Si radunarono nella spianata, una trentina di uomini bianchi torvi in viso, infuriati e stanchi per la dura marcia attraverso i boschi. La pista era abbastanza facile da seguire, ma sembrava che i rami non facessero che agguantarli, e che le radici li facessero inciampare a bella posta. Con i Bianchi la foresta non era mai accogliente. Poi avevano perso un’ora quando la pista era arrivata a un ruscello, e loro avevano dovuto batterne le rive a monte e a valle per capire dove i Rossi avevano fatto uscire dall’acqua i ragazzi per riprendere il cammino sul terreno asciutto. Quando aveva visto che i ragazzi erano stati costretti a entrare in acqua, il vecchio Alvin Miller era quasi uscito di senno. Prima di poter riprendere il cammino, suo figlio Cairn aveva dovuto impiegare dieci minuti buoni. Quell’uomo era praticamente impazzito dalla paura.
«Non avrei mai dovuto mandarlo laggiù, non avrei mai dovuto permettergli di andare» continuava a ripetere.
Cairn dal canto suo badava a dirgli: «Avrebbe potuto succedere in qualsiasi momento, non prendertela per cose di cui non hai colpa, li troveremo senz’altro, ancora camminano, no?» Gli diceva un sacco di cose, ma a tranquillizzare Al Miller era soprattutto la sua voce, il suo modo di fare… Certuni dicevano addirittura che fosse il suo dono, che sua madre gli avesse dato un nome che rispecchiava esattamente la cosa che sapeva fare meglio di ogni altra.
Dalla radura, le impronte si diramavano in almeno cinque direzioni diverse, e tutte quante dopo qualche passo scomparivano nel nulla. Le mutande strappate dei ragazzi le trovarono a qualche passo dalla radura in direzione nordovest. A nessuno parve il caso di mostrarle ad Al Miller, così che quando anche lui passò di lì — in quel momento si trovava alla retroguardia, con Cairn al fianco — le mutande erano state tolte di mezzo e accuratamente nascoste.
«Non riusciremo mai a ritrovare la loro pista» disse Corazza-di-Dio. «I ragazzi non lasciano più impronte… però questo non significa nulla, signor Miller, per cui non è il caso di preoccuparsi più del necessario.» Armor chiamava il suocero «signor Miller» da quando Al lo aveva sbattuto fuori di casa scaraventandolo nella neve, la volta che Armor era andato a dirgli che Al Junior stava morendo perché la sua famiglia si era resa colpevole dell’uso di talismani e scongiuri. Dopo che uno ti aveva scaraventato giù dalla sua veranda, non sembrava il caso di chiamarlo «papà.» «Può darsi che adesso si portino i ragazzi in spalla, o che qualcuno di loro li segua cancellandone le tracce. Sappiamo tutti che se un Rosso non vuole lasciare traccia del suo passaggio, ci riesce perfettamente.»
«Lo sappiamo, sì» disse Al Miller. «E sappiamo anche che cosa fanno i Rossi ai ragazzi bianchi che…»
«Per adesso sappiamo soltanto che cercano di spaventarci» si intromise Armor.
«E direi proprio che ci stanno riuscendo» puntualizzò uno degli svedesi. «I miei familiari sono spaventati a morte, e io pure.»
«E poi tutti sanno che il nostro Corazza-di-Dio è un amico dei Rossi.»
Armor si guardò intorno, cercando di capire chi avesse pronunciato quelle parole. «Se con ‘amico dei Rossi’ intendete che secondo me i Rossi sono esseri umani esattamente come i Bianchi, non posso negarlo. Ma se volete dire che i Rossi mi piacciono più dei Bianchi, ebbene chi ha parlato farebbe meglio a dimostrare un po’ di fegato facendosi avanti e ripetendo la stessa cosa davanti a me, in modo che io possa spalmare la sua faccia sulla corteccia di un albero.»
