PARTE QUARTA

Hawks sedeva con la schiena incassata nell'angolo del divano, nello studio di Elizabeth Cummings. Reggeva tra le mani il bicchiere di brandy, e guardava il cielo notturno, oltre i vetri, dietro a lei. Elizabeth era raggomitolata sul divanetto sotto la finestra, di profilo, e si cingeva le ginocchia con le braccia.

— Durante la prima settimana, alle medie superiori — disse Hawks — dovetti compiere una scelta. Tu hai fatto le elementari qui in città?

— Sì.

— Io andavo a scuola in un paesetto. La scuola era abbastanza attrezzata… c'erano quattro aule per meno di settanta allievi. Ma c'erano soltanto tre insegnanti, compreso il direttore, e ognuno insegnava a tre classi, compresa quella preparatoria. E ciò significava che, per due terzi della giornata, gli insegnanti mi erano inaccessibili. Erano impegnati a insegnare alle altre classi cose che io sapevo già o che non ero ancora in grado di capire. Poi, quando andai alle medie superiori, mi trovai improvvisamente con un insegnante per ogni materia. Verso la fine della prima settimana, incontrai per caso la preside in corridoio. Aveva visto i miei test d'intelligenza e il resto, e mi domandò se mi piaceva frequentare le medie superiori. Io le dissi che mi divertivo moltissimo. — Hawks sorrise al brandy. - E lei s'impettì tutta e fece una faccia impietrita. «Non sei qui per divertirti», mi disse, e se ne andò.

«Così dovevo scegliere. O consideravo l'attività scolastica come una punizione, e cercavo il modo di eluderla, oppure potevo fingere di pensarla così, e approfittare dei vantaggi della finzione. Avevo una scelta, tra l'onestà e la disonestà. Scelsi la disonestà. Diventai sempre torvo; andavo in classe con una borsa piena di libri e di carte. Facevo domande molto serie e rimuginavo sui compiti a casa, anche per le materie che mi annoiavano. Diventai uno studente modello. Dopo un po', fu davvero una punizione. Ma la responsabilità era mia, e subivo le conseguenze della mia disonestà.» Hawks bevve un sorso di brandy. - Qualche volta, mi domando che cosa sarei diventato se avessi deciso di continuare come avevo fatto alle elementari… attingere dai miei insegnanti quello che mi interessava, e lasciar perdere il resto, continuando a godermi la scuola.

Si guardò intorno. — Il tuo studio è molto simpatico, Elizabeth. Sono contento di averlo potuto visitare. Ci tenevo a vedere dove lavoravi, cosa facevi.

— Ti prego, continua a parlarmi di te — disse lei, dalla finestra.

— Alle medie superiori ebbi solo un'altra scelta da compiere — disse Hawks, dopo un breve silenzio, durante il quale aveva continuato a guardarla. — Fu l'ultimo anno, quando dovevo decidere sulla mia prima materia scientifica. Fisica. Il professore di fisica, durante il mio secondo anno, era un uomo di prim'ordine, che si chiamava Hazlet. I suoi studenti lo veneravano. Ormai avevo già cominciato a pensare di dedicarmi alle scienze.

«Quando mi presentai in classe, il primo giorno di scuola, ero molto ansioso ed emozionato. Avevo letto parecchie storie di fantascienza, su quello che la gente competente poteva fare con la scienza, e mi aspettavo anche di più di quello che persino Hazlet avrebbe potuto insegnare in un corso di fisica alle medie superiori.

«Ma Hazlet non c'era… Non so cosa gli fosse successo: forse era passato a lavorare per il governo, o più probabilmente era andato a insegnare in una scuola più ricca. Comunque, dovettero sostituirlo. Avevano una professoressa con regolare laurea e abilitazione e tutto il resto, che era stata assunta per insegnare spagnolo. Era una donna del Sud, molto mite, una certa signora Cramer, dal viso pallido e dall'ossatura fine, delicata. Aveva una carnagione quasi trasparente, e una voce esile esile. Quando io frequentavo il secondo anno, come ho detto, lei aveva tentato di insegnare la grammatica spagnola a una classe di ragazzi in tuta rattoppata e con le scarpe per lavorare nei campi. Come a scuola tutti sapevano di Hazlet, tutti sapevano anche che con la signora Cramer erano gli allievi a comandare.

«Così l'anno seguente, quando entrai nel laboratorio di fisica, scoprii che la signora Cramer era stata mandata a seguire un corso estivo di due mesi per imparare a insegnare fisica, e aveva preso il posto di Hazlet. Non andò molto bene. La signora Cramer aveva a disposizione tutte le guide per insegnanti, e manuali di fisica che spiegavano le formule classiche e i problemi. Immagino che tutte le sere andasse a casa e cercasse di imparare a memoria le risposte per il giorno dopo. Ma non servì a niente… Lei si accorse che, quando cercava di spiegarci un problema alla lavagna, il risultato non corrispondeva alla risposta che aveva imparato a memoria. Allora cancellava la sua risposta e la sostituiva con quella del manuale, e ci diceva che, anche se non aveva risolto bene le equazioni, la risposta esatta era quella, e dovevamo impararla a memoria. Quando ci dava qualche compito in classe, non richiedeva mai dei calcoli. Si limitava a esporre il problema e lasciava uno spazio vuoto per la risposta.

