Con “Quando la luce tornerà” (A Deepness in the Sky, 1999) Vernor Vinge aggiunge un altro titolo al novero di avventure spaziali che Gardner Dozois ha ribattezzato “New Space Opera”.
Più ancora del romanzo precedente “Universo incostante” (A Fire upon the Deep, 1992), che ha vinto il Premio Hugo, questo nuovo romanzo rappresenta un segmento di storia futura che contiene molti elementi, nonostante si collochi decine di migliaia di anni prima (e anche a grande distanza di spazio) degli eventi narrali in Universo Incostante.
Mentre qui, Vinge non usa direttamente la struttura galattica a più strati (le Profondità non Pensanti, la Zona Lenta, l’Aldilà, il Trascendente), egli ripete comunque gran parte dei motivi e degli elementi del libro precedente: il contatto tra la cultura umana e quella aliena; l’umanizzazione dei personaggi e delle culture aliene nonostante le loro attitudini e percezioni tutt’altro che umane; i cattivi tenaci e realmente malvagi; i bambini in pericolo; le corse disperate per impedire il disastro; gli oggetti tecnologici di importanza cruciale variamente sofisticati o magici.
La principale analogia tra i due libri (benché scarsamente importante nella nuova vicenda) è la storia di Pham Nuwen, la cui ricostituita personalità avrà un ruolo fondamentale negli eventi successivi di Universo Incostante.
La strana stella denominata OnOff rappresenta il centro di un sistema egualmente peculiare, completamente desolato a parte qualche asteroide e un singolo pianeta che, pur trascorrendo 215 anni ogni 250 in glaciazione, ospita forme di vita intelligenti e altamente tecnologiche: i Ragni.
Le trasmissioni radio dei Ragni alieni attraggono due gruppi di esploratori/sfruttatori: una flotta di commercianti stellari Qeng Ho e un’altra proveniente dalla giovane tirannia vicina, autonominatasi Emergente. Ambedue i gruppi sperano che il contatto con un’altra cultura porti loro ricchezza e potere, ma mentre i Qeng Ho tendono a cercare nuove civiltà per intraprendere con esse rapporti commerciali, gli Emergenti obbediscono a regole differenti e molto meno benevole.
Le flotte rivali sembrano all’incirca della stessa forza, e nonostante la reciproca sfiducia, si accordano per esplorare congiuntamente il pianeta, osservando i Ragni e il loro mondo. Poi gli Emergenti escogitano un brutale e astuto tradimento che decapita l’organizzazione Qeng Ho e porta ambo le parti in uno stato di cooperazione obbligata, benché gli Emergenti assumano il controllo.
Tra i Qeng Ho sopravvissuti, così abilmente nascosto che nemmeno i suoi simili ne sospettano la presenza, c’è il leggendario Pham Nuwen; l’uomo che duemila anni prima aveva trasformato una libera organizzazione di mercanti erranti in una potente e compatta cultura, che aveva distribuito beni e informazioni per centinaia di anni-luce di spazio umano.
Pham Nuwen si immerge in una graduale opera di penetrazione e sabotaggio dei piani degli Emergenti, ma anche i Ragni si dibattono nei loro problemi. Mentre il loro sole si raffredda e si accingono ad affrontare due secoli di ibernazione, due grandi nazioni dei nativi sono impegnate in una guerra che potrà essere sospesa soltanto dal sopraggiungere dell’oscurità. Il poliedrico e strampalato genio dei Ragni, Sherkaner Underhill, tuttavia, ha un’idea che potrebbe risolvere il conflitto: restare sveglio e attivo abbastanza a lungo al calare dell’oscurità, da sabotare i preparativi del nemico. In effetti, Underhill è un vero vulcano di idee, per lo più apparentemente inattuabili, come sviluppare l’energia atomica, la fonte d’energia che permetterà di non andare più in letargo. Con l’aiuto di alcuni militari, di un amico, e del periodo di calore provocato dalla vittoria da lui stesso ispirata, con le sue innumerevoli invenzioni accelera il progresso materiale della genia dei Ragni, escogitando una serie di nozioni che disturbano a tal punto i conservatori, da indurli a opporglisi con una forza non meno malvagia e distruttiva dei loro nemici Emergenti.
