CAPITOLO VENTESIMO

Dal podio l’uomo e la donna fissarono i loro compagni riuniti.

I presenti erano seduti, assicurati con le cinture alle sedie le cui gambe erano fissate al pavimento della palestra da robuste morse. Qualunque altra cosa avrebbe potuto rivelarsi pericolosa. Non che l’imponderabilità prevalesse: nell’ultima settimana le condizioni di gravità avevano subito cambiamenti così repentini, che coloro che sapevano non avrebbero potuto rimandare oltre una spiegazione, anche se l’avessero voluto.

Bisognava far conoscere a tutti il tau che gli atomi interstellari avevano adesso rispetto alla Leonora Christine e la compressione delle misure di lunghezza, sempre riferite all’astronave, a causa di questo tau; e il raggio dello stesso cosmo in via di diminuzione; gli stratoreattori dell’astronave la spingevano a una gravità i cui valori, ancora frazionari, tendevano però a uno, attraverso i più esterni abissi dello spazio compreso tra i clan. E sempre più spesso si verificavano scatti di accelerazione più alta man mano che l’astronave passava attraverso qualche galassia. Erano troppo veloci perché i campi interni potessero compensarli. Sembravano schiaffi prodotti da onde; e, ogni volta, il rumore che si diffondeva nello scafo era più acuto e sibilante.

Quattro dozzine di corpi scagliati uno contro l’altro potevano significare ossa rotte o peggio. Ma due persone, allenate e all’erta, riuscivano a reggersi in piedi con l’aiuto di un corrimano. Ed era necessario che facessero così: in quest’ora, la gente doveva vedere davanti a sé un uomo e una donna dall’atteggiamento indomito.

Ingrid Lindgren terminò la sua esposizione dei fatti: — … questo è quanto sta accadendo. Non riusciremo a fermarci prima della morte dell’universo.

Il silenzio che aveva accompagnato tutto il suo discorso parve farsi più pesante. Alcune donne si misero a piangere, alcuni uomini aprirono la bocca in una muta imprecazione o preghiera, ma nessun rumore fu più forte di un sussurro. In prima fila, il capitano Telander chinò la testa e si coprì il volto con le mani. L’astronave vibrò sotto i colpi di un’altra bufera. Il suono si spense, singhiozzante, mugolante, sibilante.

Le dita di Lindgren si aggrapparono per un attimo a quelle di Reymont. — Il commissario ha qualcosa da dirvi — esclamò poi.

Reymont si fece avanti. I suoi occhi, incavati e striati di sangue, sembravano fissare quelli dei presenti con tale ferocia che neppure Chi Yuen osò fare un gesto. L’uomo indossava una tunica grigia come la pelle di un lupo e, oltre al suo distintivo, portava al fianco la pistola automatica, massimo emblema della sua autorità. Cominciò a parlare, con calma ma senza neanche una traccia della compassione che il primo ufficiale aveva fatto trasparire:

— So che pensate che questa è la fine. Abbiamo tentato, abbiamo fallito, ed ora dovremmo permettervi di mettervi in pace con voi stessi e con il vostro dio. Bene, non dico che non dovrete farlo. Non ho alcuna idea precisa di che cosa sarà di noi. Non credo che nessuno possa più prevedere il futuro. La natura sta diventando troppo aliena per noi. Onestamente, concordo con voi nel dire che le nostre probabilità di salvezza sembrano poche.

«Ma non credo neppure che siano zero. E con questo non intendo affermare che possiamo sopravvivere in un universo morto. C’è una cosa ovvia da tentare. Rallentare finché il nostro ritmo temporale non risulti molto diverso da quello esterno, pur continuando a muoverci abbastanza in fretta da poter raccogliere l’idrogeno e tramutarlo in carburante. Poi trascorrere gli anni che ci restano a bordo di questa astronave, senza mai guardare nell’oscurità che ci circonda, senza mai pensare al destino che aspetta il bambino che sta per nascere.

«Forse ciò è possibile dal punto di vista fisico, se la termodinamica di uno spazio sull’orlo del collasso non ci giocherà brutti scherzi. Però non credo che sia possibile dal punto di vista psicologico. La vostra espressione mi conferma che siete d’accordo con me. È vero?

