8. Viene sfidato uno spaziale

Sembrò che Gladia avesse trattenuto il fiato per un istante. Fu emesso attraverso labbra tanto serrate da sembrare un fischio. «Sono sicura di non capire come» disse. «Tu sai chi è stato?»

Baley annuì. «Lo stesso che ha ucciso tuo marito.»

«Ne sei sicuro?»

«E tu no? L'omicidio di tuo marito è stato il primo nella storia di Solaria. Un mese dopo c'è un altro omicidio. Può essere una coincidenza? Due diversi assassini che colpiscono nel giro di un mese su un mondo dove non avvengono crimini? Tieni poi conto che la seconda vittima stava investigando sul primo delitto e che quindi rappresentava un grosso pericolo per l'assassino.»

«Bene!» Gladia si dedicò al dessert parlando tra un boccone e l'altro. «Se la metti in questo modo, allora io sono innocente.»

«E questo perché?»

«Ma Elijah, io non sono mai stata nella tenuta di Gruer, mai in vita mia. Così certo non posso aver avvelenato l'agente Gruer. E se non l'ho fatto… Be', non ho ucciso nemmeno mio marito.»

Poi, visto che Baley manteneva un austero silenzio, la verve sembrò sparirle e le si abbassarono gli angoli della bocca. «Non lo pensi anche tu, Elijah?»

«Non si può dire» rispose Baley. «Ti ho detto che conosco il metodo usato per avvelenare Gruer. È ingegnoso, e chiunque su Solaria potrebbe averlo usato, che fosse nella tenuta di Gruer o meno.»

Gladia serrò le mani a pugno. «Intendi dire che sono stata io?»

«Non ho detto questo.»

«Era implicito.» Per la rabbia le si erano assottigliate le labbra e le guance erano tutte chiazzate. «È tutto qua il tuo interesse per visionarmi? Farmi domande astute? Intrappolarmi?»

«Aspetta…»

«Sembravi tanto solidale. Così comprensivo. Brutto… Terrestre!»

Con l'ultima parola la sua voce di contralto era diventata uno stridio torturato.

Daneel si chinò verso Gladia per dire: «Voglia scusarmi, signora Delmarre, ma sta stringendo troppo il coltello e potrebbe tagliarsi. Per favore, stia attenta».

Gladia fissò il corto, arrotondato e indubbiamente innocuo coltello che teneva in mano. Lo sollevò con uno spasmodico movimento.

«Non puoi raggiungermi, Gladia» disse Baley.

Lei annaspò. «E chi vuole raggiungerti? Puah!» Rabbrividì per l'esagerato disgusto per poi ordinare: «Rompi immediatamente il contatto!».

La conclusione doveva essere rivolta a un robot fuori campo. Gladia e la sua parte di sala sparirono e riapparvero i muri originali.

«Sono corretto» disse Daneel «se ritengo che ora tu consideri quella donna colpevole?»

«No» rispose piatto Baley. «Chiunque abbia commesso tutto questo, aveva molto più bisogno di certe caratteristiche di quante ne possieda quella povera ragazza.»

«Ha un caratteraccio.»

«E allora? Ce l'ha la maggior parte della gente. Ricorda anche che è stata sottoposta a una considerevole tensione per un tempo considerevole. Se fossi stato sotto una tensione simile e qualcuno mi si fosse rivolto con ostilità, come lei ha immaginato che io mi fòssi rivolto a lei, avrei potuto fare molto di più che agitare uno stupido coltellino.»

Daneel riprese: «Non sono stato capace di dedurre la tecnica di avvelenamento a distanza, cui hai accennato».

«Lo so che non ne sei stato capace.» Baley trovava piacevole poterlo dire. «Ti manca la capacità di decifrare questo particolare indovinello.»

Lo disse con tono conclusivo e Daneel accettò la dichiarazione più calmo e grave che mai.

Baley riprese: «Ho due lavori per te, Daneel».

«E quali sono, collega Elìjah?»

«Primo, entra in contatto con il dottor Thool e fatti dire le condizioni della signora Delmarre subito dopo l'omicidio del marito. Quanto tempo ha richiesto la cura e così via.»

