Baley fu dapprima consapevole del rinchiuso, dell'assenza di spazio aperto, e poi di un volto piegato sopra di lui.
Lo fissò un istante senza riconoscerlo. Poi: «Daneel!».
Il volto del robot non mostrava né sollievo né alcun'altra emozione riconoscibile. «È bene che tu abbia ripreso conoscenza, collega Elijah» disse. «Non credo che tu abbia sofferto ingiurie fisiche.»
«Sto benissimo» esclamò Baley petulante, tirandosi su sui gomiti. «Giosafatte, sono a letto! Come mai?»
«Oggi ti sei esposto all'aperto un certo numero di volte. Gli effetti su di te sono stati cumulativi, e ora hai bisogno di riposo.»
«Prima mi servono delle risposte.» Baley si guardò in giro, cercando di non ammettere che la testa gli girava ancora un poco. Non riconosceva la camera. Le tende erano tirate. Le luci confortevolmente artificiali. Si sentiva molto meglio. «Per esempio, dove sono?»
«In una stanza della casa della signora Delmarre.»
«La domanda successiva è: che ci fai tu qui? Come sei riuscito a scappare dai robot che ti avevo lasciato di guardia?»
«A questo punto di sviluppo» incominciò Daneel «mi è sembrato che ti sarebbe dispiaciuto, e anche nell'interesse della tua sicurezza e dei miei ordini ho sentito che non avevo altra scelta che…»
«Che cos'hai fatto? Giosafatte!»
«Sembra che qualche ora fa la signora Delmarre abbia cercato di visionarti.»
«Sì.» Baley ricordò che Gladia glielo aveva detto. «Lo sapevo.»
«Il tuo ordine di tenermi prigioniero era espresso con queste parole: “Non permettetegli (cioè a me) di entrare in contatto con altri esseri umani se non con me, né con altri robot, se non con voi, sia vedendo che visionando”. Però, collega Elijah, ti sei dimenticato di proibire ad altri esseri umani o ad altri robot di entrare in contatto con me. Ti è chiara la differenza?»
Baley gemette.
«È inutile affliggersi, collega Elijah» lo consolò il robot. «La falla nei tuoi ordini è stata strumentale per il tuo salvataggio, visto che mi ha portato sulla scena. Vedi, quando la signora Delmarre mi ha visionato, col permesso dei miei guardiani, ha chiesto di te, e io le ho detto, in tutta onestà, che non sapevo dove tu fossi, ma che avrei cercato di trovarti. Lei sembrava ansiosa che lo facessi. Le ho detto che ritenevo possibile che tu avessi lasciato temporaneamente la casa e che avrei controllato in quel senso, mentre lei avrebbe potuto ordinare ai robot nella stanza con me di frugare la casa cercandoti.»
«E non si è sorpresa che tu non abbia impartito personalmente questo ordine ai robot?»
«Le ho dato l'impressione, credo, che come aurorano non ero tanto abituato ai robot quanto lei e che lei avrebbe potuto impartire gli ordini con maggiore autorità, ottenendo un'esecuzione più veloce. È ben risaputo che i solariani sono molto orgogliosi della loro abilità con i robot e disprezzano la capacità di controllarli dei nativi di altri pianeti. Non é anche la tua opinione, collega Elijah?»
«E lei allora ha ordinato loro di andarsene?»
«Con una certa difficoltà. Loro hanno accampato ordini precedenti, ma naturalmente non potevano enunciarne la natura, poiché tu avevi ordinato loro di non rivelare a nessuno la mia vera identità. Così lei li ha sopraffatti, anche se alla fine gli ordini hanno dovuto essere stati strillati furiosamente.»
«E poi te ne sei andato.»
«Infatti, collega Elijah.»
Peccato, pensò Baley, che Gladia non avesse considerato quell'episodio abbastanza importante da riferirglielo, quando lui l'aveva visionata. «Ci hai messo molto a trovarmi, Daneel.»
