EPILOGO Sette anni dopo

Il mondo di Arachna aveva una luna: l’ammasso di asteroidi L1 era stato stabilizzato su un’orbita sincrona, sulla latitudine di Principalia. Secondo gli standard dei pianeti abitabili era una luna dappoco, appena visibile dal suolo. Quel piccolo grumo di diamanti e ghiaccio, distante 40.000 km, era appena una goccia di luce per i Ragni che alzavano gli occhi al cielo. Ma bastava a ricordare loro che il cosmo era diverso da ciò che avevano creduto.

Davanti e dietro al satellite c’era una fila di stelline che ogni anno diventavano più grandi: i provvisori e le fabbriche dei Ragni. Nei primi anni erano state costruzioni rozze, ma con il supporto della roccia antigrav diventavano sempre più complesse. Gli aracnidi imparavano in fretta…


C’era già stata un’altra cena ufficiale al Provvisorio Aracnide Grande, prima di quella. Il Re in persona era salito in orbita per salutare la partenza della flotta per Triland: quattro navi stellari colme delle mercanzie di un intero mondo. E su di esse non erano partiti solo Qeng Ho ed Emergenti, ma anche duecento Ragni, fra cui Jirlib Underhill e Rachner Thract. I motori ram di quelle astronavi erano i primi modificati secondo l’evoluta teoria fisica nata dall’osservazione di OnOff. Da quel giorno nell’orbita di Arachna c’erano stati molti più Ragni che umani.

Per Pham Nuwen questo andava bene. I Clienti dovevano dominare lo spazio intorno ai loro pianeti. Ciò consentiva ai Qeng Ho di avere il supporto tecnico e i rifornimenti di cui avevano bisogno per andare e venire nei loro remunerativi commerci fra le stelle.

In occasione della seconda partenza il Provvisorio Grande fu forse ancora più affollato, ma stavolta la cena fu data soltanto per una quindicina di persone. Pham l’aveva apprezzato; sapeva che Ezr, Qiwi, Trixia e Viki volevano approfittarne per parlare fra loro. Quella poteva essere l’ultima volta che i compagni di quella lunga avventura si ritrovavano insieme.

Anne Reynolt e Pham arrivarono puntuali al lussuoso provvisorio dei Ragni, e per quanto informale fosse la cena furono scortati nel salone da un giovane aracnide fuori-fase in tuta bianca. Qui videro che gli altri erano già presenti, ai tavolini sospesi fra le piante. C’erano Trixia e Viki, Qiwi ed Ezr, e altri ospiti sia umani che Ragni.

Appena anch’essi ebbero preso posto, i camerieri aracnidi presero le ordinazioni per le prime portate. Le due razze potevano organizzarsi per mangiare insieme, con qualche piccolo compromesso tecnico, anche se l’una trovava decisamente grottesco il cibo dell’altra.

Trixia Bonsol tenne un discorsetto di apertura, approfittandone per dare una dimostrazione tecnica dei nuovi micro-apparecchi per la traduzione automatica ideati da lei. Quando ebbe finito, Pham insegnò ai presenti un nuovo modo per bere il vino — con modi che ricordarono il vecchio Trinli di un tempo — e che consisteva nel far fluttuare a zero-G una grossa bolla di liquido ambrato, soffiandola da una persona all’altra con la stessa cannuccia usata per sorbirla.

Dopo la comica caccia all’ultima goccia, Qiwi si piegò verso di lui. — Sarebbe stato più divertente se tu non l’avessi soffiata sulla camicia di Ezr — sorrise. — Ma avremmo dovuto aspettarcelo. Anche nostra figlia si diverte a giocare col cibo.

Pham non dubitava che Qiwi viziasse in ogni modo la piccola Kira Vinh-Lisolet, un diavoletto che secondo lui avrebbe avuto bisogno di genitori più severi. — Nel grande cosmo il vecchio Trinli ha imparato un sacco di trucchi, ragazza. Più tardi te ne farò vedere un altro paio — disse.

Victreia Laigtil si alzò dal suo trespolo, e con le mani nutritive modulò la voce in un cinguettio triste, — Trucchetti… molto triste partire… drexip — fu ciò che Pham sentì uscire dal suo traduttore. Questo gli confermò che Trixia avrebbe dovuto lavorare ancora su quegli apparecchi. Ma subito Trixia si affrettò a dargli una traduzione più precisa: — Sentiremo la mancanza dei tuoi scherzi arguti, amico mio.