«Vuoi che determini qualcosa di particolare?»

«No. Sto solo cercando di accumulare dati. Non è facile, su questo mondo. Secondo, scopri chi prenderà il posto di Gruer come capo della Sicurezza e prenota una visione con lui per prima cosa domattina, In quanto a me,» disse senza piacere nella mente né nella voce «vado a letto e alla fine, spero, dormirò.» Poi, quasi petulante: «Pensi che ci sia un decente librofilm in questa casa?».

«Suggerirei» rispose Daneel «di chiamare il robot addetto alla biblioteca.»


All'idea di aver a che fare con un robot Baley provava solo irritazione. Piuttosto avrebbe preferito di gran lunga leggiucchiare qua e là.

«No,» rispose «non un classico: solo narrativa comune che parli della vita di tutti i giorni su Solaria. Una mezza dozzina di librifilm.»

Il robot si sottomise (doveva), ma anche mentre manipolava i comandi, che estraevano i libri dalle loro nicchie e li trasferivano prima a una fessura d'uscita e poi nella mano di Baley, cicalava rispettoso su tutte le altre categorie della biblioteca.

Al padrone sarebbe piaciuto un romanzo d'avventure sui tempi dell'esplorazione, suggeriva, o un'eccellente divulgazione chimica, forse, con modelli animati degli atomi, o della fantasy, o una galactografia? L'elenco era senza fine.

Baley aspettò tetro la sua mezza dozzina, poi disse: «Vanno bene questi», prese con le sue mani (con le sue mani) un visore e si avviò.

Quando il robot lo seguì dicendo: «Le serve aiuto per la regolazione, padrone?» si voltò e scattò: «No. Resta dove sei».

Il robot si inchinò e rimase dov'era.

A letto, con la testiera accesa, Baley si pentì quasi della sua decisione. Il visore non era del modello che era abituato a usare e cominciò senza avere la minima idea sul modo di far scorrere la pellicola. Ma ci trafficò su ostinatamente e infine, dopo averlo aperto e lavorandoci passo dopo passo, riuscì a capirci qualcosa.

Infine fu in grado di visionare il film e, anche se la messa a fuoco lasciava un po' a desiderare, era un pedaggio piccolo per un momento d'indipendenza dai robot.

Nell'ora e mezza successiva aveva letto qua e là quattro dei sei film ed era pieno di disappunto.

Aveva avuto una teoria. Non c'era maniera migliore, aveva pensato, di entrare nel modo di vita interiore dei solariani che leggere i loro romanzi. Aveva bisogno di questo tipo di comprensione, se voleva condurre in modo adatto l'investigazione.

Ma ora doveva abbandonare questa teoria. Aveva visionato dei romanzi ed era riuscito soltanto a sapere di gente con ridicoli problemi che si comportava da stupida e aveva delle reazioni misteriose. Perché una donna avrebbe dovuto abbandonare il suo impiego scoprendo che suo figlio è entrato nella stessa professione e rifiutare di spiegarne i motivi finché non ne fossero sopravvenute ridicole e insopportabili complicazioni? Perché un dottore e un'artista avrebbero dovuto sentirsi umiliati di essere assegnati l'uno all'altra e che cosa c'era di tanto nobile nell'insistenza del dottore di entrare nelle ricerche robotiche?

Infilò il quinto romanzo nel visore e lo mise a fuoco. Era stanco morto.

In effetti così stanco che dopo non avrebbe ricordato nulla del quinto romanzo (che gli era sembrato una storia di suspense) se non l'inizio, in cui il nuovo proprietario di una tenuta entrava nella casa a scorrere la contabilità del passato sottopostagli da un rispettoso robot.

Presumibilmente si era addormentato con il visore in testa e le luci accese. Presumibilmente un robot era entrato con cautela a togliere con gentilezza il visore e a spegnere le luci.

In ogni caso aveva dormito e sognato di Jessie. Tutto era come prima. Non aveva mai lasciato la Terra. Erano sul punto di dirigersi alla cucina comune per poi andare a vedere uno spettacolo subeterico con gli amici. Viaggiavano sulla Linea celere, vedevano gente e nessuno di loro aveva una preoccupazione al mondo. Era felice.