«I robot di Solaria hanno una rete di comunicazione subeterica. Un solariano esperto può ottenere informazioni con prontezza, ma uno come me, senza alcuna esperienza in proposito, passando per milioni di macchine individuali, ci mette molto tempo a isolare un solo dato. È stato solo poco più di un'ora fa che mi è giunta l'informazione di dove ti trovavi. Ha perso ulteriore tempo a visitare il posto di lavoro del dottor Delmarre dopo che tu te n'eri andato.»
«E che cosa facevi, là?»
«Ricerche per conto mio. Mi rammarico che questo abbia dovuto essere fatto in tua assenza, ma le esigenze dell'investigazione non mi hanno lasciato scelta.»
«Hai visionato o visto Klorissa Cantoro?» chiese Baley.
«L'ho visionata, ma da un'altra parte del suo palazzo, non dalla nostra tenuta. Alla fattoria c'erano registrazioni che dovevo vedere. Di solito visionare sarebbe sufficiente, ma sarebbe stato sconsigliabile rimanere nella tenuta con quei tre robot che conoscevano la mia vera natura e che avrebbero potuto ancora imprigionarmi con facilità.»
Ormai Baley stava quasi bene. Tirò giù le gambe dal letto e si trovò dentro una specie di camicia da notte. La fissò disgustato. «Dammi i miei abiti.»
Daneel lo fece.
Mentre si vestiva, Baley chiese: «Dov'è la signora Delmarre?».
«Agli arresti domiciliari, collega Elijah.»
«Cosa? Per ordine di chi?»
«Per ordine mio. È confinata nella sua camera da letto sotto guardia robotica ed è stato neutralizzato il suo diritto di dare ordini che esulino dalle sue necessità personali.»
«Neutralizzato da te?»
«I robot di questa tenuta ignorano la mia identità.»
Baley finì di vestirsi. «Conosco gli indizi contro Gladia» disse. «Aveva l'opportunità: molto di più, in effetti, di quanto pensassimo all'inizio. Non è corsa sulla scena del delitto per un grido del marito, come aveva detto. Era sempre stata là.»
«Dichiara di aver assistito all'omicidio e di aver visto l'assassino?»
«No. Non ricorda nulla dei momenti cruciali. A volte accade. E poi è saltato fuori che aveva un movente.»
«E qual era, collega Elijah?»
«Uno di cui ho sospettato la possibilità fin dall'inizio. Avevo detto a me stesso che se questa fosse stata la Terra e il dottor Delmarre fosse stato come l'avevano descritto e Gladia Delmarre come sembrava che fosse, avrei detto che lei era innamorata di lui, o che lo era stata, e che lui era innamorato solo di se stesso. La difficoltà era dire se i solariani provavano amore e reagivano all'amore nel senso terrestre. Il mio giudizio sulle loro emozioni e reazioni non era attendibile. Ecco perché dovevo vederne qualcuno. Non visionarli, vederli.»
«Non ti seguo, collega Elijah.»
«Non so se riuscirò a spiegartelo. Questa gente ha tutte le possibilità genetiche programmate con cura prima della nascita e l'effettiva distribuzione genetica controllata dopo.»
«Lo so.»
«Ma i geni non sono tutto. Anche l'ambiente conta, e l'ambiente può orientare verso un'effettiva psicosi dove il gene indica soltanto una potenzialità per una particolare psicosi. Hai notato l'interesse di Gladia per la Terra?»
«L'ho fatto notare, collega Elijah, considerandolo un interesse voluto, designato a influenzare le tue opinioni.,»
«Supponi che provi un vero interesse, perfino un certo fascino. Supponi che nelle folle terrestri ci sia qualcosa che la ecciti. Supponi che venga attratta, contro la sua volontà, da qualcosa che le hanno insegnato a considerare sporco. Era un'anormalità possibile. Dovevo controllare vedendo solariani e notando come lei reagiva a questo. Ecco perché dovevo allontanarmi da te ad ogni costo, Daneel. Ecco perché dovevo abbandonare il visionare come metodo d'investigazione.»