«Ma anche con questo sistema, non riusciva a imparare a memoria, la sera, tutto quello che era necessario. Per esempio, non imparò mai che il simbolo chimico del mercurio non era Mk. Non era divertente: era patetico. E lei s'indignava compitamente quando qualcosa non andava, e qualche volta si metteva a piangere in cattedra. Spero che abbia poi trovato un lavoro da qualche parte… l'anno dopo non ricomparve.

«Ma io avevo una scelta. Dovevo decidere se dovevo fare come i miei compagni di classe che guardavano alla finestra e ridevano della signora Cramer, e se dovevo perdere tempo lì, tutti i giorni, ignorando l'intera faccenda, e dovevo ignorarla, o mettermi a piangere… e poi rovistare nella biblioteca pubblica alla ricerca di testi scientifici per imparare da solo. Questo significava abbandonare la strada che avevano preso i miei compagni di classe, e stare a guardare mentre loro si perdevano. Dovevo scegliere se restare insieme ai miei simili, o andarmene per la mia strada, sapendo che io nuotavo mentre loro annegavano.

«Decisi di salvarmi. Dopo un po', cominciai a dirmi che, se tra loro c'erano dei fisici in embrione, all'università si sarebbero rimessi in carreggiata. Avevo cercato di aiutarne alcuni, ma poi mi accorsi che a loro non interessava più conoscere perché le soluzioni dei problemi erano quelle che erano. Se vogliono davvero vivere, mi dissi, troveranno l'energia per nuotare. Se nessuno di loro nuota, allora, ipso facto, nessuno è veramente taglito per diventare scienziato.» Hawks sorrise, e un'ombra gli passò negli occhi. — La vita e la scienza erano ugualmente importanti per me, quand'ero ragazzo. Erano quasi la stessa cosa.

— E adesso? — chiese Elizabeth.

— Non sono più un ragazzo. Non ho quindici anni.

— È questa la tua risposta?

— Posso dire la stessa cosa con un maggior numero di parole. Ho un lavoro che deve essere fatto da me, perché l'ho ideato io. Adesso non posso tornare indietro e cambiare il ragazzo che ero. Riesco a vederlo: vedo i suoi errori, oltre alle sue decisioni giuste. Ma io sono l'uomo che è uscito tanto dagli errori quanto dalle scelte che un adulto approverebbe. Devo continuare a lavorare, così come sono. Non posso fare altro… non posso stare continuamente a giudicare me stesso. Un pezzo di carbonio non può modificare la propria struttura. È un diamante o un carbone… e non sa neppure cosa sia un diamante o un carbone. Tocca a qualcun altro giudicarlo.

Rimasero seduti a lungo senza parlare, Hawks con il bicchiere vuoto del brandy posato sul tavolino, accanto alle gambe allungate, ed Elizabeth che lo osservava dalla finestra, con una guancia appoggiata contro le ginocchia ripiegate.

— Adesso? — Hawks sorrise, da una grande distanza. — No… Pensavo a qualcosa d'altro. Pensavo a come si fanno le radiografie.

— E cioè?

Hawks scosse il capo. — È complicato. Quando un medico sottopone un malato alla radiografia, ottiene una lastra che mostra le macchie nei polmoni, o il calcio nelle arterie, o il tumore nel cervello. Ma per guarire quell'uomo, il medico non può prendere le forbici e ritagliare via la macchia dalla lastra. Deve prendere in mano un bisturi, e deve decidere se potrà arrivare al male senza tagliare una parte dell'organismo che non può essere tagliata. Deve decidere se il suo bisturi è abbastanza affilato per distaccare i tessuti maligni da quelli sani, o se nell'uomo il male si riformerà partendo da quello che sarà rimasto… se quell'individuo dovrà venire operato ancora chissà quante volte. Tagliuzzare la lastra radiografica non serve a nulla. Lascia solo un buco nella celluloide. E anche se vi fosse un sistema per modificare l'apparecchio in modo che non radiografasse il male, e se vi fosse un sistema per dar vita alla lastra, questa avrebbe comunque un buco dov'era il male, come se il chirurgo l'avesse aggredita con il bisturi. Morirebbe a causa della ferita.

«Perciò, sarebbe necessaria una lastra radiografica le cui sostanze chimiche non soltanto non riproducessero il male, ma riproducessero al suo posto i tessuti sani. Ci vorrebbe un apparecchio capace di riordinare intelligentemente i granuli d'argento sulla pellicola. E chi potrebbe costruire un apparecchio del genere? Come posso riuscirci, Elizabeth? Come farò a costruire una macchina così?»


Elizabeth gli sfiorò la mano, sulla porta. Le dita di Hawks fremettero. Lei disse: — Ti prego, chiamami ancora, appena puoi.

— Non so quando potrò — rispose Hawks. — Questo… questo progetto di cui mi occupo mi porterà via molto tempo, se andrà bene.

— Chiamami appena puoi. Se non sono qui, mi trovi a casa.

— Ti chiamerò. — Mormorò: — Buonanotte, Elizabeth. — Teneva la mano abbandonata lungo la gamba: il braccio cominciò a tremare. Si voltò prima che lei lo sfiorasse di nuovo e scese rapidamente le scale, mentre l'eco dei suoi passi lo seguiva, goffamente.

Загрузка...