— Allora che cosa possiamo fare?

— Penso che abbiamo un dovere da compiere — verso la razza che ci ha procreati, verso i bambini che noi stessi potremmo ancora generare — il dovere di continuare a tentare, fino alla fine.

«Per la maggior parte di voi, vorrà dire soltanto continuare a vivere, continuare a rimanere sani di mente. Sono consapevole che questa impresa potrebbe rivelarsi la più ardua che un essere umano abbia mai affrontato. Invece l’equipaggio e gli scienziati specializzati in particolari campi dovrebbero occuparsi di guidare l’astronave e di prepararla a ciò che l’aspetta. Sarà un compito difficile.

«Perciò mettetevi l’animo in pace. Una pace interiore. È il solo tipo di pace che sia mai esistito. La guerra esterna continua. Propongo di intraprendere questa guerra senza nessun pensiero di resa.

Improvvisamente le sue parole rimbombarono alte nella sala: — Propongo di andare nel nuovo ciclo dell’universo.

L’attenzione di tutti era stata brutalmente risvegliata. Al di sopra dello stupore collettivo e di alcune grida inarticolate, si poterono udire alcune proteste: — … No! È una pazzia! — … — Assurdo! — … — Impossibile! — … — È una cosa blasfema! — Reymont estrasse la pistola dalla fondina e sparò. Il colpo li stravolse a tal punto da farli tacere di botto.

Il poliziotto sogghignò. — Un colpo a salve — disse. — Meglio del martelletto del giudice. Naturalmente, ho discusso prima questa ipotesi con gli ufficiali e con gli esperti astronomici. Gli ufficiali, almeno, sono d’accordo che valga la pena correre un simile rischio, anche soltanto considerando il fatto che non abbiamo molto da perdere. Ma, altrettanto naturalmente, voglio il consenso generale. Discutiamo in modo regolare. Capitano Telander, vuol presiedere lei la seduta?

— No — rispose il capitano con voce debole. — Ci pensi lei. Per favore.

— Va bene. Critiche… ah, forse il nostro fisico più anziano potrebbe cominciare.

Ben-Zvi dichiarò con voce indignata: — L’universo impiega tra uno e duecento miliardi di anni a completare la sua espansione. Il suo collasso non avverrà in un tempo minore. Crede seriamente che potremmo avere valori tali di tau da permetterci di sopravvivere a questo ciclo?

— Credo seriamente che potremmo tentare — rispose Reymont. L’astronave tremò e risuonò. — Proprio adesso, in questo ammasso in cui la materia diventa più spessa, la nostra accelerazione aumenta. Lo spazio stesso viene costretto in una curva sempre meno ampia. Prima non potevamo circumnavigare l’universo, perché non durava tanto a lungo, nella forma in cui lo conoscevamo. Ma ora potremmo fare ripetutamente il giro dell’universo in contrazione. Questa è almeno l’opinione del professor Chidambaram. Vorresti spiegare tu, Mohandas?

— Se lo desiderate — disse il cosmologo. — Bisogna prendere in considerazione sia il tempo sia lo spazio. Le caratteristiche dell’intero continuum cambieranno radicalmente. Ipotesi conservative mi hanno spinto alla conclusione che, in realtà, l’attuale diminuzione esponenziale del fattore tau in riferimento al tempo dell’astronave aumenterà in più alto grado. — Fece una pausa. — Secondo calcoli approssimati, direi che il tempo che noi sperimenteremo, in simili circostanze, da ora alla fine del collasso non dovrebbe superare i tre mesi.

Nel silenzio che seguì a un altro mormorio di stupefazione, aggiunse: — Però, come ho detto agli ufficiali quando mi hanno chiesto di fare questi calcoli, non vedo come potremmo sopravvivere. Le nostre attuali osservazioni rendono giustizia alle prove empiriche trovate da Elof Nilsson, molte epoche geologiche fa nel Sistema Solare, secondo cui l’universo in realtà pulsa. Esso rinascerà. Ma, prima, tutta la materia e l’energia dovranno riunirsi in un monoblocco di densità e temperatura più alte possibili. Alla nostra attuale velocità possiamo passare attraverso una stella e non esserne danneggiati. Ma possiamo difficilmente attraversare il nucleo primordiale. Il mio suggerimento personale è di coltivare la calma. — Incrociò le braccia in grembo.