Pham annuì e allargò le braccia. — Anche Anne e io sentiremo la vostra, amici. Fra meno di un megasecondo saremo partiti. — E con loro un migliaio di altri, Emergenti, ex-focalizzati, anche alcuni Qeng Ho, e molti Ragni. Tre astronavi armate, con mille persone di equipaggio. — Oh, un giorno torneremo da queste parti, magari fra un paio di secoli. Ma forse ci incontreremo chissà dove, viaggiando per commercio o per diporto fra mondi lontani. E allora avremo storie interessanti da raccontarci.

Ezr Vinh annui. — Sì, ora c’è un futuro per noi, anche se non sappiamo dove e quando ci rivedremo. Speriamo che questo futuro sia lungo. — Pham notò che Ezr evitava il suo sguardo. Non era affatto sicuro che quelle tre navi sarebbero bastate a farli uscire vivi dal sistema degli Emergenti, anche se aveva lavorato duramente con Anne e con lui nei preparativi.

Ma Qiwi poggiò una mano sulla spalla di Ezr. — Io dico che dovremmo darci appuntamento a un Grande Raduno, come facevano le Famiglie Qeng Ho di una volta. — Qiwi approvava quella missione su Balacrea. Pham sapeva che avrebbe partecipato anche lei per vendicare sua madre, se non avesse avuto un marito e una figlia a cui pensare. Mi chiedo se lei ed Ezr capiscano l’importanza di ciò che hanno creato qui. La comunità Qeng Ho s’era accentrata intorno a loro e stava crescendo. Tutti avevano figli. Rita e Jau sfornavano due gemelli all’anno. Benny e Gonle avevano messo su un asilo nido e una scuola inter-razziale, dove piccoli umani e aracnidi figli di tecnici spaziali crescevano insieme. Le iniziative miste umani-aracnidi erano già molte.

La proposta scatenò un’esplosione di assensi. — Sicuro! Stabiliamo il luogo e la data! Un Grande Raduno al momento della Riaccensione di OnOff! — Da lì a due secoli. Questo si accorderebbe con gli altri miei programmi.

Belga Vilunder ronzava e sibilava, e nonostante l’apparecchio appeso al collo Pham non riuscì a capire niente. Tuttavia come capo del Servizio Informazioni aveva diritto a un traduttore a tempo pieno. Zimmin Broute sedeva accanto a lei, e con un sorriso luminoso tradusse quelle che non erano certo parole molto entusiaste:

— Questa è pura incoscienza, gente, o un genere di pazzia umana che io francamente non capirò mai. Avete tre astronavi, e volete gettarvi alla conquista dell’impero degli Emergenti. Negli ultimi sette anni avete continuato a ripetere che noi Ragni non dobbiamo temere una invasione, e che una società planetaria ad alta tecnologia può montare con successo un sistema difensivo a prova di bomba. Gli Emergenti devono avere migliaia di navi come le vostre nel loro sistema, e voi parlate di sconfiggerli. O ci avete raccontato delle bugie, o vi state illudendo assai pericolosamente.

Victreia Laigtil ronzò una domanda, così semplice che Trixia non ebbe bisogno di ritradurla: — Ma forse… voi avrete aiuto… da altri Qeng Ho lontani?

A risponderle fu Ezr. — No, questo posso dirlo con sicurezza. Ai Qeng Ho non piace combattere. È più semplice lasciare che le tirannie cuociano nel loro brodo.

Anne Reynolt aveva ascoltato in silenzio, ma a quel punto disse: — Non tormentarti per noi, Ezr. L’aiuto che ci hai dato non sarà inutile. — Si rivolse a Belga Vilunder. — Signora, questa è una missione che qualcuno deve tentare. Gli Emergenti e il Focus sono una cosa nuova nello Spazio Umano. Lasciarli stare significa lasciarli espandere e diventare più forti… e un giorno trovarsi di fronte un nemico che farà un boccone di voi.

Belga Vilunder agitò le lunghe braccia per esprimere incredulità. — Questa è una contraddizione. Negli ultimi anni voi ci avete indotti a costruire armi ed equipaggiamento bellico. — Ebbe uno sguardo di rimprovero verso Victreia Laigtil, che aveva persuaso il Re a stanziare quei fondi. — Ma a cosa vi servirà, se adesso andate a suicidarvi? Mi dispiace, le vostre possibilità sono scarse.