«Non c’è bisogno di litigare» intervenne il reverendo Thrower, col fiato corto. Thrower non era molto portato all’esercizio fisico, e si era riunito al resto del gruppo solo in quel momento. «Il Signore Iddio ama tutti i Suoi figli allo stesso modo, perfino i pagani. Corazza-di-Dio è un bravo cristiano. Ma tutti sappiamo che, se mai si giungesse allo scontro tra cristiani e pagani, Corazza-di-Dio si schiererebbe dalla parte giusta.»
Gli astanti mormorarono il loro assenso. In fin dei conti, Armor piaceva a tutti; alla maggior parte di loro aveva prestato denaro o fatto credito alla sua bottega, e non li aveva mai infastiditi con pressanti richieste di pagamento. Se non fosse stato per Armor, molti di loro non ce l’avrebbero mai fatta a superare i primi anni nel territorio del Wobbish. Riconoscenti o no, tuttavia, tutti sapevano che Armor trattava i Rossi quasi come se fossero stati Bianchi, cosa che in un momento come quello poteva suscitare qualche sospetto.
«La guerra è ormai inevitabile» fece notare un uomo. «Non abbiamo bisogno di seguire la pista di questi Rossi. Abbiamo i loro nomi scritti a chiare lettere sulle selle.»
«Un momento, un momento!» disse Corazza-di-Dio. «Pensateci solo un momento! Da quando Prophetstown è nata e cresciuta proprio di fronte a noi, sull’altra riva del Wobbish, è mai successo che un Rosso vi abbia rubato anche solo una cosa? O abbia schiaffeggiato uno dei vostri figli? Portato via un maiale? Fatto il minimo danno a uno solo di voi?»
«Penso che rapire i ragazzi di Al Miller sia un danno più che sufficiente!» sbottò uno degli uomini.
«Mi sto riferendo ai Rossi di Prophetstown! Sapete benissimo che non hanno mai fatto niente di male, lo sapete! E sapete anche perché. Sapete che è perché il Profeta dice loro di vivere in pace, di starsene sulle loro terre e di non fare alcun male all’uomo bianco.»
«Ma non è quello che dice Ta-Kumsaw!»
«Be’, anche se volessero davvero fare qualcosa di terribile a danno dei Bianchi — e non intendo assolutamente dire questo -, c’è uno solo di voi che pensa che Ta-Kumsaw o Tenska-Tawa siano così maledettamente idioti da firmare col proprio nome?»
«Sono fieri di uccidere i Bianchi!»
«Se i Rossi fossero furbi, sarebbero Bianchi!»
«Ve lo dicevo io! Ecco l’amico dei Rossi!»
Corazza-di-Dio conosceva quella gente, e sapeva che in maggioranza era ancora dalla sua parte. Anche chi protestava non sarebbe partito in tromba, ma sarebbe stato al suo posto in attesa che l’intero gruppo decidesse sul da farsi. Così lasciò che lo chiamassero «amico dei Rossi», a lui andava bene: quando la gente era infuriata e impaurita diceva cose di cui poi si sarebbe pentita. Purché aspettassero. Purché non si lanciassero in una guerra con i Rossi.
Perché su quella faccenda Armor cominciava ad avere dei sospetti. Era troppo facile vedersi arrivare a casa i cavalli con i nomi incisi sulla sella. Non era così che agivano i Rossi, neanche i più cattivi, quelli che ti avrebbero ammazzato alla prima occhiata. Corazza-di-Dio conosceva i Rossi abbastanza bene da sapere che se torturavano qualcuno lo facevano per dargli la possibilità di mostrarsi coraggioso, e non per spaventare la gente. (O almeno così faceva la maggior parte dei Rossi… stando alle storie che circolavano, una possibile eccezione erano gli Irrakwa prima di conoscere la civiltà.) Perciò chiunque si comportava in quel modo non agiva da vero Rosso. Armor era quasi convinto che si trattasse di mercenari. Da anni i francesi di Detroit cercavano di metter zizzania tra i Rossi e i coloni americani. Forse erano stati loro. Oppure avrebbe potuto essere Bill Harrison. Sì, certo, avrebbe proprio potuto essere lui, acquattato come un ragno velenoso nel suo forte sul fiume Hio. Armor la riteneva l’ipotesi più plausibile. Ovviamente non avrebbe osato formularla ad alta voce, perché gli altri avrebbero pensato che fosse solo invidia nei confronti di Harrison. E a ragione: Armor era invidioso. Ma allo stesso tempo sapeva che Harrison era un uomo senza scrupoli, che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di raggiungere i suoi scopi. Forse addirittura assoldare qualche Rosso selvaggio perché venisse al nord a uccidere qualche ragazzo bianco nei dintorni di Prophetstown. In fin dei conti era stato proprio Tenska-Tawa a convincere la maggior parte dei Rossi che una volta vivevano dalle parti di Carthage City a rinunciare al whisky e a trasferirsi a Prophetstown. Ed era stato proprio Ta-Kumsaw a cacciare di laggiù metà dei coloni bianchi. Ad Armor sembrava molto più probabile che dietro a quanto era accaduto non ci fossero i francesi, ma Harrison.