«Questo non me lo avevi spiegato, collega Elijah.»
«Sarebbe servita la spiegazione contro quello che consideravi tuo dovere sulla base della Prima Legge?»
Daneel rimase in silenzio.
«L'esperimento ha funzionato» proseguì Baley. «Ho visto o cercato di vedere parecchia gente. Un vecchio sociologo ha provato a vedermi e si è arreso a metà strada. Un robotista si è rifiutato di vedermi, perfino sottoposto a pressioni tremende. La semplice possibilità l'ha ricacciato allo stato infantile. Si succhiava il pollice e piangeva. L'assistente del dottor Delmarre era abituata professionalmente alla presenza personale e così mi ha tollerato, ma solo a sei o sette metri di distanza. D'altra parte, Gladia…»
«Sì, collega Elijah?»
«Gladia ha acconsentito a vedermi senza la più leggera esitazione. Tollerava la mia presenza con disinvoltura e ha mostrato segni di diminuzione della tensione, man mano che il tempo passava. Non le dispiaceva di vedermi; era interessata alla Terra; può darsi che abbia avuto un anormale interesse per suo marito. Tutto ciò si può spiegare con un forte e, per questo mondo, psicotico interesse per la presenza personale di rappresentanti del sesso opposto. Mentre il dottor Delmarre non era certo tipo da incoraggiare questa tendenza o da cooperarvici. Dev'essere stato molto frustrante per lei.»
Daneel assentì. «In un momento di passione la frustrazione è una spinta sufficiente per un omicidio.»
«Malgrado tutto, io non la penso così, Daneel.»
«Sei forse influenzato da motivi estranei, collega Elijah? La signora Delmarre è una donna attraente e tu sei un terrestre per il quale una preferenza per la presenza personale di una donna attraente non è un fatto psicotico.»
«Ho motivi migliori» rispose Baley a disagio. (La fredda occhiata di Daneel era troppo penetrante e spaccava un'anima in quattro. Giosafatte! Quella cosa era soltanto una macchina.) Disse: «Se fosse stata l'assassina di suo marito, avrebbe anche dovuto compiere il tentato omicidio di Gruer». Ebbe quasi l'impulso di spiegare il modo con cui quel delitto poteva essere stato manipolato mediante robot, ma si trattenne. Non era sicuro di come Daneel avrebbe reagito alla teoria che faceva dei robot degli assassini inconsapevoli.
«È anche il tuo tentato omicidio» precisò Daneel.
Baley fremette. Non aveva voluto dire a Daneel della freccia avvelenata per non rafforzare nell'altro il fin troppo forte sentimento protettivo verso di lui.
«Te l'ha detto Klorissa?» chiese con rabbia. Avrebbe dovuto dirle di tenersi la cosa per sé, ma come faceva a sapere che poi sarebbe pipmbato là Daneel a fare domande?
«La signora Cantoro non ha nulla a che fare con la faccenda» precisò Daneel. «Ho assistito al tentato omicidio.»
Baley era profondamente confuso. «Ma non c'eri da nessuna parte.»
«Ti ho raccolto io stesso e ti ho portato qui non più di un'ora fa» rispose Daneel.
«Ma di che cosa stai parlando?»
«Non ti ricordi, collega Elijah? È stato quasi un delitto perfetto. Non è stata la signora Delmarre a suggerirti di andare all'aperto? A questo non ho assistito, ma sono sicuro che è stata lei.»
«L'ha suggerito lei, sì.»
«Può anche averti indotto a lasciare la casa.»
Baley pensò al suo “ritratto” rinchiuso tra mura grigie. Che fosse stata abile psicologia? Poteva un solariano avere tanta comprensione intuitiva della psicologia di un terrestre?
«No» disse.