Anne sorrise, ma Pham vide che era preoccupata anche lei. — Non è un suicidio, generale. Noi abbiamo alcuni vantaggi, e Pham e io sappiamo come usarli. Io conosco il loro sistema dall’interno, so dove trovare degli alleati e come metterli all’opera. La nostre armi sono superiori, frutto della tecnologia Qeng Ho e aracnide. Con la nostra flotta ci sono molti ex-focalizzati, che conoscono il funzionamento dell’automazione degli Emergenti e sanno come scardinarlo. — Nel parlare gettò un’occhiata a Jau e Rita e vide che i due si guardavano in silenzio. Jau era un esperto direttore di pilotaggio, e c’era ancora qualche possibilità che i due si lasciassero persuadere a unirsi a loro, nei quattro giorni che mancavano alla partenza.

Pham intervenne descrivendo il suo piano a grandi linee. — Non abbiamo mai smesso di studiare le trasmissioni che riceviamo da Balacrea — concluse. — A nostra volta abbiamo trasmesso rapporti contraffatti, per far credere in patria che la missione di Nau prosegue ma senza intoppi. Contiamo di arrivare nel loro sistema prima che capiscano che non siamo amici. E sappiamo quali strati della popolazione contattare. Tutto sommato, le nostre possibilità sono buone. È un rischio, un’avventura. Io volevo battezzare Oca Selvatica la nostra nave ammiraglia, ma Anne non me lo ha permesso.

— No di certo — disse Anne. — lo credo che Libertà sia un nome molto più adatto. Quando avremo sconfitto gli Emergenti potrai ribattezzarla Oca, o Pulce Ammaestrata, o trasformarla in un ristorante orbitale. Ma quando ci batteremo io voglio che il suo nome sia emblematico come una bandiera.

Le prime portate della cena stavano arrivando, e Pham raccontò che sui mondi civili i tavoli delle mense a zero-G avevano aspiratori per briciole, onde evitare che nell’aria vagassero i residui dei pasti. I Qeng Ho, a cui capitava spesso di tossire dopo aver respirato le briciole di qualcun altro, furono stupiti di non averci mai pensato. — Questa è l’esperienza di chi ha viaggiato molto, gente — li informò lui.

La cena durò alcuni Ksec. Ebbero il tempo di parlare di molte cose, di ricordare cos’avevano fatto e gli amici che avevano perso lungo la strada. Ma la sorpresa ci fu soltanto alla fine, quando Anne introdusse un argomento a cui nessuno dei Ragni, neppure Victreia Laigtil, aveva mai pensato.

Mentre i bulbi delle bevande, umane e aracnidi, venivano vuotati, Ezr Vinh si sporse davanti a Qiwi per guardare Pham. — E dopo che avrete liberato Balacrea, Frenk e Gaspr, cosa farete? Resterete laggiù per qualche tempo, o avete altri progetti?

Anne fece un sorriso, e confessò: — Sì, Pham. Digli per quale motivo volevi battezzare la nave col nome di un uccello migratore.

— Umpf. — L’imbarazzo di Pham non era una posa. Non aveva mai osato parlare a nessuno di quel progetto, fuorché con Anne. Forse perché era grandioso perfino in confronto al suo vecchio sogno di un impero umano universale. — D’accordo… voi sapete perché siamo venuti alla stella OnOff: il mistero della vita intelligente su un pianeta come Arachna. Per quarant’anni Nau ci ha tenuto un piede sul collo, ma questo non ci ha impedito di apprendere cose sorprendenti.

— Vero — disse Ezr. — Gli umani non hanno mai trovato tante cose strane in un solo posto.

— Noi umani credevano di sapere cos’è possibile e cosa non lo è. Solo pochi scienziati bislacchi si fanno le domande sbagliate, in base al principio che alcuni enigmi risultano inattaccabili da quelle giuste. OnOff è il primo degli enigmi mai risolti al quale ci siamo infine avvicinati. E guardate cos’abbiamo trovato: un’astrofisica che ancora non comprendiamo, la roccia antigrav che comprendiamo ancora meno…

Pham s’interruppe notando l’espressione di Qiwi. Lei distolse lo sguardo, ma lui continuò a fissarla in silenzio finché la indusse a dire, sottovoce: — Anche Tomas Nau parlava così. Era un uomo senza morale, ma anche i malvagi a volte… — Hanno buone idee, pensò Pham. — Io ricordo quando i focalizzati facevano le analisi del DNA nel ghiaccio oceanico portato a L1. La varietà di quelle forme di vita era stupefacente. Non avremmo potuto trovarne tante su mille pianeti insieme. Secondo gli analisti la causa era la Tenebra, che spazzando via forme di vita liberava le nicchie ecologiche per altre forme di vita, di continuo. Tomas invece diceva che questo è perché una volta, molto tempo fa, Arachna è stato un crocevia.

