La mattina dopo Hawks era seduto nel suo ufficio quando Barker bussò all'uscio ed entrò. — La guardia al cancello mi ha detto di venire qui. — Misurò con gli occhi il volto di Hawks. — Ha deciso di licenziarmi, o qualcosa del genere?
Hawks scosse il capo. Chiuse il fascicolo che stava in cima al grosso mucchio sulla scrivania, e indicò l'altra sedia. — Si accomodi, prego. Deve pensare a parecchie cose, prima di andare in laboratorio.
— Sicuro. — L'espressione di Barker si rilassò. Si avviò sul pavimento nudo, a colpi secchi dei tacchi degli stivali. — E a proposito, buongiorno dottore — aggiunse, sedendo e accavallando le gambe. La rotula metallica spiccava nettamente sotto la stoffa di canapa tesa sul ginocchio.
— Buongiorno — fece laconico Hawks. Aprì il fascicolo e ne estrasse un grosso foglio piegato, lo allargò sul piano della scrivania, di fronte a Barker.
Senza guardarlo, Barker disse: — Claire vuole sapere che cosa sta succedendo.
— Gliel'ha detto?
— Quelli dell'FBI mi hanno forse qualificato come uno sciocco?
— Non per quello che li riguarda.
— Spero che la sua risposta sia identica. Mi limitavo a segnalarle un fatto che potrebbe interessarle. — Barker sorrise. — Mi è costato una notte di sonno.
— È capace di produrre un massimo sforzo fisico per cinque minuti, questo pomeriggio?
— Se non ne fossi capace, lo direi.
— Benissimo, allora. Cinque minuti. Ora… ecco dove andrà. — Toccò la mappa. — Questa è la parte esplorata sull'altra faccia della Luna.
Barker aggrottò la fronte e si sporse a guardare le linee segnate nettamente, il rettangolo di territorio circondato da aree schizzate a tratti leggeri e segnati dalla scritta «Mancano dati attendibili.»
— Un territorio accidentato — disse. Poi alzò la testa. — Esplorato?
— Rilevamenti topografici. La Marina ha un avamposto che si trova lì. — Hawks puntò il dito su di un minuscolo quadratino. — Appena oltre l'orlo del disco visibile alla massima librazione. E qui… — indicò un cerchio irregolare un poco più grande, distante mezzo centimetro — è dove andrà lei.
Barker inarcò un sopracciglio. — E i russi non ci trovano niente da ridire?
— L'intera carta — disse paziente Hawks — copre settantacinque chilometri quadrati. Le installazioni della Marina e il luogo dove andrà lei sono contenuti in un'area di circa un chilometro quadrato. In pratica, sono le uniche formazioni non naturali visibili dall'alto. Le altre sono il ricevitore di materia accanto alla base della Marina e una torre di collegamento presso l'orlo del disco visibile. Sono camuffati… tutti, tranne il posto dove andrà lei, che non si può nascondere. Ma le radiofoto trasmesse il mese scorso dal razzo circumlunare russo inquadrano un'area di almeno cinquecentomila chilometri quadrati di superficie lunare. Lei riuscirebbe a vedere una mosca sulla torre televisiva dell'Empire State Building? Con un paio di occhiali sporchi?
— Ci riuscirei, se fossi lassù con la mosca.
— Ma i russi non ci sono. Pensiamo che abbiano un'installazione telemetrica automatica, da qualche parte, sulla faccia visibile della Luna, e prevediamo che l'anno prossimo mandino lassù degli uomini. Non l'abbiamo ancora trovata, ma secondo le predizioni statistiche la loro base dovrebbe essere a circa novemila chilometri dalla nostra installazione. Non credo che dobbiamo preoccuparci di chiedere permesso a nessuno, per proseguire con il nostro programma. Comunque, noi siamo lì, ed è là che andrà lei oggi… Adesso lasci che le spieghi com'è accaduto.
Barker si appoggiò alla spalliera della sedia, incrociò le braccia e inarcò le sopracciglia. — I suoi modi professorali mi piacciono molto — mormorò. — Ha mai pensato di darsi all'insegnamento, dottore?
Hawks alzò la testa per fissarlo. — Non posso permettere che lei muoia di ignoranza — disse finalmente. — È… è libero di andarsene di qui quando vuole e di rompere ogni rapporto con noi. Questa mattina, Connington ha consegnato all'azienda le sue autorizzazioni e il contratto. Se l'ha letto, ricorderà la clausola che le permette di annullarlo.
— Oh, resterò, dottore — rispose Barker, in tono disinvolto.
— Grazie.
— Prego.
— Barker, lei non vuol saperne di facilitarmi le cose, vero?
— Non sono molto entusiasta di lei, dottore.
Hawks smosse con la destra il mucchio di fascicoli e li guardò. — Ha ragione. La pietà è solo un'invenzione culturale recente, per gli esseri umani. — Poi disse, in tono meticoloso: — Parliamo di lavoro. All'inizio di quest'anno, l'Aviazione ha ricevuto una radiofoto scattata da un razzo che aveva cercato d'inserire in un'orbita lunare. Il razzo si avvicinò troppo e precipitò da qualche parte, oltre l'orlo dell'emisfero visibile. Per un caso fortunato, quell'unica fotografia mostrava questo. — Tolse dal fascicolo un ingrandimento lucido, venti per venticinque, e lo passò a Barker. — Come vede, è quasi irrimediabilmente sbiadita e striata dagli errori di trasmissione dell'apparecchio del razzo. Ma quest'area, in parte visibile in quest'angolo, qui… è chiaro che non si tratta d'una formazione naturale.
Barker guardò la foto, aggrottando la fronte. — È la stessa di cui mi ha mostrato la fotografia presa al suolo?
— Ma quella venne scattata molto tempo dopo. Questa, invece, mostrava semplicemente che sulla Luna c'era qualcosa la cui grandezza e la cui natura non erano determinate dalla foto, ma che non somigliava a nulla di lunare né di terrestre, a quanto se ne poteva sapere. In seguito ne abbiamo prese le misure, come meglio abbiamo potuto, e possiamo dire che ha un diametro approssimativo di cento metri e un'altezza di venti, con irregolarità e particolari amorfi, che è impossibile descrivere esattamente. Sappiamo ancora pochissimo della sua natura… ma questo per ora non c'entra. Quando l'oggetto venne scoperto, il governo decise che bisognava studiarlo. Ci si aspettava che l'altra faccia della Luna non presentasse nulla di straordinariamente diverso da ciò che si trova sull'emisfero visibile. Considerando le situazioni diverse della missilistica russa e americana, diventava evidente che, se non ci fossimo mossi in fretta, i russi avrebbero avuto tutte le possibilità di fare una scoperta di primissimo ordine, di cui non potevamo indovinare la natura ma la cui importanza poteva essere enorme… forse addirittura decisiva, per quanto riguardava il dominio della Luna.
Hawks si soffregò gli occhi. — Si dava il caso — continuò senza alzare la voce — che alcuni anni prima la Marina avesse firmato un contratto con la Continental Electronics, per quanto riguardava il mio lavoro con l'analizzatore di materia. Quando il razzo trasmise questa foto dalla Luna, era già stato costruito l'impianto sperimentale che lei ha visto in laboratorio, e nonostante le sue clamorose imperfezioni, era arrivato al punto di poter trasmettere regolarmente un volontario, dal trasmettitore al ricevitore del laboratorio, senza danni apparenti. Perciò, mentre cominciavamo a pensare a trasmissioni sperimentali, a un ricevitore nelle Sierras, il governo istituì un programma urgentissimo per mandare dei volontari sulla Luna.
«Furono spese somme enormi per l'equipaggiamento e il personale, e dopo una serie di insuccessi e semi-insuccessi, il team missilistico dell'Esercito riuscì a lanciare una torre di collegamento sulla faccia visibile della Luna, vicino all'orlo. Poi un ricevitore molto rudimentale venne lanciato, un po' a caso, nei pressi di questa…» Hawks batté con le dita sulla carta, con aria frustrata. — Di questa formazione. E un volontario, un tecnico, venne trasmesso mediante la torre di collegamento al ricevitore, che era appena abbastanza grande da contenerlo. Riuscì a raggiungere il razzo che conteneva la torre di collegamento, la sistemò su una base stabile, ed eresse una mimetizzazione di plastica e uno schermo per assorbire l'urto delle meteoriti. Servendosi dei pezzi che gli venivano trasmessi, costruì poi il ricevitore e il trasmettitore di ritorno, che stiamo usando adesso. Eresse anche degli alloggi rudimentali per se stesso e poi, a quanto sembra, cominciò ad esaminare la formazione ignota, nonostante avesse ricevuto l'ordine di attendere l'arrivo degli specialisti della Marina, che oggi sono insediati nell'avamposto.
«L'uomo venne ritrovato solo poche settimane fa. Era sua, la seconda fotografia che le ho mostrato. Il suo corpo era dentro alla cosa, e secondo i chirurghi dell'autopsia sembrava che fosse precipitato da un'altezza di diverse migliaia di metri, in condizioni di gravità terrestri.»
Barker contrasse la bocca per un attimo. — Ma era possibile?
— No.
— Capisco.
— Io non riesco a capire, Barker, e non ci riesce nessun altro. Non sappiamo neppure come chiamare quel posto. L'occhio non riesce a seguirlo, e le fotografie ne danno un'impressione molto approssimativa. Abbiamo motivo di sospettare che esista in più di tre dimensioni spaziali. Nessuno sa cos'è, perché è ubicato lì, quale potrebbe essere la sua vera funzione, o che cosa lo abbia creato. Non sappiamo se è animale, vegetale o minerale. Non sappiamo se è naturale o artificiale. Grazie alla geologia dei numerosi crateri lasciati dalle meteoriti che hanno ammucchiato detriti contro i suoi fianchi, sappiamo che è lì da almeno un milione di anni. E sappiamo che cosa fa: uccide gli esseri umani.
— Più e più volte e in modi incredibili, dottore?
— Tipicamente e ostinatamente, in modi incredibili. E noi abbiamo bisogno di conoscerli tutti. Dobbiamo determinare, senza margini per errori od omissioni, cosa può fare esattamente agli uomini quella formazione. Dobbiamo avere una guida completa dei suoi limiti e delle sue capacità. Quando l'avremo, allora potremo finalmente correre il rischio di farvi entrare tecnici esperti che la studino e la smontino. Saranno le squadre di tecnici che apprenderanno da quella cosa tutto ciò che possono impararne gli esseri umani, e incorporeranno queste informazioni nella massa generale dello scibile umano. Ma questo è solo ciò che i tecnici fanno sempre. Prima dobbiamo avere un cartografo. È mio compito preciso fare in modo che la formazione, come spero, la uccida più e più volte.
— Beh, ecco un onesto avvertimento, anche se non ha senso. Non posso dire che non mi abbia messo in guardia.
— Non era un avvertimento — disse Hawks. — Era una promessa.
Barker scrollò le spalle. — Lo chiami come preferisce.
— Non mi capita spesso di scegliere le parole su questa base — ribatté Hawks.
Barker sogghignò. — Lei e Sam Latourette dovreste proprio recitare in coppia.
Hawks lo scrutò attentamente, a lungo. — La ringrazio di avermi dato qualche altro motivo per preoccuparmi. — Prese un altro fascicolo e lo mise nelle mani di Barker.