«Non è stata lei» proseguì il robot «a suggerire di scendere fino al laghetto ornamentale e di accomodarsi sul sedile?»
«Be', sì.»
«Non ti è passato per la mente che ti tenesse d'occhio e avesse notato la tua nausea?»
«Mi ha chiesto una volta o due se volevo tornare indietro.»
«Può non averlo detto seriamente. Può avere osservato che su quel sedile stavi sempre peggio. Può anche averti spinto, o forse una spinta non era nemmeno necessaria. Nell'istante in cui ti ho raggiunto e preso tra le mie braccia stavi cadendo all'indietro in un metro d'acqua in cui saresti sicuramente annegato.»
Per la prima volta Baley ricordò quelle ultime fuggitive sensazioni. «Giosafatte!»
«Inoltre,» continuò Daneel con calma implacabilità «la signora Delmarre ti sedeva accanto, guardandoti cadere senza fare una mossa per fermarti. Né ha tentato di tirarti fuori dall'acqua. Ti avrebbe lasciato annegare. Avrebbe potuto chiamare i robot, ma certo i robot sarebbero arrivati troppo tardi. E dopo si sarebbe limitata a spiegare che, naturalmente, per lei era impossibile toccarti, anche per salvarti la vita.»
Abbastanza vero, pensò Baley. Nessuno avrebbe messo in dubbio la sua incapacità di toccare un essere umano. La sorpresa, se ce ne fosse stata una, sarebbe stata per la sua abilità di stargli tanto vicino.
«Vedi quindi, collega Elijah,» concluse Daneel «che la sua colpevolezza è in pratica fuori questione. Hai dichiarato che avrebbe dovuto tentare lei l'omicidio di Gruer, come se questo fosse un argomento contro la sua colpevolezza. Ora vedi che dev'essere stata proprio lei. L'unico movente per ucciderti era lo stesso identico movente per il tentato omicidio di Gruer: la necessità di sbarazzarsi di un imbarazzante e tenace investigatore del primo delitto.»
«Tutta la sequenza potrebbe essere stata innocente» obiettò Baley. «Lei potrebbe non essersi ben resa conto di come l'esterno avrebbe potuto danneggiarmi.»
«Aveva studiato la Terra. Conosceva le particolarità dei terrestri.»
«Le ho assicurato che nella giornata ero già stato fuori e che mi ci stavo abituando.»
«Forse ne sapeva più di te.»
Baley si diede un pugno sul palmo della mano. «La fai troppo furba. Non le si adatta e non ci credo. In ogni caso non può essere fatta alcuna accusa di omicidio finché non viene spiegata l'assenza dell'arma del delitto.»
Daneel fissò fermamente il terrestre. «Posso fare anche questo, collega Elijah.»
Baley guardò il robot con espressione stordita. «Come?»
«Collega Elijah, ricorderai che il tuo ragionamento è stato questo: se la signora Delmarre fosse l'assassina, allora l'arma, qualunque fosse, dev'essere rimasta sulla scena del delitto. I robot, apparsi quasi immediatamente, non hanno visto traccia di tale arma, ne consegue che dev'essere stata rimossa dalla scena, per cui deve averla rimossa l'assassino, quindi l'assassino non può essere la signora Delmarre. È tutto corretto?»
«Sì.»
«Eppure,» continuò il robot «c'è un posto dove i robot non hanno cercato l'arma.»
«Dove?»
«Sotto la signora Delmarre. Giaceva svenuta, trascinata dall'eccitazione e dalla passione del momento, che fosse l'assassina o meno, e l'arma, qualunque fosse, stava sotto di lei, fuori dalla vista.»
«Ma allora,» obiettò Baley «l'arma dev'essere stata scoperta non appena lei è stata spostata.»
«Esatto,» confermò Daneel «ma lei non è stata spostata dai robot. Lei stessa ieri a pranzo ci ha detto che il dottor Thool aveva ordinato ai robot di metterle un cuscino sotto la testa e di lasciarla dov'era; è stata spostata per la prima volta dal dottor Altim Thool in persona, quando è arrivato per esaminarla.»
