questa sera suona nell’orchestra.

— Oh. — Miles si raddrizzò. — Questo sì che vale la pena. — Ekaterin era un’astuta osservatrice; senza dubbio in quel pomeriggio aveva percepito vibrazioni che andavano molto al di là dell’assorbire la moda locale in fatto di abbigliamento. — Vada per il balletto quad. — Metterai il tuo vestito nuovo?

— È per quello che l’ho comprato. Si onorano gli artisti vestendosi bene per loro. Ora, mettiti l’uniforme. Bel passerà fra poco a prenderci.

— Farò meglio a restare in grigio. Ho la sensazione che sfilare in parata con un’uniforme barrayarana davanti ai quad, in questo momento, non sia una buona mossa diplomatica.

— Forse era così al Posto di Sicurezza, ma non c’è ragione di far vedere che apprezziamo la loro arte, se dobbiamo essere scambiati per semplici terricoli di passaggio. Stasera entrambi dovremo sembrare il più barrayarani possibile.

E farsi vedere in compagnia di Ekaterin valeva un bel po’ di punti, pensò, non tanto in fatto di propaganda, ma di semplice vanteria. Toccò soprappensiero la cintura dalla quale aveva tolto la spada. — Va bene. — Acconsentì.

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