— Le guardi bene. — E si alzò. — C'è una sola entrata. Non si sa come, il primo tecnico la trovò, probabilmente pasticciando alla periferia, fino a quando la varcò per caso. Non può essere descritta come un'apertura. È un posto dove la natura di questa formazione permette il passaggio di un essere umano, non si sa se di proposito o per caso. Non si può spiegare in termini più precisi, e non può essere scorta dall'occhio né, sospettiamo, valutata dal cervello umano. Tre uomini sono morti per fare la pianta che ora permette ad altri, i quali la seguono alla cieca, come in una nebbia impenetrabile, di entrare nella formazione. Altri uomini dovranno morire, per dirci quanto segue sull'interno:
«Un uomo che vi è dentro si può scorgere, molto vagamente, se sappiamo dove guardare. Nessuno sa cosa vede, se non nei termini più incoerenti. Nessuno né è mai uscito; nessuno ha potuto mai trovarne l'uscita; l'entrata non può venire utilizzata per questo scopo. Dall'interno si può fare passare all'esterno della materia non vivente, come una fotografia o un cadavere. Ma l'atto del farla passare è invariabilmente fatale all'uomo che lo compie. La foto del primo volontario è costata la vita a un altro uomo. Inoltre, la formazione non permette di irradiare dall'interno spegnali elettrici: e questo include anche un uomo che parla intelligibilmente dentro il casco, abbastanza forte perché il suo radiomicrofono ne capti la voce. I colpi di tosse, i borbottii, e gli altri suoni non informativi passano. Ma un tentativo di tradurre un messaggio in un codice del genere è fallito.
«Lei non potrà mantenere le comunicazioni, né per radio né via cavo. Potrà rivolgere segnali molto limitati con le mani agli osservatori dell'avamposto, e scriverà appunti su una tavoletta legata a una corda, che la squadra degli osservatori tenterà di ritirare dopo che lei sarà morto. Se questo sistema fallirà, l'uomo che effettuerà il prossimo tentativo dovrà entrare e passare a mano la tavoletta, se potrà, e se sarà decifrabile. Altrimenti, cercherà di ripetere le azioni compiute da lei, prendendo appunti, fino a quando scoprirà quella che l'ha uccisa. Abbiamo un diagramma delle pose e dei movimenti non pericolosi, che sono stati accertati in questo modo, oltre che delle pose e dei movimenti fatali. Per esempio, è fatale inginocchiarsi su un ginocchio solo mentre si è rivolti verso il Nord lunare. È fatale alzare la mano sinistra oltre l'altezza della spalla, in qualunque posizione ci si trovi. È fatale, oltre a un certo punto, portare un'armatura con i tubi dell'aria disposti a cerchio sopra le spalle. In un altro punto, è fatale indossare un'armatura le cui bombole d'aria compressa alimentano direttamente la tuta senza l'uso dei tubi. Si subiscono menomazioni, se si indossa un'armatura le cui dimensioni variano notevolmente rispetto a quelle che usiamo ora. È fatale usare movimenti della mano necessari per scrivere la parola 'sì', con la mano destra o con la sinistra.
«Il perché non lo sappiamo. Sappiamo soltanto ciò che un uomo può fare o non può fare entro quella parte della formazione che è stata esplorata. Finora, abbiamo il diagramma del percorso e dei movimenti non pericolosi per la distanza di una dozzina di metri. Il tempo della sopravvivenza di un uomo all'interno della formazione è ora di tre minuti e cinquantadue secondi.
«Si studi le carte, Barker. Le porterà con sé, quando andrà, ma non possiamo sapere se il portarle non si riveli fatale, oltre il punto che misurano attualmente. Se ha qualche altra domanda da fare, cerchi le risposte in queste trascrizioni dei rapporti. Le dirò tutto ciò che deve sapere quando scenderà in laboratorio. L'aspetto là fra un'ora. Si sieda alla mia scrivania» concluse Hawks, avvicinandosi a passo svelto alla porta. — C'è un'ottima lampada da tavolo.
Hawks stava guardando i dati astronomici trasmessi da Monte Wilson, e ne parlava con gli addetti all'antenna, quando Barker comparve finalmente sulla porta della tromba della scala, reggendo il fascicolo con la mappa della bizzarra formazione. Camminava a passo svelto e regolare, serio in viso.
— Bene, Will — disse Hawks, lasciando l'ingegnere responsabile dell'antenna. — Farai bene a cominciare a metterti in contatto con la torre di collegamento tra venti minuti. Lo lanceremo non appena gli avremo fatto indossare la tuta.
Will Martin annuì e si tolse gli occhiali per indicare distrattamente Barker. — Credi che si tirerà indietro?
Hawks scosse il capo. — No, soprattutto se gli si fa capire che tirarsi indietro sarebbe da vigliacchi. Ed è quello che ho fatto io.
Martin sorrise ironicamente. — Che razza di modo, per lui, per guadagnarsi un po' di quattrini.
— Quello può comprare e vendere noi due per un centinaio di volte, Will, senza per questo dover rinunciare neppure a una fetta di torta.
Martin guardò di nuovo Barker. — E allora perché c'è dentro?
— Perché è fatto così. — Si avviò verso Barker. — E immagino perché anch'io sono fatto a mio modo. E perché quella donna è quello che è — mormorò Hawks tra sé. — Immagino che possiamo mettere in conto anche Connington. Tutti noi stiamo cercando qualcosa che dobbiamo avere, per essere felici. Chissà che cosa otterremo?
— Ora, stia a sentire — disse Barker, battendo la mano sul fascicolo. — Secondo quel che dice qui, se faccio una mossa sbagliata, mi troveranno con tutto il sangue raccolto in una pozza all'esterno dell'armatura, senza che io abbia un segno addosso. Se faccio un'altra mossa, resterò paralizzato dalla cintola in giù, il che significa che dovrò strisciare. Ma se strisci, succede qualcosa e finisci schiacciato dentro il casco. E continua così, allegramente. Se non sorveglio i miei passi come un funambolo, e se non mi muovo al momento giusto e nella posizione giusta, come un ballerino classico, non ce la farò neppure ad arrivare fino al limite indicato dalla carta. Direi che non avrò la minima speranza di uscirne vivo.
— Anche se rimanesse ritto immobile, senza far nulla — convenne Hawks — la formazione la ucciderebbe allo scadere dei duecentotrentadue secondi. Non permette a un uomo di viver là dentro più a lungo di quanto qualche altro uomo l'abbia costretta a concedere. Il limite sale, via via che lei progredisce. Perché abbia una natura tale da cedere all'iniziativa umana, non lo sappiamo. È del tutto probabile che si tratti di una semplice coincidenza, un effetto secondario della sua vera funzione… se ce l'ha.
«Forse è soltanto l'equivalente alieno di un barattolo di pomodori gettato via. Uno scarafaggio sa perché può entrare nel barattolo solo da un'estremità, quando se lo trova davanti, sul percorso per arrivare alla sua tana? Capisce perché è più difficile arrampicarsi a destra o a sinistra, dentro al barattolo, di quanto lo sia seguire una linea retta? Sarebbe sciocco, quello scarafaggio, se supponesse che la razza umana lo ha messo lì per tormentarlo… o sarebbe egomaniaco se credesse che il barattolo è stato fabbricato al solo scopo di frastornarlo? Sarebbe meglio, per l'insetto, studiarlo nei termini della logica del barattolo, fino al limite delle sue capacità. In questo modo, almeno, lo scarafaggio può procedere intelligentemente. Può persino riuscire a capire qualcosa su chi ha fabbricato il barattolo. Qualunque altro criterio di affrontare il problema sarebbe pazzesco.»
Barker guardò Hawks, con impazienza. — Frottole. Lo scarafaggio è più felice? Ottiene qualcosa? Si sottrae a qualcosa? Gli altri scarafaggi comprendono ciò che sta facendo, e fanno una colletta per aiutarlo mentre lui perde tempo? Uno scarafaggio furbo gira attorno al suo barattolo di pomodori, dottore, e continua a vivere tutto contento.
— Certamente — disse Hawks. — Faccia pure. Se ne vada subito.
— Non è di me che parlavo! Parlavo di lei. — Barker si guardò intorno, alzò gli occhi verso le gallerie degli strumenti. — C'è parecchia gente qui. Tutto per lei. Immagino che sia piuttosto soddisfacente. — Si mise il fascicolo sotto al braccio e restò lì, con le mani in tasca, la testa inclinata da una parte mentre parlava in tono secco ad Hawks. — Uomini, denaro, energia… tutto consacrato all'eminente dottor Hawks e ai suoi interessi. Ho proprio l'impressione che gli altri scarafaggi abbiano veramente fatto la colletta.
— Se si vede la cosa in questo modo — rispose spassionatamente Hawks — sembra semplice. E spiega perché io continuo a mandare uomini dentro a quella formazione. Soddisfa il mio ego vedere uomini che muoiono per mio comando. Adesso è il suo turno. Andiamo, Lancillotto… La sua armatura l'aspetta. Non sente suonare la tromba? E questo che cos'è? — Toccò una macchia di rossetto intorno a un livido sul collo di Barker. — Il pegno d'amore di una dama? A chi si spezzerà il cuore se oggi lei dovesse venire disarcionato?
Barker gli scostò bruscamente la mano. — Il cuore di uno scarafaggio, dottore. — Il volto teso si chiuse in un sorriso freddo, memore. — Il cuore gelido di uno scarafaggio.
Barker era disteso, chiuso nella tuta, con le braccia protese ai fianchi. Hawks aveva chiesto ai tecnici della Marina di scostarsi dalla tavola. Disse sottovoce: — Lei morirà, Barker. Voglio che lei rinunci a ogni speranza. Non ne ha.
— Lo so, dottore — disse Barker.
— Le ho detto che sarebbe morto più e più volte. È così. Oggi è solo la prima volta. Se conserverà la ragione, andrà tutto bene… solo che ricorderà di essere morto, e saprà di dover morire ancora domani.
— In qualche altro modo incredibile. Questo me l'ha già detto. — Barker sospirò. — Bene, dottore… come ha intenzione di fare? Che trucco magico intende usare? — Era notevolmente calmo: allo stesso modo, lui aveva affrontato Sam Latourette. Aveva un'espressione quasi apatica. Nel suo volto erano vivi soltanto gli occhi neri, dalle pupille dilatate.
— Sarete in due — disse Hawks. — Quando verrà analizzato, il segnale che la descrive verrà trasmesso non soltanto al ricevitore sulla Luna, ma anche a quello lì, in laboratorio. Il segnale pervenuto al ricevitore del laboratorio verrà custodito nella registrazione fino a quando l'altro sarà pervenuto sulla Luna. Poi entrambi i ricevitori risolveranno un Al Barker. Abbiamo fatto ricorso a questo sistema non appena ci siamo resi conto che per il volontario sulla Luna non c'erano speranze. Questo significa che, per quanto riguarda la Terra, il volontario non è morto. Ogni volta è andato tutto benissimo.
Barker lo guardò paziente.