E Jessie era bella. Aveva perso il peso. Perché era così sottile? E così bella?

E c'era anche un'altra cosa sbagliata: c'era il sole che brillava su di loro. Lui guardava in su e si vedeva solo la base degli ultimi piani, riparati dalla cupola, eppure il sole brillava, illuminando allegramente ogni cosa, e lui non aveva paura.

Baley si svegliò sottosopra. Si lasciò servire la colazione dai robot e non parlò a Daneel. Non disse nulla, non chiese nulla, ingurgitò dell'ottimo caffè senza sentirne il sapore.

Perché aveva sognato il sole visibile-invisibile? Poteva capire di aver sognato la Terra e Jessie, ma il sole che cosa c'entrava? E comunque, perché quest'idea avrebbe dovuto disturbarlo?

«Collega Elijah» disse Daneel con tono gentile.

«Cosa?»

«Tra mezz'ora Corwin Attlebish sarà in contatto visivo con te. L'ho interpellato io.»

«E chi diavolo è Corwin comecavolosichiama?» chiese Baley secco, riempiendo di nuovo la tazza di caffè.

«Era l'assistente dell'agente Gruer, collega Elijah, e ora è il Facente Funzioni del capo della Sicurezza.»

«Allora chiamalo.»

«L'appuntamento, come ti ho spiegato, è fra mezz'ora.»

«Non m'importa per quand'è. Chiamalo subito: è un ordine.»

«Farò un tentativo, collega Elijah. Comunque potrebbe non essere d'accordo e rifiutare la chiamata.»

«Correremo il rischio. Muoviti, Daneel.»


Il nuovo Facente Funzioni del capo della Sicurezza accettò la chiamata e, per la prima volta su Solaria, Baley vide uno spaziale corrispondente all'idea che ne avevano i terrestri. Attlebish era alto, magro, bronzeo. Aveva gli occhi castano chiari e un mento largo e prominente.

Assomigliava un po' a Daneel. Ma mentre Daneel era idealizzato, quasi con l'aspetto di un dio, sul suo volto Corwin Attlebish aveva stigmate dell'umanità.

Attlebish si stava radendo. La piccola penna abrasiva emetteva un getto di fini particelle che si spargevano su guance e mento, consumando i peli fino a trasformarli in polvere impalpabile.

Baley conosceva lo strumento per sentito dire, ma prima d'ora non l'aveva mai visto usare.

«È lei il terrestre?» chiese sprezzante Attlebish, attraverso le labbra semichiuse, mentre la polvere abrasiva gli passava sotto il naso.

«Sono Elijah Baley, agente in borghese C-7. Vengo dalla Terra.»

«È in anticipo.» Attlebish chiuse il rasoio con uno scatto e lo gettò da qualche parte fuori campo. «Che le frulla in mente, terrestre?»

A Baley il tono dell'altro non sarebbe piaciuto nemmeno in momenti migliori. Ora bruciava. «Come sta l'agente Gruer?» chiese.

«È ancora vivo. Forse sopravviverà.»

Baley annuì. «Qui su Solaria i vostri avvelenatori non conoscono le dosi. Mancanza d'esperienza. Ne hanno dato troppo a Gruer, e lui l'ha rigettato. Metà della dose l'avrebbe ucciso.»

«Avvelenatori? Non ci sono prove di veleno.»

Baley lo fissò. «Giosafatte! Che cos'altro crede che sia?»

«Un certo numero di cose. Molte possono reagire male in una persona.» Si fregava la faccia con le dita, per far reazione. «Lei non deve saperne un granché sui problemi metabolici che insorgono dopo che sono passati duecentocinquant'anni d'età.»

«Se è questo il caso, ha ottenuto un parere medico competente?»

«Il rapporto del dottor Thool…»

Il vaso traboccò. L'ira che ribolliva in Baley fin dal risveglio, esplose. Gridò con tutta la sua voce: «Non me ne importa nulla del dottor Thool. Ho detto un parere medico competente. I vostri dottori non sanno niente di più di quello che saprebbero i vostri detective, se ne aveste. Avete fatto venire un detective dalla Terra. Tanto vale che facciate venire anche un dottore».