Senza prove, tuttavia, non poteva farne parola con nessuno. Poteva soltanto gettare acqua sul fuoco, finché non avesse avuto prove sicure.
E forse era proprio ciò che stava per accadere. In quella spedizione si erano portati dietro il vecchio Tack Sweeper, che sbuffando e ansimando era riuscito a tener dietro ai migliori camminatori. Il suo vigore era straordinario, considerando che quando respirava i polmoni gli sferragliavano come un sacco pieno di ferri da cavallo. Tack Sweeper aveva un dono, anche se non del tutto attendibile, come del resto riconosceva lui stesso. Ma qualche volta funzionava straordinariamente bene. Per farla breve, gli bastava starsene in un posto per qualche tempo a occhi chiusi, e in qualche modo vedeva le cose che vi erano accadute nel passato. Non molto: una rapidissima visione, qualche faccia. Ma abbastanza. Come la volta che avevano temuto che Jan de Vries si fosse suicidato, o addirittura l’avessero ammazzato. Tack aveva visto che era stato un incidente, che il fucile gli si era scaricato in faccia, così l’avevano potuto seppellire nel cimitero dietro la chiesa, e non avevano dovuto preoccuparsi di catturare l’assassino.
Perciò ora tutti speravano che Tack potesse rivelare qualcosa di ciò che era accaduto in quella radura. Il vecchio li fece indietreggiare tutti fino al limitare della foresta, in modo che non lo disturbassero. Poi si mise a camminare in cerchio con gli occhi chiusi, muovendosi lentamente. «Voialtri non avreste dovuto scaldarvi tanto» disse dopo un po’. «Per adesso vedo soltanto voi che buttate il fiato per niente.» Tutti risero, un po’ imbarazzati. Avrebbero dovuto pensarci prima a non disturbare i ricordi di un posto prima che Tack potesse arrivarci.
«Non mi piace affatto. Non vedo altro che facce di Rossi. Coltelli, tanti coltelli che squarciano la pelle di qualcuno. Un’accetta che colpisce.»
Al Miller si lasciò sfuggire un lamento.
«È tutto così confuso, da quante cose sono successe» proseguì Tack. «Non vedo più nulla. No. No, qualcosa vedo… un uomo. Un Rosso. Lo riconosco, ho già visto la sua faccia… Se ne sta lì in piedi, immobile, e quella faccia io la conosco.»
«Chi è?» chiese Corazza-di-Dio. Ma lo sapeva già, la paura gli attanagliava le viscere, eccome se lo sapeva già.
«Ta-Kumsaw» disse Tack. Spalancò gli occhi e guardò Armor, quasi chiedendogli scusa. «Non ci avrei creduto nemmeno io, Armor» aggiunse. «Ho sempre pensato che Ta-Kumsaw fosse l’uomo più coraggioso che avessi mai conosciuto. Ma è stato qui, ed era lui a comandare. L’ho visto in piedi che diceva agli altri quello che dovevano fare. Se ne stava proprio qui. L’ho visto bene, perché nessun altro è rimasto tanto a lungo nello stesso posto. Ed era furioso. Di questo sono sicuro.»