Hawks proseguì, laboriosamente: — È un sistema che è stato ideato per risparmiare vite umane — disse, contraendo il labbro superiore. — E le salverà la vita. Barker L, sulla Luna, morirà. Ma Barker T, sulla Terra, verrà estratto dalla tuta: e sarà lei, e se conserverà la capacità di ricordare coerentemente e di ragionare questa sera andrà a casa come se non fosse accaduto nulla di anormale. E solo lei - disse, fissando un punto al di sopra e al di là della testa di Barker — lei che è sulla Luna e ricorda quello che le sto dicendo adesso, saprà di essere lo sfortunato Barker L, e saprà che un estraneo ha preso il suo posto nel mondo.
Tornò a posare gli occhi su Barker sdraiato dentro alla tuta. — Questa notte, qualcun altro terrà Claire tra le braccia. Qualcun altro guiderà la sua macchina e berrà il suo whisky. Lei non è il Barker che ho conosciuto a casa sua. Quell'uomo non c'è più. Ma nessun Barker ha ancora conosciuto la morte… nessun Barker ha dovuto andare in un luogo da cui non si può tornare. Può uscire dalla tuta in questo momento, Barker, e andarsene. Io lo farei. — E osservò intento l'altro.
Dopo un momento, la bocca di Barker si aprì in una risata silenziosa. — Suvvia, dottore — disse. — Non faccia così, quando posso già sentire la musica.
Hawks si portò le mani dietro la schiena. — Benissimo. Allora c'è un'ultima cosa. Quando abbiamo incominciato a servirci di questa tecnica, abbiamo scoperto che il volontario T mostrava segni di confusione temporanea. Sebbene fosse al sicuro nel laboratorio, si comportava come se fosse il volontario L sulla Luna. Il periodo di confusione durava solo un momento o due, e poi svaniva. Abbiamo accantonato il fenomeno, considerandolo come una delle tante cose che per il momento dobbiamo trascurare e riservarci di studiare quando saranno stati risolti i problemi urgenti. Molte cose sono state accantonate allo stesso modo. Ma abbiamo ricevuto rapporti dalla squadra della Marina che si trova sulla Luna: il volontario T stava perdendo inspiegabilmente tempo… era rimasto disorientato per parecchi secondi, dopo la risoluzione nel ricevitore. Forse per qualche lesione cerebrale, forse per qualche altra ragione… A quel tempo non lo sapevamo, ma era qualcosa di nuovo, e faceva perdere tempo al volontario.
«Quello era un problema urgente. Lo risolvemmo quando considerammo il fatto che per la prima volta nell'universo che conosciamo, esistevano due cervelli identici e nello stesso momento di tempo. Comprendemmo, anche se qualcuno di noi era restio ad accettare tale conclusione, che la distanza di trecentottantamila chilometri che li separava non costituiva un ostacolo più serio, per i loro pensieri, di quanto lo sia una linea tracciata a terra davanti a un uomo che cammina. Può chiamarlo come vuole. Anche telepatia, se preferisce, qualunque cosa possa pensare di ciò che può o non può essere incluso nella nomenclatura scientifica.» Sul viso di Hawks passò una rapida espressione di disgusto.
— Naturalmente, non c'era possibilità che si trattasse di una vera comunicazione. Quasi istantaneamente, i due cervelli cessavano di essere identici. I due volontari ricevevano impressioni sensoriali enormemente diverse e le registravano nelle rispettive cellule cerebrali. Dopo pochi secondi, le due menti erano lontanissime l'una dall'altra, e il filo si spezzava. L e T non erano più lo stesso uomo. E mai, neppure al primo istante, potevano semplicemente «parlarsi», scambiarsi messaggi come se fossero telegrammi. Del resto, non credo che questo tipo di comunicazione oggettiva sarà mai possibile. Per poter leggere nella mente di un uomo bisogna essere quell'uomo… essere dov'è, vivere ciò che egli sta vivendo. Anche in questo caso speciale, i due uomini potevano soltanto sembrare dotati di un'unica mente, per un attimo fuggevole.
Hawks girò lo sguardo sul laboratorio. Gersten l'osservava paziente, ma stava in ozio, dopo aver completato tutti i preparativi. Hawks annuì distrattamente, e tornò a guardare Barker.
— Ci rendemmo conto — concluse — che avevamo un mezzo potenziale per osservare bene un uomo dentro la formazione lunare. È per ciò che prepariamo in questo modo le condizioni fisiche per i lanci lunari. Barker L verrà risolto sulla Luna, dove i congegni dell'armatura che bloccano il sensorio cesseranno di funzionare, perché saranno fuori della portata dei nostri comandi a bassa energia. Uscirà dall'anestesia e sarà in grado di muoversi e di osservare normalmente. Ma Barker T, qui, sarà ancora sotto il nostro controllo. Non riceverà stimoli esterni, e rimarrà isolato nell'armatura. La sua mente non sarà influenzata dall'ambiente di questo laboratorio, e accetterà tutto ciò che riceverà: e potrà ricevere solo ciò che proverrà dalla mente di Barker L.
«Anche a Barker T sembrerà di essere sulla Luna, all'interno della formazione. Non saprà di essere Barker T. Vivrà come se fosse nel cervello di L, e la sua struttura organica registrerà tutte le percezioni sensoriali che il corpo di L trasmetterà al proprio cervello. E sebbene, naturalmente, non vi siano metodi capaci di prevenire l'insorgere di stimoli divergenti, poiché le condizioni metaboliche dei due corpi diventano sempre più dissimili, per esempio… in contatto potrebbe comunque durare anche dieci o quindici minuti. Ma, naturalmente, non è mai durato tanto.
«Si accorgerà di aver raggiunto il limite delle nostre esplorazioni precedenti quando raggiungerà il cadavere di Rogan. Non sappiamo che cosa l'abbia ucciso. Poco importa che cos'è stato: ma lei dovrà evitarlo, qualunque cosa sia. Forse le condizioni del corpo costituiranno un indizio utile. In tal caso, sarà la sola cosa utile che saremo riusciti a ricavare da Rogan. Perché quando Rogan T, qui in laboratorio, ha sentito Rogan L morire lassù, non ha potuto captare altro che la morte di L. Anche a lei accadrà la stessa cosa.
«La mente di Barker L morirà con il suo corpo, in qualunque modo particolare venga annientato quel corpo. Speriamo che avvenga un po' dopo lo scadere dei duecentotrentadue secondi, piuttosto che prima. Comunque, prima o poi accadrà. E la mente di Barker T, qui nel cervello T, si sentirà morire, perché non potrà sentire nulla di ciò che accade al proprio corpo. Tutta la sua vita, tutti i suoi ricordi, giungeranno improvvisamente a un culmine. Sentirà la sofferenza, il trauma, l'angoscia ancora totalmente indescrivibile della fine del suo mondo. Nessuno è riuscito a sopportarlo. Abbiamo reclutato le menti migliori e più stabili tra i volontari fisicamente adatti e, senza eccezione, tutti i volontari T sono stati estratti dementi dalle loro tute. Qualunque informazione avessero da fornirci, è andata perduta senza speranza, e non abbiamo ricavato nulla in cambio del sacrificio.»
Barker lo guardava con occhi inespressivi. — Che peccato.
— Come vuole che ne parli? — rispose rapidamente Hawks. Una vena gli spiccava, pulsando, al centro della fronte. — Vuole che le dica cosa dobbiamo fare, o preferisce che dica qualcos'altro? Vuol discutere di morale con me? Intende dire che, duplicato o no, se un uomo muore sulla Luna io sono egualmente il suo assassino? Vuole trascinarmi in tribunale e di lì in una camera a gas? Vuole consultare i codici e scoprire quali pene sono previste per il reato continuato di fare impazzire sistematicamente degli uomini? Questo ci aiuterà? Ci spianerà la strada?
«Vada sulla Luna, Barker. Muoia. E se scoprirà di amare febbrilmente la Morte così come l'ha corteggiata, allora, forse, sarà il primo uomo che tornerà in condizioni di esigere vendetta su di me!» Strinse il bordo della piastra pettorale aperta e la chiuse di scatto. Si appoggiò ad essa con le palme delle mani e si piegò, fino a quando il suo viso si trovò esattamente al di sopra della visiera aperta di Barker. — Ma prima che lei si vendichi, mi dirà come potrò riuscire a farle ancora quel che sto per farle.
I tecnici della Marina spinsero Barker nel trasmettitore. I magneti laterali lo sollevarono dal tavolo, che venne tolto sotto di lui. La porta fu chiusa e bloccata, e i magneti anteriori e posteriori lo tennero immobile per l'analizzatore. Hawks fece un cenno a Gersten, e Gersten premette il pulsante del «Pronto» nel quadro comandi.
Sul tetto, c'era un'antenna parabolica radar messa a fuoco in parallelo con l'antenna del trasmettitore. Giù nel laboratorio, Will Martin puntò un dito verso il tecnico del Corpo Segnalatori. Un bip radar volò alla Luna e tornò indietro. Il tempo trascorso e l'effetto Doppler vennero passati in un computer che regolò il tempo preciso del ritardo. L'antenna del trasmettitore di materia lanciò un impulso ad alta frequenza attraverso la torre di collegamento sulla Luna fino al ricevitore, facendone scattare l'interruttore di sicurezza in modo che ricevesse il segnale L.
Gersten consultò il quadro comandi, si rivolse a Hawks e disse: — Luce verde.
Hawks ordinò: — Lancia.
Sopra la porta del trasmettitore si accese la luce rossa, e il nuovo nastro cominciò a ruggire tra i rulli del ritardatore. Dopo un secondo e un quarto, l'inizio del nastro cominciò a scorrere sotto la testina che passava il segnale T al ricevitore del laboratorio. Simultaneamente, la prima pulsazione del segnale L raggiunse la Luna.
L'estremità del nastro s'infilò rumorosamente nella bobina. La luce verde si accese sopra lo sportello del ricevitore del laboratorio. Il respiro agitato di Barker T uscì dall'altoparlante, e la sua voce disse: — Sono qui, dottore.
Hawks era piantato al centro della sala, con le mani in tasca, la testa inclinata da una parte e gli occhi vacui.
Dopo un po' Barker T disse stizzito, con una voce distorta dalle labbra intorpidite: — Va bene, va bene, bastardi della Marina, entro! — Poi borbottò: — Non vogliono parlare con me, ma certo sono bravissimi a spingermi avanti.
— Zitto, Barker — disse Hawks sottovoce, incalzante.
— Sto entrando, dottore — disse chiaramente Barker. Il ciclo del respiro cambiò. Grugnì un paio di volte, e un'altra volta emise dalla gola un suono inconscio, acuto di tensione.
Gersten toccò il braccio di Hawks e indicò con un cenno del capo il cronometro che aveva in mano. Erano trascorsi duecentoquaranta secondi dal momento in cui Barker era entrato nella formazione. Hawks annuì quasi impercettibilmente, in risposta: Gersten notò che non distoglieva gli occhi, e continuò a reggere in alto il cronometro.
Barker urlò. Il corpo di Hawks sussultò, di riflesso, e con uno scatto del braccio fece schizzare via il cronometro dalla mano di Gersten.
Holiday, alla console della telemetria medica, premette il palmo della mano, di piatto, su di un pulsante. L'adrenalina penetrò fulminea nel cuore di Barker T mentre l'anestesia cessava.
— Tiratelo fuori! — stava urlando Weston. — Tiratelo fuori!
— Non c'è più bisogno di affrettarci — disse sottovoce Hawks, come se lo psicologo potesse udirlo. — Qualunque cosa doveva accadergli, ormai è già accaduta.