Il solariano lo guardava freddamente. «Vuoi dirmi che cosa debbo fare?»

«Sì, e gratis. Offro io. Gruer è stato avvelenato davvero. Ero presente. Ha bevuto, ha avuto conati di vomito e ha gridato che la gola gli bruciava. Come lo chiamerebbe, considerando che stava investigando…» Baley si fermò di botto.

«Investigando cosa?» Attlebish era freddo.

A disagio Baley era consapevole di Daneel al suo posto, una decina di metri dietro di lui. Gruer non aveva voluto che Daneel, in quanto aurorano, sapesse dell'investigazione. Disse debolmente: «C'erano implicazioni politiche».

Attlebish incrociò le braccia e sembrava distante, annoiato e vagamente ostile. «Non abbiamo politica su Solaria, nel significato che sento darle su altri mondi. Hannis Gruer è sempre stato un buon cittadino, ma ha molta fantasia. È stato lui che, dopo aver sentito quella storia su di lei, ha insistito che la importassimo. È arrivato al punto di accettare la condizione che lei avesse come compagno un aurorano. Io non lo ritenevo necessario. Non c'è nessun giallo. Rikaine Delmarre è stato ucciso da sua moglie e scopriremo come e perché. E se no, lei sarà analizzata geneticamente e verranno prese le misure adatte. Per quel che riguarda Gruer, la sua favola sul veleno non ha importanza.»

Baley disse incredulo: «Sembra che lei sottintenda che io non sono più necessario qui».

«Credo proprio di no. Se vuol ritornare sulla Terra, può farlo. Potrei dire addirittura che la invitiamo a farlo.»

Baley fu sorpreso della propria reazione. Gridò: «Nossignore, io non mi muovo!».

«Noi l'abbiamo assunta, agente, noi possiamo congedarla. Tornerà al suo pianeta nativo.»

«No! Mi ascolti. Lei è un grande spaziale e io sono solo un terrestre, ma con tutto il rispetto, con le mie più profonde e umili scuse, lei è spaventato.»

«Ritiri quello che ha detto!» Attlebish si erse in tutto il suo metro e ottanta e passa, fissando altezzosamente il terrestre.

«Lei ha una paura matta. Lei pensa di essere il prossimo, se manda avanti questa cosa. Lei si arrende, in modo che la lascino stare: in modo che lascino stare la sua miserabile vita.» Baley non aveva idea di chi potessero essere “loro” o se questi “loro” esistessero veramente. Stava sfogandosi alla cieca contro un arrogante spaziale, sbattendogli le frasi in faccia come se colpissero l'autocontrollo dell'altro.

«Lei se ne andrà» disse Attlebish, puntando il dito con ira gelida, «entro un'ora. Su questo non ci saranno considerazioni diplomatiche, glielo assicuro.»

«Risparmi le sue minacce, spaziale. Ammetto che per lei la Terra non significa nulla, ma io qui non sono solo. Le presento il mio collega Daneel Olivaw. Viene da Aurora. Non parla molto: quello è compito mio. Ma ascolta dannatamente bene. Non perde una parola. Per dirla franca, Attlebish,» Baley usò con gusto il nome senza titoli «quali che siano le porcate che accadono su Solaria, vi sono interessati Aurora e altri quaranta Mondi Esterni. Se ci manda via a calci, la prossima deputazione che visiterà Solaria sarà composta di navi da guerra. Vengo dalla Terra, e so fin troppo bene come funziona il sistema. Ferire i sentimenti vuol dire avere le navi da guerra come ricevuta di ritorno.»

Attlebish trasferì la sua attenzione su Daneel e sembrò ripensarci. La voce gli divenne più gentile. «Qui non succede nulla che richieda l'attenzione degli altri Mondi.»

«Gruer pensava altrimenti, e il mio collega l'ha udito.» Non c'era il tempo di cavillare su una bugia.

All'affermazione di Baley, Daneel si voltò a guardarlo, ma il terrestre non gli prestò attenzione. Proseguì: «Intendo portare a fondo questa investigazione. Non c'è nulla che non farei pur di tornare sulla Terra. Anche sognarla mi mette in agitazione. Se possedessi questo palazzo infestato dai robot in cui vivo ora, lo darei indietro con tutti i robot, e anche lei con tutta la sua puzza sotto il naso in cambio di un biglietto per casa mia.