— Non è una cattiva idea — disse Reymont. — Ma non credo che sia la sola cosa che possiamo fare. Possiamo anche continuare a volare. Lasciatemi dire quello che ho fatto presente al gruppo ristretto di persone con cui tale argomento è già stato discusso. Nessuno l’ha contestato.

«Il fatto è che nessuno sa con certezza che cosa sta per accadere. La mia ipotesi è che non tutto verrà compresso in un Qualcosa di dimensioni zero. Questo è il tipo di ultrasemplificazione che aiuta la nostra matematica ma non ci dice mai l’intera verità. Io ritengo che il nucleo centrale della massa sarà portato ad avere un enorme inviluppo di idrogeno, anche prima dell’esplosione. Le parti più esterne di questo inviluppo potrebbero non essere troppo calde e troppo piene di radiazioni o troppo dense per noi. Ma lo spazio potrebbe essere abbastanza piccolo da permetterci di girare attorno al monoblocco un numero infinito di volte, come una specie di satellite. Quando il monoblocco esploderà e lo spazio comincerà di nuovo a espandersi, imboccheremo una rotta a spirale. So che è un modo poco scientifico di esprimermi, ma suggerisce ciò che possiamo forse fare… Norbert?

— Non ho mai pensato di essere un uomo religioso — esclamò Williams. Era strano e conturbante vederlo in quell’atteggiamento umile. — Ma questo è troppo. Noi siamo… be’, che cosa siamo? Animali. Mio Dio,… sì, letteralmente, mio Dio… noi possiamo continuare… ad avere regolari movimenti intestinali… mentre avviene la creazione!

Accanto a lui, Emma Glassgold parve sconcertata, ma decisa. La sua mano scattò in alto. Reymont le diede la parola.

— Parlando io stessa in qualità di credente — cominciò, — devo dire che questa è una vera e propria sciocchezza. Mi dispiace, Norbert, mio caro, ma è così. Dio ci ha fatto nel modo in cui Egli voleva che fossimo. Non c’è nulla di vergognoso in ogni parte del Suo operato. A me piacerebbe osservare come Egli crea nuove stelle e innalzare lodi a Lui, finché Egli ritiene giusto che per me sia così.

— Buon per te! — gridò Ingrid Lindgren.

— Posso aggiungere — disse Reymont, — essendo io un uomo nella cui anima non alberga la poesia, e anzi sospetto di non aver neanche l’anima… posso suggerire che voialtri guardiate dentro di voi e vi chiediate quali deviazioni psichiche vi rendano indesiderosi di vivere il momento in cui ricomincerà il tempo. Non c’è, forse, nel più profondo di voi stessi, una identificazione con… i vostri genitori? Non si dovrebbe vedere il concepimento di un nuovo cosmo. Ora, tutto questo è privo di senso. — Trasse un profondo respiro. — È innegabile che quanto sta per accadere è terrorizzante. Ma ogni altra cosa lo è. Sempre. Non ho mai pensato che le stelle fossero più misteriose, o avessero maggiore magia, dei fiori.

Altri si fecero avanti per parlare. Alla fine tutti furono accontentati. Le loro frasi battevano stancamente attorno al punto cruciale. Ma la cosa non era priva di significato. Tutti dovevano togliersi un peso di dosso. Quando poterono finalmente aggiornare la seduta, dopo un voto unanime favorevole al proseguimento del viaggio, Reymont e Lindgren erano ormai prossimi al collasso.

Mentre la gente si riuniva in gruppetti e l’astronave risuonava del vuoto rombo del suo passaggio, i due approfittarono di un attimo di intimità per parlarsi a bassa voce. Lindgren prese entrambe le mani di Reymont e disse: — Come vorrei essere ancora la tua donna!