Gersten guardò il cronometro rotto, poi tornò a fissare Hawks. — È quel che pensavo anch'io — disse.
Hawks aggrottò la fronte e si avviò verso la camera del ricevitore, mentre i tecnici della Marina spingevano attraverso la porta il tavolo della vestizione.
Barker sedeva aggobbito sull'orlo del tavolo e si tergeva il volto grigiastro: attorno a lui erano disposti i pezzi dell'armatura smembrata. Holiday gli auscultava il cuore con uno stetoscopio, e di tanto in tanto distoglieva lo sguardo per effettuare una nuova lettura della pressione, premendo la pompetta dello sfigmomanometro. Barker sospirò. — Se c'è qualche dubbio, si limiti a domandarmi se sono vivo. Se sente una risposta, lo saprà. — Guardò stancamente oltre la spalla di Holiday che non gli dava ascolto, e domandò a Hawks: — Ebbene?
Hawks consultò con uno sguardo Weston, che annuì imperturbabile. — Questo ce l'ha fatta, dottor Hawks — disse lo psicologo. — Dopotutto, molte personalità neurotiche si sono rivelate spesso utili sul piano funzionale.
— Barker — disse Hawks — io…
— Sì, lo so. È lieto che sia andato tutto bene. — Barker si guardò in giro, lanciando occhiate fulminee da una parte e dall'altra. — Ne sono lieto anch'io. Qualcuno ha una sigaretta?
— Non ancora — disse brusco Holiday. — Se non le spiace, amico, per un po' lasceremo i suoi vasi sanguigni capillari in uno stato di dilatazione normale.
— Son tutti dei duri — fece Barker, pensieroso. — Tutti sanno quel che si deve fare. — Tornò a volgere lo sguardo sul personale del laboratorio, radunato intorno al tavolo. — Potreste venire più tardi a guardarmi come se fossi una bestia rara, per favore? — Gli altri si ritrassero, indecisi, poi tornarono al lavoro.
— Barker — chiese gentilmente Hawks — si sente bene?
Barker lo guardò con aria inespressiva. — Sono arrivato lassù, sono uscito dal ricevitore, e ho cominciato a guardare intorno all'avamposto. Un branco di zombie con le tute leggere della Marina mi hanno trattato come se fossi uno spettro sgradevole. Non mi dicevano due parole senza darmi l'impressione che costasse loro uno sforzo tremendo. Mi hanno mostrato il sentiero mimetizzato che hanno costruito dalla cupola dell'avamposto, e mi ci hanno spinto sopra. Uno di loro mi ha accompagnato fino a quando ho raggiunto la formazione, e non mi ha mai guardato in faccia.
— Anche loro hanno dei problemi. — Disse Hawks.
— Ne sono sicuro. Comunque sono entrato facilmente in quella cosa, avanzando senza difficoltà… È… — Il suo volto perse l'espressione irritata, ne assunse una che rifletteva il ricordo di un'intensa perplessità… — e non è pieno di urla e di facce o di cose del genere… ma è… beh, ci sono delle leggi, e una logica folle: Alice nel Paese delle Meraviglie, in una versione feroce. — Gesticolava, come se cercasse di cancellare in fretta le sue parole esitanti da una lavagna. — Dovrò trovare il modo di spiegarlo in inglese, immagino. Non dovrebbe essere troppo difficile. Mi lasci però il tempo di calmarmi.
Hawks annuì. — Non si preoccupi. Adesso il tempo l'abbiamo.
Barker gli rivolse un sogghigno, dal basso in alto, con un'improvvisa gaiezza d'adolescente. — Sono arrivato parecchio più in là del corpo di Rogan L, sa. E quello che mi ha fregato, finalmente, è stato… è stato… il… è stato il…
Il volto di Barker si arrossò violentemente, gli occhi parvero schizzare dalle orbite. Le labbra fremettero. — Il… il… — Fissò Hawks. — Non posso! — gridò. — Non posso… Hawks… — Si dibatté, per sfuggire a Hawks ed a Weston che cercavano di trattenerlo per le spalle, serrò le mani, rigidamente, sul bordo del tavolo, con le braccia tese e scosse dalle contrazioni. — Hawks! — urlò, come se parlasse dietro una robusta vetrata. — Hawks, non gliene importava! Io non ero niente, per quella cosa! Ero… ero… — La bocca si aprì a mezzo, la lingua batté contro la parte interna dei denti superiori. — N-n-n… N… N-niente! — Scrutò disperatamente la faccia di Hawks. Respirava come se non avesse aria a sufficienza.
Weston grugniva per lo sforzo di costringere Barker a distendersi sul tavolo. Holiday imprecò, mentre infilava meticolosamente l'ago d'una siringa nel coperchio d'una boccetta che aveva estratto dalla borsa.
Hawks serrò convulsamente i pugni contro i fianchi. — Barker! Di che colore era il suo primo libro di scuola?
Le braccia di Barker si decontrassero un po'. La testa non era più rigidamente protesa in avanti: la scrollò, e guardò il pavimento con una smorfia, concentrandosi quasi con rabbia.
— Non… non ricordo, Hawks — balbettò. — Verde… no, no, era arancione, con le lettere azzurre, e c'era la storia di tre pesciolini rossi che erano usciti dalla vasca per arrampicarsi su uno scaffale e poi si erano tuffati di nuovo. Io… mi sembra di vedere la pagina con l'illustrazione: tre pesciolini in aria, che cadevano obliquamente, e sotto la vasca che li aspettava. Il testo era formato da tre paragrafi di una sola parola: «Splash!» e poi uno spazio, e poi «Splash!» e poi «Splash». Tre «Splash» in fila, proprio come i pesci.
— Bene, Barker, adesso lo capisce — disse sottovoce Hawks. — Lei è vivo, lo è sempre stato da quando riesce a ricordare. Lei è qualcosa. Lei ha visto e ricordato.
Weston girò la testa di scatto. — Per amor del cielo, Hawks! Non ci si immischi! — Holiday scrutò lo scienziato sbattendo leggermente le palpebre, reggendo in mano la siringa.
Hawks espirò lentamente e disse a Weston: — Almeno, adesso sa di essere vivo.
Barker si era accasciato. Quasi piegato su se stesso, si dondolava sul bordo della tavola, e il colorito del viso ritornava gradualmente alla normalità. Bisbigliò, convinto: — Grazie. Grazie, Hawks. — Amaramente, bisbigliò: — Grazie di tutto. — Poi all'improvviso borbottò, irrigidendo il busto: — Qualcuno mi porti una bacinella o una cosa del genere.
Gersten e Hawks stavano accanto al trasmettitore e guardavano Barker che usciva a passo malfermo dal gabinetto, rivestito di camicia e calzoni.
— Cosa ne pensi, Ed? — chiese Gersten. — Cosa farà adesso? Ci pianterà in asso?
— Non lo so — fece distratto Hawks, senza distogliere lo sguardo. — Mi pareva che ce l'avesse fatta — disse sottovoce. — Ma è poi vero? Non ci resta che aspettare. Dovremo trovare il modo di risolvere la questione.
— Trovare un altro?
Hawks scosse il capo. — Non possiamo. Non ne sappiamo abbastanza neppure di questo. — Poi disse, infastidito, come se fosse assalito da una torma di mosche: — Ho bisogno di tempo per riflettere. Perché il tempo continua a passare, quando un uomo pensa?
Barker li raggiunse.
Aveva gli occhi infossati nelle orbite. Lanciò a Hawks uno sguardo penetrante. La sua voce era incerta, nasale.
— Holiday dice che le mie condizioni generali sono buone, adesso, tutto considerato. Ma bisogna che qualcuno mi accompagni a casa. — Aggricciò le labbra. — Vuol farlo lei, Hawks?
— Sì. — Lo scienziato si tolse il camice, e lo depose piegato sul banco. — Tu potresti preparare tutto per un altro lancio, domani, Ted — disse a Gersten.
— Non faccia conto su di me! — gracchiò Barker.
— Possiamo sempre annullare il lancio, sa — fece Hawks; poi disse a Gersten: — Ti chiamerò domattina presto e te lo farò sapere.
Barker si mosse barcollando e Hawks regolò il passo sul suo. Attraversarono lentamente il laboratorio e varcarono la porta della scala, fianco a fianco.
Connington li attendeva di sopra, oziando su una delle poltrone di plastica arancione allineate lungo le pareti del vestibolo. Teneva le gambe allungate: stava accendendo un sigaro e soffiava il fumo dalle labbra strette, in un cono traslucido. Scrutò fulmineamente Barker, poi Hawks. — C'è qualche difficoltà? — chiese, quando i due lo raggiunsero. — Ho sentito che avete avuto qualche guaio in laboratorio — ripeté, con gli occhi che gli brillavano. — Passato un brutto quarto d'ora, Al?
Hawks disse: — Se scopro chi è che le passa informazioni dal laboratorio, lo licenzio.
Connington tese la mano verso il portacenere a colonna. Uno dei suoi anelli tinnì lievemente contro il metallo della maniglia. — Sta perdendo mordente, Hawks — osservò. — Un paio di giorni fa, non si sarebbe degnato di minacciare. — Si alzò pesantemente, con un grugnito sommesso, e aggiunse: — Le mie azioni le sarebbero apparse non all'altezza della sua attenzione. — Si dondolò avanti e indietro, con le mani in tasca: — Cosa importano i dettagli che io vengo a sapere? Crede che ne abbia bisogno? Vi conosco, voi due. E questo basta.
— Accidenti, Connington… — cominciò Barker, con una nota acuta, aggressiva nella voce.
Connington gli diede un'occhiata brusca. — Dunque, avevo ragione. — Sogghignò, quasi intimidito. — Torni da Claire, adesso? — E soffiò uno sbuffo di fumo. — Ci tornate tutti e due?
— Qualcosa del genere — disse Hawks.
Connington si grattò il bavero della giacca. — Credo che verrò anch'io a godermi lo spettacolo. — Sorrise amichevolmente a Barker, inclinando il capo. — Perché no, Al? Tanto vale che tu stia in compagnia di tutti coloro che stanno cercando di ucciderti.
Hawks guardò Barker. Muoveva le mani come se lottasse con qualcosa di invisibile nell'aria, all'altezza dello stomaco. Guardava Connington senza vederlo; e il capo del personale sbatté le palpebre.
Poi Barker disse, impacciato: — In macchina non c'è posto.
Connington ridacchiò mellifluo, calorosamente. — Guiderò io, e tu potrai sederti sulle ginocchia di Hawks. Come il pupazzo di un ventriloquo.
Hawks distolse lo sguardo dal viso di Barker e disse, brusco: — Guiderò io.
Connington ridacchiò di nuovo. — Sam Latourette non ha avuto quell'incarico dalla Hughes Aircraft. Il fatto che Waxted lo volesse non è servito a niente. Questa mattina, si è presentato al colloquio ubriaco fradicio. Guiderò io. — Si girò verso la porta di cristallo e s'incamminò, poi si voltò indietro. — Andiamo, amici — disse.
Claire Pack stava a guardarli in cima alla scala che portava al prato. Indossava un costume da bagno intero, tagliato alto alle cosce, e teneva le mani posate leggermente sui fianchi. Quando Connington spense il motore e i tre scesero dalla macchina, inarcò un sopracciglio. Le spalline sottili le pendevano dalle braccia.