«E allora?»
«Ne consegue quindi, collega Elijah, che sorge una nuova possibilità: la signora Delmarre è stata l'assassina, l'arma era sulla scena del delitto, ma il dottor Thool l'ha portata via e l'ha distrutta per proteggere la signora Delmarre.»
Baley divenne sprezzante. Era quasi stato indotto ad aspettarsi qualcosa di ragionevole. «Completamente immotivato» commentò. «Perché il dottor Thool avrebbe dovuto fare una cosa del genere?»
«Per un ottimo motivo. Ricorderai che cos'ha detto di lui la signora Delmarre: “Mi ha sempre curato fin da quando ero bambina, ed è sempre stato così amichevole e gentile”. Mi sono chiesto se potesse avere qualche motivo particolare di occuparsi tanto di lei. È per questa ragione che ho visitato la fattoria dei bambini, per ispezionare le registrazioni. È saltato fuori che quello che avevo semplicemente immaginato come possibile era invece la verità.»
«E cioè?»
«Il dottor Altim Thool è il padre di Gladia Delmarre, e per di più lo sapeva.»
Baley non aveva motivo di non credere al robot. Provava solo un profondo cruccio perché era stato robot Daneel Olivaw e non lui a portare il necessario pezzo logico. Ma anche così, non era completo.
Chiese: «Hai parlato con il dottor Thool?».
«Sì. Ho messo agli arresti anche lui.»
«E lui che cosa dice?»
«Ammette di essere il padre della signora Delmarre. L'ho messo a confronto con le registrazioni del fatto e con le registrazioni delle sue richieste d'informazioni sulla salute di lei, quando era piccola. Come dottore gli veniva concesso a questo proposito molto più margine di quanto non fosse concesso agli altri solariani.»
«Perché avrebbe dovuto informarsi sulla sua salute?»
«Me l'ero chiesto anch'io, collega Elijah. Quando gli era stato dato il permesso di avere un ulteriore figlio, lui era già vecchio, e per di più riuscì lo stesso a produrne uno. Considera ciò un tributo ai suoi geni e alla sua forma fisica. Forse è molto più orgoglioso del risultato di quanto non sia usuale su questo mondo. Per di più la sua posizione di medico, una professione molto rispettata su Solaria perché implica un lavoro di presenza personale, rendeva molto più importante per lui alimentare il suo senso dell'orgoglio. Per questo motivo ha mantenuto un discreto contatto con la sua progenie.»
«Gladia ne è al corrente?»
«Per quel che ne sa il dottor Thool, collega Elijah, no.»
«E il dottor Thool ammette di aver portato via l'arma?»
«No. Dice di non essere stato lui.»
«Allora non hai in mano nulla, Daneel.»
«Nulla?»
«A meno che tu non trovi l'arma e non provi che l'aveva presa lui, inducendolo infine a confessare, non hai prove. Una concatenazione di deduzioni è bella, ma non è una prova.»
«È molto improbabile che l'uomo confessi senza un vero e proprio interrogatorio che io non sarei in grado di portare fino in fondo. Sua figlia gli è cara.»
«Niente affatto» lo contraddisse Baley. «I suoi sentimenti verso la figlia non sono quelli a cui siamo abituati io e te. Solaria è diversa!»
Per calmarsi cominciò a camminare a grandi passi su e giù per la camera. «Daneel,» disse «hai compiuto un perfetto esercizio di logica, tuttavia nulla di tutto questo è ragionevole.» (Logico ma non ragionevole: non era questa la definizione di un robot?)