Ezr le strinse una mano. — Non solo Tomas Nau. Tutti ci siamo posti domande su queste cose. Ci sono molti cristalli di carbonio sul pianeta, e gli asteroidi di diamante. I resti dei computer di qualcuno? Oggi sono soltanto materiale inerte.

Dall’altra parte del tavolo Jau Xin disse: — Non tanto inerte. C’è la roccia antigrav, che sembra di origine organica.

Belga Vilunder gracchiò qualcosa in tono scettico. Victreia ronzò una risata. Dopo un momento Zimmin Broute tradusse meglio: — E così i Distorti di Khelm hanno nuovi credenti… con la differenza che ora il nostro mondo è stato il deposito di spazzatura di qualcun altro e noi siamo nati dai resti putrefatti dei computer degli Dèi. Se è vero, dov’è finito il resto del loro super-impero?

— Non lo so — disse Pham. — Ma non dimentichi che stiamo parlando di centinaia di milioni di anni fa. Forse c’è stata una guerra, e tutti i pianeti di questa stella salvo uno sono stati annientati. Oppure l’impero si è evoluto in qualcos’altro, e ha lasciato che Arachna se ne andasse per conto suo.

Le mani nutritive di Vilunder si mossero in un sorriso ironico. — Voi parlate come Khelm. Sfortunatamente le vostre teorie spiegano tutto senza provare niente, e non indicano in quale direzione cercare le prove.

Pham annuì educatamente. — Sì, ma vede… io sono nato in una società medievale, e ho vissuto a lungo, non sempre in sonno freddo. Da ragazzo vivevo i sogni che gli umani avevano nell’Era dell’Alba, e da adulto quelli dell’era spaziale. Ma mentre l’uomo realizzava tutti questi suoi sogni, la sua anima non è mai cambiata. E io ne ero così amareggiato che quando conobbi il Focus pensai fosse il mezzo per oltrepassare quella specie di Tenebra umana, l’ostacolo che ci separa dalla vera civiltà. Mi sbagliavo. — Guardò Anna negli occhi. — Così ho rinunciato anche a questo sogno, al traguardo che per me era motivo di vita. E poi, guardandomi attorno qui su Arachna, ho visto qualcosa che era davvero oltre tutti i nostri sogni. Ho scorto un barlume di quella che forse è stata una gloria senza pari. Amici, ci sono orizzonti e ci sono orizzonti… Ezr mi chiede cosa farò dopo che avremo sconfitto gli Emergenti. Be’, solo questo: voglio andare nel luogo da cui viene Arachna.

La traduzione crepitò nella lingua dei Ragni, e intorno al tavolo restò un silenzio stupito. Ezr era a bocca aperta. Pham lo aveva confidato soltanto ad Anne, e considerata l’impresa a cui si stavano dedicando era stato facile mantenere il segreto. Ma Ezr aveva sempre studiato e ammirato l’Era dell’Alba, i grandi sogni dell’uomo, e ora vedeva la possibilità di andare a cercarne uno. L’idea lo incantava. Poi un pensiero critico lo svegliò. A lui sarebbe piaciuto che Pham avesse successo, ma…

— Ma quale scopo c’è in questo? E…

— Quale scopo? Non è difficile rispondere a questa domanda, quando hai avuto dei secoli per pensare agli scopi che contano. L’umanità guarda le stelle con una tecnologia vecchia di migliaia d’anni. Ogni tanto qualche pianeta scopre il modo di potenziare gli strumenti con cui scrutiamo lontano. E vediamo altri enigmi. Captiamo antiche trasmissioni radio provenienti dal nulla, e tracce del passaggio di naviram risalenti a milioni di anni fa.

— Se ci fosse qualcosa lo avremmo visto — disse Ezr, ma sapeva ciò che lui avrebbe detto. Quella discussione era storia antica.