— Bene, dottore — disse a voce bassa, in tono serio, contraendo le labbra — mi domandavo proprio quando saresti tornato da queste parti.
Connington girò dall'altra parte della macchina, le sorrise guardingo e disse: — Doveva portare a casa Al. Sembra che ci sia stato qualche piccolo intoppo nella procedura, stamattina.
Claire lanciò un'occhiata di sbieco a Barker, che stava alzando la porta del garage con movimenti bruschi, precipitosi, delle braccia e del corpo, e concentrava tutta l'attenzione su ciò che stava facendo. Si passò la lingua tra i denti e chiese: — Di che genere?
— Questo non lo so. Perché non lo domandi a Hawks? — Connington prese un sigaro dall'astuccio. — Quel costume mi piace molto, Claire — disse. Salì i gradini al trotto, sfiorandola nel passare. — È una giornata afosa. Credo che cercherò un paio di calzoncini e farò anch'io una nuotata. Intanto, tu potrai farti una bella chiacchierata con i ragazzi. — Si avviò svelto verso la casa, poi si fermò, accese il sigaro, lanciò un'occhiata al di sopra delle mani raccolte a coppa, ed entrò.
Barker risalì in macchina, l'avviò, innestò la marcia ed entrò in garage, a muso in avanti. Il rombo imprigionato dello scappamento tuonò con violenza e poi si spense nel silenzio.
— Credo che si riprenderà — disse Hawks.
Claire lo squadrò, con un'espressione di aperta innocenza. — Oh? Vuoi dire che tornerà normale?
Barker riabbassò la porta del garage e passò davanti a Hawks, a testa bassa, infilandosi in tasca le chiavi della macchina. Levò di scatto la testa verso Claire, mentre saliva. — Vado di sopra. Forse dormirò. Non svegliarmi. — Si girò a mezzo, verso Hawks. — Immagino che lei dovrà restare qui, a meno che voglia farsi un'altra camminata. Ci aveva pensato, dottore?
— E lei ci aveva pensato? Resterò fino a quando si sveglierà. Voglio parlare con lei.
— Le auguro buon divertimento, dottore — disse Barker, e se ne andò, seguito dallo sguardo di Claire. Poi la donna tornò a fissare Hawks. Non aveva ancora mosso un piede o una mano.
Hawks disse: — È successo qualcosa. Non so bene che cosa significhi.
— E ne sei preoccupato, Ed — disse lei: il suo labbro inferiore luccicava. — E intanto, sei l'unico rimasto lì.
Hawks sospirò. — Salirò anch'io.
Claire Pack sorrise ironicamente.
— Vieni a sederti con me sull'orlo della piscina — disse, quando lo scienziato fu arrivato in cima alla scala. Si girò prima che potesse risponderle, e lo precedette lentamente, con il braccio destro abbandonato lungo il fianco. Protese la mano, l'alzò per sfiorare la mano di Hawks. Poi rallentò il passo, in modo che fossero fianco a fianco e alzò lo sguardo verso di lui. — Non ti dispiace, vero? — chiese gentilmente.
Hawks guardò per un momento le loro mani, e in quell'istante Claire gli insinuò le dita nel palmo. Lui disse lentamente: — No… no, non mi dispiace — e chiuse la mano intorno alla mano della donna.
Claire sorrise. — Ecco — disse, in tono sommesso, quasi infantile.
Si avviarono verso il bordo della piscina e si fermarono a guardare l'acqua.
— Connington ha impiegato molto tempo a farsi passare la sbronza, l'altro giorno? — chiese Hawks.
Claire rise, vivacemente. — Suvvia… in realtà vuoi sapere perché lo lascio stare ancora qui, dopo quelle sue minacce feroci? Risposta: perché no? Cosa può fare, in realtà? — La sua occhiata in tralice venne accompagnata da un movimento aggraziato della testa e delle spalle, così che i capelli balenarono nel sole, e gli occhi apparvero semivelati dietro lo scintillio delle ciglia. — Oppure credi che sia vittima del suo fascino ipnotico? — chiese Claire con un falso orrore che le fece spalancare gli occhi e contrarre le labbra in un broncio scarlatto.
Hawks continuò a fissarla negli occhi. — No, non credo.
Claire sbatté graziosamente le palpebre, schiuse la bocca in una sommessa risata mormorante. Si tese verso Hawks, e gli posò sul braccio l'altra mano. — Devo considerarlo un omaggio? Al mi dice che è difficile indurti a fare conversazione su cose frivole.
Hawks si posò la mano destra intorno al polso sinistro, con le mani goffamente incrociate. — Che altro ti ha detto Al del suo lavoro? — domandò.
Claire gli guardò il braccio, poi disse, in tono serio e confidenziale: — Sai, se ti vengo troppo vicina, puoi sempre tuffarti in piscina. — Poi sorrise di nuovo tra sé, tenendo il viso rivolto verso di lui: liberò le mani, e si sdraiò su un fianco, tra l'erba, piegando la testa per osservare la superficie dell'acqua. — Chiedo scusa — disse, senza alzare gli occhi. — L'ho detto solo per vedere se avresti sussultato. Connie ha ragione sul mio conto, lo sai?
Hawks si accosciò, rigidamente, accanto a lei, guardandola di profilo. — In che senso?
Claire immerse un mano nell'acqua azzurra e la mosse avanti e indietro, e mille bollicine argentee presero a scorrere tra le sue dita divaricate. — Basta che conosca un uomo da qualche minuto, perché non resista alla tentazione di cercare di entrargli nel sangue — rispose in tono riflessivo. — Devo farlo a ogni costo. Per misurarlo, forse, diresti tu. — Girò di scatto il volto verso Hawks. — E puoi anche dire che è un lapsus freudiano, se vuoi. — Poi girò di nuovo la testa. Una scia di gocciole d'acqua sparpagliate sul bordo in cemento della piscina cominciò a contrarsi sotto il sole. La voce di Claire era ridiventata meditabonda e misteriosa. — Sono fatta così.
— Davvero? Oppure lo dici perché questo fa parte del processo? Dici sempre tutto per far sensazione, vero?
Il viso di Claire si girò con lentezza, questa volta: lo guardò con un sorriso lievemente sfumato di cinismo. — Sei molto sveglio, no? — Poi s'imbronciò. — Sei sicuro che io meriti tanta attenzione? Dopotutto, che cosa ci guadagni? — inarcò le sopracciglia e conservò quell'espressione, mentre il sorriso si allargava a poco a poco sulle sue labbra.
— Io non decido mai quello che mi deve interessare — disse Hawks. — Prima, qualcosa mi rende perplesso. Poi lo studio.
— Devi avere degli istinti curiosi allora, non è così? — Claire rimase in attesa di una risposta. Hawks non disse nulla. Lei aggiunse: — In molti sensi della parola, suppongo. — Hawks continuò a guardarla serio serio, e l'espressione della donna perse lentamente di vivacità. All'improvviso si girò sul dorso, con le caviglie rigidamente incrociate, si posò le mani sui muscoli delle cosce. — Io sono la donna di Al — disse rivolta al cielo.
— Quale Al? — chiese Hawks.
— Che cosa gli sta succedendo? — domandò lei di rimando, muovendo solo le labbra. — Che cosa gli fai?
— Non lo so, esattamente — disse Hawks. — Aspetto di scoprirlo.
Claire si levò a sedere e si girò per guardarlo in faccia: i seni si muovevano sotto il costume allentato. — Hai una specie di coscienza? — chiese. — C'è qualcuno che non sia indifeso, davanti a te?
Hawks scosse il capo. — La domanda non è valida. Io faccio quello che devo fare. Nient'altro.
Claire sembrava quasi ipnotizzata. Si fece un poco più vicina.
— Voglio andare a vedere se Al sta bene — disse Hawks, alzandosi.
Claire inarcò il collo e levò lo sguardo verso di lui. — Hawks — mormorò.
— Scusami, Claire. — Lo scienziato girò intorno alle gambe della donna e si avviò verso la casa.
— Hawks — ripete lei, con voce rauca. La parte superiore del costume da bagno era scivolata quasi completamente giù dai seni. — Questa notte dovrai prendermi.
L'uomo non si fermò.
— Hawks… ti avverto!
Hawks spalancò la porta e scomparve oltre la vetrata inondata dal sole.
Com'è andata? — rise Connington, dalle ombre del bar, all'estremità opposta del salone. Venne avanti: portava un paio di calzoncini stampati, e la cintura stretta gli faceva delle grinze alla pelle dello stomaco. Teneva sul braccio una camicia da spiaggia ripiegata e reggeva una caraffa di peltro e due bicchieri. — Visto da qui, è un po' come un film muto — disse indicando con un cenno del capo la parete di vetro che guardava sul prato e la piscina. — Magnifico per l'azione, ma un po' scarso come dialoghi.
Hawks si voltò a guardare. Claire era ancora seduta, e guardava in direzione di quella che doveva essere una barriera di immagini riflesse e lampeggianti di se stessa.
— A un uomo fa effetto, vero? — ridacchiò Connington. — Con lei, essere avvisati non significa essere salvati. È uno spirito elementare. È una forza della natura… la marea che sale, l'avvento delle stagioni, un eclissi di sole. — Guardò nella caraffa, dove il ghiaccio che galleggiava sul liquido aveva cominciato a tintinnare. — Creature simili non possono venire considerate buone o malvagie — disse, stringendo le labbra. — Non dagli uomini mortali. Hanno le proprie leggi, ed è inutile contrastarle. — Alitò in faccia a Hawks. — Nascono tra noi… passeggiatrici, entraineuses, commesse dei grandi magazzini… ma si dimostrano degne della loro eredità. Guai a noi, Hawks. Guai a noi che seguiamo il passaggio di queste comete.
— Dov'è Barker?
Connington fece un gesto con la caraffa. — Di sopra. Ha fatto la doccia, ha minacciato di sbudellarmi se non mi spostavo per lasciarlo passare in corridoio, ed è andato a letto. Ha messo la sveglia per le otto. Ha ingurgitato un bicchiere di gin per aiutarsi. Dov'è Barker? — ripeté Connington. — Nella terra dei sogni, Hawks… qualunque fosse la terra dei sogni che lo attendeva.
Hawks guardò l'orologio.
— Tre ore, Hawks — disse Connington. — Tre ore, e in questa casa non c'è un Sovrano. — Girò attorno allo scienziato, avviandosi verso la porta esterna. — Yoicks! - gridò con voce impastata, alzando la caraffa in direzione di Claire. Spinse goffamente la porta con la spalla, lasciando sul vetro una chiazza umida.
— Tally ho!
Hawks si avvicinò al bar. Cominciò a frugare, e trovò una bottiglia di scotch. Mise ghiaccio e acqua in un bicchiere, poi alzò gli occhi e vide che Connington aveva raggiunto Claire e stava ritto accanto a lei. La donna era distesa sul ventre, rivolta verso la piscina, con il mento appoggiato alle braccia incrociate. Connington stava versando goffamente il contenuto della caraffa nei due bicchieri che reggeva con l'altra mano.