Armor gli credette. E anche gli altri; tutti sapevano che Tack era un uomo onesto, e se diceva di esserne sicuro bisognava credergli. Ma doveva pur esserci una spiegazione. «Forse è venuto a salvare i ragazzi, non ci avevate pensato? Forse è venuto a impedire a una banda di Rossi selvaggi di…»
«Amico dei Rossi!» urlò qualcuno.
«Eppure Ta-Kumsaw lo conoscete! Non è un vigliacco, e rapire quei ragazzi è stata una vigliaccata, qualcosa che lui non avrebbe mai fatto, e lo sapete!»
«Con i Rossi non si sa mai.»
«Non è stato Ta-Kumsaw a rapirli!» insisté Corazza-di-Dio. «Ne sono sicuro!»
Poi tutti tacquero, perché il vecchio Al Miller si era fatto strada in mezzo al gruppo fino a trovarsi a faccia a faccia con Corazza-di-Dio. Qui giunto, squadrò il genero dall’alto in basso, con una faccia che pareva quella di un’anima dannata da quanto era infuriato. «Tu non sei sicuro di niente, Corazza-di-Dio Weaver. Tu sei il più indegno putridume che si sia mai formato in fondo a un vaso da notte. Prima hai sposato mia figlia e le hai proibito di usare talismani perché eri sicurissimo che fossero opera del demonio. Poi hai lasciato che tutti quei Rossi si stabilissero alle porte di casa nostra. E quando qualcuno ha proposto di costruire una palizzata hai detto che non sarebbe servita a niente, che avrebbe semplicemente offerto ai francesi qualcosa da assalire e bruciare, che con i Rossi saremmo stati amici e loro ci avrebbero lasciati in pace, che con i Rossi avremmo potuto commerciare. E ora guarda a che punto ci hai portati! Guarda che cosa hai fatto! Sì, dobbiamo essere proprio contenti di averti ascoltato. Io non penso che tu sia amico dei Rossi, Corazza-di-Dio, penso soltanto che tu sia il più grande idiota che abbia mai attraversato l’Hio per venirsene all’ovest, e più idioti di te siamo solo noi se continuiamo a darti ascolto per un solo istante!»
Poi Al Miller si rivolse agli astanti, che lo guardavano con un’espressione di timore reverenziale, come se avessero visto manifestarsi qualche potenza celeste. «Sono dieci anni che da queste parti facciamo come dice Armor. Ma per quanto mi riguarda, è finita. Per venire qui ho perso un figlio maschio nel fiume Hatrack. Adesso ne ho persi altri due. Me ne restano solo cinque, ma vi giuro che io stesso gli metterò il fucile in mano e li condurrò a Prophetstown e insieme spediremo quei Rossi all’inferno, anche se dovessimo morire tutti quanti! Mi avete sentito?»
L’avevano sentito, eccome. E gli risposero con un unico grido di entusiasmo. Quelle erano le parole che volevano sentirsi rivolgere, parole d’odio, di rabbia e di vendetta, e nessuno era più adatto a pronunciarle di Al Miller, che in genere era l’uomo più pacifico della terra e non attaccava mai briga con nessuno. E il fatto che fosse il padre dei due ragazzi rapiti dava ancor più forza alle sue parole.
«Per come la vedo io» proseguì Al Miller «Bill Harrison aveva ragione fin dall’inizio. Rossi e Bianchi non possono vivere insieme in questo paese. E voglio dirvi un’altra cosa. Non sarò io ad andarmene. Troppo sangue mio è stato sparso perché io possa far fagotto e partire. Resterò, o sopra questa terra, o sotto.»
Anch’io, dissero tutti quanti. Hai ragione, Al Miller. Resteremo.
«Grazie al nostro Armor, non abbiamo palizzate, né basi dell’esercito federale più vicine di Carthage City. Se li attacchiamo subito, potremmo perdere tutto e tutti. Perciò limitiamoci a tenere a bada i Rossi e intanto mandiamo qualcuno a chiedere aiuto. Una decina di uomini a Carthage City, per chiedere a Bill Harrison di mandarci dei soldati, e se può anche qualche pezzo d’artiglieria. I miei due ragazzi non ci sono più, e mille Rossi per ciascuno dei miei figli non saranno per me vendetta sufficiente!»