«Ma non me ne andrò per ordine suo. Non mentre c'è ancora aperto un caso a cui sono stato assegnato. Cerchi di sbarazzarsi di me contro la mia volontà e si troverà a guardare dentro le canne dell'artiglieria spaziale.

«E non è finita. D'ora in avanti questa inchiesta sarà fatta a modo mio. Sono io il responsabile. Io vedo la gente che voglio vedere. Li vedo. Non li visiono. Sono abituato a vedere, e questo è il modo con cui andranno le cose. Voglio l'approvazione ufficiale del suo dipartimento per tutto questo.»

«Questo è impossibile, intollerabile…»

«Daneel, diglielo.»

La voce dell'umanoide cominciò tranquilla: «Come l'ha informata il mio collega, agente Attlebish, siamo stati inviati qui per condurre un'inchiesta su un omicidio. È essenziale che ci sia permesso di farlo. Naturalmente non è nostra intenzione turbare i vostri usi, e forse non sarà proprio necessario che “vediamo”, anche se sarebbe utile che lei desse l'approvazione per tali visite quando fossero necessarie, come l'agente Baley ha richiesto. Per quel che riguarda un'eventuale partenza dal pianeta contro la nostra volontà, la riteniamo poco consigliabile, anche se ci rincresce che sulla nostra permanenza ci siano sentimenti ostili da parte sua o di qualunque altro solariano».

Baley ascoltava la ricercata struttura del discorso con un aspro stiramento di labbra che non era certo un sorriso. Per uno che sapesse che Daneel era un robot, quello era il tentativo di fare un lavoro senza offendere nessun essere umano, né Baley né Attlebish. All'altro, che credeva Daneel un aurorano, e cioè un nativo di uno dei più vecchi e dei militarmente più potenti Mondi Esterni, questo suonava come una serie di minacce elaboratamente cortesi.

Attlebish appoggiò la punta delle dita sulla fronte. «Ci penserò.»

«Non troppo a lungo,» lo avvertì Baley «perché ho delle visite da fare entro l'ora, e non per visione. Visione terminata!»

Dopo che il robot ebbe interrotto il contatto, rimase a fissare piacevolmente sorpreso il posto dov'era stato Attlebish. Nulla di tutto questo era stato premeditato: era nato d'impulso dai suoi sogni e dall'arroganza di Attlebish. Ora che era successo, ne era contento. Era quello che in realtà voleva: prendere il controllo.

Pensò: gliene ho dette quattro, allo sporco spaziale!

Desiderava che tutta la popolazione della Terra fosse tata presente. Quell'uomo sembrava tanto lo spaziale tipo, e questo rendeva la cosa perfetta, naturalmente. Perfetta.

Solo, perché questa sensazione di veemenza sull'argomento delle visite? Baley non riusciva proprio a capirla. Sapeva che cosa aveva intenzione di fare, e il vedere (non il visionare) ne era parte integrante. D'accordo. Eppure, quando aveva parlato di visite, l'altro si era fatto tesissimo, come se fosse stato pronto a buttare giù i muri di casa sua, anche se questo non sarebbe servito a nulla.

Perché?

C'era qualcosa che lo spingeva oltre il caso, qualcosa che non aveva nulla a che fare con la salvezza della Terra. Ma cosa?

Stranamente gli tornò a mente il sogno: il sole che brillava per tutti i marciapiedi opachi nel gigantesco sottosuolo delle Città terrestri.


Daneel disse pensieroso (per quanto la sua voce potesse esprimere un'emozione riconoscibile): «Chissà, collega Elijah, se questo è interamente sicuro».

«Bluffare con quel tipo? Ha funzionato. E poi non era proprio un bluff. Io credo davvero che per Aurora sia importante sapere che cosa succede su Solaria, e che Aurora lo sappia. Comunque, grazie per non avermi sbugiardato.»

«È stata una decisione naturale. Averti sostenuto ha procurato un danno piuttosto piccolo all'agente Attlebish. Far notare la tua bugia avrebbe portato a te un danno molto più grande e più diretto.»