Hawks si diresse lentamente al divano ricoperto di pelle davanti alla finestra, e sedette. Si accostò alle labbra l'orlo del bicchiere, puntellando i gomiti sulle cosce. Cinse il bicchiere con entrambe le mani, tenendolo leggermente, e lo inclinò per poter sorseggiare. La metà inferiore del suo viso era inondata dalla luce rossastra del sole, screziata da fioche sfumature d'ambra e di punti vitrei di riflessi mutevoli. La radice del naso e la parte superiore del viso erano sotto un velo d'ombra.
Claire si rigirò e alzò un braccio per prendere il bicchiere portole da Connington: sfiorò il bicchiere dell'altro e bevve, inarcando il collo. Poi tornò a girarsi, puntellandosi sui gomiti, le dita intrecciate intorno al bicchiere posato sul bordo della piscina, continuò a guardare l'acqua.
Connington sedette accanto a lei, immergendo le gambe in acqua. Claire si passò una mano sul braccio. Connington alzò di nuovo il bicchiere, lo levò in un brindisi, e attese che Claire bevesse ancora. Lei lo fece, muovendo le spalle, e premendo l'altra mano, di piatto, sul corpino del costume.
La luce del sole scendeva obliquamente, dietro Connington e Claire Pack: i loro profili spiccavano in ombra contro lo sfondo brillante dell'oceano e del cielo.
Connington tornò a riempire i bicchieri.
Claire sorseggiò dal suo. Connington le toccò la spalla e piegò la testa verso di lei: la bocca della donna si aprì in una risata. Poi lei tese la mano e gli toccò la cintura, pizzicò il rotolo di carne intorno allo stomaco. Alzò la spalla e irrigidì il gomito. Connington le afferrò il polso, poi risalì con la mano lungo il braccio di lei, spingendo all'indietro. Si girò, depose in fretta il bicchiere, e piombò nella piscina. Fulmineamente tese le mani e afferrò le braccia di Claire, tirandole in avanti.
La luce sfolgorò in faccia a Hawks, gli riempì le occhiaie, mentre il disco del sole scivolava di taglio, comparendo sotto la grondaia. Lo scienziato abbassò le palpebre, fino a quando i suoi occhi sbirciarono attraverso il diaframma delle ciglia.
Tenendo stretti i polsi di Claire, Connington piegò le gambe in avanti, puntò i piedi contro il bordo della piscina, e si distese, piatto. Claire scivolò nell'acqua, addosso a lui, e guazzarono sotto la superficie, invisibili. Un attimo dopo, la testa e le spalle della donna eruppero dall'acqua un poco più in là; prese a nuotare verso la scaletta, si arrampicò e si fermò per ricoprirsi i seni con il corpino del costume. Raccolse dall'erba l'asciugatoio con un gesto rapido del braccio, se lo gettò intorno alle spalle e scomparve a passo svelto verso sinistra, in direzione dell'altra ala della casa.
Connington restò immerso, seguendola con gli occhi. Poi balzò avanti, sguazzò verso i gradini all'estremità dove la piscina era meno profonda, e uscì, con l'acqua che gli ruscellava dalle spalle e dal dorso. Mosse qualche lungo passo nella stessa direzione. Poi girò di scatto la testa verso la vetrata. Cambiò rotta, obliquamente, e arrivato all'angolo della piscina si tuffò con una spanciata. Nuotò verso il trampolino. Poi, per qualche tempo, fino a quando il sole fu in piena vista, e il salone in cui si trovava Hawks si riempì di rosso, il suono delle vibrazioni del trampolino scosse, a intervalli sporadici, le travature in legno della casa.
Alle otto meno dieci, al piano di sopra una radio cominciò a trasmettere musica jazz a pieno volume. Dieci minuti dopo, il sibilo elettrico della sveglia soverchiò la musica, e dopo un momento si udì uno spicinìo improvviso, e poi soltanto i rumori del movimento, mentre Barker si aggirava incespicando e vestendosi.
Hawks andò al bar, lavò il bicchiere vuoto e lo rimise sul ripiano. Si guardò intorno. Oltre la vetrata era notte, e l'unica illuminazione veniva dal ballatoio in fondo al salone, dove c'era la scala che portava al piano di sopra. Hawks tese la mano e accese una lampada a piantana.
La sua ombra si proiettò contro la parete.
Barker scese, portando una bottiglia squadrata, semivuota. Vide Hawks, grugnì, alzò la bottiglia e disse: — Detesto questa roba. Ha un sapore schifoso, mi rivolta lo stomaco, puzza e mi brucia la bocca. Ma gli altri continuano a mettertela in mano e continuano a dirsi «Su, bevi!» l'uno contro l'altro, e «Come mai, Charlie, non bevi più? Te ne verso un altro goccio», fino a quando hai l'impressione di essere un tipo strano, e uno scocciatore per tutte le volte che hai detto che proprio non ne volevi più. E loro ne fanno una tradizione, e alla fine non credi di poterti divertire se non hai ingozzato una quantità di questa roba sufficiente ad avvelenarti tutto il giorno seguente. E ne parlano da gentiluomini intenditori… età e sapori e marche e miscugli, come se non fosse tutto etano in una concentrazione o nell'altra. Ha mai sentito due bevitori di Martini al bar, Hawks? Ha mai sentito due sciamani che si scambiano segreti di magia? — si lasciò cadere su una poltrona e rise. — Neppure io. Io sono la sintesi della mia eredità. Guardo due ubriachi in un saloon, ed estrapolo in direzione della dignità. Suppongo che sia un sacrilegio.
Si mise in bocca una sigaretta, l'accese, e disse, tra il fumo: — Ma è il meglio che posso fare, Hawks. Mio padre è morto, e una volta pensavo che fosse meglio tenermi alla larga dagli altri miei parenti. Vorrei potermi ricordare perché. C'è qualcosa, dentro di me, che ha bisogno di quel dolore.
Hawks tornò al divano e sedette. Si appoggiò le mani sulle ginocchia e sorvegliò Barker.
— E il modo di parlare — disse Barker. — Non sei degno della loro compagnia se non parli con un certo birignao. Se hai un «papà», sei escluso. Nel loro ambiente, ammettono soltanto gentiluomini con «padri». E già, lo so che mi hanno fregato per questo. Io volevo essere dei loro… oh, Dio, Hawks, quando ci tenevo. Avevo imparato tutte le parole d'ordine. E a cosa mi è servito? Claire ha ragione, sa… cosa mi è servito? Non mi guardi in quel modo. So che cos'è Claire. Gliel'ho detto il primo minuto che ci siamo conosciuti. Ma ha mai pensato che cos'è, per me? Ogni volta che lei provoca un uomo, io so che sta facendo un confronto. È sul mercato, a fare acquisti. E a fare anche da merce. Non la tengo al guinzaglio. Claire non è addomesticata. Per lei non sono un'abitudine, non sono qualcosa cui è legata per legge. E ogni volta che torna da me, sa che cosa dimostra? Dimostra che io sono ancora l'uomo più duro del branco. Perché Claire non resterebbe se io non lo fossi. Non s'illuda… non so che cosa pensi di lei, ma non s'illuda.
Hawks guardò incuriosito Barker, ma questi non lo stava più fissando.
— Se Claire potesse vedermi, Hawks… se potesse vedermi in quel posto! — La faccia di Barker era accesa. — Allora non starebbe a fare la civetta con lei e con Connington, questa sera… no, se potesse vedere quello che faccio lassù… Come schivo, e mi giro, e avanzo, e scatto, e aspetto la… la…
— Calma, Barker!
— Già. Calma. Adagio. Indietro. Morde. — Barker proruppe, amaramente: — Comunque, che cosa ci fa qui, Hawks? Perché non scende di nuovo quella strada a passo di marcia, naso all'aria? Crede che le servirà a qualcosa, restare qui seduto? Che cosa aspetta? Che io le dica, sicuro, una dormitina e un po' di gin e io sto benissimo, proprio benissimo, dottore, e a che ora vuole che mi presenti domattina? Oppure vuole che io crolli, così potrà veramente prendersi Claire? Che cosa ha fatto mentre dormivo? Se la spassava con lei? Oppure Connington l'ha preceduto? — Si guardò intorno. — Immagino che sia andata così.
— Ho pensato — disse Hawks.
— A cosa?
— Perché ha voluto che io venissi qui. Perché si è rivolto direttamente a me e mi ha chiesto di venire. Mi chiedevo se sperava che io l'inducessi a ritornare ancora.
Barker si portò la bottiglia alle labbra e bevve, continuando a scrutare Hawks. Quando ebbe finito, disse: — Cosa si prova, a essere come lei? Tutto ciò che accade deve adattarsi alla sua volontà. Per lei, niente è mai come sembra.
— Questo è vero per tutti. Nessuno vede il mondo come lo vedono gli altri. Cosa pretende da me: che sia fatto di bronzo? Vuoto e più resistente della carne? È questo che dovrebbe essere un uomo, secondo lei? — Hawks si tese, mentre segni profondi s'incidevano sulle guance incavate. — Qualcosa che continuerà a essere identico a se stesso quando le stelle si saranno consumate e l'universo si sarà raffreddato? Qualcosa che continuerà a esistere quando tutto ciò che è vissuto sarà morto? È questo il suo concetto di un uomo rispettabile?
— Un uomo deve combattere, Hawks — disse Barker, con gli occhi perduti lontano. — Deve dimostrare di non avere mai paura di morire. Deve avanzare in mezzo ai suoi nemici, cantando il suo canto di morte, e deve uccidere o essere ucciso: non deve mai aver paura di morire; non deve mai avere paura di affrontare le prove che l'attendono. Un uomo che volta le spalle… che si rintana in un angolo, lontano dalla battaglia, e spinge altri ad affrontare i suoi nemici… — Barker guardò improvvisamente Hawks — …quello non è un uomo. È una specie di verme strisciante.
Hawks si alzò, alzò, flettendo incerto le dita, con le braccia impacciate il volto perduto nell'ombra, sopra la gora luminosa della lampada. I polpacci premettero contro il cuoio del divano, facendolo urtare leggermente contro la parete. — È per questo che ha voluto condurmi qui? Perché nessuno possa dire che lei non si stringerebbe il serpente al petto? — Piegò la testa per guardare Barker. — È questo, guerriero? — chiese. — Un altro rito dell'iniziazione? Lei non hai mai avuto paura di portarsi in casa i nemici, di dare loro rifugio, vero? Un uomo veramente coraggioso non esiterebbe a ospitare i sicari in casa sua, a offrir loro cibo e bevande, vero? Che entri pure in casa sua Connington, che la pugnala alle spalle. Che Hawks, l'assassino, faccia del suo peggio. Che Claire la trascini pure da un'impresa suicida all'altra, strappando qui una gamba, là un brandello di carne. Che cosa le importa? Lei è Barker, il guerriero mimbreño. È così?… Ma adesso non vuole combattere. All'improvviso, non vuole ritornare in quella formazione. La morte era troppo impersonale, per lei. Alla morte non importava quanto lei fosse coraggioso e quali riti preparatori avesse superato. È questo che ha detto, no? Lei era offeso, Barker. Lo è ancora. Come si permette, la Morte, di considerare niente un guerriero mimbreño?
