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John Breton fece parecchi tentativi abortiti per andare in ufficio, ma ogni volta tornò indietro con la scusa di aver dimenticato qualche cosa: le sigarette, dei documenti, l’agenda. Quanto a Jack Breton, la tensione in continuo aumento che gli attanagliava lo stomaco lo aveva costretto a lasciare la cucina, mormorando una scusa, e a rifugiarsi nella solitudine della sua stanza. Rimase seduto rigido sul bordo del letto, con le orecchie tese, in attesa di udire il rumore della Lincoln che si allontanava lungo il vialetto, facevo scricchiolare la ghiaia.

Quando finalmente lo ebbe sentito, uscì sul pianerottolo e scese qualche gradino. Rimase lì, nel silenzio ombroso della casa, come uno scandaglio sospeso in acque profonde. “Nove anni” pensò. “La toccherò, e morirò. Morirò.”

Scese il resto delle scale, ed entrò in cucina. Kate stava lavando delle mele, vicino alla finestra. Non si voltò e continuò a sciacquare i frutti verdognoli con acqua fredda. Quel semplice lavoro domestico colpi Breton, che lo trovava assurdo.

— Kate — disse — perché lavi le mele?

— Anticrittogamici — rispose lei, sempre senza voltarsi. — Lavo sempre le mele.

— Capisco. Ma dovevi farlo proprio stamattina? È urgente?

— Voglio metterle in frigo.

— Ma non c’è premura, vero?

— No — rispose lei in tono contrito, come se fosse stata costretta ad ammettere una cosa vergognosa.

Breton si sentì in colpa… non doveva tormentarla così. — Hai mai notato che la frutta sembra più vivace e colorata, quando è immersa nell’acqua?

— No.

— Eppure è vero. Chissà perché. Kate!

Lei si voltò, e Jack le prese le mani. Erano fredde e bagnate, e ridestarono in lui lontanissimi ricordi. Baciò quelle dita fredde, come per pagare una penitenza.

— Non fare così! — Lei cercò di sottrarre le mani, ma Jack le strinse.

— Kate — la supplicò — ti ho perduto nove anni fa, ma anche tu hai perduto qualcosa. John non ti ama, e io invece sì. Tutto qui.

— Non è prudente dare dei giudizi avventati su John. È ingiusto.

— Per me è giusto. Basta guardare i fatti… Stamattina se n’è andato in ufficio come se niente fosse successo. Ci ha lasciato soli. Credi che io ti lascerei sola con un uomo che ammette di essere un rivale? Io… — Breton lasciò la frase in sospeso. Avrebbe voluto dire che lui lo avrebbe ucciso.

— È il modo di comportarsi di John, quando soffre o si sente offeso. Lui pratica una specie di judo mentale, sai? Se tu spingi, lui tira. Se tu tiri, lui spinge.

Kate affastellava le parole, disperata, mentre lui cercava di attirarla a sé. Jack fece scorrere lievemente le dita sulla nuca di lei, fra i capelli, e le strinse la testa costringendola a voltarsi dalla sua parte. Lei resistette per qualche istante, poi, d’improvviso, si voltò, con le labbra semiaperte. Breton tenne gli occhi aperti durante quel primo bacio, cercando di imprimersi quel momento nella mente, per proiettarlo al di sopra del tempo.


Più tardi, mentre giacevano nella penombra color pergamena della camera da letto, Breton teneva gli occhi fissi sul soffitto, e pensava: “Questa è la normalità". Lasciò che la sua mente assorbisse la sensazione di rilassato benessere che andava diffondendosi in tutto il suo corpo; in quello stato d’animo, il solo fatto di sentirsi vivo era un piacere. E sapeva che sarebbe stato capace di ricavare piacere anche da mille e mille piccole, semplici cose che aveva dimenticato in tutti quegli anni come l’arrampicarsi su una collina, il bere una birra, lo spaccare la legna, lo scrivere una poesia.

Posò la mano sulla pelle liscia e fresca di una coscia di Kate.

— Come stai?

— Bene. — La voce di lei era assonnata, remota.

Breton annui, continuando a guardare la stanza con occhi nuovi.

Il sole che filtrava attraverso le persiane chiuse aveva una calda tonalità gialla, mediterranea, limpida e riposante. Non rivelava alcuna anomalia nel suo universo di Tempo B. Un frammento di poesia gli risalì alla memoria:

Le scene dipinte rievocano tanta abilità quanta ne dimostrò il Canaletto

per dare a ogni mattone di ogni muro

la sua debita divisione di cemento.

Si sollevò appoggiandosi a un gomito e guardò Kate. — Avrei dovuto chiamarmi Canaletto — disse.

Lei lo fissò con un mezzo sorriso, poi distolse lo sguardo e lui capi che pensava a John. Breton si lasciò ricadere sui guanciali, facendo scorrere distrattamente un dito sotto il cinturino dell’orologio per toccare il gonfiore nascosto del modulo cronomotore inserito sotto la pelle. John Breton era l’unica pecca dell’universo di Tempo B.

Ma questo stato di cose sarebbe durato ancora pochissimo.

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