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— Forse adesso mi spiegherete cos’è un picnic — disse Alice Gale. — Questo pomeriggio mi avete detto che sareste dovuto andare a un picnic.

L’agente del Servizio Segreto si voltò verso di lei. — Steve vi ha invitato a un picnic? State attenta…

— Ma, signor Black — replicò lei — io non so nemmeno cosa sia un picnic.

— Semplicissimo — disse Wilson. — Si prepara una bella merenda e si va a mangiarla in un prato o in un bosco.

— Ma questo lo facciamo anche noi — disse Alice. — Solo che non si chiama picnic. Anzi, non mi pare che abbia un nome.

L’auto procedeva lentamente diretta al cancello. L’autista, sul sedile anteriore, sedeva impettito al posto di guida. La macchina si fermò e un soldato si affacciò al finestrino. C’erano altri militari al cancello.

— Cosa succede? — domandò Wilson. — Non sapevo che avessero messo dei posti di guardia.

— Qualcuno ha voluto strafare — disse Black. — La Casa Bianca è posta sotto strettissima sorveglianza. Ci sono soldati dappertutto, mortai piazzati nei prati e non so cos’altro.

— Il Presidente lo sa?

— Non credo — rispose Black. — Non credo che lo abbiano informato.

Il soldato si scostò dall’auto, il cancello fu aperto e la macchina poté uscire, avanzando silenziosamente verso il ponte.

— Come mai non c’è in giro nessuno? — disse Wilson guardando dal finestrino. — È domenica, siamo d’estate e le vie sono deserte. Neanche un turista.

— Hai sentito cos’è successo — disse Black.

— Certo che l’ho sentito.

— Tutti sono corsi a barricarsi in casa. Hanno paura di essere assaliti dal mostro.

— Noi abbiamo dei bellissimi posti per andare a fare un picnic — disse Alice. — Tanti parchi, molti spazi liberi… più di quanti ne abbiate voi oggi. Non c’è tanta gente come adesso, però, anche se a me la gente piace. Qui c’è tanto da vedere e da imparare.

— Allora ve la godete?

— Certo che me la godo, anche se mi sento un po’ colpevole. Io e mio padre dovremmo essere con gli altri… Ma stavo parlandovi della nostra epoca. Era bello, si viveva bene. Fino a che sono arrivati gli invasori, naturalmente… ma anche allora, almeno i primi tempi, la vita era bella. Non ci erano sempre addosso, sapete; solo negli ultimi tempi la situazione è precipitata. Sì, sapevamo che c’erano, ne parlavamo, non potevamo dimenticarli, ma solo ultimamente erano diventati un’ossessione. Ci guardavamo sempre alle spalle per paura che ci assalissero d’improvviso, non avevamo un attimo di respiro. Parlavamo di loro, li studiavamo…

— Li studiavate? — la interruppe Wilson. — In che modo? E chi?

— Ma i biologi, naturalmente, quando capitava di disporre del cadavere di qualche invasore. E poi anche gli psicologi e gli psichiatri. Gli evoluzionisti…

— Gli evoluzionisti?

— Certo, perché gli invasori hanno delle strane anomalie evolutive. Pare che riescano a controllare coscientemente il proprio processo evolutivo, anzi, taluni insinuano che siano in grado di influirvi. Credo che mio padre ve ne abbia parlato. Da quando sono comparsi, non hanno rinunciato ad alcuno dei vantaggi che l’evoluzione ha portato loro. Non hanno fatto compromessi, rinunciando a un vantaggio per un altro. Si sono tenuti quello che avevano e hanno aggiunto via via il resto. Questo significa ovviamente che sono creature molto adattabili a qualsiasi condizione o situazione. Trovano sempre una soluzione immediata in qualsiasi circostanza critica…

— A sentirvi — osservò Black — si direbbe che quasi quasi li ammiriate.

— Li odiavamo e ne avevamo paura, mi pare chiaro, dal momento che siamo fuggiti. Ma credo che provassimo nei loro riguardi anche una specie di timore reverenziale, pur non ammettendolo mai.

— Stiamo arrivando al mausoleo di Lincoln — disse Wilson. — Naturalmente sapete chi è Lincoln.

— Certo. Mio padre dorme nella sua camera.

Il mausoleo spiccava debolmente illuminato contro il cielo buio, con la statua del Presidente in atteggiamento pensoso, affondata nella poltrona di marmo. La macchina lo sorpassò, e il mausoleo rimase alle loro spalle.

— Se avremo tempo, uno dei prossimi giorni vi porterò a visitarlo — disse Wilson. — O l’avete già visto? Ma dal momento che nella vostra epoca la Casa Bianca…

— Anche il mausoleo non esiste più — disse Alice. — Ne resta qualche rovina.

— Di cosa state parlando? — domandò Black.

— Nella loro epoca Washington è stata distrutta. Della Casa Bianca rimane solo qualche rovina.

— Ma è impossibile, non capisco… c’è forse stata una guerra?

— Nessuna guerra — spiegò Alice Gale. — È una cosa un po’ difficile da spiegare, e io non me ne sono occupata a fondo. Forse la definizione migliore è collasso economico. E anche collasso etico. Un’epoca di inflazione galoppante che arrivò a punte incredibili, all’unisono con un sempre crescente cinismo, perdita di fiducia nel governo — il che contribuì a farlo fallire — un crescente deficit nelle risorse e un’insuperabile incomprensione tra ricchi e poveri. Le cose si aggravarono finché non si giunse al collasso. Non solo in questa nazione, ma in tutte quelle più progredite. Crollarono una dopo l’altra. L’economia era caotica, il governo non esisteva più, e presero il sopravvento la violenza e la distruzione, senza motivo né scopo… Ma vi prego di scusarmi, so che non riesco a spiegarmi bene.

— E tutto questo è successo nel nostro immediato futuro? — volle sapere Black.

— Non è detto che adesso debba succedere — ribatté Wilson. — A causa del loro esodo, siamo venuti a trovarci su un altro piano temporale.

— Fra te e lei state dicendo un mucchio di assurdità. Bravo chi vi capisce.

— Mi dispiace, signor Black — disse Alice.

— Oh, non fatevi caso — ribatté Black. — Non sono un intellettuale, io, ma solo un poliziotto istruito. Chiedetelo a Steve.

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