«Ma è veramente un guerriero? — domandò. — Me lo spieghi. Che cosa ha mai fatto a ognuno di noi? Quando mai ha alzato un dito per difendersi? Vede benissimo cosa stiamo facendo, ma non reagisce. Ha paura di venire giudicato un uomo che non combatte, ma che cosa combatte? L'unica minaccia che ha rivolto a me è stata di riprendersi i suoi giocattoli e di tornare a casa. No… macchine sportive e trampolini per il salto con gli sci, barche e aeroplani: ecco le cose contro cui lotta. Cose e luoghi in cui è lei che controlla la situazione… dove può dire, quando muore, di conoscere la qualità dell'uomo che ha ucciso. Cose e luoghi dove la mossa fatale può essere sempre fatta risalire all'imprudenza o a un errore di calcolo di Barker il killer, che finalmente è riuscito a superare il suo pari, Barker il guerriero. Anche in guerra, combatteva corpo a corpo, in campo aperto? Era solo un sicario come tutti noi, che colpiva dall'oscurità, e se veniva colto sul fatto, era colpa sua. A parte lei stesso, quale nemico degno ha mai incontrato?
«Io penso che abbia paura, Barker… paura che chiunque altro la uccidesse possa comprendere che razza di guerriero è lei. Come può sperare che gli estranei la riconoscano per ciò che è? Ma un guerriero non ha mai paura. Neppure dentro la sua anima. È questo che spiega tutto, non le pare, Barker? È questa la trappola in cui è caduto? In fondo alla sua mente, lei crede che sia tutto chiaro e certo… che lei viva in mezzo ai nemici, per dimostrare il suo valore, ma non osa affrontarli in combattimento per il timore di morire ignorato? Pensa che sia per questo che un estraneo deve soltanto minacciarla per venire attirato nell'orbita della sua vita? È per questo che gli permette di distruggerla lentamente, ma non si volta mai ad affrontarlo, riconoscendo di battersi per la vita? Perché se si lascia attaccare a colpi di spillo, il sistema potrebbe richiedere anni, e potrebbe venire anche interrotto in qualunque momento; ma se lei si batte, allora tutto finirà rapidamente, e forse lei perderà, e morirà senza che nessuno la canti?» Hawks guardò ironicamente Barker. — Chissà — disse con voce pensierosa — chissà che questo non spieghi tutto.
Barker si alzò lentamente. — Chi è lei per dirmi queste cose Hawks? — chiese, studiandolo con calma. Tese la mano dietro di sé, senza muovere gli occhi, e depose la bottiglia sul tavolino accanto alla poltrona.
Hawks si strofinò le palme delle mani sulla giacca. — Pensi a ciò che le è accaduto oggi. Lei aveva pensato che la formazione fosse simile a un pendio complicato da percorrere con gli sci, vero, Barker? Solo un posto pericoloso, inesorabile, come tanti altri posti dove sono stati altri uomini.
«Ma là non c'erano leggi che spiegassero cosa la uccideva, quando è morto. Era andato oltre il limite indicato dalle carte. Non poteva dire a se stesso, mentre moriva, che aveva interpretato erroneamente le regole, o non le aveva rispettate, o aveva cercato di eluderle. Non c'erano regole. Nessuno le aveva ancora scoperte. Lei è morto ignorando ciò che l'ha ucciso. E non c'era pubblico ad applaudire la sua bravura o a piangere la sua morte. Una mano gigantesca era discesa e l'aveva tolto dalla scacchiera… nessuno sa per quale ragione. All'improvviso, lei ha capito che il luogo in cui si trovava non era il pendio d'una montagna, e che tutta la sua bravura non serviva a nulla. Vedeva, più chiaramente di chiunque altro abbia mai potuto, il volto senza veli dell'universo sconosciuto. Gli uomini le hanno messo le maschere, Barker, e ne hanno disarmato alcune parti, e hanno pensato di saperne tutto. Ma in realtà conoscono solo le parti che conoscono. Un uomo che si lancia con gli sci da un trampolino non ha imparato le leggi della gravità e dell'attrito: ha solo imparato ad affrontarle in quella situazione particolare, anche se le supera e atterra felicemente. È per questo che la folla sospira quando vede un uomo vincere cose che un tempo uccidevano altri uomini, senza pietà. Tutta la sua abilità di saltatore non l'aiuterà se cade da un aereo senza paracadute. Tutta la sua esperienza precedente non servirà ad attenuare la gravità. L'universo possiede risorse di morte che noi abbiamo solo cominciato a capire. E lei lo ha constatato.
«La morte fa parte della natura dell'universo, Barker. La morte è solo il funzionamento d'un meccanismo. Tutto l'universo ha cominciato a scaricarsi dal momento della creazione. Pensava che a una macchina importasse ciò su cui agiva? La morte è come la luce del sole o una stella cadente: non le interessa dove colpisce. La morte non può vedere l'orifiamma su una lancia, o la corona d'alloro nelle mani di un morente. Bandiere e fiori sono invenzioni della vita. Quando un uomo muore, cade in mani nemiche… un nemico ignorante, che non soltanto sputa sulle bandiere, ma non sa neppure che cosa sono. Nessun uomo normale potrebbe sopportare questa scoperta. E oggi, lei l'ha fatta. È rimasto ammutolito per l'ingiustizia. Non ha neppure pensato che l'ingiustizia è un'altra invenzione umana. Eppure, qualche ora di sonno e un po' di gin l'hanno effettivamente aiutato. Il trauma si è attenuato. Tutti i traumi umani si attenuano… tranne quello critico. Adesso lei non è finito, come sono finiti invece Rogan e gli altri. Inspiegabilmente, la creazione dentro al suo cervello continua a procedere. Perché? Perché morire non ha scosso le sue fondamenta, se sono quelle che lei credeva fossero?
«Sa perché è ancora sano di mente, Barker? Io credo di saperlo. Credo sia perché ha Claire, e Connington, e me. Credo sia perché poteva correre da noi. Non è veramente la Morte che misura il suo valore: è la minaccia di morire. Non la Morte, ma gli assassini. Finché ci avrà intorno, le sue parti vitali sono al sicuro.»
Barker mosse verso di lui, con le mani alzate a mezzo.
Hawks disse: — È inutile, Barker. Lei non può farmi nulla. Se mi uccidesse, dimostrerebbe di aver paura di avere a che fare con me.
— Non è vero — disse Barker, con voce acuta. — Un guerriero uccide i suoi nemici.
Hawks lo guardò negli occhi. — Lei non è un guerriero, Al — disse, in tono di rammarico. — Non è il tipo di guerriero che crede di voler essere. È un uomo, ecco tutto. E vuole essere un uomo degno… un uomo all'altezza dei propri ideali. È tutto. Ed è abbastanza.
Le braccia di Barker cominciarono a tremare. Inclinò la testa e guardò Hawks di sottecchi, sbattendo le palpebre. — Lei è così abile! — ansimò. — Lei sa sempre tutto! Ne sa più di me sul mio conto. Come mai, Hawks… chi le ha toccato la fronte con una bacchetta magica d'oro?
— Anch'io sono un uomo, Al.
— Sì? — Barker lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. — Sì? Bene, non è che mi sia più simpatico, per questo. Se ne vada di qui, uomo, finché lo può. — Si girò di scatto e attraversò il salone a passi brevi e rapidi, spalancò la porta. — Mi lasci ai miei vecchi, soliti sicari!
Hawks lo guardò senza dir nulla. Aveva un'espressione turbata. Poi si avviò. Si fermò sulla soglia, faccia a faccia con Barker.
— Ho bisogno di lei — disse. — Ho bisogno del suo rapporto, domattina, e ho bisogno di lei per rimandarla di nuovo lassù, dentro a quella cosa.
— Se ne vada, Hawks — rispose Barker.
— Io gliel'ho detto — fece Hawks, e uscì nell'oscurità.
Barker sbatté la porta. Si girò, verso il corridoio che portava nell'altra ala della casa, con il collo teso e la bocca che si apriva in un urlo. Il suono filtrò, attutito, attraverso il vetro che lo divideva da Hawks: — Claire? Claire!
Hawks uscì nel rettangolo di luce che cadeva sul prato, fino a quando raggiunse il ciglio accidentato del precipizio, sopra il mare. Si fermò a guardare le onde che non riusciva a scorgere, e la nebbia che saliva dall'acqua riempiva la notte davanti a lui.
— Buio — disse a voce alta. — Buio, e non c'erano stelle. Poi si avviò, a capo chino, con le mani in tasca, lungo il ciglio del precipizio.
Quando arrivò al patio fra la piscina e l'altra ala della casa, passò accanto al tavolo metallico e alle sedie, muovendosi nella luce indistinta.
— Bene, Ed — disse tristemente Claire, seduta dall'altra parte del tavolo — sei venuto a tenermi compagnia?
Hawks girò la testa, sorpreso, poi sedette. — Credo.
Claire s'era cambiata: indossava un abito, e beveva un caffé. — Ne vuoi un po'? — offrì con voce sommessa, incerta. — È una serata molto fresca.
— Grazie. — Hawks prese la tazza che lei gli porgeva, e bevve posando le labbra sull'orlo, dalla parte opposta a quella pesantemente macchiata di rossetto. — Non sapevo che fossi qui.
Claire ridacchiò, ironicamente. — Mi sono stancata di aprire le porte e di trovare sempre Connie dall'altra parte. Ho aspettato che Al si svegliasse.
— Si è alzato.
— Lo so.
Hawks le restituì la tazza. — Hai sentito tutto?
— Ero in cucina. È… è stata un'esperienza, sentir parlare di me stessa in quel modo. — Posò il caffé, con un tintinnio della tazza contro il piattino e si strinse le spalle con le mani, guardando per terra.
Hawks non disse nulla. Era quasi troppo buio per scorgere l'espressione di un viso dall'altra parte del tavolo: chiuse gli occhi strettamente per un momento, prima di riaprirli e girarsi sulla sedia, con una mano posata sulla tavola con le dita inarcate, mentre si tendeva verso Claire.
— Non so perché lo faccio, Hawks — disse lei. — Non lo so. Ma lo tratto come se l'odiassi. Lo faccio con tutti. Non posso conoscere qualcuno senza trasformarmi in una puttana.
— Anche con le donne?
Claire girò la faccia verso di lui. — Quale donna sarebbe disposta a restarmi intorno abbastanza a lungo perché io cominciassi davvero? E quale uomo può ignorare il mio aspetto femminile? Ma io sono anche un essere umano; non sono solo qualcosa di… di completamente fisico. Ma non sono simpatica a nessuno, Hawks… nessuno mostra mai il minimo interesse per l'essere umano che è in me!
— Ma Claire…
— Non è piacevole, Hawks, sentir parlare in quel modo di se stessa: «So che cos'è… per Dio, so che cos'è». Lui come lo sa? Quando mai ha cercato di conoscermi? Cos'ha mai fatto per scoprire che cosa penso, che cosa provo? e Connington… cerca di manovrarmi, cerca di aggirarmi perché gli ceda. Vuole coinvolgere Al in qualcosa di orribile, in modo che io non voglia più saperne di lui. Cosa gli fa pensare che sceglierò proprio Connington, se lascerò Al? Solo perché mi sta sempre intorno… dato che non ha il buon senso di andarsene, dopo essere stato sconfitto? È colpa mia se resta qui? Non ne ricava niente. Riesce solo a far infuriare Al, di tanto in tanto.
— E questo non te lo rende utile? — chiese Hawks.