«Contrapposizione di potenziali, e il più alto ha vinto, eh, Daneel?»

«Così è stato, collega Elijah. So che questo procedimento, in modo molto meno definibile, avviene anche nella mente umana. Comunque, ripeto che questo tuo proponimento non è sicuro.»

«Quale nuovo proponimento?»

«Non approvo la tua intenzione di visitare gente. Intendendo vedere come opposto di visionare.»

«Capisco. Non cerco la tua approvazione.»

«Ho le mie istruzioni, collega Elijah. Quello che ti ha detto l'agente Gruer ieri sera, durante la mia assenza, non posso saperlo. Che ti abbia detto qualcosa è ovvio, per come è cambiato il tuo atteggiamento verso il problema. Comunque, alla luce delle mie istruzioni, posso indovinarlo. Deve averti messo in guardia sulla possibilità che dalla situazione di Solaria nasca un pericolo per gli altri pianeti.»

Lentamente Baley cercò la pipa. L'aveva fatto di quando in quando e aveva sempre provato dell'irritazione quando non aveva trovato nulla e si era ricordato di non poter fumare. «Ci sono ventimila solariani» disse. «Che pericolo possono rappresentare?»

«Su Aurora i miei padroni sono a disagio da molto tempo, a proposito di Solaria. Non mi hanno detto tutte le informazioni in loro possesso…»

«E quel poco che ti hanno detto, ti hanno detto di non ripetermelo. È così?» chiese Baley.

«C'è moltissimo da scoprire,» rispose Daneel «prima di poter discutere liberamente di questo.»

«Be', ma che cosa fanno i solariani? Nuove armi? Finanziano sovversioni? Una campagna di omicidi individuali? Che cosa possono fare ventimila persone contro centinaia di milioni di spaziali?»

Daneel rimase in silenzio.

«Intendo scoprirlo, lo sai» disse Baley.

«Ma non nel modo che ti sei proposto, collega Elijah. Sono stato istruito con molta cura di proteggere la tua incolumità.»

«L'avresti fatto comunque. Prima Legge!»

«Anche al di sopra di quella. In un conflitto tra la tua salvezza e quella di un altro, devo scegliere la tua.»

«Naturale. Si capisce. Se mi succede qualcosa, non c'è più modo di farti restare su Solaria senza complicazioni che Aurora non è ancora pronta ad affrontare. Finché sono vivo, sono qui per la richiesta originale di Solaria e, se necessario, possiamo far pesare la cosa per restare. Se sarò morto, tutta la situazione cambierà. Così i tuoi ordini sono di mantenere Baley vivo. Ho ragione?»

«Non posso presumere di poter interpretare le ragioni che stanno dietro ai miei ordini» rispose Daneel.

«Va bene, non preoccuparti. Lo spazio aperto non mi ucciderà, se trovassi necessario vedere qualcuno. Sopravviverò. Potrei anche abituarmici.»

«Non è solo questione di spazio aperto, collega Elijah» disse Daneel. «È questione di vedere i solariani. È questo che non approvo.»

«Vuoi dire che agli spaziali non piacerà. Peggio per loro. Che mettano filtri al naso e indossino guanti. Che disinfettino l'aria. E se vedermi in carne e ossa offende la loro morale pulitina, che chiudano gli occhi e arrossiscano pure. Ma ho intenzione di vederli. Considero necessario farlo, e lo farò.»

«Ma io non posso permettertelo.»

«Tu non puoi permettermelo

«Certo capisci perché, collega Elijah.»

«E invece no.»

«Tieni presente, allora, che l'agente Gruer, la figura chiave solariana dell'investigazione in questo caso, è stato avvelenato. Ne può conseguire che, se ti permetto di proseguire nel tuo piano di esporti indiscriminatamente in prima persona, la vittima successiva dovresti essere per forza tu. Come posso dunque permetterti di lasciare la sicurezza di questa casa?»

«E come vorresti fermarmi, Daneel?»

«Con la forza, se necessario, collega Elijah» rispose calmo Daneel. «Anche se dovessi farti male. Se non lo faccio, morirai sicuramente.»

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