Proseguì: «Il dottor Thool è un vecchio e ha dietro le spalle i suoi anni migliori, indipendentemente dal fatto che sia stato capace di generare una figlia trenta e passa anni fa. Anche gli spaziali diventano senili. Immaginatelo che esamina sua figlia svenuta e suo genero morto di morte violenta. Riesci a immaginare l'insolita natura della situazione per lui? Puoi supporre che sia rimasto del tutto padrone di sé? Tanto padrone di sé, in effetti, da portare a compimento una serie di azioni sorprendenti?»
«Guarda: per prima cosa avrebbe dovuto notare un'arma sotto sua figlia, una che avrebbe dovuto essere stata tanto ben coperta dal suo corpo da non essere stata nemmeno notata dai robot. Secondo, qualunque specie di oggetto avesse notato, avrebbe dovuto dedurne che era un'arma e capire immediatamente che se l'avesse portata via sarebbe stato molto difficile mettere in piedi un'accusa contro sua figlia. Il che è un modo di pensare molto sottile per un vecchio in preda al panico. Terzo, avrebbe dovuto realizzare un piano per farlo, e anche questo è molto duro per un vecchio terrorizzato. E infine avrebbe dovuto avere il coraggio di aggiungere al crimine il fatto di sostenere a oltranza la sua bugia. Può essere tutto il risultato di un pensiero logico, ma non è ragionevole.»
«Hai una soluzione alternativa al crimine, collega Elijah?»
Nel corso del suo discorso Baley aveva dovuto sedersi, e ora cercò di rialzarsi, ma un misto di debolezza e di profondità della sedia lo sconfissero. Si limitò a ondeggiare petulantemente la mano. «Dammi una mano, vuoi, Daneel?»
Daneel si guardò la mano. «Prego, collega Elijah?»
Baley imprecò silenziosamente contro la mente letterale dell'altro e disse: «Aiutami a uscire dalla sedia».
Il forte braccio del robot lo sollevò dalla sedia senza sforzo.
«Grazie» disse Baley. «No, non ho una soluzione alternativa. Veramente ce l'avrei, ma tutto s'impernia su dove si trova l'arma.»
Andò con impazienza verso le pesanti tende che coprivano la maggior parte di un muro e ne sollevò un angolo, senza ben realizzare cosa stesse facendo. Rimase a fissare il riquadro nero di vetro, finché non si rese conto che stava guardando nella notte e allora lasciò cadere la tenda proprio mentre Daneel, che si era quietamente avvicinato, gliela toglieva dalle mani.
L'agguantò ancora, strappandola alla presa del robot. Gettandoci dentro tutto il suo peso, la strappò dalla finestra, lasciandoci solo dei brandelli penzoloni.
«Collega Elijah!» esclamò Daneel, sempre con gentilezza. «Certo ora sai che cosa ti può fare lo spazio aperto.»
«So» rispose Baley «che cosa farà per me.»
Guardava fisso fuori dalla finestra. Non c'era nulla da vedere, solo oscurità, ma quell'oscurità era aria aperta. Era spazio ininterrotto senza limiti, anche se senza luce, e lui vi stava di fronte.
E per la prima volta gli stava di fronte liberamente. Non era più per bravata, o per curiosità perversa, o come via obbligatoria per la soluzione di un omicidio. Gli stava di fronte perché sapeva di volerlo e perché ne aveva bisogno. La differenza era tutta lì.
Le mura erano stampelle! L'oscurità e la folla erano stampelle! Nel suo inconscio doveva averle sempre considerate così e averle odiate perfino quando credeva di amarle e di averne bisogno. Perché altrimenti si era risentito tanto della prigione grigia che Gladia aveva posto sul suo ritratto?
Si sentì pervaso da un senso di vittoria e, come se la vittoria fosse contagiosa, sorse un nuovo pensiero, bruciante come un grido interno.
Con il capo che gli girava Baley si rivolse a Daneel. «Lo so» sussurrò. «Giosafatte! Lo so!»
«Sai cosa, collega Elijah?»
«So che cosa è successo all'arma: so chi è il responsabile. All'improvviso ogni cosa è andata al suo posto.»