— E tu… — proruppe Claire. — Così maledettamente sicuro che niente possa toccarti senza chiederti prima il permesso! Così furbo! Dunque secondo te io «trascinerei» Al alle imprese suicide? Bene, ascolta, credi che potrei far volare un mattone? potrei trasformare uno struzzo in un cigno? Se Al non fosse quello che è, cosa potrei fargli? Non sono io a dirgli di avventurarsi in quelle imprese. E ho cercato di tenerlo lontano da te… dopo che te ne sei andato, il primo giorno, ho cercato di convincerlo a rinunciare! Ma lui non ha fatto altro che ingelosirsi. E non era questo che io volevo! Non ti ho mai provocato davvero, prima di oggi… volevo solo… non so, mi comportavo come al solito, si potrebbe dire… e tu lo sai!
Con un rapido gesto, gli prese una mano, attraverso il tavolo. — Hai un'idea di quanto mi senta sola? Quanto vorrei non essere me stessa? — gli tirò la mano, ciecamente. — Ma cosa posso farci? come posso cambiare qualcosa, ormai?
— Non so, Claire — disse Hawks. — È molto difficile cambiare, per una persona.
— Ma io non voglio odiare me stessa, Hawks! Non tutta la mia vita, così! Cosa credete che io sia, tutti voi… cieca, sorda, stupida? So come si comporta la gente per bene… so cosa vuol dire essere carogna, e cosa vuol dire non esserlo. Sono stata bambina anch'io… sono andata a scuola. E m'insegnavano la morale e la comprensione. Non sono un mostro venuto da Marte…. pensate tutti che io sia così perché ignoro che si può essere migliori?
Hawks disse, esitando: — Tutti noi sappiamo che si può essere migliori, credo. Eppure ognuno di noi lo dimentica, di tanto in tanto. Qualcuno di noi talvolta ritiene che sia necessario, per amore di qualcosa che pensiamo che abbia bisogno. — Il suo viso esprimeva sentimenti contrastanti. — Se ti sembra che non abbia senso, mi dispiace. Non saprei che altro dirti, Claire.
Lei balzò in piedi, senza lasciargli la mano, girò intorno al tavolo e gli si fermò davanti, poi si piegò, stringendogli le dita tra tutte e due le mani. — Potresti dirmi che ti sono simpatica, Ed — bisbigliò. — Tu sei l'unico che possa vedere oltre la mia apparenza esteriore e trovarmi simpatica!
Hawks si alzò, quando lei gli tirò la mano. — Claire… — cominciò.
— No, no, no, Ed! — esclamò Claire, cingendolo con le braccia. — Non voglio parlare. Voglio soltanto essere. Voglio qualcuno che mi tenga stretta e pensi che io sono una donna. Voglio sentire un po' di tepore, una volta tanto nella mia vita… avere un altro essere umano accanto a me! — Gli passò le mani dietro la schiena, poi intorno al collo e alla nuca. — Ti prego, Ed — mormorò, avvicinando il volto, con gli occhi traboccanti e lucenti nella luce lontana e un attimo dopo gli sfiorò la guancia con la guancia bagnata. — Dammi questo, se puoi.
— Non so, Claire… — disse Hawks, incerto. — Non sono sicuro che tu…
Lei cominciò a baciargli le guance e gli occhi, passandogli le unghie tra i capelli, sulla nuca. — Hawks, — mormorò, con voce soffocata — Hawks, sono così sperduta…
Hawks piegò la testa, con i tendini del collo che spiccavano irrigiditi contro le mani di lei. Claire socchiuse le labbra, e i sandali di pelle strusciarono sulle pietre del patio. — Dimentica tutto, bisbigliò — baciandolo sulla bocca. — Pensa solo a me.
Poi si svincolò all'improvviso, si scostò di un passo, il dorso della mano contro la bocca, le spalle ed i fianchi abbandonati. Sospirava ritmicamente, con gli occhi splendenti. — No… No, non posso resistere… non con te. Tu sei troppo per me, Ed. — Raddrizzò le spalle e avanzò di nuovo di un passo. — Dimentica di trovarmi simpatica — disse, dal profondo della gola, tendendo le braccia verso di lui. — Prendimi e basta. Posso sempre trovare qualcun altro che mi giudichi simpatica.
Hawks non si mosse. Claire lo guardò, a braccia tese, il viso avido. Poi riabbassò le braccia lentamente e gemette, sottovoce: — Non ti do torto. Non ho potuto farne a meno, ma non ti biasimo per quel che stai pensando. Tu credi che io sia una specie di ninfomane, pronta a impazzire per ogni uomo. Pensi che, siccome mi succede così adesso, vada sempre così. Tu pensi che, siccome potresti fare con me quello che vuoi, ciò che ho detto di me stessa, prima, non era vero. Tu…
— No — disse Hawks. — Ma non penso che tu lo creda vero. Tu credi di potertene servire perché sembra plausibile. Lo è. È vero. E ogni volta che temi che un uomo possa scoprirlo, cerchi di distogliere la sua attenzione con l'unica cosa che secondo te può interessargli. Penso che tu abbia paura di vivere in un mondo pieno di esseri chiamati uomini. Per quanto tu dica che cerchi di non essere così, devi sempre ridurre gli uomini alle tue dimensioni. — Hawks si sfilò il fazzoletto dal taschino e si asciugò la bocca, impacciato. — Mi dispiace — disse. — Ma io la vedo così. Connington parte dalla premessa che ognuno ha una debolezza, e che lui può approfittarne. Non so se ha ragione o torto: ma la tua è che ti concedi soltanto agli uomini che pensi scopriranno questa debolezza. Mi domando se tu lo sapevi.
Claire affondò le dita nella stoffa dell'abito, sulle cosce tese. — Tu hai paura, Hawks — disse. — Hai paura delle donne, come tanti altri.
— Puoi darmi torto? Ho paura di molte cose. E tra l'altro, degli esseri umani che non vogliono essere ciò che sono.
— Perché non te ne stai zitto, Hawks? Cosa fai, nella tua vita, oltre a tenere discorsi? Sai cosa sei, Hawks? Sei viscido. Una noia, e viscido. Una noia di prim'ordine. Non ti voglio più fra i piedi. Non voglio rivederti mai più.
— Mi dispiace che tu non voglia essere diversa, Gaire. Dimmi una cosa. C'eri quasi riuscita, un momento fa. C'eri andata molto vicino. Sarei uno sciocco a negarlo. Se avessi fatto quello che cercavi di fare con me, sarei ancora viscido? E tu che cosa saresti, a farti un uomo che disprezzi, solo per sentirti sicura?
— Oh, vattene, Hawks!
— Il fatto che sono viscido mi rende incapace di vedere la realtà?
— Quando hai intenzione di smetterla? Non voglio il tuo lurido aiuto!
— Non pensavo che lo volessi. Te l'ho detto. È tutto quello che ho detto, in realtà. — Hawks si voltò verso la casa. — Vado a sentire se Al mi permette di fare una telefonata. Ho bisogno che qualcuno venga a prendermi. Sto diventando troppo vecchio per fare tanta strada a piedi.
— Va all'inferno, Hawks! — gridò Claire, seguendolo con la stessa andatura, un passo o due più indietro.
Hawks si allontanò affrettando il passo, muovendo rigidamente le gambe con un movimento a forbice e dondolando le braccia in brevi archi.
— Mi hai sentito? Sparisci! Va' via, va' via, va' via!
Hawks arrivò alla porta della cucina e l'aprì. Connington era appoggiato a un mobile, con la camicia da spiaggia e i calzoncini da bagno chiazzati dal sangue e dalla saliva che gli colavano della bocca. La mano sinistra di Barker, serrata tra i suoi capelli, era l'unica cosa che gli impediva di cadere dallo sgabello su cui stava in bilico. Il pugno destro di Barker era sollevato, sporco di sangue che scorreva giù dai denti sulle ossa delle nocche.
— Mi ero solo addormentato, ecco — mormorava disperatamente Connington. — Mi ero solo addormentato nel letto di Claire, ecco tutto… lei non c'era.
Il braccio di Barker scattò, e il pugno centrò di nuovo la faccia di Connington. Con voce frenetica, Barker disse: — E questo è per averlo desiderato, Connie. Non sopporto di trovarti nel letto della mia donna. È tutto. Non posso lasciartela passar liscia.
Connington cercò a tentoni un appiglio, alle sue spalle. Non cercava neppure di difendersi. — È l'unico modo in cui potevi farlo. Trovarmi lì. — Piangeva, e sembrava non rendersene conto. — Credevo di aver trovato il sistema, finalmente. Ho pensato che oggi fosse la giornata buona. Non sono mai riuscito a farcela, con lei. Con tutti gli altri trovo sempre la strada. Tutti hanno un punto debole. Tutti crollano, prima o poi, e mi permettono di scoprirlo. Nessuno è perfetto. Questo è il grande segreto. Tutti tranne lei. Dovrà pure scivolare, una volta o l'altra, ma io non l'ho mai vista farlo. Io, l'abilissimo capo del personale.
— Lascialo stare! — urlò Claire, dietro Hawks, piantandogli le unghie nella spalla per scostarlo, e poi si avventò su Barker, che balzò via, stringendosi con la mano il graffio sul braccio. — Lascialo stare! — gli gridò in faccia lei, piantandosi a gambe larghe e con le mani alzate, frementi. Afferrò una salvietta, ne bagnò un angolo nel lavello, e si avvicinò a Connington, che si era afflosciato contro lo sgabello e la guardava con occhi acquosi.
La donna s'inginocchiò accanto a Connington e cominciò a pulirgli freneticamente la faccia. — Su ecco, tesoro — fece dolcemente. — Ecco, ecco. Su. — Connington protese una mano, con il palmo in alto, tendendo le dita fiacche, e lei l'afferrò, stringendola e premendosela contro la gola, mentre gli strofinava febbrilmente la bocca ferita. — Guarirà, tesoro… non preoccuparti…
Connington girò la testa da una parte all'altra, guardando ciecamente nella sua direzione, gemendo mentre il tessuto gli premeva sulle ferite.
— No, no, tesoro — lo rimproverò Claire. — No, stai fermo, tesoro. Non preoccuparti. Ho bisogno di te, Connie. Ti prego. — Cominciò a pulirgli il petto, aprendogli la camicia e facendogliela scivolare a forza lungo le braccia, come un poliziotto che arresta un ubriaco.
Barker disse, stizzito: — Bene, Claire… d'accordo. Voglio che domani ti porti via la tua roba. — Piegò la bocca in una smorfia di ripugnanza. — Non avrei mai pensato che ti mettessi a divorare le carogne.
Hawks voltò loro le spalle e notò un telefono a muro. Fece il numero goffamente, in fretta. — Sono… sono Ed — disse, con la gola contratta. — Vorrei che venissi a quell'angolo dell'autostrada, dove c'è l'emporio per prendermi a bordo. Sì… ho bisogno di un passaggio fino in città, anche stavolta. Grazie. Sì, ti aspetterò.
Riappese e, quando si girò, Barker gli disse, sbalordito: — Come ha fatto, Hawks? — sembrava sul punto di piangere. — Come c'è riuscito?
— Verrà al laboratorio, domani? — chiese stancamente Hawks.
Barker lo fissò con gli scintillanti occhi neri. Indicò Claire e Connington con un gesto del braccio. — Che altro mi resterebbe, Hawks, se perdessi anche lei, adesso?