— Solo se quello fosse un posto dove possiamo guardare. Ma il cuore della galassia è impenetrabile. Se questa super-civiltà ha smesso di comunicare via radio e di viaggiare con le naviram… l’unico posto in cui può sfuggire alla nostra osservazione è il centro della galassia. — E l’orbita eccentrica di OnOff l’aveva condotta a passare in quelle insondabili profondità.

— D’accordo, Pham. Può darsi. Ma tu stai parlando di viaggiare per trentamila anni-luce, tanto dista la zona esterna del centro galattico.

Gonle aggiunse: — È cento volte più della massima distanza mai percorsa dai Qeng Ho. Con le naviram, senza tappe intermedie per rifornirti e riparare i guasti, le statistiche non ti concedono un’autonomia superiore a mille anni-luce. Puoi sognare questa avventura, ma è al di fuori delle nostre possibilità tecniche.

Pham piegò la bocca in un sorriso. — Oggi è al di fuori delle nostre possibilità tecniche.

— E tu vivi oggi, infatti.

Ma Ezr stava cominciando a vedere la luce. — Gonle, lui sta dicendo che in un futuro molto vicino potrebbe non essere così.

— Giusto! — Pham si piegò in avanti, eccitato. — Qui su Arachna sta nascendo qualcosa di grande. I Ragni hanno una forza di spinta straordinaria, che stimola anche gli umani. Nessuno di noi ne capisce molto di scienza, eppure stiamo partendo da OnOff con una tecnologia superiore a quella che ci ha portato qui. Tu dici bene, Ezr. Se io partissi oggi verso il centro galattico sarei come un bambino che cerca di attraversare l’oceano su una zattera. Ma a voi che restate qui io lascio una sfida che vincerete: per la prossima Riaccensione, voi avrete la tecnologia che mi serve.

Pham guardò Anne, seduta accanto a lui. Ne ebbe in risposta un sorrisetto ironico e divertito. — Anne e io abbiamo una missione bellica in corso. Se sopravvivremo, avremo astronavi da dedicare a questo viaggio di ricerca. Probabilmente lei non partirà con me; la sua gente avrà problemi enormi da risolvere, e lei è troppo legata a loro. Ma io sento di dover andare.

Victreia Laigtil aveva ascoltato in silenzio. Quando parlò, fu con tale emozione che Trixia dovette ritradurre le sue parole: — Mio padre sarebbe entusiasta del suo piano.

— Sì — annuì Pham. Underhill era stato un genio e un sognatore, da Era dell’Alba. — Se fosse vivo, tenterebbe l’impresa con me.

Fu allora che Anne li sorprese di nuovo, e soprattutto i Ragni. Scosse il capo, e un lento sorriso le illuminò il volto. — E cosa ti fa credere che non sia sopravvissuto? Lui era affascinato assai più di noi dalle stelle diverse da OnOff e la sua immaginazione non conosceva confini. Come fai a dire che questo non fosse anche il suo piano?

— Anne, noi conosciamo la realtà. Se fosse vivo, sarebbe qui.

— Non ne sono certa — disse lei. — La ricerca della profondità è un istinto che noi umani non siamo fatti per capire. Sherkaner era sicuro che sua moglie Victreia Smait fosse morta. Ma Sherkaner Underhill ha sorpreso tutti più di una volta. Ha spinto la sua razza in direzioni impensabili. Ha visto la profondità che c’è nel cielo. Io credo che sia andato in un posto che secondo lui gli avrebbe aperto la strada verso quel mistero.

— Può darsi… nessuno può escluderlo. — Quelle parole, di Trixia o di Victreia, Pham non avrebbe saputo dirlo, furono un mormorio quasi intimorito. — Noi non sappiamo dove sia atterrato di preciso, sull’altipiano. Se era un posto che lui conosceva già, forse ha avuto una possibilità.

Pham guardò fuori, verso Arachna. Il pianeta occupava trenta gradi di cielo, nitido come una perla nera. Tracce d’oro e d’argento punteggiavano i continenti di quell’emisfero, più fitte sulle coste dei mari. Ma c’erano anche distese oscure, terre antiche e ormai precluse, che sarebbero rimaste nel gelo fino al termine della Tenebra. Pham ebbe un fremito a quel pensiero. . Forse laggiù, da qualche parte, il vecchio Ragno era fuggito nel lungo sonno freddo della sua gente… solo per sognare un sogno ancora più grande.


Così alto, così profondo, così tanto da scoprire.

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