Buona parte dell’intensità della vicenda deriva dai suoi personaggi, tra i quali vanno annoverati quattro geni e un numero notevole di “quasi-geni”, per tacere di alcuni brillanti e repellenti cattivi (anch’essi geni, a volte).
Il grande nemico di Pham Nuwen, il leader Emergente Tomas Nau, è il malvagio più verosimile che si possa immaginare; la miglior combinazione (o sarebbe meglio dire, la peggiore?) di Jago e Riccardo III; ottima oratoria, grande capacità di manipolazione, apparente genialità, sconfinata ambizione, crudeltà e sangue freddo. Il suo modo di comportarsi è talmente artefatto che quando lo vediamo agire come il vero se stesso, proviamo una sorta di shock. La sistematicità dell’inganno, in effetti, è uno degli aspetti più odiosi della cultura Emergente; essa racchiude la sua brutalità nell’apparenza di un regime severo ma benigno, mentre in realtà non smette mai di sviluppare il proprio dominio a partire da segreti inconoscibili e da un sofisticato livello di manipolazione. È una cultura il cui linguaggio (tradotto, per rendere l’idea, nel nostro inglese antico) fa eco al tipico gergo delle nostre istituzioni “di sicurezza”. È un continuo discorso su come “manipolare” le persone, e svolgere lo “sporco lavoro” atto a svelare segreti e a mantenere il controllo.
Gli Emergenti si basano su una grande scoperta che non solo caratterizza le loro attitudini sociali, ma conferisce loro un vantaggio sui generalmente meno sofisticati Qeng Ho; il Focus. Uno dei sogni mai realizzati dalla tecnologia umana (che i lettori di Universo Incostante riconosceranno come fallita soltanto nella Zona Lenta) è l’intelligenza artificiale, ma gli Emergenti hanno scoperto per caso un ragionevole benché poco piacevole sostituto: un virus che infligge alle sue vittime una specie di sindrome ossessiva-coercitiva ma controllabile. Gli operatori focalizzati aggiungono alle loro capacità tecniche, identiche a quelle dei computer, quel giudizio e quel filtro umano che gli elaboratori da soli non hanno mai raggiunto, e questa combinazione permette loro sia di controllare la società (l’eterna ossessione degli Emergenti) sia di gestire ogni cosa (dalla traduzione della lingua dei Ragni alla decodificazione di sistemi) mediante un potere analitico generale pressoché onnisciente.
Ma mentre le loro capacità intellettuali sono umane, in realtà questi esseri sono intercambiabili e privi di vita propria; menti asservite da usare senza scrupoli, come meri oggetti.
La complicata narrazione copre più di quattro decenni, alternandosi tra gli eventi degli uomini e dei Ragni, entrambi basati su continui intrighi, tradimenti e cospirazioni. Al di sopra di tutto, un semplice concetto generale: le cose non sono mai come appaiono, almeno finché il confronto finale non svelerà ogni cosa, riportando la giustizia nel mondo. In questo processo scopriremo come i Ragni riescano a sopravvivere a temperature così basse e otterremo anche qualche indizio sull’origine del sistema OnOff. Oltre a ciò, alcuni flashback ci spiegheranno parte della storia bimillenaria di Pham Nuwen (che da sola varrebbe la pubblicazione di un racconto) e come questo libro di fantascienza si leghi alla storia dell’umanità, aggiungendo un tocco di riflessione filosofica sull’inevitabilità dell’entropia sociale.
Quando la luce tornerà, come già Universo incostante, presenta un attento mix di bene e male; la malvagità vi è descritta, ma sempre nel contesto di un’avventura che riconduce a un destino benigno la maggior parte dei personaggi con cui ci identifichiamo. I più grandi disastri e le peggiori sofferenze capitano sempre altrove e ad altri, e forse è meglio così. Troppa attenzione rivolta agli infidi Emergenti o al fanatismo mistico dei Ragni tradizionalisti toglierebbe fascino al grande affresco che costituisce il cuore della letteratura spaziale, vecchia e nuova. Non soltanto grandi battaglie e effetti speciali, dunque, ma anche un senso di immensità del tempo e dello spazio che circonda tutta la sfera dello spazio umano; il riconoscimento della fragilità delle civiltà e la speranza che comportarsi da eroi sia ancora possibile. E quella tremenda impressione, per concludere, che gli eroi e i tiranni possano essere fastidiosamente simili nei metodi e negli scopi.
Letson Russell, 1999