I dieci cavalieri partirono il mattino seguente alle prime luci dell’alba. I prati comuni erano affollati di carri appartenenti alle famiglie provenienti dalle fattorie più isolate che in numero sempre crescente venivano a rifugiarsi presso parenti e amici. Ma Al Miller non era lì a salutare i partenti. Se il giorno prima erano state le sue parole a mettere tutti quanti in movimento, ciò non significava che fosse disposto a prendere il comando delle operazioni. Al Miller non voleva essere un capo. Voleva soltanto che i suoi ragazzi tornassero a casa.
In chiesa, Corazza-di-Dio sedeva nel primo banco, in preda allo sconforto. «Stiamo facendo un tremendo errore» disse al reverendo Thrower.
«È inevitabile che gli uomini commettano errori» disse Thrower «quando prendono le loro decisioni senza l’aiuto del Signore.»
«Non è stato Ta-Kumsaw, ne sono sicuro. E nemmeno il Profeta.»
«Ammesso che sia un profeta, non lo è certo del vero Dio» disse Thrower.
«Ma non è un assassino» disse Armor. «È possibile che Tack abbia ragione, forse Ta-Kumsaw è in qualche modo implicato in questa faccenda. Ma di una cosa sono certo. Ta-Kumsaw non è un assassino. Anche quando era giovane, durante la guerra del generale Wayne, una banda di Rossi stava per bruciare vivi dei prigionieri, come usavano fare a quei tempi… credo fossero Chippy-Wa. E proprio in quel momento, Ta-Kumsaw arriva solo soletto, unico Shaw-Nee davanti a tutti quei Chippy-Wa, e li convince a desistere. Noi vogliamo che l’uomo bianco ci rispetti — gli fa — che ci rispetti come una grande nazione. Ma se ci comportiamo in questo modo, l’uomo bianco non ci rispetterà mai! Dobbiamo comportarci civilmente. Basta con gli scalpi, con le torture, con i prigionieri straziati e bruciati. Ecco che cosa gli dice. E a quei suoi principi si è sempre attenuto. Certo, uccide in battaglia, ma in tutte le scorrerie che ha fatto nel sud non ha ucciso neanche un Bianco, ve ne rendete conto? Se quei ragazzi sono finiti in mano a Ta-Kumsaw, sono al sicuro come se fossero a letto con la mamma.»
Thrower sospirò. «Immagino che tu conosca quei Rossi meglio di me.»
«Li conosco meglio di chiunque altro.» Armor rise amaramente. «E per questo mi chiamano amico dei Rossi e non vogliono saperne di ascoltarmi. Adesso vanno a consegnarsi mani e piedi a quel tiranno di Carthage City, il trafficante di whisky. E qualsiasi cosa faccia, Harrison diventerà un eroe. Allora sì che lo eleggeranno governatore. Per Giove, probabilmente lo faranno addirittura presidente, se il Wobbish arriverà mai a unirsi agli Stati Uniti.»
«Questo Harrison io non lo conosco. Ma non può essere quel demonio che tu dici.»
Armor rise. «Qualche volta, reverendo, penso che siate ingenuo come un bambino.»
«È così che il Signore ci chiede di essere. Corazza-di-Dio, devi avere pazienza. Tutto andrà secondo il volere del Signore.»
Armor si nascose il viso tra le mani. «Spero che sia come dite, reverendo. Lo spero proprio. Ma non posso fare a meno di pensare a Measure, l’uomo più buono che si possa trovare sulla faccia della terra, e a quel ragazzo, Alvin, quel ragazzo dal viso così dolce, e a quante speranze suo padre aveva riposto in lui…»
Thrower assunse un’espressione severa. «Alvin Junior» mormorò. «Chi avrebbe mai creduto che il Signore avrebbe compiuto la sua opera per mano dei pagani?»
«Che cosa intendete dire?» chiese Armor.
«Niente, Armor, niente. Solo che in questa storia tutto potrebbe essersi svolto esattamente, esattamente, secondo la volontà del Signore.»