L’uomo balbettò di felicità: — Domani? Noi… dovremo spostare i nostri effetti personali… e spiegare ai nostri compagni… Domani, mia Ingrid?

— No — rispose la donna. — Non mi hai lasciato finire. Tutto in me lo desidera, ma non posso.

Sconvolto, il poliziotto chiese: — Perché?

— Non possiamo correre questo rischio. L’equilibrio emotivo è troppo fragile. In ognuno di noi qualunque cosa potrebbe provocare un crollo. Elof e Ai-Ling, se li lasciassimo, potrebbero prenderla molto male — dal momento che la morte è così vicina.

— Lui e lei potrebbero… — Reymont si interruppe a metà frase. — No. Egli potrebbe e lei vorrebbe. Ma no.

— Tu non saresti l’uomo che io ho desiderato di notte, mentre ero sveglia, se fossi capace di chiederle una cosa del genere. Ai-Ling non ti ha mai permesso di parlare di quelle ore che ci ha concesso, è vero?

— No. Come hai potuto indovinare?

— Non ho indovinato. La conosco. E non le permetterò di sacrificarsi di nuovo per noi, Carl. Una volta è stato giusto. Ci ha restituito ciò che avevamo costruito insieme. Ma più spesso, furtivamente, non sarebbe il modo di agire adatto. — La voce di Lindgren si indurì affrontando problemi più pratici. — E, poi, Elof ha bisogno di me. Egli biasima se stesso, il parere favorevole che ha dato, per averci permesso di continuare così a lungo la nostra corsa nello spazio… come se qualsiasi uomo mortale avesse potuto saperlo! Se dovesse venire a conoscenza che io… La disperazione, forse il suicidio di un singolo essere umano potrebbe trascinare tutto l’equipaggio nell’isterismo.

Si drizzò, fissò apertamente in volto Reymont, sorrise e disse, con voce ritornata dolce: — Dopo, sì. Quando saremo salvi. Allora non ti lascerò mai più andar via.

— Potremmo non raggiungere mai la salvezza — protestò Reymont. — Vi sono molte probabilità che la cosa non ci riesca. Ti voglio riavere con me prima di morire.

— Anch’io. Ma non possiamo. Non dobbiamo. Tutti dipendono da te, assolutamente. Sei il solo che possa guidarci attraverso ciò che ci sta davanti. A me hai ridato coraggio, al punto che posso aiutarti un po’. Eppure… Carl, non è mai stato facile sostenere il ruolo del re.

Si girò e si allontanò da lui.

Egli rimase solo per un po’. Qualcuno salì sul podio e gli fece una domanda, ma egli lo respinse con un gesto della mano. — Domani — disse. Dopo esser balzato sul ponte, si avvicinò a Chi-Yuen, che lo aspettava vicino alla porta.

La donna gli disse, con un tono di voce molto sbrigativo: — Se moriremo con le ultime stelle, Charles, io avrò sempre dalla vita più di quanto abbia mai sperato, poiché ti ho conosciuto. Cosa posso fare per te?

Egli la guardò. Il selvaggio canto dell’astronave li isolò dal resto dell’umanità. — Torna alla nostra cabina insieme con me — egli le disse.

— Nient’altro?

— No, tranne essere ciò che sei. — Con le dita si pettinò i capelli striati di grigio. Poi, maldestramente e con un certo imbarazzo, proseguì: — Non sono capace di dire belle frasi, Ai-Ling, e non ho molta esperienza di piacevoli sentimenti. Dimmi, è possibile amare contemporaneamente due diverse persone?

La donna l’abbracciò. — Certo che lo è, sciocco. — La sua risposta fu soffocata dall’abbraccio dell’uomo ed era meno ferma del solito. Ma quando Chi-Yuen prese Reymont per un braccio e si avviarono verso la loro cabina, ella stava sorridendo.

— Sai — aggiunse dopo un po’, — mi chiedo se la maggiore sorpresa che ci aspetta nei prossimi mesi non sia constatare con quanta ostinazione la vita normale continuerà ad avere il sopravvento.

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