Sulla collina, a casa dei Miller, Al sedeva ancora al tavolo della colazione. La sera prima non aveva cenato, e al mattino, quando aveva cercato di fare colazione, il cibo gli si era fermato in gola senza volerne sapere di andare più giù. Faith aveva sparecchiato, e adesso era in piedi dietro di lui e gli massaggiava le spalle. Neanche una volta gli aveva detto: ti avevo avvisato di non mandarli. Ma entrambi lo sapevano. Quelle parole erano sospese in mezzo a loro come una spada, e nessuno dei due osava muovere il primo passo.
Il silenzio venne interrotto da Wastenot, che entrò nella stanza con il fucile a tracolla. Appoggiata l’arma accanto alla porta d’ingresso, prese una sedia per lo schienale e vi si mise a cavalcioni, guardando i genitori. «Sono andati a chiamare l’esercito.»
Con sua grande sorpresa, il padre si limitò ad abbassare la testa, affondando il viso tra le braccia conserte sul tavolo.
Sua madre lo guardò col viso disfatto dal dolore e dalla preoccupazione. «Da quando in qua sai usare quell’oggetto?»
«Io e Wantnot ci siamo esercitati» disse Wastenot.
«E avete intenzione di usarlo per ammazzare i Rossi?»
Wastenot era sconcertato dalla nota di disprezzo che udiva nella sua voce. «Spero proprio di sì» disse.
«E quando tutti i Rossi saranno morti, e ammucchierete tutti i loro corpi, pensi che Measure e Alvin possano strisciare fuori dal mucchio e tornare a casa da me?»
Wastenot scosse la testa.
«Ieri sera qualche Rosso è tornato a casa sua tutto fiero perché aveva ammazzato due ragazzi bianchi.» Nel dirlo, la voce le venne meno, ma lei proseguì ugualmente, perché, quando Faith Miller aveva qualcosa da dire, lo diceva. «E forse sua moglie, o la sua mamma, lo ha baciato e abbracciato, e poi gli ha preparato la cena. Ma non provarti mai a entrare da quella porta per dirmi che hai ammazzato un Rosso. Perché per te non ci sarebbero più cene, ragazzo mio, e non ci sarebbero più baci, né abbracci, né parole, né casa, né mamma, hai capito bene?»
Wastenot aveva capito, ma la cosa non gli garbava affatto. Si alzò, andò alla porta e riprese il fucile. «Pensa quello che vuoi, mamma» disse «ma questa è una guerra, e sicuramente ammazzerò dei Rossi, e poi tornerò a casa, e ne sarò fiero com’è giusto che sia. E se questo significa che non vuoi più essere la mia mamma, allora faresti bene a non esserlo più fin da adesso, senza aspettare il mio ritorno.» Aprì la porta, ma prima di sbattersela alle spalle si fermò. «Su col morale, mamma. Forse non tornerò affatto.»
Non si era mai rivolto in quel modo a sua madre in vita sua, e non era del tutto sicuro di esserne soddisfatto. Ma Faith in quel momento non era in sé, non capiva che quella era una guerra, che quei Rossi avevano aperto la caccia ai Bianchi senza lasciar loro alcuna possibilità di scelta.
La cosa che più lo inquietava, tuttavia, mentre balzava in sella e si dirigeva verso la casa di David, era che pur non potendone avere la certezza aveva l’idea, o quanto meno il sospetto, che suo padre stesse piangendo. Cose da non credersi! Il giorno prima suo padre aveva fatto fuoco e fiamme contro i Rossi, e ora la mamma predicava contro la guerra, e papà se ne stava lì seduto a piangere. Forse si comportava così perché stava diventando vecchio. Ma secondo Wastenot la cosa non lo riguardava, almeno non in quel momento. Forse papà e mamma non volevano ammazzare coloro che avevano rapito i loro figli… ma Wastenot sapeva che cosa avrebbe fatto a coloro che avevano rapito i suoi fratelli. Il loro sangue era il suo sangue, e chiunque lo avesse versato avrebbe versato anche del proprio, un gallone per ogni goccia.